degli «opposti estremismi». L'estremismo è soltanto «nero». Un estremismo «rosso» non esiste. Il terrorismo nasce da un «complotto»: è la congiura della destra fascista con i «corpi separati» dello Stato. Verso la fine del '75, si profila una lieve correzione di questa tesi. «Nei nostri documenti - racconta Fasino - la formula «provocazione» lasciò il posto a quella di «oggettiva provocazione». Volevamo suggerire che erano, si, fatti provocatori, ma forse non di destra. Non si andò più in là». Il perché non ci si spingesse oltre, Fasino lo spiega molto bene: «abbandonare la teoria del complotto voleva dire incamminarsi lungo una strada fitta di incognite, che ci obbligava a fare i conti con le contraddizioni nostre e del movimento operaio, con quello che poi si chiamerà l'album di famiglia». Nella base del PCI, accanto a quelli che pensavano al «complotto» seguendo la tesi ufficiale del partito, c'erano altri in cui la condanna del terrorismo era solo «tattica». Il terrorista sbagliava soltanto perché la forma di lotta che aveva scelto faceva il gioco del padrone: «mancava - dice Fasino - un giudizio negativo della violenza, da rifiutare sempre, in sé e per sé. E c'erano anche gruppi isolati di nostri compagni che dicevano di certe vittime: «Gli sta bene!». E Fasino conclude: «erano due anime presenti non solo nel sindacato e nella sinistra in generale, ma nel PCI». La situazione non mutò sostanzialmente neppure nel '77. In quell'anno, a Torino, il terrorismo sferrò una serie di colpi impressionanti. Venne assassinato il brigadiere Ciotta. Un mese e mezzo dopo, le BR uccisero l'avvocato Croce. Segui il ferimento di Ferrero, un giornalista del- )' «Unità». In ottobre mori Crescenzio, il ragazzo bruciato dalle molotov degli autonomi ali' Angelo Azzurro. Poco dopo, infine, ci fu l'assassinio di Casalegno. A quel punto, Fasino e altri uscirono allo scoperto. Dissero chiaramente: «sono rossi, sono tra di noi, nel movimento». La tesi suscitò scandalo. Fasino venne contraddetto «in modo aspro dal segretario di un'importante federazione del Piemonte». E - nota bene questo - «anche da Roma autorevoli compagni ci richiamarono alla prudenza». Era la fine del '77, pochi mesi prima del rapimento di Moro e le C.)Se,nella sinistra, andavano ancora così. Un fatto, del resto, lo prova irrefutabilmente. Un paio di giorni prima che il giovane Crescenzio venisse bruciato dagli autonomi in quel bar di Torino, si celebrarono a Roma i funerali di Walter Rossi. Ex-Lotta continua, Rossi militava nell'Autonomia. (Alcuni suoi amici e compagni, pochi mesi fa, sono stati arrestati perché in possesso di armi e di dinamite). Ai funerali, nel corso dei quali vennero incendiate sezioni della DC e del MSI, andò, in forma ufficiale, tutta la sinistra unita, che a Rossi, poi, intitolò una piazza. Ma torniamo a Fasino. A Torino, nel '77, IL LEVIATANO mentre infieriva il terrorismo, il sindacato pensava ad altro: «il sindacato era tutto preso da problemi diversi: la polemica sui sacrifici, l'austerità, le tariffe ... E nel sindacato la tendenza a sottovalutare e a dire: «sono compagni che sbagliano» continuava ad essere fortissima». Ma l'intervista non si ferma qui. Fa l'inventario completo della leggerezza e dell'irresponsabilità di cui una parte (ma che parte!) della sinistra si è rivelata capace in materia di terrorismo, non solo ieri ma ancora oggi. «Settori del sindacato sostenevano che il terrorismo si combatte solo con le riforme sociali, le tariffe giuste, l'equo canone ... E c'era chi aggiungeva: «Se sconfiggia."llo il padrone, sconfiggiamo il t<!rrorismo». Non fu semplice dimostrare che e,a sbagliato, che anche con l'equo canone i Curdo avrebbero comunque ccnti:mato a sparare, ci:e la battaglia centro il terrorismo era centrale perché metteva in pericolo la democrazia ed esigeva un'iniziativa specifica e autonoma». Fasino attribuisce la tesi al sindacato. È troppo buono. Dovrebbe ricordare oltre a certi sindacalisti, i tanti intellettuali - da Rodotà e Federico Mancini - che se ne sono fatti banditori, per mesi, per anni. E senza mai battere ciglio. Che concludere? Nulla. L'importante è tenere per ora bene a mente questo piccolo quadro veritiero delle condizioni reali della sinistra in Italia - al vertice e alla base - sul finire del '79. Passerà certo del tempo, prima che capiti di ,itrovare, in bocca a un dirigenti del PCI, ammissioni altrettanto franche. li
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