Lettere ai Lavoratori - anno II - n. 6 - nov.-dic. 1953

I t e ere ai javora ori ♦ Commiato ♦ La carta della mezzadria ♦ Le agitazioni dei "bianchi ,, nel 1921 ♦ Le cooperative ravennati ♦ Lo sciopero nei servizi pubblici ♦ La situazione sindacale del 1925 ♦ Le assunzioni a tempo ♦ Il congresso della UIL ♦ Il Pignone ♦ Le ·coiµmissioni interne ♦ Cronache Carpo / Cavalli / Dominedò " Ferrarotti / Giannitelli La Pira / Grandi / Rapclli / Riguzzi 6 ROMA NOVEMBRE " DICEMBRE 1953 Biblioteca Gino Bianco

f'LetteraeiLavoratoM\ dirette da GIUSEPPE RAPELLI • Usciranno ogni bimestre in fa/ scicoli di 112 pagine • Abbonamento annuo L. 1000 - ,, semestr. ,, 500 - Ogni fascicolo ,, 200Estero il doppio ♦ indirizzo postale: LETTERE Al LA VORATORl Casella Postale 328 ROMA • Versamenti per abbonamenti sul e/ e postale n. 1/ 21921 intestato a ''Lettere ai lavoratori,, nell'uv 6.cio dei conti correnti di Roma Re3pon3ahile: PIERO RANZI \ Au~or. Trib. di Roma n. 2522 ciel 25,,~,,52 } ~tah. Tip. UESISA /Roma/ 195:....,, Biblioteca Gino Bianco

LrttearieLavoratori Anno II - N. 6 Novembre-Dicembre 1963 COMMIATO Si compiono due anni dacchè questa modesta pubblicazione ha avuto inizio. Essa è andata incontrando, nel suo cammino, conoscenze e consensi, forse più negli studiosi che non tra i lavoratori, a cui propriamente veniva indirizzata. Avremmo perciò avuto titolo a indicarci come «rivista dei problemi del lavoro» perchè questi problemi sono stati trattati, nei loro vari aspetti, dai nostri collaboratori. D'altronde in una Repubblica fondata sul lavoro, tutto va riferito allo stesso, e si può dite che il mat~riale da noi pubblicato, lo considerava a fondamento di ogni problema morale, economico, politico, sindacale e sociale. Un piccolo poliedro dalle tante facce è stata la nostra rivista: perchè senza pretese ha accumulato argo- . menti su argomenti: tutti ricondotti ad una medesima unità, il lavoro. E i lettori ci han dato merito per gli scritti vecchi e nuovi, le corrispondenze, le documentazioni che abbiamo loro fornito. Questa comune soddisfazione di compilatori é di lettori è motivo di conforto in questo, che speriamo, temporaneo commiato. Biblioteca Gino Bianco

Studio di un socialista . durante il fascismo LACARTDAELLMAEZZADR Sotto la duplice pressione della deflazione monetaria e della discesa generale dei prezzi dei prodotti alimentari, alcune forme di imprese agrarie sono rimaste fortemente danneggiate in questi ultimi anni. Il grande affitto, ad esempio, che aveva un tempo largamente contribuito al progresso agrario della Nazione, applicando i suoi metodi industriali alle grandi imprese rurali condotte con salariati, è rimasto colpito a morte. Neppure ha dato buona prova, in questa sfavorevole congiuntu - ra economica, il piccola. affitto in denaro, malto diffuso in Italia, nel quale il piccolo affittuario coltiva egli stesso il podere con il sussidio della mano d'opera familiare. Le forme di compartecipazione, invece, tipica fra esse la mezzadria, hanno dato prova di una maggiore resistenza al562 Bib1101ecaGino Bianco meno fir10 a questi ultimi tempi. La mezzadria presenta il vantaggio di distribuire equamente, fra colono e conduttore, le perdite e i vantaggi dell'impresa e risente assai meno le ripercussioni dei prezzi di mercato e delle loro vicende, perchè molti prodotti vengono consumati direttamente dalla famiglia colonica e qualche volta dalla famiglia del conduttore. Per questi motivi e per altri che vedremo, la 1nezzadria viene considerata come la forma di conduzione agraria che « meglio concreta il principio della collaborazione », e meglio di ogni altra realizza « la dottrina di equilibrio e di saggezza della Corporazione ». Qualcuno si è spinto anche più oltre in queste definizioni, indicandola eome un problema fondamentale di trasformazione agraria dalla cui diffusione si possa sperare, a

non lunga scadenza, l'abolizione, in Italia, del salariato agricolo in tutte le sue forme. La mezzadria La mezzadria esiste da oltre venti secoli; è diffusa in Francia, in Spagna ed ha una importanza notevolissima nella economia italiana, essendosi estesa specialmente nelle terre frazionate dell'Italia centrale e in alcune zone del Veneto e tendendo oggi a estendersi specialmente nelle terre dell'Italia meridionale e in quelle di recente bonifica. Il patto su cui è fondata è costituito dall'apporto, da parte di un proprietario o conduttore di imprese agrarie, dt una determinata superficie di terreno con capitali necessari alla sua coltivazione; e dall'apporto, da parte di una fami - glia colonica, di tutto il lavoro necessario. Anche il suo funzionamento è semplice; esso si impernia sulla divisione a metà tanto delle spese quanto dei prodotti del fondo coltivato. Sono invece assai complessi i problemi che suscita. Essa risente della varietà dell'ambiente agrario in cui si è accampata e soprattutto della diversa fertilità del suolo e della quantità di capitali che vi sono connessi, .fertilità Biblioteca Gino Bianco e capitali che variano da comune a comune, anzi da podere a podere, rendendo difficilmente stabile l'equilibrio fra il capitale ed il lavoro. Se si dovessero n1ettere insieme tutte le dispute e tutte le discussioni a cui ha dato luogo, specialmente fra i georgofili toscani, ci sarebbe materia per parecchi volumi. Vi sono stati scrittori che l'hanno esaltata definendola, come il Sismondi, «uno dei più grandi monumenti della sapienza civile degli italiani»; altri, come il Dareste, che l'hanno diffamata chiamandola « figlia naturale della povertà » di cui Sétrebbe al tempo stesso l'effetto e la causa determinante. Ma, lungi da queste esagerazioni, la mezzadria vuole essere considerata in rapporto all'attuale ordinamento fondiario e a determinate fasi di sviluppo dell'agricoltura e dell'ambiente agrario. Non aveva torto il Sen. Jacini, quando, nella Relazione finale della grande inchiesta agraria da lui presieduta, scriveva che la mezzadria poteva essere un bene per le terre dell'Italia Meridionale, allora (1880) derelitte, desolate e squallide, ma poteva costituire un ostacolo alla specializzazione delle colture in al tre zone agrarie più progredite. Risulterebbe arduo un confronto, ad esempio, fra la mezzadria emiliana e roma563

