Fine secolo - 30 novembre-1 dicembre 1985

FINE·SECOLO * SABATO 30 NOVEMBRE/ DOMENICA l QICEMBRE 2 Il "Mountain Eagle", gliele can_ta ( Whitesburg, K_enJ71cky) È una dura mattina d' inverno a Whi tesburg, nel cuore dell'universo a ppalachia.no. A que– st'ora negozi e uffici sono ancora tutti chiusi. Tutti, meno· uno: quello in cui ha sede il "Mountain Eagle". Che è aperto e pronto a salutare se stesso. Infatti, questo è il giorno d'uscita del giornale. Tutta la settimana, con pochissimo aiuto, ci la– vorano il direttore, Tom Gish, e sua moglie, Pat. Ogni giovedì, però, prima di andare a scuola, Ray, Kitty, Ben, Sarah e Ann Gish fanno una.capatina per controllare che il gior– nale sia all'ufficio postale e nellé strade, non più tardi delle otto. La testata del giornale dice: L'Aquila di montagna-Gliele canta. Tre– milaseicento abbonati che vivono sparsi nelle quiete valli, quasi tutti poveracci, aspettano di sapere f1 chi le avrà cantate questa settimana. In un paese di 9.500 settimanali. To!ll Gish ha passato la settimana a leggere i testi dei corrispondenti «rurali». Storie di ordi– naria ·campagna. In arrivo da Millstone, Hot Spot, Ice e Kingdom Come. Tom Gish: «È A-M-M-O-N?>~. Signora Kiser: «Sì, non avevo capito il cogno– me. Ho dovuto richiamare». «Dave Collier è in pq:da a un attacco di reuti– smi», scrive la signora Keiser. «I Ford I Mad– dens stanno bene, a Rock House Creek. Han– no un cavallo, una mucca da latte, e cluemaia– li». Ma i veri fortunati sono i Ford Maddens. Que– sta è l'America contadina povera. Ma quello che assilla Tom Gish non sono soltanto queste storielle caserecce. C'è ben altro: cibo, .lavoro, abitazioni, la distruzione del suolo. Questa set– timana, alla fotografa Jean Martin hanno con– fiscato una serie di filmati sulle «cave a cielo aperto» che feri_sconole montagne. Gish: «Jean è andata su, ha filmato per due ore di fila. Improvvisamente si fanno avanti due ceffi, la maltrattano, minacciano di ucci– derla se solo continua a filmare. Poi, le confi– scano tutto il materiale»: Una storia da prima p~gina. Si chiama libertà di stampa, quando un uomo, anche uno sol– tanto, armato di macchina da scrivere e offset, puq cantarle a qualunque gigante. Ma'. in do– dici anni di lotte, Gish ha imparato che la li– bertà ha il suo prezzo: «Qualche anno fa, un funzionario della contea minacciò di uccidermi se avessi pubblicato un suo resoconto ufficiale. Lo pubblicai. Va da sé che non mi uccise. E c'è sempre qualcuno che mi telefona per dirmi che sono un comunista, che merito di essere cac– ciato dal paese. Ci sono anche quelli che mi di– cono: 'ti aspettiamo per strada, ti picchiamo, ti buttiamo fuori strada ...'» _Kuralt: «Beh, tradizione violenta qui ce n'è ... Non comincia a darti fastidio?». Gish: «Certo. Ma ne ho sentite talmente tante. in questi anni che mi ci sono; in qualche modo, · abituato». Kuralt: «Certo, nessuno ti obbliga a restare. Potresti anche scegliere di andartene». Gish: «Sì, certo. Ma è un tipo di resa che non mi piace». Per Tom e Pat Gish c'è una sola ricompensa. La stessa che-spettò a Ben Franklin e Tom Pai– ne: è quando parte la rotativa e le parole esco– no a fiotti, moltiplicate per migliaia, sotto la coraggiosa testata: " The Mountain Eagle-it screams". (Qualche tempo dopo all'Aquila misero le bombe. Ma Tom Gish non rinunciò a stampa– re neppure un numero. Il giornale uscì, come sempre, il giovedì. Però, era cambiata, anche se di poco, la testata. "The Mountain Eagle-it . stili screams". Proprio così: gliele canta, stili, «ancora». Caffe' nero · (Pittsboro, Nord Carolina) Il giovane Clark Jones andava a trovare la si– gnorina Lula Watson, a Pittsboro. Insieme cantavano. Sedevano sotto un salice e cantava– no. Quell'albero·lo aveva piantato lei, a settan– t'anni. Pensava che, poi, lo avrebbero trapian– tato sulla sua tomba, di lì a poco. Passarono 33 anni. L'albero invecchiò e perse qualche ramo. Ma la signorina Lula Watson, a 103 anni, è ancora in gambissima. È stato il lavoro a mantenermi così. Il duro lavoro. E il caffé nero. Kuralt: «Ti piace il caffé, vero?» Lula Watson: «Il mio caffé mi piace. Paròla d'onore. Non ho fatto che berne. Da quando avevo sette anni». Kuralt: «Non deve averti fatto male». Watson: «No, mi ha solo fatto nera». (Ride) Lo spirito di Lula Watson è affilato e tagliente. Almeno quanto il mio e il vostro. E la memo– ria, forse più affilata e tagliente ancora. A I03 anni. Kuralt: «Che lavoro faq!vi da giovane?». Watson: «Lavoravo nei campi. Zappavo gior– no dopo giorno, come un uomo. E seminavo granturco, cotone, grano. Non facevo che la– vorare la terra». Kuralt: «Un lavoro durissimo». Watson: «A me non sembrava. Mi piaceva sal– tare sul vecchio cavallo che mi portava avanti e indietro, da casa ai campi (ride) . Riusc ivo a farmi le mie trecento libbre di co·tone.al gior– no. E non guadagnavo che trenta centesimi al giorno, allora». Kuralt: «Trenta centesimi?». ·Watson: «Trenta, dolcezza. Eppure ci piace– va». . La signorina Lula Watson ha sempre lavorato duro. Per tutti i 130anni della sua vita. Le pia– ceva fare il giro delle case di riposo. Le pareva che, cantando e raccontando storie, avrebbe consolato tutti quei vecchi soli. Donna: «Signorina Lula, se dovessi dirci una cosa, una sola, per farci felici, che cosa diresti. Per renderci la vita più sopportabile». Watson: «Bevete caffé». Donna: <<Bere caffé?». Watson: «Parola d'onore». (ride) Uomo: «Da quando canti?». W:atson: «Da quand'ero piccola. Ma più invec– chio, più divento brava» (ride). Il giorno del giudizio, non ho dubbi, ci sarà anche la signorina Lula Watson. Canterà le sue canzoni. E berrà il suo caffé: nero. Quando la incontrai si guadagnava da_vivere cantando per i vecchi. A proposito, sulle sue entrate pa– gava anche le tasse. Ma non le dispiaceva. Di– ceva che le sarebbe tornato utile. Il giorno in cui avesse deciso di ritirarsi. Watson. «Che Dio ti benedica, ogni giorno. Look sunny, smi/e honey -stai sereno e sorridi, ,dolcezza. Ti auguro di vivere in eterno, di non morire mai!». (ride)

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