• • interrogations OTTOBRE/ OCTOBRE OCTOBER/ OCTUBRE 1977 Psichiatria, antipsichiatria e controllo sociale 3 Montée et décadence du mouvement étudiant japonais 17 Le mouvement ,provo en Belgique 31 Self Reliance: a new approach to old ideas 49 DOCUMENTO: Memorial de 126 sindicatos chilenos enviado· al general Pinochet el 1° de Mayo 1977 74 10 francs f. l 000 lire l pound U.K. 3 dollars U.S. ALBERTOARGENTON KAN EGUCHI DANIELEMADRID JOHAN GULTUNG
Psichiatraian,tipsichiatria e controlslo ciale ALBERTO ARGENTON ("') Considerando l'evoluzione della psichiatria in Europa occidentale (1), a partire dagli inizi degli anni '60, e il suo estendersi e frazionarsi in tutta quella serie di tendenze che vanno di volta in volta conglobate sotto l'etichetta di « psichiatria all'opposizione » o « alternativa », di « antipsichiatria », e tentando l'impresa di ricavare dalla vasta letteratura e dalle numerosissime e diversissime esperienze, le generali linee conduttrici storiche, politiche e sociali di questo percorso evolutivo, è utile esaminare preliminarmente alcuni elementi fondamentali di questo sviluppo. E' punto fermo, innanzi tutto, che sulla moderna psichiatria europea e sulle sue più recenti teorizzazioni e formulazioni vi sia stata ed esista tuttora l'influenza di quella statunitense, la quale tali teorizzazioni e formulazioni aveva già prodotto e iniziato a sviluppare fin dagli anni '30 (2). In secondo luogo, la psichiatria tradizionale, in special modo (*) Professore incar.icato di Istituz,ioni di Pedagogia pressa il corso di laurea in Psicologia dell'Università di Padova. In campo psichiatrico opera neU'ambito delle attività espressive e di riabilitazione. Ha pubbJicato recentement.e La concezione pedagogica di un classico deH'anarchismo: William Godwin, Ediz. Pàtron, Balogna, 1'177. (1) Prendero qui in considerazione soprattutto l'Italia; molte teorie ed esperienze, data la vastità dell'a'l1gomento, verranno necessariamente trascurate. (2) Come si vedrà più avanti brevemente, la ,psichiatria dello stato sovietico e dei paesi satelliti, anche se mantiene il carattere comune a quello americano e europeo, di essere funzionale al potere politico, rifluta criticamente l'apporto innovativo dell'antipsichiatria, la quale si configura in apparente .paradosso corne caratterizzata a sinistra, non fornendo alcun contrfüuto a questa frangia politicizzata. 3
ALBERTAORGENTON in Europa, riflettendo l'attuale fase sociale ed economica del capitalismo, è, da una parte, fortemente in crisi; dall'altra, tende a recuperare credibilità e potere, sviluppandosi corne scienza sociale; interagendo con altri settori tecnici e ideologici inerenti il comportamento umano: la psicologia e la psicoanalisi in particolare (strumenti, corne vedremo, assieme alla psichiatria, delle ideologie delle società a capitalismo avanzato ); e rispondendo in modo funzionale alle esigenze dell'ideologia dominante. Riferimento obbligato ed esemplificativo di tale crisi, è lo scossone dato alla concezione che la malattia mentale sia di carattere individuale, di natura endogena. Questa ipotesi interpretativa è stata formulata, già negli anni '40, da H. S. Sullivan e fatta propria dalle scuole nordamericane, ma solo di recente ha acquistato maggior consistenza in Europa, sviluppando quella della « follia » corne risultato di un comportamento indesiderato o deviante dalla norma. Un altro grosso sintomo della crisi si manifesta proprio attraverso il movimento dell'antipsichiatria che, ponendosi all'avanguardia ~ con tutti i pregi e. limiti di questo fenomeno - produce criticamente teorizzazioni e verifiche della non scientifi.cità della prassi psichiatrica tradizionale e, soprattutto, della non specificità medica di questa disciplina. Di conseguenza, la psichiatria esce dall'esclusività delle mura manicomiali coinvolgendo non più solamente la « scienza » medica, ma divenendo oggetto consueto di dibattito politico, sociale e culturale. Questa uscita - mistificata spesso con l'« apertura » dei cancelli psichiatrici - dal recinto istituzionale della psichiatria più avanzata e il recupero della sua credibilità corne scienza, trovano successivo riscontro nell'accettazione (in parte e con riluttanza) della tesi che i disturbi mentali, quando non siano chiaramente di natura organica, abbiano origine sociale; siano, in altre parole, causati dall'intolleranza ai condizionamenti dei gruppi e delle istituzioni e alle norme che le regolano. La risposta funzionale della psichiatria alle esigenze dell'ideologia dominante è provata dalla teorizzazione e applicazione di tutta una serie di tecniche atte a controllare il comportamento (indesiderato, deviante dalla norma), attuando quella strumentalizzazione dell'innovazione che la nostra società mette in atto per conservarsi e a cui la scienza, non ultima quella psichiatrica, è funzionale. Dopo queste brevi premesse e puntualizzazioni, che ver4
PSICHIATRIA E CONTROLLO SOCIALE ranno riprese e sviluppate separatamente, è opportuno, per chiarezza d'esposizione, fare un'artificiosa suddivisione della psichiatria in tre tendenze: - accanto alla psichiatria medica tradizionale, retriva e reazionaria, che mantiene intatta una grossa fetta di potere, arroccandosi negli istituti psichiatrici custodialistici e repressivi, e difendendo la propria casta con rituali di varia natura che vanno dalle terapie fisiche (psicochirurgia), chimiche (somministrazione di psicofarmaci), psicologiche (psicoterapia), alle diverse interazioni con il potere politico e con tutta la rete di organismi e servizi sociali, assistenziali e inerenti l' ordine pubblico; si va sviluppando una - psichiatria più aggiornata, che potremo chiamare sociale, in cui è accettata la concezione storico-sociale del disturbo mentale e, di conseguenza, la possibilità di curarlo attraverso tecniche terapeutiche avanzate e utilizzate, corne vedremo, dal potere statale anche a livello di normalità e di massa; in polemiche e in opposizione, più o meno accentuate, a queste due tendeze sta il - movimento, ampio e variegato, dell'antipsichiatria, fortemente caratterizzato, specie in ltalia, politicamente e socialmente, ma di difficile lettura dato il ricco miscuglio di enunciazioni teoriche e di esperienze concrete, che non rendono chiaramente distinguibile l'aspetto realmente rivoluzionario da quello tecnicistico, riformistico, efficientistico, assistenziale. * * * La crisi della concezione della malattia mentale, sintomo di quella della psichiatria, ha una verifica 'di carattere storico in alcuni testi, di cui il più famoso è senz'altro « Histoire de la folie à l'âge classique», del 1961, di M. Foucault (3); la sua tesi, ampiamente documentata e collocata nella storia socioeconomica europea, è che l'idea della « follia » sia di ordine storico e quindi relativa tanto quanto le tecniche terapeutiche a essa inerenti; la malattia della mente .è un mito creato dalla società borghese la quale ha delegato agli psichiatri il diritto d'internamento di persone « diverse », originali, togliendo loro la libertà, danneggiandoli, a volte irreparabilmente, con elettroshocks e psicofarmaci. (3) M. FOUCAULT, Storia deUa foltia nell'età classica, Rizzoli, Milano, 1963. 5