gnola di pianura dove il mezzadro è noto ed invidiato per le sue condizioni economiche che gli permettono di partecipare col suo peculio alla costituzione del capitale di stalla o all'impianto del frutteto e la mezzadria di alcune zone meno fortunate dell'Umbria o la mezzadria di montagna nella quale ultima il mezzadro non possiede se non le sue braccia nude, e la cui economi.a è di solito fondata sul pascolo di una o due unità di bovini e sul racco! to di poco granone. L'inquadramento nei sindacati L'interessamento per i problemi della mezzadria fu anche suscitato alcuni anni or sono da necessità di ordine sindacale. Il Sindacalismo fascista, totalitario nella sua costituzione, non poteva lasciare in sospeso rapporti sociali che interessano una 1 categoria cosi numerosa di produttori. Anche i mezzadri ·- per quanto la loro posizione sia ambigua nei riguardi dell'impresa - dovevano trovare il loro posto, ed essere tutelati, nell'ordinamento sindacale; ma dove inquadrarli: nella Confederazione dei datori di lavoro o in quella dei lavoratori? La risposta a questo quesi- .564 Bibh ""Gino Bianco to, in apparenza cosi semplice, portava con sè conseguenze assai complesse. Di fronte alla tesi dei pro- . prietari, i quali, in omaggio alla tradizione, desideravano che fosse conservato alla mezzadria il suo antico carattere di contratto di società, sorse la tesi dei rappresentanti dei coloni, secondo i quali il mezzadro non sarebbe se non un lavoratore a cui il proprietario affida la terra per col tivar la e lo compensa in natura anzichè in denaro. Con la approvazione del disegno di legge « per l'estensione della disciplina giuridica dei contratti collettivi di lavoro ai rapporti di mezzadria e di piccolo affitto» avvenuta per parte della Camera dei Deputa ti il 22 maggio 1930 e recentemente da parte della Camera vitalizia, nella quale minacciava di arenarsi. la tesi dei rappresentanti dei coloni è sostanzialmente prevalsa. I coloni sono già inscritti nei sir~dacati dei lavoratori, ma in questa loro qualità dovrebbero oggi, anche per effetto di quella legge, fruire, del contratto collettivo, e delle provvidenze tutte della Carta del Lavoro. Questa, come è noto, contempla i massimi di orario, i minimi di salario, il riposo festivo, le ferie anuali ecc. le quali provvidenze potrebbero portare un colpo fatale alla mezzadria che tutti desiderano

di diffondere. E' per tale ra - gione, e per calmare i bollenti spiriti di alcuni giovani organizzatori, che i maggiori esponenti della Confederazione E'ascista dell'Agricoltura, e specialmente il Tassinari, insistono, spesso e volentieri, sugli errori commessi in questa materia dalle precedenti organizzazioni sindacali dei socialisti e dei sindacalisti rivoluzionari, i quali combattevano la mezzadria per ragioni dottrinali e per non turbare quel processo di proletarizzazione dei ceti medi che si assicurava in atto anche in agrJcoltur~, agli effetti del cozzo finale rivoluzionari o: mentre è anche vero che con l'azione pratica e quotidiana dei loro sindacati servirono a diffondere e in secondo tempo a perfezionare l'istituto mezzadrile. Rl-percussioni dell'azione sindacale Abituati ormai a considerare il bracciantato come una specie di demiurgo dei problemi dell'agricoltura e le grandi imprese condotte in .economia come le sole in grado di portare l'industria agraria e le classi rurali al loro massimo sviluppo - lo stesso processo si era a~to nelle industrie - i socialisti e i sindacalisti non si accorsero che Biblioteca Gino Bianco colla loro azione a favore del bracciantato andavano a migliorare le piccole imprese a conduzione famigliare e segnatamente la mezzadria. Migliorando i salari e riducendo gli orari dei salariati, i costi di produzione, restando invariati o quasi nella mezzadria - nella quale il mezzadro con- , tinuava P lavorare le sue 1216 ore al giorno - aumentavano invece notevolmente nelle imprese condotte in economia. Le indagini del Tassinari Questo gioco di ripercussione dell'azione sindacale sulle imprese agrarie è dimostrato colla maggiore evidenza, e presenta il maggiore interesse, nei risultati delle indagini compiute dal prof. Tassinari in uno studio pubblicato nel 1926 intorno alla « Distribuzione del reddito nell'agricoltura italiana». Prendendo a base i due periodi 1912-1914 (prebellico) e 1921-1922 (postbellico), osserva che, mentre nel primo periodo il compenso al lavoro manuale assorbe una quota più alta del p'rodotto netto nei sistemi a colonia che non in quelli a salariato, nel secondo periodo (1921-22) la percentuale del reddito assorbito dal lavoro manuale, invariata o quasi nei sistemi 565

a colonia, è invece notevolmente aumentata nei sisten1i A) Nelle aziende a salariato: a salariato, come risulta dal seguente prospetto: PERIODO 1912-'14 1921-'22 Grande azienda irrigua lombardo-piemontese a prevalente produzione di latte e riso . 33,88 30~7 56 - O/o 4.0,6 6/o Piccola azienda viticola siciliana . Azienda a latifondo con prevalente cereali col tura Altro tipo uguale B) Nelle aziende coloniche: 39,7 40,7 51 - O/o 56,-! O/o Azienda bolognese a mezzadria Azienda rom,a,gnola con frutticoltura . Piccola azienda monferrina a mezzadria Tipo di azienda um1 bra a mezzadria . Mezzadria toscana con viticoltura . 44,5 49,3 4951,4 51,4 43,7 O/o 46,70/o 48,60/o 51,4 O/o 53 - O/o E poichè il compens~ al lavoro manuale e il reddito padronale si muovono come i due secchi di un pozzo, dei quali l'uno sale quando l'altro scende, si è avuta questa conseguenza: che mentre nel - le aziende coloniche, nei due periodi considerati, tanto il compenso al lavoro manuale quanto il reddito padronale sono saliti nello stesso rapporto approssimativo di 1 a 5; nei sistemi a salariato invece, mentre il compenso al lavoro manuale è salito nel rapporto di 1 a 8,4 come nell'azienda irrigua Lombardo - Piemontese, il reddito padronale saliva invece soltanto nel rapporto di 1 a 2,4. 566 Bit.. _a Gino Bianco Contro queste gravi inc1s10ni del reddito padronale non poteva mancare la reazione da parte dei proprietari e conduttori di imprese agrarie. Essi incon1inciarono subito a dare la preferenza alle culture che esigevano minore quantità di mano d'opera, a intensificare l'impiego di macchine agrarie e a trasformare i loro sistemi di conduzione, frazionando, dove era possibile, le grandi unità aziendali in minori unità poderali e sostituendo alla gestione in economia tutte le fc,rme di compartecipazione ma in modo speciale la mezzadria. Queste trasformazioni f urono in gran parte utili ai fini

