Interrogations - anno VI - n. 17-18 - giugno 1979

GRAMIGNA SOVVERSIVA meno culturale più importante di questo dopoguerra dal punto di vista anarchico. E per fenomeno culturale non intendo tanto il fiorire di scritti sull'autogestione, che credo più effetto che causa del boom, quanto il moltiplicarsi di comportamenti autogestionari nel conflitto sociale, a partire soprattutto dal '68, ma già preannunciati negli anni precedenti. Una crescente volontà di autodeterminazione individuale e collettiva s'è andata manifestando (talora in modo netto, più spesso in forma confusa e contraddittoria, ma sempre « leggibile ») in mille modi: dalle comuni hippies all'occupazione di fabbriche, dalle lotte studentesche al movimento femminista, dal rifiuto della delega alla ricerca di diversi rapporti interpersonali ... Tra l'« on fabrique, on vendes, on se paye » della LIP e « il corpo è mio e lo gestisco io» c'è continuità, c'è appunto la multiformità di questa domanda sociale di autogestione a tutti i livelli che si traduce in una destrutturazione del potere in tutti i macro e microsistemi in cui il potere si manifesta: dalla famiglia allo stato, passando per la fabbrica, il quartiere, la scuola, l'ospedale, il sindacato, il partito ... Rifiuto del potere o richiesta di potere? I riformisti e i rivoluzionari autoritari preferiscono qualificare questa domanda sociale come domanda di potere: ma è ancora potere quello che non vuole essere facoltà di « comandare ed essere obbedito», bensì facoltà di decidere autonomamente? L'aspirazione autogestionaria ci pare piuttosto il corrispettivo libertario in termini di potere di quello che è l'aspirazione socialista egualitaria in termini di proprietà. Essa cioè richiede una socializzazione del potere. Ora, un potere socializzato, vale a dire non concentrato in ruoli sociali determinati (e perciò in individui e classi dominanti), ma diffuso in tutto ii corpo sociale e nelle sue articolazioni come funzione universale ed eguale, può corrispondere ad una buona approssimazione di anarchia. Se non all'anarchia-assenza-di-potere (concetto limite come le forme geometriche), per lo meno a quel compromesso dinamico tra il modello ideale ed i vincoli dei contesti materiali e culturali dati che potremmo chiamare anarchia possibile. Ma un potere socializzato può essere anche inteso, all'opposto, come abominevole strumento di controllo autoritario onnipresente, in cui il potere diviene una funzione universale seppur diseguale (graduata dal vertice alla base), in una sfumatura continua che coinvolge tutti in ruoli di oppressione reciproca. Brrrr ...

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