ALBERTAORGENTON Una citazione, tratta da un'altra interessante opera, sintetizza bene la posizione critica: « La malattia mentale, in quanto fenomeno sociale legato al concetto che la società si fa dell'uomo, non esiste già più. Le condizioni storiche, geografiche ed etnografiche modellano il suo aspetto. Stanno scomparendo le forme parossistiche, i bei casi tipici. ( ...) Malgrado la diffidenza che si nutre ancor oggi nei riguardi della malattia mentale, essa ci appare tuttavia alleggerita dei tabù vecchi corne il mondo e sdrammatizzata, ed ·è proprio questo indebolimento dei tabù che pesavano sui folle a fornirci la spiegazione di corne le grandi alterazioni mentali esistano in forme più leggere. Infatti l'atteggiamento del gruppo sociale influisce direttamente sulle reazioni del malato. I sintomi esacerbati del grande 1sterismo di Charcot si sono attenuati quando i medici hanno smesso di crederci. Per ogni cultura esiste un modo diverso di essere pazzi. Il malato di mente per rivelarsi e essere riconosciuto tale deve presentare quei disturbi che la società nella quale vive ha attribuito alle malattie mentali e le manifestazioni di tali disturbi debbono essere quelle che il medico si aspetta di vedere » ( 4). I due autori appena citati e altri forniscono il supporto storico-critico al deterioramento dell'atteggiamento psichiatrico tradizionale nei confronti della malattia mentale, attraverso la descrizione della nascita del sistema manicomiale il quale, fra il '600 e il '700, inizia a configurarsi con la doppia funzione che ancor oggi lo caratterizza: corne istituto di assistenza, da una parte, e di controllo, dall'altra. E' dimostrata anche l'evoluzione dell'organizzazione sociale nella cura della devianza, con la preoccupazione ideologica di scindere la follia dalla criminalità. Il ricovero dell'alienato, infatti, agli inizi dell'istituzionalizzazione dell'emarginazione, era indifferentemente compiuto nell'ospizio, nel carcere, nell'ospedale, nella casa di correzione, in compagnia del mendicante, del reo, del venereo, del violento. Esigenze politiche e sociali, dietro la maschera della legalità e della terapia psichiatrica, promuovono il processo, non ancora concluso (5), di razionalizzazione del controllo della (4) M. RISTICH DE GROOTE, La foUia attraverso i secoli, Tattilo editrice, Roma, ,1973; p. 367. (5) Basti ,:pensare alla attuale eterogeneità dei ricoverati nella maggior parte degli 1stituti manicomiali italiani dove, accanto agli insufficienti mentali, sono reclusi alcoolisti, disadattati, giovani delinquenti, tentativi di suicidio, ecc. 6
PSICHIATRIA E CONTROLLO SOCIALE devianza, suddividendo in settori sempre più precisati l' emarginazione sociale. * * * In opposizione ai dogmi della psichiatria tradizionale, internamente ed esternamente a essa, sorgono e si vanno sviluppando una ricchissima e svariata messe di teorizzazioni ed esperienze che, nella suddivisione fatta, abbiamo chiamato movimento dell'antipsichiatria. Le radici ideologiche dell'antipsichiatria trovano terreno nell'incontro fra il già citato Foucault, le dottrine filosofiche esistenzialiste (Jaspers, Sartre, Heidegger) e le ricerche statunitensi degli anni '40 e '50 sui disturbo mentale corne problema interpersonale, sui sistema di comunicazione, sulla psicologia dei gruppi, sulla matrice sociale della psichiatria. Da tale confluenza scaturisce una serie di attacchi critici alla neutralità della « scienza » psichiatrica, alla efficacia dei suoi metodi « terapeutici » o, meglio, all'inesistenza di tali metodi, al processo di istituzionalizzazione della malattia mentale derivante dalla reclusione nel manicomio, alla legittimità di includere la psichiatria fra le discipline mediche, alla teoria unitaria della malattia da cui discende la pseudoscientificità della diagnosi psichiatrica. Il movimento si caratterizza, quindi, esemplificando, corne corrente psichiatrica antinosografica, antiistituzionale, antiterapeutica, coinvolgendo e accogliendo rapidamente nel suo seno psicologi, psiconalisti, sociologi; divenendo, corne ho già scritto, oggetto consueto di dibattito politico e culturale; compiendo una energica opera di demistificazione nei confronti di tutti i maggiori aspetti ideologici della psichiatria tradizionale. Come è noto, l'antipsichiatria ha in Gran Bretagna i membri fondatori riconosciuti: R. D. Laing, A. Esterson e D. Cooper, i quali prendono le mosse da una seria ricerca sulla schizofrenia e sulla patologia della famiglia. La messa in crisi della concezione della malattia mentale, trova un'ulteriore conferma « tecnica », attraverso la critica alla situazione schizofrenica e all'origine familiare (borghese) e socio-economica (capitalista) di tale situazione, sui problema della quale riporto una citazione, a mio parere, esemplare, tratta dal cap. 3°, « Lo studio dei contesti farniliari e sociali in rapporto alla schizofrenia », del libretto di Laing, « La po7
ALBERTAORGENTON litica della famiglia » (6): « Nell'affrontare il problema delle origini della schizofrenia, sarebbe utile metterci d'accordo su che cosa è la schizofrenia. Ma un esame critico delle relazioni presentate a questo solo Congresso ci fa dubitare che vi sia un accordo sulla natura del problema di cui indaghiamo le origini. L'uso del termine schizofrenia non mi soddisfa affatto. Ma sarebbe una bizzarria eliminarlo dal mio vocabolario, dal momento che è sulle labbra di tanti. La maggior parte degli oratori, direi tutti, sembrano <lare il loro assenso esplicito o tacito a quella che io considero un'assunzione di principio: vale a dire che la " schizofrenia " è una condizione di cui soffrono le persone definite schizofreniche. Secondo l'opinione di costoro parebbe che alcuni individui vengano diagnosticati schizofrenici, perchè soffrono di schizofrenia. Il problema <lelle origini della schizofrenia è dunque quello di scoprire perchè alcuni e non altri siano affetti da questa condizione. Tale punto di vista comporta alcune difficoltà. Sia che si consideri organica la condizione degli schizofrenici, sia che la si consideri sociale, psicologica, genetica, chimico-molecolare, psicobiologico-sociale, credo di poter affermare imparzialmente che, mentre quasi tutti sono d'accordo sui fatto che esiste una condizione patologica denominata schizofrenia, di cui soffrono gli schizofrenici, dall'altro lato vi è scarso accordo sulla natura di tale condizione. Per definirla infatti, si propone ogni concepibile tipo di condizione, da quella organica a quella socio-funzionale, insieme con ogni concepibile tipo di mescolanza di tutte queste alternative. Tenendo conto di quanto ho detto prima, propongo di fare un passo indietro e di partire dal seguente enunciato. La schizofrenia è il nome in usa per indicare una condizione che la maggior parte degli psichiatri imputano a pazienti da essi definiti schizofrenici: Questa imputazione consiste in un sistema di attribuzioni che ha una coerenza interna variabile, ed è prevalentemente derogatoria. Il più delle volte essa trova la sua formulazione in un impasto di gergo psichiatrico clinico-medico-biologico-psicoanalitico, che gareggia con il linguaggio stesso della schizofrenia per la sua evidente confusione » (7). 8 {6) R. D. LAING, La politica della famigJ,ia, Einaudi, Torino, 1973. (7) Ibid., pp. 49-50.