della produzione; nella maggioranza dei casi condussero ad un frazionamento razionale della terra e ad una agricol tura più intensiva con l'impiego di nuovi capitali; ma non fu altrettanto vantaggiosa per i salariati e soprattutto per i braccianti i quali vedevano in tal modo diminuire progressivamente la richiesta del loro lavoro. Le agitazioni operaie Anche motivi di tranquillità concorrevano a spingere i proprietari verso la conduzione mezzadrile. Le agitazioni operaie e gli scioperi, così frequenti nelle zone ove prevaleva la conduzione a salariati, seccavano enormemente i proprietari e turbavano, qualche volta gra - vemente, il normale sviluppo dei lavori agricoli. Il salariato rurale era sempre pronto a disertare i campi e ad abbandonare le stalle ai primi squilli dello sciopero: ma non altrettanto solleciti erano i mezzadri, i quali qualche volta scioperavano di .giorno per dimostrare la loro solidarietà, ma poi, di notte andavano a falciare l'erba in mezzo ai campi per alimentare il bestiame che ad essi pure apparteneva. Da questa esperìenza i proprietari si accorsero che la mezzadria poteva costituire una buona polizza di Biblioteèa Gino Bianco assicurazione contro i danni degli scioperi, ed era ad ogni modo più efficace di quelle mutue che le associazioni padronali andavano formando a questo scopo e che si concludevano quasi sempre in pura perdita. Vista la mala parata, socialisti e sindacalisti corsero ai ripari. Se in un primo tempo nutrirono l'illusione che, riuscendo a migliorare la condi:- zione dei salariati, i mezzadri si sarebbero decisi ad abbandonare il campo e la casa padronale - dove bene o male godevano di una certa sta - bilità e di un tenore di vita tollerabile - per correre ai lavori a giornata nei quali la libertà era maggiore, più alti i salari e più brevi gli orari, si accorsero del loro errore quando dovettero constatare, con loro sorpresa, che avveniva precisamente l'opposto. In fondo chi doveva decidere della trasformazione dei sistemi aziendali non erano i mez·- zadri, ma i proprietari, i gua - li preferivano la mezzadria perchè costava meno e li lasciava più tranquilli. Corsero quindi a premere coll'azione sindacale sul contratto mezzadrile. La mezzadria era tutt'altro che perfetta. « Prima del 900 - scrive il prof. Aldo Pagani in una monografia economicoagraria della provincia di Ra567

venna - i patti erano assai gravi per il colono '!a cui personalità era avvilita da con - dizioni di servilismo. La divisione dei prodotti e delle spese si faceva secondo il criterio della metà per tutte le colture, esclusa la vite, il grano e la legna della potatura alle quali il colono era interessato per la terza parte». Il colono aveva tutti gli obblighi e nessun diritto. « Alla gravo~ità dei patti - continua il Pagani - è da notare nei contratti colonici di quel periodo uno spirito informatore ben lontano dall'odierna mezzadria la quale può anche essere considerata, per le sue manifestazioni, un contratto di società». « La mentalità del tempo era di considerare il colono come un essere inferiore. E forse nessuno, più degli stessi coloni, ne era tanto convinto ». Nel 1900 vengono, per opera dei socialisti, le organizzazioni dei contadini alle quali si con - trappongono subito quelle padronali, e nel 1906 si iniziarono le discussioni fra la fratellanza dei contadini e l'associazione agraria. Esse condussero alla conclusione del capitolato di quell'anno, il quale sanciva la divisione a metà di tutti i prodotti e di tutte le spese del fondo con clausole favorevoli ai coloni. . 568 8 . 8 . 81b11ulc;~a 1no 1anco Le prime conquiste « Se queste sono le conquiste economiche, continua l'A., già da sole assai importanti, occorre, per avere il quadro completo, aggiungervi le conquiste di carattere morale. La importanza morale del capitolato sta nel fatto di aver dato una dignità e una coscienza di lavoratori compresi della loro missione, ad uomini che· si ritenevano costretti al servilismo». Non solo in provincia di Ravenna, ma in tutte le zone mezzadrili l'azione sindacale dei mezzadri riusci a sanzio- ·nare l'uguale divisione dei prodotti e delle spese e ad estirpare tutte quelle consuetudini medioevali, tutte quelle prestazioni personali e tutte quelle « corvè » che erano il retaggio dell'antico servo della gleba; ad estirparli, si intende, nei patti scritti, perchè nelle consuetudini e nella pratica, la cosa non fu nè cosi sollecita, nè così agevole. A conti fatti, i nuovi patti mezzadrili contentarono tanto i coloni quanto i proprietari: i primi, perchè nella maggiore partecipazione ai prodotti trovarono uno stimolo efficace per intensificare la produzione, migliorando la loro condizione; i secondi, perchè in definitiva partecipavano ad un prodotto accresciuto e perchè trovarono il modo, nella \.

quota di conguaglio che vedremo in seguito, di far pagare ai coloni più del dovuto. Sono di allora i primi patti colonici collettivi che solo nel 1930 la legge già citata ha resi obbligatori per tutti. Pur tuttavia, la magistratura del tempo, senza disporre di una legislazione apposita, anticipava, con alcune sue sentenze, il nuovo diritto sindacale e corporativo, dichiarando anche allora l'obbligatorietà dei patti collettivi stipulati dalle rappresentanze degli organi sindacali quantunque sforniti di riconoscimento giuridico. Tipiche devono considerarsi a qµesto proposito due sentenze: l'una del Pretore di San Donnino, l'altra del Pretore di Biella, nelle quali l'obbligatorietà dei patti era allora sostenuta colla tesi della « ne.gotiorum gestio ». Resistenza padronale Nelle zone agrarie ove i proprietari e conduttori hanno la possibilità di scelta, daranno sempre la loro preferenza a quella forma di conduzione che si presenta per essi più conveniente. Nel periodo della grande inchiesta parlamentare agraria - intorno agli anni 1879-81 .;_ che fu presieduta dal senatore J acini, provocata da una delle maggiori crisi che abbia dovuto · sopportare la agricoltura italiana, i proprieBiblioteca Gino Bi'anco tari di alcune zone emiliane, per aumentare i loro redditi, scarsi anche allora, oppure, in qualche caso, per diminuire le loro perdite, tendevano a ridurre il loro personale - peggiorando naturalmente le condizioni dell'agricoltura - trasfarmando i loro mezzadri in f amigli da spesa a salario annuo per liberarsi dall'opera di mantenere l'intera famiglia e dalla continua seccatura degli , anticipi. « In un podere ove prima viveva una famiglia di mezzaiuoli con quattro uomini atti al lavoro, non sostituivano sempr~ un famiglia da spesa con altrettanta forza attiva, ma convenivano una 1nercede o stipendio fisso, per tutta l'annata, con uno o due uomini soltanto, i soli necessari alla cura del bestiame e a] gravoso lavoro di aratura, trovando più utili e convenienti i servizi dei braccianti pagati nei soli giorni utili e quando si presentava il bisogno». · I salari erano allora molto bassi e gli orari uguali per tutti: dal sorgere al tramontar del sole ed il costo del lavoro doveva quindi essere assai più alto nelle imprese a mezzadria che non in quelle condotte in economia. Un eguale fenomeno si sta ora osservando: si notano già nell'Emilia molti casi di mezzadri che cedono. il posto ai salariati fissi, segno evidente che, come alloré, il compenso del lavoro mez569

