Fine secolo - 21-22 dicembre 1985

-··· -··-· ··-·-···-···· ~ ·----···-··--··----·----·. .- -·-------==--=::::::·:=• .. -=~. ..:.::_·===::::.::::::: Viricordate le vicissitudini ·', dell'attore che doveva mangiare in scena le banane, int;ovabili -• in Polonia?Bè, ora quell'attore è in tournée in Tunisia,, e di. ·– banane neanche l'ombra.Cosi~ alla fine, Beckett è _stato co"etto. I n ottobre, se ben ricordate, abbiamo par– lato in queste pagine delle disavventure di un nostro simpatico amico -Antoni Libe– ra, il traduttore polacco di -Beckett- alle prese con la regia, a Varsavia, de L'ultimo nastro di Krupp. Il precipitare degli eventi ci obbliga oggi a riprendere il discorso-sulle ban~ne che compaiono all'inizio del testo di Beckett. · If mese scorso il Teatr Studio è dovuto partire per la Tunisia. Laggiù infatti lavorano ·molti operai polacchi. Mentre noi mandiamo ai no– stri connazionali che si trovano in medioriente le videocassette di "Fantastico 5", i polacchi mandano ai propri lavoratori una compagnia teatrale che recita Beckètt. E sembra che la cosa abbia successo. Purtroppo il traduttore-regista Libera non ha ottenuto, come ormai gli capita da molti anni,_ il passaporto. Secondo le autorità po~he, una volta che lo spettacolo è stato· approntato, non c'è più bisogno del regista, soprattutto quando politicamente è mi "rompiscatole". Il nostro li ha così accompagnati malinconica– mente all'aeroporto, raccomandando loro di portarsi dietro almeno qualche banana, non si sa mai. Gli hanno però riso in faccia. E' vero che in Polonia le banane sono una merce pre– ziosissii:na ed introvabile, ma in Tunisia! Nel– l'immaginario dei polacchi infatti questo paese del nordafrica si identifica con il caldo, le ba– nane e le scimmie. Così le banane somale, comprate a peso d'oro a Varsavia dallo stesso regista, sono rimaste nel frigorifero del teatro, da dove sono misteriosamente scomparse il · giorno successivo. A Tunisi gli attori polacchi - in completo "stile coloniale", occhiali neri e pochi soldi- si sono resi conto immediatamente della tragica realtà che avvicina quel paese alla Polonia: anche là non ci sono banane. E nemmeno le importano perchè non hanno i soldi. Un minuzioso giro in taxi dei mercati e mercatini della capitale, fatto dal primo attore Loìnnicki, ha tolto ogni speranza per il buon esito dello spettacolo che si sarebbe dovuto tenere due giorni dopo. Ep– pure occorrevano soltanto quattro banane, due a rappresentazione, possibilmente matu– re... Un ultimo tentativo è stato fatto rivolgendosi all'Ambasciata polacca che ha indirizzato i malcapitati -chissà perchè?!- all'Ambasciata francese, che sorge in un lussuoso palazzo àl centro della capitale. Qui hanno preso le cose molto sul serio ed hanno promesso che si sa– rebbero fatti arrivare il prezioso frutto tra ... una settimana. A quel punto sembrava non ri– manesse altro che annullare lo spettacolo, del quale erano stati venduti tutti i biglietti. Per fortuna un gentile impiegato tunisino ha detto di aver visto delle banane all'Orto bota– nico della città. I tecnici della compagnia tea– trale polacca si sono precipitati là. Hanno im– plorato invano il direttore in nome dell'arte Per fortuna poi è intervenuto il Ministero tuni - sino. Da un altissima pianta hanno tirato giù i frutti e sono tornati in albergo. Quando Lomnicki - che secondo il testo avreb– be dovuto ghiottamente mangiarle - ha visto le banane è quasi svenuto. I frutti dell'Orto bota- . nico erano infatti piccolissimi, non più lunghi di un dito mignolo, e di un verde da lui subito definito "marziano". Si è messo a gridare che non le avrebbe mai mangiate, che non aveva mai pensato che i suoi amici lo volessero mor- to. · Frenetiche telefonate, nella_fredda notte, con LA TUNISINA DEW,T,E BANANE POLACCH F: DI BECKETT. di Francesco M. CATALUCCIO Varsavia. Libera, pignolo filologo, non voleva nemmeno immaginare che - per lo più in tra– sferta - non si mangiassero le banane come vo– leva Beckett. Che avrebbe pensato di lui l'au– tore se fosse venuto a saperlo? Continuava a ripetere con voce disperata: "Se le aveste por– tate da Varsavia!" Ed è stato così che; per telefono, a migliaia di chilometri di distanza tra due continenti diver– si, mentre probabilmente a Parigi Beckett se la dormiva ignaro di tutto, è stata concepita -per lit prima volta nella storia delle rappresenta– zioni beckettiane - una decisiva modifica de L'ultimo nastro di Krupp. Modifica che Libera, certo ora di passare comunque alla storia, defi– nisce pomposamente: "la variante tunisina di Krupp''. . Buio in sala. Un silenzio rotto soltanto dal ru– more dei pop com sgranocchiati dagli stanchi spettatori: un centinaio di polacchi elegantissi– mi e profumati. Un freddo polare. Lomnicki– Krupp si avvicina balzellando alla scrivania. Apre ancheggiando, quasi divertito, il primo cassetto. Ci mette qualche secondo a trovare quel "bananino verdognolo". Lo mostra al pubblico che mormora come se fosse la prima volta che vede quel 1 miracolo della natura. Lo sbuccia con i-denti - non potrebbe fare altri- SABATO 21 / DOMENICA 22 DICEMBRE L'attriceIrenaJun in "Passi" (foto grande)e in "Ninnananna". (Foto di ZygmuntRytka) 3 menti! Se lo rigira tra le dita in un gioco di luci e ombre quasi magico. Azzanna il frutto facen- . dolo scomparire in bocca: Un attjmo, poi lo sputa lontano gridando: "Che_ schifooo". Lo stesso accade - contro tutte le indic'azioni dello scrittore irlandese - anche con la seconda pseu- ·-dobanana. Una vera liberazione per questo grande anziano attore costretto da ·mesi a mor– tificare il suo stanco apparato digerente con bananacce di ogni tipo. Una gran gioia per questa gente lontana da casa,· attratta laggiù da in::sistenti frutti esotici, che sogna la zuppa di barbabietole e le mele piccole ma profumate . della campagna polacca, Le banane di Krupp _ sono così diventate il simbolo dell'amarezza dei sogni e del ridimensionamento delle illusio– ni, della impossibilità di legare tutta la propria vita ad un solo frutto. . Dopo la trionfale· tournée tunisina - si parla ,;già di una possibile trasferta in Italia - la com- -pàgnia si è mèssa subito a lavorare su altri tre brevi testi di Beckett: Non io (1972), Passi (.1976) e Ninnananna (1980). Il 7 dicembre c'è sta~a la prima dello spettacolo, sempre nella . soffitta del Teatro Studio, con il vento che bus– , sava con insistenza alle vetrate del tetto. Non io è l'opera più suggestiva. Beckett, nello scri– verla, si ispirò alla "Decapitazione di S. Gio– vanni" che si trova nella Cattedrale de La Val– letta a Malta. Il dipinto, dalle tinte assai cupe, ha al suo centro la bocca del santo: una mac– chia di luce purpurea che risplende come una stella. L'opera dello scrittore irlandese si svol– ge completamente al buio. Al centro della sce– na si vede una bocca illuminata, soltanto una bocca, che recita un· folle monologo. Il teatro come puro movimento meccanico di una boc– ca. L'attrice Irena Jun dà a questa sorta di confessionè il tono di uno sfogo isterico e di– sperato. Lo spettatore a forza di concentrarsi sulla sua bocca hà come la sensazione - una il– lusione voluta da Beckett a cui Libera tiene molto - che quel punto di luce rossa cominci a vagare per il palcoscenico. Nei due testi succes– sivi questo "punto rosso" scompare per lascia– re il posto ad una voce fuori cafl1pOdialogante con May c_heva su e giù per il Plllcoscenico (Passi) e che culla musicalmente la donna che si dondola sulla poltrona (Ninnananna). La cosa più sorprendente è come la lingua polacca si presti ai giochi sonori di Beckett, come rie– sca a scandire con precisione il moto perpetuo dei suoi personaggi. Dopo lo spettacolo mi sono rifugiato, assieme ad un gruppo di malcapitati spettatori, nell'an– drone di un cinema. Il vento soffiava così forte · che nelle strade deserte cadevano come pioggia i pezzi di vetro di alcune finestre mandati in frantumi dal vento. In quel cinema davano · Nadzor (Sorveglianza) del regista polacco Wie– slaw Saniewski: la storia di un gruppo di dete– nute in un carcere polacco alla vigilia del 1968. Mentre stavo guardando il manifesto del film un'amica mi si avvicina e comincia a raccon– tarmi un aneddoto accaduto durante la lavora– zione del film, tre anni fa. La direttrice del car– cere, · lesbica, doveva "comprare" con una arancia la protagonista della storia, una ragaz– za in prigione per furto sul lavoro. Le arance a Varsavia allora non si trovavano nemmeno in quel famoso mercatino, sulla via rolna, dove si trovano le banane a peso d'oro. Con l'acqua alla gola il regista, dopo vari tentativi andati a vuoto, riuscì a mettersi in contatto con l'Am– basciata francese - che evidentemente per i po– lacchi, come abbiamo visto anche dall'episodio sovra accennato di Tunisi, rappresenta una sorta di mercato ortofrutticolo - e chiedere una arancia. I francesi gliela prestarono. Tutte le mattine arrivava sul set un impiegato, fra'nce– se, dell'Ambasciata. Portava l'arancia in un sacchetto di plastica arancione. Stava lì tutto il giorno osservando con discrezione i movimenti della troupe. La sera tornava "alla base" con il prezioso frutto ... Queste storie ortolane, di miseria e di arte, mo– strano come, nonostante mille difficoltà, a Varsavia si fa di tutto per dire ancora qualco– sa.

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