PSICHIATRIA E CONTROLLO SOCIALE Laing e Cooper sostanzialmente sostengono che il malato psichico è un essere sul quale viene esercitata violenza e che la sua pazzia altro non è che il tentativo di recuperare la propria libertà, mentre la famiglia e la società, attraverso la psichiatria e la sua maschera medica e scientifica, cercano a tutti i costi di farlo « guarire » dall'anomalia del voler eludere la « norma sociale ». E teoricamente questa interpretazione mi pare calzante con l'interpretazione della condizione umana, e di quella psichiatrica in particolare, pregna di un alto e profondo signiificato politico e ideologico, salvo restando il giudizio di merito da un punto di vista risolutivo del problema stesso. * * * L'inizio dell'antipsichiatria in Italia viene fatta coincidere con l'esperienza comunitaria, nell'ospedale psichiatrico di Gorizia, del gruppo di Basaglia e con la pubblicazione dell'opera a cura di quest'ultimo, « Che cos'è la psichiatria? » (8), anche se contemporaneamente e successivamente in altre regioni e per iniziativa di altri psichiatri, vi sono state prese di posizione critiche e tentativi innovativi nei confronti dell'arcaico sistema manicomiale. Il movimento italiano si distingue per due fattori, che lo differenziano da quello inglese e francese: la pessima situazione socio-sanitaria, amministrativa e scientifica, nella quale si è mosso, e il carattere nettamente politicizzato (a sinistra) subito assunto (9). Scrive G. Jervis, « il tardivo aggiornamento terapeutico e organizzativo della psichiatria italiana si è cosi mescolato in modo inestricabile a terni politici più o meno genuinamente rivoluzionari » (10). Volendo riferirci al capo riconosciuto e divo (suo malgrado?) dell'antipsichiatria italiana, F. Basaglia, su cui è forte (·8) F. BASAGLIA (a cura di), Che cos'è la psichiatria?, Amministrazione Provinciale di Parma, 1967; ristampato nelle edizioni Einaudi, Torino, 1973. (9) Non voglio affermare che l'antipsichiatria inglese o francese non sia ·stata politicizzata (v. ad esempio, la partecipazione al movimento francese del maggio '69), ma in Italia tale carattere è pa-rticolarmente accentuato e il movimento è strettamente legato ll!W« arco delle sinistre» e alle sue lotte politiohe e sociali. {10) G. JERVIS, Manuale critico di p~ichiatria, Feltrinelli, Milano, 1975, p. 61. 9
ALBERTAORGENTON l'influenza inglese, possiamo cosl riassumerne concisamente l'atteggiamento politico: il malato mentale è tale perchè oppressa dalla società; la sua guarigione è affidata alla « cura politica della società » stessa. Tale enunciato aforistico e, a dir vero, non del tutto « nuovo » da un punto di vista rivoluzionario, è stato l'elemento scandalistico con cui la stampa, borghese e non, ha iniziato il dibattito propagandistico, a volte la polemica, nei confronti delle argomentazioni dell'antipsichiatria ed è anche quello che ha permesso al movimento, dal '68 in poi, di raccogliere tutta una serie di adesioni, soprattutto fra studenti e borghesi illuminati e progressisti oltre che, naturalmente, da una schiera di addetti ai lavori. Citiamo ancora Jervis, uno dei più validi, a parer mio, rappresentanti del movimento: '« Dopo il 1971-72 vari fattori hanno contribuito a ostacolare la spinta per una latta contro la "psichiatria del sistema ": la mancata attuazione della riforma sanitaria, la crisi economica, l'accantonamento della parola d'ordine della difesa della salute da parte dei sindacati e dei partiti operai, lo sforzo da parte della sinistra storica di abbandonare ogni tematica di classe. Di qui, la spinta ad abbandonare surrettiziamente la critica e l'azione politica di base in campo sanitario, socio-assistenziale e psichiatrico, per ricercare soluzioni " tecniche " efficientistiche, o una generica " democratizzazione " della psichiatria; di qui perfino la tendenza di alcuni burocrati particolarmente ottusi a voler sostituire anche a un minima di rinnovamento tecnico e organizzativo, una pura e semplice inflazione dei servizi assistenziali esistenti, cioè un rozzo aumento quantitativo di "prestazioni" assistenziali e psi chia triche di basso livello » ( 11). Questa breve analisi pare estremamente corretta e puntualmente confermata dai più recenti avvenimenti relativi alla realtà psichiatrica italiana. La ricerca di « soluzioni efficientistiche » e la generica « democratizzazione » della psichiatria trovano riscontro nell'analisi critica (e autocritica) dei vecchi iniziatori dell'antipsichiatria italiana, confluiti nel movimento di « Psichiatria democratica », attraverso alcuni loro interventi al 1° congresso di quella associazione, svoltosi ad Arezzo nel settembre 1976. Basaglia, in vista del Congresso, fa sull'organo del PCI un confronta con l'Inghilterra e la Francia, osservando giustamen- (11) Ibid., p. 63. 10
PSICHIATRIA E CONTROLLO SOCIALE te che i movimenti delle due nazioni, partendo rispettivamente, « l'uno da una base pragmatista e l'altro da una ideologia di tipo analitico, sono venuti razionalizzandosi in nuove tecniche di organizzazione della assistenza psichiatrica che hanno perso la loro spinta iniziale traducendosi, da un lato, in semplice umanizzazione delle strutture manicomiali e, dall'altro, in una razionalizzazione tecnologica che ha consentito il rafforzarsi del controllo sociale attraverso l'utilizzazione di tecniche inizialmente liberatorie, lasciando immodificata la natura oppressiva del servizio psichiatrico. A distanza di anni lo stato disastroso della cura, dell'insegnamento e della ricerca psichiatrica, ripropone un discorso che accennato in un momento storico particolare, dai tecnici, è stato subito riassorbito nella razionalizzazione politico-assistenziale, dimostrando praticamente corne un intervento tecnico si traduca in controllo sociale quando si propone corne una situazione di vertice relegata dalla partecipazione diretta dell'utente: la cura resta in mano dei medici, l'insegnamento è delle università, la ricerca degli scienziati, il tutto chiuso nella cittadella dell'apriori scientifico e nella separazione fra teoria e pratica » (12). * * * • Fin qui concordiamo e prendiamo spunto da queste osservazioni per anticipare la nostra tesi che la psichiatria, innovata o meno, italiana, europea o altro, svolga un ruolo funzionale alla tecnologia del potere e da quest'ultima sia chiamata in causa proprio per essere strumentalizzata alla soluzione della propria crisi e per essere direttamente asservita alla gestione tecno-burocratica del potere politico e sociale. Ma, a parere di Basaglia, le cose in Italia sembrano essere accadute in modo diverso perchè cosi continua trionfalisticamente: ~,In Italia rispetto ai Paesi cui si è accennato, l'opera di rinnovamento incomincia moiti anni dopo ed è noto - e non soltanto ai tecnici - corne negli anni '60 è iniziata in alcuni centri psichiatrici (13) un'azione di rottura che è andata al di là dell'umanizzazione delle istituzioni manicomiali portando il (12) F. BASAGLIA, I temi del congresso di Arezzo, Come insegnare la psichiatria, « l'Unità », 14 settembre, 1976. 