zadrile è assai più alto che non quello dei salariati, per le condizioni, già note, in cui si svolge l'uno e l'altro. La Carta della mezzadria Sulla Gazzetta Ufficiale del Regno del 6 dicembre 1933 è stata pubblicata la Carta della mezzadria la quale contiene le norme generali per la disciplina di questa forma di conduzione dell'impresa agraria. Trattasi di un documento importantissimo il quale, pur lasciando un'ampia superficie agli usi e alle consuetudini locali - da determinarsi nei patti di regione o di provincia o di zona, per adattarsi, come è indicato nell'art. 1, alle condizioni economiche e tecniche delle circoscrizioni per le quali vengono stipulati - pone le basi fondamentali del contratto mezzadrile e lo uniforma in tutta la Nazione ispirandosi ad un senso alto di ,giustizia e di solidarietà fra le classi sociali interessate, le quali potranno .trovarvi tutelate le loro ragioni economiche e morali nella considerazione di un comune interesse alla più alta produzione. ,O'ccorre però vedere se, all'atto pratico e nell'interpretazione e nell'uso che ne Laranno le organizzazioni locali, non determinerà qualcuna di qu~lle ripercussioni destis· 57P :;a Gino Bianco nate a restringere, anzichè allargare, il terreno destinato alla mezzadria. Nel recentissimo patto colonico parmense, ad esen1pio, che si richiama in pieno alla « Carta della mezzadria» è abolita la quota di conguaglio o appendici in denaro di cui non v'è cenno nel documento pubblicato nella Gazzetta Uf-· ficiale. La '' quota di conguaglio,, La quota di conguaglio è sempre stata il cavallo di Troia di tutti i patti colonici collettivi. E' noto che nella mezzadria la misura del compenso colonico dipende più che altro dalle condizioni del podere in cui il colono appli - ca il suo lavoro. La divisione a metà dei prodotti e delle spese, è conveniente al colono nei terreni fertili fortemen te dotati di capitali, non gli è più conveniente nelle terre ingrate, di scarso rendimento e scarsamente dotate di capitali agrari. In questi terreni il mezzadro non vi caverebbe da vivere e la mezzadria non potrebbe reggersi. Allo scopo di perequare il compenso del lavoro colonico, e di contraccolpo il compenso ai capitali dal conduttore investiti nell'impresa, si applicava fino dallo scorso anno, in provincia di Parma, la quota di conguaglio a ia-

vore del conduttore o locatore o a favore del colono a seconda che si trattava di terreni al disopra o al disotto di una determinata fertilità n1arginale. Nel patto stipulato per la provincia di Parma il 15 maggio 1930 presso il Ministero delle Corporazioni, scaduto 1'11 novembre 1933, era ammessa la quota di conguaglio a favore del locatore, ma in via affatto eccezionale << nei poderi di pianura o pianeggianti dotati di buoni fabbricati in favorevoli condizioni irrigue, oppure in piena produzione ». Nei terreni invece al disotto di una determinata fertilità, la quota di conguaglio era ammessa a favore del mezzadro. Sta di fatto però che la quota di conguaglio era quasi sempre a carico del mezzadro e quasi sempre in una misura taln1ente elevata da ridurLATERRAE I « POPOLARI n Il congresso di Napoli del P.P.I. si occupò principalmente del problema della terra. La corrente estrema, tendente alla socializzazione, venne guidata dall'on. Miglioli di Cremona, quella classica (piccola proprietà, e conduzione, af!ì,tto · e mezzadria) dall'on. Martini di Firenze. Biblioteca Gino Bianco re talvolta ad un livello cosi basso il compenso del lavoro mezzadrile da dover determinare il colono ad abbandonare il podere. Come impedire ai locatori di premere troppo forte la mano sµi loro mezzadri in questa materia? La misura della "quota,, Le fertilità dei poderi e la quantità e la qualità dei capi tali che vi sono connessi varia, non solo da provincia a provincia o da comune a comune, ma da podere a podere: difficilmente, per questa ragione, la quota di conguaglio poteva costituire materia di contrattazioni collettive. D'altra parte lasciando, èome si è fattp fino ad oggi, che la sua misura fosse stabilita di comune accordo fra conduttore mezzadro, quest'ultimo, per ragioni intuitive, veniva a trovarsi senza difesa e venivano ad essere frustrati gli scopi dell'organizzazione sindacale. Si stabiliva bensì, nei contratti provinciali, un massimo da non superarsi, ma poi, senza contare che· alcuni, per evitare il controllo dei sindacati, sopprimevano addirittura la contabilità colonica, regolando di volta in volta, per contanti, le partite di credito e di debito coi loro mezzadri, tutti o quasi tutti pretendevano di applicare la 571

