Interrogations - anno VI - n. 17-18 - giugno 1979

SOCIETA' TARDO-CAPITALISTICHE deve essenzialmente alle pratiche trasgressive non istituzionalizzate ma altamente feconde e innovatrici. Questo fatto, tuttavia, non agevola né diffonde la crescita di una « cultura autogestionaria », che riteniamo invece fondamentale e imprescindibile per poter garantire uno sviluppo questa volta a tutti i livelli di una teoria e di una prassi di autogestione. E' così che occorre attentamente guardarsi dagli interessi, periodicamente ricorrenti, di _alcune organizzazioni per questi problemi; non intendiamo certo affermare, in questa sede, che tutte le renaissances, comprese quelle odierne, di parte istituzionale siano di fatto strumentali, e di per ciò stesso sterili, nella nostra prospettiva. Fra l'altro contraddiremmo una accezione di ambivalenza che riteniamo caratterizzi fondamentalmente la realtà di fronte alla quale ci poniamo per « conoscerla» e che per larga parte ci trova e ci troverà anche in seguito concordi con significative implicazioni sul piano, ad esempio, dei possibili giudizi da dare sugli esempi di cosidetta « prassi autogestita ». Vogliamo però riaffermare da un lato l'attenzione necessaria per questi casi che, proprio perché episodicamente emergenti, possono più facilmente essere assunti in una logica strumentale e tatticamente finalizzata ad altri obiettivi e perdere dunque gran parte delle potenzialità insiste invece in una prospettiva che non può - nella situazione odierna - non essere che di lungo periodo, realmente finalizzata alla creazione di tale cultura; dall'altro la legittimità di questo approccio che intende prescindere, e insieme tener presente, le contingenze storiche, in modo da non risultare condizionato, con una « logica » strategica che è per molti versi estranea alle nostre organizzazioni sociali e politiche. Quanto abbiamo delineato non vuole certo significare che la « cultura autogestionaria » debba, per necessità, rimanere marginale, almeno nel significato più comune e diffuso con cui si utilizza detto termine. Al contrario, operare per una sua crescita (ma si dovrebbe dire per una sua formulazione, consideratane la sua pratica inesistenza) e una sua generalizzazione, significa certamente diffonderla in seno alle organizzazioni, non già però alle organizzazioni in quanto tali, ma permeandone il momento e il livello strategico prima ancora e al di sopra delle contingenze e delle scelte specifiche. Solo in tal caso, allora, sarà possibile evitare le operazioni «riduzionistiche» (anche in buona fede) che volta a volta spacciano per esperienza autogestita realtà partecipative, cooperative o di « gestione sociale». Ed è proprio in questa ottica 187

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