13) A ridimensionare, in parte, queste affermazioni e le seguenti, servano questi dati tratti da un altro quotidiano della stampa italiana che si colloca « a sinistra »: « a 8 anni dall'esplosione del problema del manicomio, solo tre ospedali sono veramente aperti, quelli di Trieste, di Perugia e di Arezzo. In altri cinque (Gorizia, Padova, Parma, Ferrara, 11
ALBERTAORGENTON discorso su un piano culturalmente e politicamente più vasto attraverso degli operatori psichiatrici con le lotte politiche che in questi ultimi anni si sono svolte nel campo della salute. L'azione iniziata infatti in alcuni manicomi, corne si è detto, non si è limitata alla pura trasformazione umana e tecnica, ma ha visto la sua reale sopravvivenza e il suo possibile sviluppo soltanto in un collegamento costante con le grandi lotte della classe operaia per la conquista del diritto alla propria salute e del controllo su di essa. Non si è trattato quindi di un riciclaggio, sotto nuove etichette e nuove tecniche, del controllo necessario alla gestione dei problemi sociali, ma della continua apertura delle contraddizioni nello svelamento della funzione puramente repressiva e di classe implicita in ogni intervent0 psichiatrico nelle organizzazioni pubbliche » (14). La lunga citazione fa pensare alla mistilficazione o dimostra la confusione che alligna fra le :file dell'antipsichiatria, generando forti perplessità su quali aspetti del movimento siano realmente rivoluzionari e quali, invece, funzionali all'ideologia dominante. Le citazioni in proposito potrebbero continuare a lungo; ne riportiamo altre due che si riferiscono più direttamente al discorso sulla scienza (psichiatrica, in questo caso) e che appaiono particolarmente interessanti e sintomatiche. Sempre in occasione del congresso di Arezzo, per lo psichiatra A. Pirella, uno dei compiti futuri è « organizzare le risposte alla sofferenza che chiamiamo psichiatria secondo una dimensione anche scientificamente nuova. ( ...) lntendiamo non già una scienza che si rinnova dentro di sè e con metodi degli " scienziati ", ma la socializzazione di conoscenze ottenute con un processo nuovo di lotta e di critica del potere che diviene a sua volta potere in quanto conoscenza e non in quantô istituzionalizzazione delle sedi culturali » (15). Lo psichiatra A. Slavich ribadisce che 1' 1 « esigenza ormai indilazionabile » è « di contribuire con nuovi contenuti culturali, ad una più approfondita conoscenza dell'uomo e dei suoi bisogni, ad una nuova Scienza, dunque, che eviti il facile e rassicurante riciclaggio Volterra) non si fa più uso dei mezzi di contenzione. A Imola, a Fermo, a Napoli, a Reggio Calabria presto saranno abolite le fasce e i corpetti di contenzione ». C. VALENZIANO, Abolire i manicomi: st, ma poi?, « La Repubblica », 26-27 settembre, 1976. (14) F. BASAGLIA, I terni del congresso di Arezw, Come insegnare la psichiatriia, « l'Unità », ,14 settembre, 1976. (15) A. PIRELLA, Scienza e società al congriesso di A1'ezzo, Le risposte della psichiatria, « l'Unità », 18 settembre, 1976. 12
PSICHIATRIA E CONTROLLO SOCIALE e la ritraduzione di vecchie tecniche di una più sottile sopraffazione dell'uomo sull'uomo in nome della terapia » (16). Di fronte a queste affermazioni non si pub far altro che atteggiarsi a un netto rifiuto, assumendo un'energica opposizione, discussa e descritta estesamente anche sulle pagine di questa rivista (17), a qualsiasi tentativo di accaparramento del potere, attraverso la pretesa neutralità e l'immagine « democratica », da parte della scienza (sia pure quella degli antipsichiatri), mentre, beninteso, va accettata la funzione veramente liberatoria che le nuove tecniche possano effettivamente fornire al « malato mentale». * * * Esaminando, in conclusione, il recupero di credibilità e potere corne scienza da parte di quella tendenza della psichiatria, che ho chiamato sociale, e la risposta funzionale di quest'ultima all'ideologia dominante e, eventualmente, alla crisi appena descritta, pur tenendo sempre presente la situazione europea, i paesi di riferimento sono gli USA e l'URSS. L'uscita dai manicomi; l'umanizzazione dell'istituzione manicomiale; l'interazione con altri settori delle scienze dell'uomo: la psicoanalisi, la psicologia, la sociologia, ecc.; l'accettazione della matrice sociale della malattia mentale; la concezione di recupero della devianza, di abilitazione sociale, di soluzioni al disadattamento, attraverso formule riformistiche di prevenzione e di assistenza; sono, da una parte, reazioni alla situazione di crisi, dall'altra, risposte della psichiatria al richiamo all'ordine dell'ideologia politica della classe dominante. Reazioni e risposte si concretizzano in tecniche di controllo sociale più raffinate, più sofi.sticate, più nascoste, più « scientifiche » (18), più rispondenti alle modiificazioni in atto nei paesi capitalisti; frutto di ricerche interdisciplinari, dell'interazione, ad esempio negli Stati Uniti, fra psicoanalisi, psicologia e psichiatria, dove, al di là della cura terapeutica, il fine è la modificazione e l'adattamento del comportamento umano e <love (16) A. SLAVICH, I terni del congresso di Arezw, Il territorio della psichiatria, « l'Unità », 23 settembre, 1976. (117)Vedi N. BERTI, Anticipazioni anarchiche sui « nuov,i padroni », Interrogations, Il, 1976, n. 6, ,pp. 77-82. (18) Basti pensare alle svariatissime forme di trattamento psicoterapeutico: oltre a tutte le derivazioni dalla ,psicoanalisi, la terapia comportamentale, l'ipnositerapia, la logoterapia, la psicoterapia di gruppo, lo .psicodramma, ecc. 13