quota di conguaglio nella misura del massimo, quando invece questo massimo doveva applicarsi soltanto eccezionalmente e nei poderi di grande fertilità. La proposta dell'Accademia del georgofili Di fronte a tale difficoltà, l'Accademia dei Georgofili, che in questi ultimi anni ha studiato il problema della mezzadria in tutti suoi aspetti - storico, politico, sociale, economico - suggeriva una transazione per raggiungere un compenso medio che, coi suoi elementi monetari e in natura, corrispondesse ai principi della Dichiarazione della Carta del Lavoro. Poichè i medesimi patti venivano a retribuire in modo diverso la stessa quantità e qualità di lavoro, non si poteva realizzare l'equo compenso mettendo infatti questi patti in tutti i luoghi e in tutti i tempi. Essa proponeva: a) che le rappresentanze sindacali concordassero periodicamente il contratto di mezzadria per una determinata circoscrizione a tenore di vita omogeneo e con riferimento ad un podere « tipo » di medio rendimento; b) che proprietario e colono, nei poderi che divergevano notevolmente, per condizioni obiettive, dal medio rendimento, determinasseBi572 ~caGino Bianco ro consensualmente - o altrimenti in base a regolare giudizio tecnico - quelle modificazioni a favore del colono o del proprietario, intese a proporzionare il compenso annuo medio del lavoro colonico. La proposta, in pratica, era destinata a quasi certo insuccesso, perchè troppi poderi si sarebbero trovati a divergere dal podere tipo ai quali la rela tiva contrattazione avrebbe •dovuto lasciarsi alle parti; e poichè l'esperienza aveva già dimostrato che troppi proprietari esageravano nell'applicazione della quota di conguaglio a loro :favore, le organizzazioni parmensi tagliavano d'un colpo il nodo gordiano sopprimendo la quota di conguaglio, tanto nel senso attivo quanto nel senso passivo, per i datori di lavoro e pei mezzadri, a incominciare dall'll novembre 1933 in cui si iniziava l'annata agraria in corso. I danni della soppressione del la "quota,, di conguaglio E' evidente però c~e questa soppresione colpisce soltanto i locatori e, quel che è peggio, i poderi più fertili e meglio dotati di capitali. In un momento in cui la mezzadria accenna a perdere terreno, questa riforma rischia di provocare non lievi ripercussioni.

I coloni che lavorano i fondi migliori vedranno di tanto elevarsi la rimunerazione del loro lavoro e di tanto peggiorare il reddito domenicale già messo a dura prova dalla crisi dei prezzi - da non rendere più conveniente ·ai proprietari la conduzione mezzadrile. Come nel torn1entato periodo della crisi agraria del 1875-96 - la quale produsse miserie atroci, ma diede il maggior impulso al rinnovarsi dell'agricoltura - proprietari e conduttori troveranno più conveniente la conduzione in economia dei loro poderi e trasformeranno, oggi come allora, i loro mezzadri in salariati fissi, limitandoli alla sola cura del bestiame, per servirsi poi dei braccianti nei soli giorni utili ai bisogni delle loro imprese. Molte disdette, da parte degli stessi proprietari, sono quindi prevedibili per il prossimo S. Martino, se ·saranno tollerate, perchè il Nuovo Contratto Parmense di mezzadria pubblicato in sunto sul « Corriere Emiliano » del 6 gennaio u.s. - prevede i provvedimenti contro la parte che ricorra alla disdetta per sottrarsi agli obblighi contrattuali o per motivi contrastanti con i principi fondamentali di collaborazione del Sindacalismo fascista corporativo. .Ma se si vuole - osserva un proprietario - che nelle Biblioteca Gino Bianco nostre imprese si riducano i costi di produzione, come condizione .essenziale per superare la crisi, occorrerà pure che ci si lasci scegliere la forma di conduzione più econon1ica e più razionale, tenute presenti le condizione del mercato del lavoro. In tal caso però. la mezzadria verrebbe a perdere terreno, proprio mentre si desidera di estender la, perchè al disopra di ogni considerazione dottrinale, e nonostante i suoi molti difetti, essa consente ai lavoratori dei campi un tenore dì vita assai più alto che non ,le forme di conduzione a salariato. Mezzadria e salariato . I braccianti e i salariati in genere riescono, quando lavorano a realizzare una tariffa più alta· e giornate più brevi di lavoro che non i mezzadri, ma devono, specialmente i primi, fare i conti colla disoccupazione che li colpisce per gran parte dell'anno, e quel che più conta agli effetti del loro modico bilancio famigliare, essi non possono impiegare come impiega il mezzadro, tutta la mano d'opera della famiglia. Il reddito di una· famiglia mezzadrile del bolognese composta di due uomini e di due donne - tre unità lavorative - era valutato nel 1921-22 573

L. 15302. Se si tien conto dell'interesse del capitale impiegato dal mezzadro nell'impresa, L. 1400 circa, si ha il seguente quoziente per ognuna delle unità lavorative: L. 15302 - 1400 : 3 == 4634. Negli stessi anni i salaria ti fissi, boari, vaccari etc. avevano, seguendo le cifre del Bollettino del Ministero del La - v2ro, un compenso medio di L. 5585; però le due donne di questi salariati, supposta uguale la composizione della famiglia, guadagnavano soltanto L. 1080 ciascuna e il reddito della famiglia si riduceva perciò a: L. 5585X2+(1O8OX2)=L. 1333u cioè un reddito individuale superiore, ma complessiva1nente inferiore a quello della famiglia mezzadrile. Il bracciante a sua volta, in quel periodo di inflazione e di grande prosperità, almeno apparente, guadagnava, secondo i dati della Federazione delle Coop. Agricole della Provincia di Parma, L. 3495 annue. Applicando lo stesso criterio al nucleo famigliare, supposto eguale, si ha la seguente rimunerazione complessiva: L. 3495X2+(108OX2)==L. 9150 cioè inferiore di oltre L. 6.000 al compenso della famiglia mezzadrile. Ecco dunque una buona ragione che spinge i lavoratori l 574, ~ca Gino Bianco della terra a dare la loro preferenza alla mezzadria nei confronti del salariato. Condizioni del salariato Se questi lavoratori avessero i mezzi per costituire a loro conto, non si fermerebbero nella mezzadria; ma la mezzadria, per la loro eterna a~pirazione verso la terra, rappresenta per essi il prilno gradino di una scala gerarchica che essi contano di salire fino alla cima; perciò tutti i loro pensieri, tutte le loro energie, tutta la loro passione son tesi .verso la terra. E non hanno torto. Nella terra vi è tutta la loro vita. Se un giorno saranno riusciti a furia di lavoro, di sacrifici e di privazioni a procurarsi un pezzo di pane o di polenta in una posizione sicura, essi avranno provveduto anche alla loro vecchiaia alla quale hanno pensato lun-_ gamente. Essi han visto quanta è triste la vecchiaia del bracciante. Quelli fra costoro che non saranno giunti in tempo ad avere una pensione rimarranno un peso molto grave in una famiglia sempre povera, in una casa troppo angusta per ricoverarli. E se non avranno più una famiglia, come spesso accade, non resterà loro altro conforto dopo una vita tribolata, se non un ricovero per mendicità! Quando si pensi a

