Il Leviatano - anno I - n. 1 - 4 novembre 1979

;• . i . ·1,.;). . -~ ·, - A, -4; ~ '. . JEAN-JACQUES ROUSSEAU struosamente barbara della stessa nostalgia romantica, della stessa ricerca della comunità tribale perduta, dei legami «organici» (per utilizzare una parola suggestiva e ingannevole di tutta la tradizione post-rousseauiana)? Le origini romantiche del nazismo sono state d'altronde discusse e analizzate a più riprese. Si ha un bel dire che la crudeltà non mascherata di questa ideologia, la sua evidente barbarie e la sua condanna universale l'hanno resa caduca e impotente; le aspirazioni romantiche che avevano un tempo contribuito alla sua nascita non sono meno durature e si ritrovano frequentemente nelle fraseologie politiche di oggi, tanto in quelle di sinistra che in quelle di destra, così come nelle inquietudini della gioventù dei paesi sviluppati, anche se queste inquietudini si articolano a volte in idee grottescamente stupide e in azioni disperatamente controproducenti. La ricerca di nuove forme di religiosità, i successi delle numerose sette carismatiche e le esplorazioni delle profondità e delle leggende di un Oriente eternamente misterioso, le varie tecniche di psicoterapia collettiva, tutti questi non sono che sintomi dello stesso malessere bizzarro intimamente legato ad un vago sentimento di aver perduto la facoltà e il luogo della cosiddetta «comunicazione diretta». Che tutto ciò abbia aperto un vasto spazio ad ogni sorta di ciarlatanismo e di furberia, nessun dubbio; ma che i bisogni umani si lascino facilmente gestire da mercanti di medicamenti fraudolenti non può che provare la realtà e l'urgenza di questi bisogni. 16 L'infantilizzazione della società Tuttavia, questo languore d'Eldorado, di convivialità mancante, questo male di «bei-sichsein» [essere presso di sé] sussiste e si sviluppa in condizioni sociali e psicologiche fortemente differenti da quelle in cui la rivolta romantica in Europa era sorta, e questi cambiamenti gli conferiscono un carattere contraddittorio. Da una parte, la crescita irresistibile delle funzioni sociali ed economiche dello Stato, il movimento inesorabile - e dovuto, in parte almeno, alle esigenze tecnologiche e alla espansione demografica - verso la concentrazione delle decisioni maggiori nei centri di potere (e parlo dei paesi democratici e non delle satrapie comuniste o delle dittature militari) provocano il sentimento, molto diffuso, dell'impotenza dell'individuo e le incessanti lagnanze sul «grande governo». L'idea più diffusa è che le forme di partecipazione offerte alla gente ali 'interno dei sistemi di democrazia rappresentativa sono inefficaci, che tutti i canali di influenza sono bloccati da apparati ben stabiliti che incarnano tutti la stessa tendenza che alimenta il Leviatano. Questo si sa, anche se nessuno è capace di offrire l'idea di una alter.nativa adatta. Ma, d'altro canto, il Leviatano prospera grazie a noi e ciò non solamente perché esso è utile e indispensabile ma anche perché noi gli poniamo delle richieste che contribuiscono inevitabilmente al suo accrescimento. Si osserva, attraverso il mondo civilizzato, ciò che si potrebbe chiamare l'infantilizzazione della società e che è il rovescio della medaglia e il complemento diretto del welfare state. Impercettibilmente ci abituiamo all'idea che è dovere e competenza dello Stato di renderci felici e che quand'anche fossimo privati della felicità, o immaginassimo di esserlo, è lo Stato e la onnipotente burocrazia che ne diventano responsabili. Se qualche cosa non riesce, anche nei nostri affari privati, è ancora lo Stato a dover essere biasimato. Lo Stato deve prendersi cura di tutti gli aspetti della mia vita, del mio lavoro, della mia salute, del mio corpo, del mio matrimonio. Questo infantilismo, che sembra aumentare sempre più, porta in sé un pericolo totalitario evidente; una volta che il bisogno di sicurezza totale che lo Stato è obbligato a fornirci prende il sopravvento in quanto valore supremo, allora dovremo essere pronti a lasciarci nazionalizzare interamente, corpo e spirito, rigettando sullo Stato la piena responsabilità della nostra vita. Ed è esattamente i1 principio centrale del totalitarismo: la nazionalizzazione di tutto, ivi compresi gli esseri umani, e la promessa della sicurezza in cambio della perfetta sottomissione e della perfetta rinuncia alla vita spirituale personale con le sue necessarie incertezze. In breve, noi siamo lacerati tra due desideri incompatibili: vogliamo sempre meno uno Stato di cui sentiamo la sorveglianza e gli interventi 4 NOVEMBRE /979

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