ALBERTOARGENTON « il controllo del comportamento consiste nella capacità di fare eseguire a un altro i propri ordini » (19). In due articoli, uno polacco e l'altro sovietico, polemici nei confronti dell'antipsichiatria, da me esaminati per documentare la stesura di questo articolo, traspare un atteggiamento non molto dissimile da parte degli psichiatri dei paesi dell'Est: « .. .la psicoterapia di gruppo e il cosl detto psicodramma sono nati prima(che in Occidente) in URSS, nel 1917, e questi nuovi metodi curativi si sono consolidati, anche se con carattere più che altro psicopedagogico, sotto l'influsso dei lavori di Bechterev, Korsakov e del pedagogista Makarenko. La terapia di gruppo, chiamata in URSS psicoterapia collettiva, nata per il bene della collettività, deve avere influenza pedagogica sulla vita dei p_azienti. In quanto " maestro di vita ", puè> curare solamente il medico, il quale cerca, attraverso il collettivo di una clinica, di introdurre il malato nel collettivo sociale della vita, per il bene degli uomini sovietici. Naturalmente il medico deve possedere un certo livello politico, morale e scientifico » (20). Cosl concludono un loro scritto su « L'antipsichiatria e le sue fonti ideologiche », alcuni psichiatri sovietici: « Per gli antipsichiatri la libertà puè>essere misurata solamente corne " una voce interna " e qualunque determinazione è già una limitazione: né la medicina, né alcuna altra scienza puà dare un modello adeguato alla coscienza umana né un criterio oggettivo della malattia. Da qui proviene il rifi.uto della psicopatologia, della nosograifia e di tutta la psichiatria. Angelergues sottolinea che la negazione dell'esistenza dei malati mentali è assurda persino dal punto di vista del buon senso e che la posizione passiva degli antipsichiatri verso gli ammalati è soltanto un velleitarismo estetizzante sul terreno della psichiatria. La psichiatria è necessaria, quanta mena, per creare delle condizioni ottimali della vita psichica degli uomini (21). Ed è d'altra parte assolutamente innegabile il ruolo positivo che la psicofarmacologia svolge da moiti anni » (22). (19) P. LONDON, Il controllo del comportamento, ILI, Milano, 1971; p. 1. Il corsivo è mio. (20) E. BRZEZICKI, Kont,rowersje w psychiatrü w latach ,1970,1972, « Psychiatria Polska », VII, 1973, n. 4; pp. 370. (21) Il corsivo è mio. (22) La traduzione 1etterale di questo articolo, opera di T. SEABRA, A. DINIS, J. A. IVANIUSKIN, L'antipsichiatria e le sue fonti ideologiche, « Rivista di Neuropatologia e psichiatria », LXXIII, 1973, n. 4; è apparsa su « Clinica Psichiatrica », X, ,1974,n. 16. 14
Come si puo vedere da questi brevi riferimenti alle due potenze mondiali e da quello che ormai è chiaramente osservabile nel nostro continente, nell'educazione, nella propaganda, nella pubblicità, nella « rieducazione », nell'informazione, in tutti gli altri settori di controllo, quindi anche e soprattutto a livello di normalità e di massa, la psichiatria sociale, aggfomata e affinata, è protagonista importante dell'attuale assetto tecno• burocratico; inoltre, sta cercando di ottenere, in questo senso, una parte predominant~ nella crisi della psichiatria europea e nella sua mutazione da tradizionale (strumento della vecchia borghesia) ad aggiornata, sociale, « democratica » (strumento della nuova classe dominante), nonostante alcune valide opposizioni nel campo della psichiatria e dell'antipsichiatria, su cui sarebbe tempo di fare una seria cernita di cio che è stato prodotto in direzione sinceramente rivoluzionaria. Padova, aprile '77 SUMMARY The article attempts to trace in broad outline the principal social, political and historical aspects of the evolution of psychiatry in Europe, with particular re;ference to the Italian sit,uaf.ion, from the early il.960s to the present. It examines the crisis of 1traditional psychiatrie 'science', the opposing movement known as antipsychiatry, and the reintegration, by capital's new techno-bureaucratic order, of psychiatry to make it usable for more refined and extensive social control. The article tries to show, through this brief analysis, that traditional psychiatry, especially in Europe, is in deep crisis {of which anti-psychiatry is one o.f the most obvious symptoms) and is attempting to recover credibility and power by developing itself as a social science by interacting with other technical and ideological sectors of human behaviour (psychology and psychoanalysis) thus answering even better to the demands of the dominant ideology. The conclusion of the article (set out brie-f[y and with some references to specific literature produced by the two world superpowers) is that this is not merely a European ,phenomenon, but is characteristic, in a much more advanced form, of the USA and USSR. 15
RESUME Cette article esquisse les principaux aspects historiques, politiques et sociaux de l'évolution de la psychiatrie en Europe, en se référant pl.us particulièrement à la situation italienne, de 1960 à aujourd'hui. Il examine la crise de ~a « scienoe » psychiatrique traditionnelle, le mouvement ,d'opposition connu sous la dénomination d'antipsychiatr.ie, la récupération de la psychiatrie au sein des nouveJles instances technobureaucratiques du capital, afin de .l'adapter à un contrôle social plus raffiné et étendu. L'article s'efforce de démontrer, par cette brève analyse, que la psychiatrie traditionnelle, part-icul.ièrement en Europe, est en crise, et que le mouvement de l'antipsychiatrie en fournit un .indice évident. Elle tend à retrouver une certaine crédibilité et à ,récupérer son pouvoir en se présentant comme une science sociale, en s'articulant à d'autres secteurs techniques et idéologiques s'intéressant au comportement humain, -comme la psycologie et la ,psycanalyse, et en répondant ainsi plus étroitement aux exigences de J'idéologie dominante. En conclusion, il est rappelé qu'il ne s'agit pas là d'un phénomène strictement européen, mais qu'il correspond à des évolutions visibles aux Etats-Unis et en URSS, opinion justifiée par quelques extraits de la littérature propre à ces deux superpuissances. RESUMEN El autor traza a grandes rasgos los principales aspectas - historicos, politicos y sociales - de la evolucion de la psiquiatria en Europa, particularmente en ltalia, desde Jos primeras afios de los sesenta hasta hoy. El analisis trata de la crisis •de la « ciencia » psiquiatrica tradicional, del movimiento de oposicion conocido con el nombre de antipsiquiatria y de la recuperacion de la psiquiatria por parte del nuevo complejo tecnoburocratico heredero del capitalismo, el cual se propane hacerla mas funcional y somete~a a un sutil y extenso control social. El articula, con este breve analisis, subraya que la psiquiatria tradicional esta en crisis, especialmente en Europa, y que el movimiento antipsiquiatrico ofrece un indicio evidente. Ella trata de recuperar credib,ilidad y poder presentandose come una ciencia social, a nivel de los sectores técnicos e ideologicos de la psiquologia y de la psicoanalisis, respondiendo asi mas estrechamente a ,las exigencias de la ideologia dominante. Para concluir, el autor sefiala, ilustrando su opinion con extractos • de textos de .Zaliteratura especializada norteamericana y rusa, que el fen6meno no esta limitado al continente europeo. 1(