I ciò, appare ben dolorosa la scarsa considerazione di tanti operai per l'assicurazione contro la invalidità e la vecchiaia. Anche il loro lavoro è odioso: quel lavoro in equipe o squadre, sotto la sorveglianza di un fattore che sta loro alle calcagna e li stanca, e la cui sola presenza lo fa diventare intollerabile in questa condizione essi non hanno che un pensiero: arrivare alla fine della loro giornata! Durante il lavoro consulteranno lo orologio, oppure domanderanno l'ora ai passanti, collo stesso accoramento con cui domanderebbero: « Scusi quando finirà questa nostra tortura? >>. Anche le otto ore conquistate colle loro lotte sindacali, e non sempre come frutto delle loro vittorie, riescono lunghe, assai più lunghe ad ogni modo del lungo orario del mezz&dro; il quale, pur lavorando dalla alba al tramonto, sente sfuggire veloce il tempo. Queste le risorse e questa la gioia del lavoro per i salaria ti! La loro condizione è stata sempre uguale e sempre triste in tutti i tempi ed in tutti i luoghi. Nell'antica Roma, incalzati dalla concorrenza del lavoro servile, dovevano rassegnarsi a condizioni pietose ed a salari di fame che le stesse elargizioni fru1nentarie contribuivano a mantenere depressi. E quando inurbavano, correndo a ingrossare la Biblioteca Gino Bianco turba oziosa dei proletari inquieti, non toccava loro miglior sorte. « Le belve della foresta - scriveva Tiberio Gracco - hanno il loro ovile; ma quelli che muoiono per la Italia non hanno che aria e luce. Essi devono vagare seì1za casa nè tetto insie1ne alla moglie e ai figli. Quando prima della guerra i loro capitani li incitano a combattere per le loro tombe ed i loro Lari, essi mentono; perchè nessuno di essi possiede tali cose. Essi· hanno solo il nome di Signori del mondo, ma devono morire per il lusso degli altri senza poter dire propria nemmeno una zolla di terra». I paria del 'agricoltura Da duemila anni a questa parte molte cose sono cambiate nel consorzio umano, ma non è cambiata la condizione sociale di questi paria della agricoltura. Essa è triste nelle terre ingrate e lo è egualmente nelle terre fertili a col tura intensiva. Stefano Jacini nella sua « Relazione finale sull'inchiesta agraria» già più volte citata, parlando della ricchissima agricoltura del Basso Milanese, ordinata a grandi aziende a salariati, scriveva: « Eppure accanto a questo ordinamento agricolo che rappresenta una delle più grandi vittorie riportate dall'uomo sulla natura, nel quale si so575

no accumulati i capitali e le industri fatiche di tante generazioni, sta una popolazione rurale che versa nelle più tristi condizioni economiche, mietuta dalla pellagra e dalle febbri, nella quotidiana angoscia della fame, tormentata dal pensiero che una terra produttiva di tanta ricchezza non procuri a chi la lavora di che provvedere ai più stretti bisogni della vita. Si rivolga invece - continuava - l'attenzione alla Romagna, alla Toscana, alle Marche e in pa~- te anche all'Umbria. Vige in queste regioni, e particolarmen te nelle ultime, un sistema che non rappresenta un grado di intensità molto elevato e certo meno elevato di quello della Lombardia. Nondimeno la popolazione vi gode di un relativo stato di benessere, che per molti dei contadini italiani rappresenta una condizione invidiabile ». Se qualche mutamento non avviene nello strumento di produzione agraria o nella organizzazione della società. il lavoro rurale nelle grandi imprese agricole condotte in economia col mezzo dei salariati, non sarà forse mai l~berato da quel senso di inferiorità che lo rende penoso a tutti. Saranno perciò benedetti gli sforzi intesi a eliminarlo dalla vita serena dei campi. Ma vi sì giungerà attraverso la mezzadria? ' 576 BibllvL va Gino Bianco . L, impiego di mano d'opera La mezzadria può adunque costituire la base di una riforma intesa ad abolire il Salariato? Questo sogno georgico e umano di tanti riformatori è destinato ad infrangersi in Italia contro un ostacolo insormontabile; la mancanza di terra! Per quanto le ,opere di bonifica strappino ogni anno grandi superfici al deserto e all'acquitrino, esse non riusciranno forse mai, pur nella loro vastità, a coprire il fabbisogno di terra per una popolazione rurale ancora prolifica come la nostra, la quale aumenta ogni anno di circa 400 mila abitanti, per dare ad ogni contadino il sospirato podere. In queste condizioni si chiede alla mezzadria di soddisfare a due esigenze inderogabili della nostra agricoltura: a) ricavare dalla terra il massimo di prodotti; b) trovare nella terra il massimo di impiego per la sua popolazione rurale. Vedremo più avanti in qual modo la mezzadria soddisfi alla prima di queste esigenze, ci occuperemo ora deila seconda come la più urgente e la più importante agli effetti della disoccupazione, quantunque siano inscindibili ira di loro e si traducano sostanzialmente nella necessità di immettere nell'agricoltura il

massimo di capitali ed il massimo di lavoro.· In tutte le regioni a prevalente conduzione mezzadrile i cultori delle discipline agrarie, e gli stessi agricoltori più avveduti lamentano uno squilibrio, fra l'ampiezza del podere e la forza di lavoro della .famiglia che lo coltiva: « .t~essun dubbio - afferma il Bandi - che nell'agricoltura intensiva romagnola questo equilibrio non esiste più da circa trent'anni» « Le Marche scriveva il Rapetti -- progrediscono in modo meraviglioso nella produzione agraria, ma un ostacolo fvrn1idabile a questa marcia è dato ora - in misura assai più grave che per il passato - dalla necessità di dividere i poderi e di costruire case coloniche ». Il direttore della Cattedra di Agricoltura di Narni formula la stessa osservazione per l'Umbria, dove i poderi « sono troppo vasti in confronto àlla forza di lavoro delle famiglie coloniche che vi risiedono »; così il Dott. Mario Ferini per la provincia di Bologna, e molti altri. Da queste citazioni è facile desumere che se i poderi di 20-25 ettari andavano beue 40-50 anni or sono, quando i sistemi col turali erano r.aeno intensivi e la vecchia famiglia colonica raccoglieva intot'- no al desco famigliare fin 2030 persone; quei poderi dovrebbero essere dimezzati col2 B....,.vteca Gino Bianco l'attuale agricoltura più intensiva e colle attuali famiglie coloniche che ad ogni matrimonio si staccano dal vecchio ceppo paterno. Per un podere modello di 24 ettari · in comune di Cesena - è il Bandi già citato che scrive -- abbandonato da una famiglia colonica di 25 persone, delle quali 17 atte al lavoro, non si potè trovare una fa1niglia eguale per il numero dei componenti che potesse sostituir la. li problema della faml glia colonica Questo problema della famiglia colonica che occupa troppa terra ha sempre ·aumentato e tenuto viva la discordia fra braccianti e mezzadri, specialmente in Romagna; e tutti ricordano il dra1nmatico episodio delle macchine trebbiatrici, nell'anteguerra. Ognuna delle parti tende, nella mezzadria, ad ottenere dal proprio socio il massimo .di apporto: cosi mentre il proprietario tende ad ottenere il niassimo di lavoro dal mezzadro, questi a sua volta tende ad impiegare il massimo capitale del proprietario. I progressi che si sono verificati nell'agricoltura in questi ultimi cinquant'anni hanno favorito il contadino. « Pur non conoscendo la legge dei red-. 571.

