9 (nove) comunicati congiunti degli incontri fra Berlinguer e i capi dei partiti comunisti fratelli e non. La conclusione del resto più che tirarla noi stessi possiamo farla tirare all'articolo che abbiamo preso come spunto per le nostre osservazioni. Infatti come aspetti «qualitativi» della politica estera italiana varati nel corso della settima legislatura sono citati due atti rilevanti: il Trattato di Osimo che ha chiuso il contenzioso con la Jugoslavia e (ohibò) la ratifica della convenzione per l'elezione a suffragio universale del Parlamento Europeo, nonché le note verbali negoziate tra il nostro governo e quello degli altri otto partners della CEE per consentire il voto «in loco» ai nostri emigranti per l'elezione c;lelParlamento Europeo, e, infine, l'espletamento di tutte le adempienze burocratiche internazionali ... Infine nel bilancio non sono state dimenticate le importantissime «indagini conoscitive» del Comitato permanente per la politica culturale all'estero creato in seno alla Commissione esteri della Camera, concretizzatesi nelle trasferte in visita agli Istituti di cultura italiana (con relativi cocktail parties) in Germania, Gran Bretagna, Stati Uniti, Canadà e Messico!. .. Mentre è stato taciuto, forse per carità della raggiunta unità della Patria dinanzi al mondo, il caso, singolare negli annali della politica internazionale, della visita di Stato resa dal nostro Ministro degli esteri Forlani in Giappone proprio nello stesso giorno in cui il governo giapponese si era dimesso. L'episodio accadde tra il 27 novembre e il I . dicembre 1978.E non è tutto. Poiché, a conversari conclusi con il dimissionrio omologo giapponese, il nostro silente e cauto Ministro degli esteri, scegliendo come tappa sulla via del ritorno uno «scalo tecnico» a Mosca, andava a dispensare alcuni dei suoi famosi sorrisi ad un paio di sottosegretari sovietici. Mentre sul suo tavolo di lavoro, alla Farnesina, giaceva già la copia di un dispaccio dell'Agenzia sovietica «Novosti» in cui lo si «criticava vivacemente» - segnalarono i giornali del compromesso storico - accusandolo di aver concordato col collega nipponico «di rendere più attivi gli sforzi dei rispettivi paesi per contrapporsi all'intervento militare sovietico nel Corno d'Africa». Come dire: Politica di solidarietà nazionale sì, di compromesso storico pure ma, ragazzino, non toccare la marmellata, e lasciaci lavorare. MITI DELL 'ETA' INDUSTRIALE LESZEK KOLAKOWSKI R villaggio introvabile NIENTE È MENO VERO DELL'OPINIONE secondo la quale ci siamo oggi ritrovati, grazie all'incredibile espansione dei mezzi di informazione, in un villaggio gigantesco esteso su tutta la superficie terrestre, e che, dopo aver distrutto il villaggio tradizionale, lo abbiamo riprodotto, in una «dialettica» ascesa a spirale, su scala globale. Il contrario, invece, appare evidente: non c'è nessuna «spirale», non c'è che il movimento irresistibile unidirezionale che cancella senza pietà, da un anno all'altro, le vestigia della comunità rustica, e il cui risultato è ben visibile nelle culture urbane e industriali più avanzate. Questo villaggio-mostro, di cui a volte immaginiamo essere gli abitanti, si oppone all'antico villaggio non solo nella sua tecnologia (l'economia contadina era un perfetto modello di riciclaggio, le fattorie non producevano quasi nessun rifiuto, tutto era riutilizzato nuovamente, quando sbarazzarsi delle immondizie è proprio uno dei problemi maggiori della nostra civiltà); non solo nei suoi cambiamenti a ritmo vertiginoso in contrasto con i cicli naturali e monotoni della vita contadina; ma soprattutto è un villaggio immaginario e artificiale, un sostituto cerebrale la cui irrealtà è difficile nascondere e che IL LEVIATANO sembra provocare sempre più la nostalgia - dissimulata sotto forme ideologiche diverse - di un villaggio «vero». Questo schermo televisivo sul quale guardiamo, con appena qualche ora di ritardo, o simultaneamente, i tumulti in Giappone, i cadaveri in Iran, un discorso del presidente americano e un match di football a Sidney, invece di renderci familiare il mondo intero, sembra cancellare la differenza tra la realtà e la finzione a vantaggio di quest'ultima. Queste guerre, queste rivoluzioni, queste sofferenze e questi terrori, sono per noi dei «westerns », dei «thrillers», fantasie interessanti da cineasti. Invece di diventare vicina e tangibile, la realtà si trasforma in finzione letteraria; invece di offrirci l'occasione di partecipare agli affari mondiali o di incoraggiarci verso essi, la densa massa di informazioni visuali e verbali che ci sforziamo invano di digerire, ci offre il mondo nel quale ci identifichiamo sotto un aspetto «estetico», ci arreca cioè un po' di piacere senza responsabilità. Poiché il villaggio reale è soprattutto il mondo dei contatti personali e delle conoscenze dirette e significative, è chiaro che il villaggio planetario non esiste e non esisterà mai. 13
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