Montéet décadence dumouvemeéntutdianjatponais KAN EGUCHI ("') Au cours des années 1967-1969, le mouvement étudiant a pris une importance sans précédent au Japon. Aujourd'hui, il est possible d'examiner ce phénomène avec un certain recul et une certaine sérénité. Ce mouvement a-t-il été réellement révolutionnaire, compte tenu de son impact sur les bases du système et de son inOuence sur la capacité autonome de la classe ouvrière? S'il ne le fut pas, pourquoi? Quel fut son vrai visage? Ces questions, qui exigeraient en réalité une analyse fondamentale, matière pour un livre, ne peuvent être posées sans, au préalable, établir une chronologie. 1967 - Janvier. A la faculté de médecine de l'Université de Tokyo, les internes déclanchent une grève de durée illimitée pour obtenir un programme d'étude particulier. Mai. Grand rassemblement ouvrier et étudiant contre l'extension de la base américaine de Tachikawa. Heurts entre les étudiants qui tentent d'entrer dans la base et la police. 48 étudiants arrêtés. Juin • Juillet. Violentes manifestations pour protester contre un sousmarin atomique nord-américain qui fait escale et contre l'extension des bases militaires. {'') Déjà auteur de « Le pouvoir centralisateur au Japon», Interrogations n. 6, mar. 1976. 17 2
KAN EGUCHI Septembre. A l'Université de Hosei, grève sur le tas pour protester contre les mesures disciplinaires prises par la direction. 285 étudiants arrêtés. Octobre. Près de l'aéroport de Honeda, d'où le Premier ministre Sato devait prendre l'avion pour effectuer une visite au SudVietnam, une foule d'étudiants armés de lances de bambou se heurtent aux forces de police. Un mort, 600 blessés, 58 arrestations. Meetings de protestation dans toutes les universités du pays. Novembre. Toujours aux abords de l'aéroport de Honeda, les étudiants manifestent contre le Premier Sato qui se rend aux Etats-Unis. Bagarres avec les policiers. 300 arrestations. 1968 • Janvier. A Sasebo et à Tokyo, manifestations contre un porte-avions atomique des Etats-Unis qui fait escale. Heurts avec la police. 90 blessés. 358 arrestations. Février. A l'Université d'Osaka, le bureau du recteur est occupé. Grève illimitée contre le nouveau statut des internes à la Faculté de médecine de Tokyo. Etc. Mars. Manifestation contre l'ouverture d'un hôpital d'évacuation américain à Oji (quartier de Tokyo). 157 arrestations. Manifestation contre le nouvel aéroport international de Tokyo. 198 arrestations. Occupation du Centre de la faculté de médecine de Tokyo par le Comité de lutte. Juin. Occupation de l'édm.ce Yasuda, symbole de l'Université de Tokyo, par le Comité de lutte de la Faculté de médecine, avec la participation des étudiants des autres universités. A partir 18
MOUVEMENT ETUDIANT JAPONAIS de ce jour, la lutte entamée à l'Université de Tokyo s'étend à toutes les facultés, sauf celle de Droit, pépinière de futurs bureaucrates. Pendant près d'un an, l'Université de Tokyo sera paralysée. Manifestations puis occupations provisoire du quartier des étudiants à Tokyo, en signe de protestation contre la politique officielle concernant l'Asie du Sud-Est. Occupation des locaux de l'Université de Nippon, où le mouvement s'étend. Le combat des deux Universités (Tokyo et Nippon) devient un symbole pour le mouvement étudiant. De fait, des conflits secouent 60 universités. Septembre. Le Ministère de l'Education Nationale demande qu'un décret soit pris pour expulser tous les occupants des locaux universitaires par la force. Octobre. Le Gouvernement se dit intraitable et déclare qu'il règlera les conflits universitaires sur le plan politique. Lors de la Journée internationale contre la guerre, les manifestations rassemblent 300.000 participants. 913 arrestations. Les incidents se multiplient dans la nuit. jusqu'à l'aube. La foule se concentre autour de la station de Shinjiku, un des centres de Tokyo. La Préfecture décide de poursuivre 310 détenus pour crime de sédition. Novembre. A l'Université de Tokyo, les étudiants maintiennent le doyen de la Faculté des Lettres en « résidence surveillée » pendant plusieurs jours. A la Faculté de langues étrangères de Tokyo, les étudiants entament une négociation collective avec une quarantaine de professeurs pendant 17 heures. Décembre. Les forces de police expulsent les étudiants de l'Université de Jochi, occupée depuis 6 semaines. 1969 - Janvier. 8.500 policiers sont employés pour « libérer » tous les bâtiments de l'Université de Tokyo. 19
KAN EGUCHI Février. Une grève illimitée se poursuit à l'Université de Kyoto. Bagarres entre étudiants anti-PC et communistes. 200 blessés. A son tours, l'Université de Nippon, est « nettoyée » par les forces de police, apres 8 mois d'occupation. A l'Université de Kyoto, les étudiants communistes expulsent de force les étudiants anti-PC du bâtiment central qu'ils occupaient. 280 blessés. Mars. Toujours à Kyoto, les étudiants affrontent les forces de police. _230blessés. 12 arrestations. A la Faculté de culture de Tokyo, les étudiants exigent l'autocritique des enseignants pendant 17 heures. Avril. Exclus de la conférence générale pour le retour d'Okinawa (à l'époque placée sous l'autorité des Etats-Unis), les étudiants manifestent sur la voie ferrée proche de la gare centrale de Tokyo, stoppent les trains, lapident les postes de police ou tentent de les incendier. Mai. La protestation contre le projet de décret visant à contrôler l'Université s'étend. Occupation de l'édifice central de l'Université de Tokyo. Heurts entre étudiants et police dans les rues de Tokyo. 30 Universités affirment leur opposition. La grève reprend dans une trentaine d'Universités. Juin. Etudiants et jeunes ouvriers défilent pour protester contre la politique officielle concernant le Sud-Est asiatique. Nouvelles bagarres avec la police. 399 arrestations. 61 blessés. Septembre. A l'Université industrielle de Sibaura, les membres d'une fraction trotskyste s'en prennent à une autre fraction trotskyste. Un mort et 3 blessés. Les luttes fratricides commencent (plusieurs dizaines de morts résulteront de ces combats entre sectes trotzkystes, qui se poursuivent jusqu'en 1977). 20