diti decrescenti del Riccardo, il colono intuisce in modo empirico che a lui conviene meglio coltivare con metà intensità due ettari che con doppia intensità un ettaro solo. A numero pari di giornate di lavoro ottiene un raccolto maggiore nel primo caso che nel secondo, mentre il proprietario, per unità di superficie, ottiene più nel secondo caso che nel primo ». Contrasto di interessi Questo contrasto è messo assai bene in evidenza dal Boccardo: « Questa specie di associazione agraria - egli scrive - per quanto possa convenire in certi casi speciali, teoricamente è soprammodo viziosa; non tutela nè gli interessi del colono, nè quelli del proprietario. Supponiamo che un podere renda 400 lire: se il colono, raddoppiando il, lavoro, aumenta il prodotto di 200 lire, lo fa salire cioè a 600, non gli toccano per sua parte che 300 lire; il doppio lavoro pesò tutto intero sopra di lui mentre il proprietario, che non ha fatto nessun sacrificio, nè di lavoro, nè di capitale, partecipa per metà al beneficio. Cosi d'altra parte se il proprietario raddoppia il capitale investito nel suolo, dovrà dividerne i profitti col mezzadro il quale non ha dovuto sostenere maggiori fatiche che per 578 Biblioteca Gino Bianco l'addietro. Di guisa che questa forma di contratto non incoraggia abbastanza nè l'una nè l'altra parte interessate al miglioramento del suolo». Nella piccola proprieià coltivatrice, e anche nel piccolo affitto, si costituiscono aziende vitali sopra estensioni di terreno assai minori. I patti collettivi dell'Emilia impongono infatti ai proprietari e conduttori di aziende agrarie il carico minimo di mano d'opera di un uomo per ogni 10-15 biolche (da 3 a 5 ettari); quando invece, nelle stesse zone agrarie e in terreni di eguale fertilità, questa superficie è di solito sufficiente per una famiglia di media costituzione. Da questo lato la mezzadria lascia poche speranze ai molti braccianti che si trasformerebbero volentieri in mezzadri. L' Imponibile di mano d'opera Lo stralcio I due maggiori correttivi a questo squilibrio fra l'azienda e la famiglia colonica sono: l'imponibile di mano d'opera e lo stralcio. I braccianti romagnoli colla loro pressione sulle imprese agrarie avevano già ottenuto fin dal 1907 l'abolizione delle opere che i mezzadri, con gentile ed antica consuetudine, erano soliti a scambiarsi nei momenti di maggior ressa dei

lavori di raccolta come la mietitura e la trebbiatura. L'imponibile sorse dagli stessi motivi. Difficilmente reggerebbe ad una indagine di natura economica e tecnica. Un'impresa agraria, quando sia razionalmente costituita ha le stesse esigenze di un'impresa industriale. Un industriale o un agricoltore che intendano produrre al minor costo non occuperanno nella loro azienda 10 uomini quando siano sufficienti 8. Coll'impiego di mezzi meccanici essi tendetanno a ridurli a sette e a sei; tenendo conto che i salari sono il più importante coefficiente del costo dei prodotti. Buona parte dell'esodo rurale è infatti dovuto a questo proNon si torna indietro Le tendenze reazionarie non potranno più prevalere, perchè l'immane con-· /Zitto, se impose alle classi popolari i maggiori sacrifici, diede in compenso alle medesime la coscienza dei. propri diritti e della loro /orza; e le classi privilegia te della società, che condussero la ~ umanità al disastro, più non ~ possono essere le sole a di- < rigere il mondo, i cui desti- ~ ni saranno d'ora innanzi nel- ~ le mani delle classi lavo- < ratrici. ~ , GIOVANNI GIOLITTI 1919 Biblioteca Gino Bianco cesso di meccanizzazione del lavoro agricolo. In alcune zone si è tentato e si tenta tutt'ora il sistema dello << stralcio ». Si distacca, cioè, dal podere troppo vasto, la superficie eccedente la capacità della famiglia colonica che risiede sul fondo. La coltivazione di questi terreni « stralcia - ti» viene poi' affidata in compartecipazione alle famiglie dei braccianti. Occorre qui fare una distinzione: la compartecipazione è largamente diffusa nell'Emilia, specialmente nelle aziende in Lconomia e per alcuni prodotti. come le barbabietole, la cipolla, il pomodoro e le frutta. I conduttori di queste imprese di solito assumono a loro carico la preparazione· del terreno che fanno coi loro mezzi e consegnano, ogni anno (ai braccianti ed alle loro famiglie, oppure alle famiglie dei salariati fissi) una determinata superficie da coltivare per ripartirne il prodotto alla metà oppure al terzo. Il sistema ha resistito e resiste. I salariati riescono con questo mezzo ad aumentare le loro giornate lavorative e ad impiegare le minori forze della famigli~. La partecipazione stimola il loro lavoro, il cui prodotto viene considerato come una modesta riserva per la stagione morta. Anche le esigenze tecniche ed economiche vi sono rispettate. Il con- -duttore ha interesse a conci579