MOUVEMENT ETUDIANT JAPONAIS Les occupants de l'Université de Kyoto sont expulsés. 56 arrestations, parmi lesquelles des enseignants. Pour commémorer le premier anniversaire des luttes à l'Université de Nippon, de nouvelles manifestations dans plusieurs quartiers de Tokyo. 355 détenus. Octobre. Pour le Jour international de lutte contre la guerre, actions de harcèlement menées par les étudiants à Tokyo et à Osaka. Plus de 1500 arrestations. Novembre. Arrestation de 53 étudiants, membres de « l'Armée Rouge», qui ont suivi des cours d'entraînement en montagne. Les étudiants de l'Université de Hokkaido qui occupaient les bâtiments depuis 4 mois sont expulsés par la police. Actions de guérilla sur l'ensemble du pays pour protester contre la visite du Premier ministre Sato aux Etats-Unis. Plus de 2000 arrestations. 1970 • Juin. Le Traité de Sécurité entre le Japon et les Etats-Unis est reconduit. * -.·: * Ces luttes, longues et amples, ont un arrière-plan. On peut les caractériser par quatre données. Les luttes des années 1967-1969 s'opposaient à la reconduction du Traité de Sécurité entre le Japon et les Etats-Unis. Ce traité était un des enjeux du combat politique. Le Japon étant sous. tutelle américaine, politiquement et économiquement, l'attaque menée contre le traité visait la base même du système. Les polémiques allaient bon train depuis plusieurs années. Une première reconduction avait été obtenue en 1970. Mais dès 1960, les affrontements politiques avaient pris un tour violent. Des marées de manifestants avaient assiégé l'Assemblée National à plusieurs reprises. Cette protestation avait mobilisé un nombre de participants sans précédent. Après la reconduction du traité, le Cabinet avait dû démissionner. Si bien que le souvenir de ces luttes était demeuré vivace dans la mémoire des foules. 21
KAN EGUCHI En second lieu, la sensibilité était aiguisée du fait de l'intensification de la guerre du Vietnam. Par le traité, le Japon était engagé dans la guerre, de fait, car son territoire servait de base de ravitaillement pour les forces américaines. D'autre part, Okinawa, archipel situé à l'extrême sud du Japon, sous autorité des Etats-Unis depuis 1945, était utilisé comme base pours les bombardiers allant au Vietnam. D'où un fort sentiment d'hostilité contre la guerre et contre le traité. De plus, les luttes se développaient dans le mépris pour la gauche traditionnelle. Les centrales syndicales de gauche et les partis de gauche (Parti Socialiste et Parti Communiste) ne manifestaient aucune volonté de combat sérieux contre le traité et ne croyaient pas possible d'en empêcher la reconduction. Ils organisaient des manifestations paisibles pour sauver les apparences. Les centrales syndicales de gauche étaient manœuvrées par celles droite. Par crainte de voir la «politisation» des luttes provoquer la désunion, toutes le centrales ont cherché à maintenir leurs organisations intactes. Le P.S. en perte de vitesse au Parlement, ne songeait qu'à éviter la perte de voix. Le P.C., qui s'était renforcé a l'Assemblée Nationale, modérait son opposition au traité pour ne pas effrayer ses nouveaux électeurs. En résumé, la vieille gauche ne menait qu'une politique verbale et n'a pas participé aux luttes à partir de 1967. Enfin, un élément important découlait de l'insatisfaction des étudiants universitaires, face à l'autoritarisme et à la bureaucratie de l'administration et à l'ennui des cours. Les professeurs se conduisaient en despotes, s'ingéniaient essentiellement à conserver leurs droits féodaux, esquivaient toute responsabilité quand les étudiants étaient victimes de la répression (sanctions, interventions policières, attaques des éléments de droite). Il y a donc deux moteurs au mouvement: le politique d'abord, l'universitaire ensuite. Motifs différents dont le mélange a conduit à une découverte commune: une société autoritaire qui s'oppose à l'autodétermination des masses et contraire ou manipule leur volonté. Là où se menaient les combats, c'était la rue et l'université, avec meetings, manifestations, jets de pierres, cocktails Molotov, affrontements avec la police, actions de guérilla, blocage des routes ou du chemin de fer, incendies de voitures, attaques de postes de police. Dans les batîments universitaires: discussions dans les amphis, assemblées, occupations 22
MOUVEMENT ETUDIANT JAPONAIS - avec concerts et représentations cinématographiques -, conférences, débats, mise en place d'une sorte de justice populaire pour juger les professeurs, défence des locaux contre la police, etc. Et aussi affrontements entre étudiants (tout d'abord entre anti-PC et communistes, puis entre trotzkystes). Ces luttes étaient caractérisées par leur violence et le grand nombre de participants (sans précédent dans l'histoire des mouvement étudiants). Il y eut environ 25.000 arrestations d'étudiants et de jeunes ouvriers au cours des années '67 à '69. * * * On est frappé par le caractère radical et par l'ampleur du mouvement. Mais quel est le fruit révolutionnaire de ces luttes? Peu de choses. Elles n'ont pas empêché la reconduction du Traité de Sécurité entre le Japon et les Etats-Unis. Elles n'ont pas ébranlé les assises du gouvernement. Elles n'ont pas modifié le fonctionnement des Universités. Pourquoi? Il faut mettre en avant la stabilité politique, la prosperité économique. Et aussi la faiblesse du mouvement étudiant luimême, malgré son apparente fureur. S'il est vrai que, dans une certaine mesure le mouvement étudiant correspondait au sentiment populaire contre les Etats-Unis et contre la guerre du Vietnam, il était lui-même isolé de la population et n'entretenait des relations qu'avec quelques jeunes ouvriers, solidaires des actions menées par les étudiants radicaux. A cette époque, il n'y avait ni crise politique, ni crise économique annonciatrices de période révolutionnaire. L'attente de l'événement pour 1970 n'était qu'une illusion entretenue par la propagande. Les ouvries étaient satisfaits de leur niveau de vie, résultat du développement rapide de l'économie. Le chômage avait disparu. Pour la première fois, la peur de la faim était effacée. Les salaires se rapprochaient de ceux en vigueur en Europe occidentale et la durée du travail commença à diminuer. Pour ce qui était de la consommation, l'augmentation était considérable. Si bien que les travailleurs croyaient en une prospérité continue et estimaient que les récessions étaient des phénomènes périodique, mais temporaires. Pour les travailleurs, le mouvement étudiant était un événement qu'ils suivaient à la télévision, un phénomène étranger. Pour le gouvernement, il n'annonçait pas une crise prérévolutionnaire dangereuse, quand bien même il posait un difficile problème d'ordre public. 23
KAN EGUCHI Par contre, le mouvement étudiant se considérait précurseur et détonateur. Il attendait que sa protestation soit suivie d'un soulèvement des masses ouvrières. Lesquelles ne bougèrent pas. Les ouvriers jouissaient d'une vie personnelle facilitée par l'abondance des biens des consommation: télévision, auto, sport, alcool, sexe, tourisme, espoir d'une maison personnelle. Ils n'avaient pas encore l'expérience critique de la civilisation capitaliste qu'ils vivaient: pollution des milieux, gaspillage des ressources, société bureaucratique, élimination de la spontanéité et de l'initiative de l'homme. Aussi, le mouvement étudiant n'exerça presque aucune influence sur l'ensemble de la classe ouvrière. Et cela, non seulement pour des raisons qui relevaient de la situation objective, mais -aussi du fait de la faiblesse propre du mouvement. En premier lieu, les fractions - les sectes-, qui animaient le mouvement (trotskystes, maoïstes, socialistes de gauche) n'étaient pas capables, ni quantitativement, ni qualitativement, de proposer un but révolutionnaire. Elles ne pouvaient mobiliser que quelques milliers d'étudiants lors des manifestations les plus réussies. Encore était-ce pour protester contre le Traité de Sécurité, dans le domaine politique, ou pour protester contre les sanctions prises contre les étudiants, dans le domaine unh,ersitaire. Des buts plus radicaux eussent mesuré une jnfluence plus réduite. En réalité, les sectes ne visaient pas à exploiter la situation à des fin révolutionnaires. Leur vrai but étaient la création d'un « parli révolutionnaire». Elles exploitèrent la conjoncture pour étoffer leurs forces. Pour elles, le développement de leurs organisations était la condition première de la révolution. Aussi les luttes ne furent le plus souvent que des occasions de rl:êcruter des adhérents, et bien des actions ne furent conçues qu'en vue de renforcer l'organisation. La violence extrême résultait fréquemment de la concurrence entre fractions, avec l'espoir de voir les « masses » s'engager. Or, ce type de manifestations, loin de provoquer un choc moral positif, a éloigné les masses. Il faut aussi signaler la pauvreté de pensée des sectes. Si l'on caractérise l'enfant par une confusion entre réalité et illusion, on peut dire que ces fractions étaient d'esprit enfantin. Elles ne menaient aucun effort pour atteindre la lucidité. Pour elles, la théorie n'était que prétexte à polémiques, elle n'était invoquée que pour justifier des conclusions ... préalables. Elles n'étaient pas capables de saisir la réalité nouvelle d'un capita24
MOUVEMENT ETUDIANT JAPONAIS lisme transformé. Elles répétaient des formules périmées (fonctions objectives des classes, paupérisation constante, crise économique imminente, etc.). Ces mots incantatoires n'avaient aucune signification pour les ouvriers plongés dans une situation neuve. Si elles avaient été capables d'analyse, les fractions auraient compris que le vrai problème était de rendre l'initiative aux ouvriers contre la société bureaucratique. Mais dans ce cas elles eussent dû admettre leur propre décomposition. Car la lutte pour la reprise de la spontanéité ouvrière s'oppose à la vieille conception d'avant-garde. La méconnaissance de la réalité sociale ne permit pas aux sectes de donner une orientation précise à leur volonté révolutionnaire, de définir leur action en fonction d'un long effort, mais leur fit accorder une importance essentielle à l'apparent extrêmisme militant. Elles critiquaient le stalinisme, mais en fait elles étaient de mentalité stalinienne. Elles se voulaient avant-gardes et méprisaient fondamentalement les « masses » populaires, Elles s'en tenaient au schéma de la transformation sociale par la prise du pouvoir et la promulgation de lois révolutionnaires; les masses devaient être menées par le « parti ». Elles n'avaient ni conscience que la révolution est affaire de tous, ni que les luttes doivent être menées de façon autonome, pour que le plus grand nombre participe à la transformation de la société. Elles étaient à la fois orgueilleuses de leur mission, et parfaitement anachroniques. Un troisième facteur explique la décadence: les haines entretenues par le dogmatisme, la haine comme sentiment moteur de l'action. Chaque militant était bardé de certitudes et détestait tout dissident, tout désaccord. D'où la haine contre les étudiants indifférents aux problèmes .iugés essentiels; la haine contre les étudiants qui pensaient à leur carrière, haine contre les travailleurs qui ne se soulevaient pas, haine contre les partis de gauche traditionnels: Parti socialiste et Parti communiste, haine contre les autres fractions idéologiquement opposées. Ce climat de haine a donné un caractère fermé aux luttes. Le militant ne cherchait pas à comprendre le voisin ni à entrer en communication avec lui. A partir de 1970, avec l'essoufflement du mouvement, les rivalités entre sectes ont pris un tour fratricide, surtout entre fractions trotzkystes. Enfin, il faut tenir compte du rejet des jeunes par les générations d'adultes, lesquelles avaient tendance à juger le mouvement étudiant comme une douteuse plaisanterie. Or, si le mouvement étudiant faisait face à des problèmes importants, 25
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==