mare lautamente il terreno, alla cui spesa concorre anche il compartecipante, ed ottiene un lavo1.·o 1nteressato di buono rendimento ad un tasso inferiore al tasso normale dei salari pei lavori a giornata. Le cooperative cosidette socialiste ricorrevano largamente a questo mezzo anche per risparmiare dei salari. Altra cosa invece è lo stralcio col mezzo del quale si pensava o si pensa di fissare i braccianti alla terra. Anche quando si voglia prescindere dalle difficoltà pratiche di queste operazioni, Òccorre tener presente che l'azienda agraria non si può vulnerare in alcuna delle sue parti senza vulnerarne l'insieme. La superficie stralciata oltre ad alterare le proporzioni che devono esistere fra la superficie del fondo, i fabbricati, le stalle, i fienili etc. non si. presta, per le sue dimensioni, ad una normale rotazione. Il bracciante che riceve l'appezzamento da coltivare sta più o n1eno lontano, non ha bestiame, non ha letame, non ha macchine, manca di attrezzi; come può quindi coltivare razionalmente? Nel comune di Cesena si tentò l' esperimento nel 1922, ma si dovette presto abbandonarlo perchè gli stessi braccianti non ne vollero sapere. Ad aumentare le difficoltà basta pensare ai rapporti che devono stabilirsi 580 Biblioteca Gino Bianco in queste condizioni fra il mezzadro ed il bracciante che ► al primo ha portato via un pezzo di terra che gli era comodo mettendogli a soqquadro l'azienda. Anche con questo mezzo la sbracciantizzazione non farà grandi progressi. Durata del contratto mezzadrile L'art. 24 delle « Norme per la disciplina del rapporto di mezzadria » stabilisce che il mezzadro, quando nella zona non esiste disoccupazione fra i braccianti, è tenuto a prestare il proprio lavoro per gli impianti di · nuove piantagioni (frutteti, vigneti, oliveti ecc.) nonchè per lavori straordinari di sistemazione del terreno ed altre opere di carattere fondiario, che il conducente ritenesse utile di fare eseguire. Queste opere hanno una grande importanza per l'agricoltura, perchè mirano a portare l'azienda alla sua maggi ore produttività. Come quelle di miglioramento agrario - sistemazione e rilievi delle acque, laute concimazioni organiche, arature profonde, emendamenti ecc. - esse non fanno però sentire i loro effetti nell'annata in cui sono praticate. Quando siano a carico del colono, questi «crea ex novo un capitale sul quale egli non_ha

poi alcun diritto. Se infatti è costretto ad andar via dal campo; ne avrà magari duplicato o triplicato il valore, ma ad esclusivo vantagiio del proprietario, senza che egli possa trarne i profitti dovuti al suo lavoro». Per incoraggiare anche il colono a compiere tali lavori quella norma dovrebbe essere completata o col riconoscimento all'indennizzo per i miglioramenti indotti dal mezzadro nel podere che coltiva, riconoscimento che i fittabili hanno già ottenuto, oppure ~olla garanzia di una più lunga durata del contratto di n1ezzadria. Nell'Italia Me r i d i on a 1 e, (1uando il colono partecipa all'impianto dei vigneti, il suo contratto dura fino a vent'anni. Nella zona classica della mezzadria, l'Italia Centrale, questo problema d'interessare il colono alle opere di miglioramento coll'assicurargli una maggiore stabilità nel podere non è stato ancora risolto. E non è risolto neppure dalla Carta della Mezzadria la quale, partendo forse dalla considerazione che non è possibile tenere insieme per forza i due soci di un'impresa quando la discordia e la disistima sono profondamente penetrate fra di loro, non ha creduto di portare alcuna innovazione in questa materia, lasciando ad un anno la durata del contratto, tacitamente rinnovabiBiblioteca Gino Bianco . I le di anno in anno. Vi ha aggiunto alcune norme intese ad evitare gli abusi « nei casi in cui la disdetta risulti data, dall'una o dall'altra? parte, al fine di sottrarsi agli obblighi contrattuali o per motivi contrastanti con i principi fondamentali di collaborazione perseguiti dal Sindacalismo Corporativo Fascista »; ma solo la esperienza e l'uso che ne faranno i Sindacati potranno dirci il valore e l'efficacia di questa norma. In pratica, molte delle dissonanze della mezzadria, che abbiamo indicate, vengono ad attenuarsi nella considerazione reciproca delle parti di un comune interesse da tutelare, e sarebbe quindi esagerato accusare questa forma di produzione di essere sempre un ostacolo al progresso agrario della Nazione. Il viaggiatore che da Bologna a Rimini si affaccia a guardare la magnifica pianura romagnola, colla varietà delle sue culture, i suoi vasti frutteti, le piante industriali - barbabietole, canapa, tabacco, pomodoro, cipolla - e più lungi le belle vigne sulle pendici pittoresche dei primi colli appenninici, rimane ammirato della cura, non priva di un certo gusto estetico, che il contadino ripone nel suo lavoro. Se l'agricoltura italiana si fosse sviluppata attraverso a quel processo di industrializzazione sulla base di grandi 581

piantagioni specializzate che sono la caratteristica dell'agricoltura americana, l'ist'ituto mezzadrile avrebbe trovato scarsa probabilità di affermarsi; ma nella varietà delle culture essa è riuscita a conciliare le esigenze della nuova tecnica agraria, che richiede lunghe rotazioni, coi bisogni della famiglia colonica e, qualche volta, di quella del conduttore~ Nei riguardi della produzione il lavoro del mezzadro, senza limiti di orario, senza giornate festive e senza ferie, meglio aderisce alle inderogabiU esigenze di una industria allo aperto; soggetta, come nessun' al tra; a quelle vicende meteorologiche che rendono cosi poco adatto il lavoro regolamentato dei braccianti. Dunque anche la mezzadria, vorremmo dire perfino la n1ezzadria, in determinate condizioni di organizzazione' tecnica ed economica, può costituire una forma feconda di produzione agraria. Le risultanze di una inchiesta L'inchiesta sulla « Piccola proprietà rurale e montana » istituita nel 1917-18 dal Ministero di Agri coltura, ci fornisce in proposito un materiale interessante. Il senatore Faina relatore per l'Italia Centrale - Toscana, Umbria, Marche e parte del Lazio - constatava ohe i migliori risultati econoBit 582 Gino Bianco miei e sociali dell'agricoltura . di quel compartimento si rlscon tra vano nella grande proprietà costituita di .più poderi condotti a mezzadria alla quale seguiva la piccola proprietà coltivatrice, il piccolo affitto e il contratto a miglioria. I risultati meno buoni si avevano nelle aziende mezzadrili appartenenti a piccoli proprietari non coltivatori. Trattando della condizione dei contadini l'illustre agronomo seri veva: « In generale le condizioni del mezzadro sono migliori nella fattoria della grande proprietà che non nella media e piccola proprietà non coltivatrice » e osservava che il contadino che si trovava nelle peggiori condizioni era quello occupato come mezzadro alle dipendenze di un altro contadino diventato proprietario! Quell'inchiesta mise in luce per la prima val ta il caso del Barone Franchetti, il quale Barone, morendo nel 1917, lasciava i 48 poderi di sua proprietà dotati di tutto punto, alle 48 famiglie coloniche che H coltivavano. Il sen. Faina si domandava fin d'allora, perplesso, quali sarebbero state le vicende di quei poderi. Il passaggio dalla mezzadria alla piccola proprietà coltivatrice avrebbe dovuto rappresentare un progresso per l'agricoltura di quelle aziende; ma non fu cosi.

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