Fine secolo - 16-17 novembre 1985

tori dicono: «E' permesso attaccare gli ebrei». Non credi che infondo,paradossalmente questo processo sia un bene anche per gli ebrei? R: Un bene che in Germania si possa aggredire gli ebrei? D: Sì, esattamente, aggredire gli ebrei in Ger– mania. Di che cosa bisogna aver paura? Au– schwitz non ci sarà mai più, o almeno non con– tro gli ebrei. R: Sono d'accordo che Auschwitz non ci sarà mai più. Ma sono del parere che le vittime di Auschwitz: gli ebrei, gli omosessuali, i gitani, hanno tutto il diritto morale a sfruttare senza limiti il fatto di essere stati vittime. Ora, però gli ebrei debbono una volta ammettere che il loro problema con la Germania e con i tede– schi è anche quello di avere sensi di colpa perchè si vive qui. Perchè vivere qui D: Ma allora, perchè tu vivi qui? R: E' stata una mia libera decisione presa dopo che mi hanno espulso dalla Francia. Ora vivo qui, perchè qui ho la mia fidanzata, i miei amici. Certo se non fossi stato espulso nel '68 dalla Francia non avrei nemmeno pensato di venire a vivere qui. Ma ora ci sto bene. Certo ogni tanto ho nostalgia di Parigi e ci vado, ma poi tomo. Bene, io non ho sensi di colpa, ma la maggior parte degli ebrei che stanno qui _li ha. Perchè li guardano male sia in· Israele, sia nella Diaspora. E una parte della normalizza– zione deve essere l'accettazione da parte degli ebrei del fatto che essi vogliono vivere qui, in Germania. E che con questa loro volontà pon– gono anche alcuni non indifferenti problemi alla società tedesca. Da questo punto di vista, trovo l'attuale dibattito molto importante e buono. Per la prima volta si pàrla di ebrei, sen– za parlare di Israele. La domanda che viene posta oggi è: come vogliono gli ebrei vivere qui. L'azione collettiva di protesta della comu– nità nonostante fosse diretta-contro un'oggetto falso, è un fatto estremamente positivo. Gli ebrei dicono: viviamo qui e vogliamo decidere come vivere qui. Non fanno più i «bravi ebrei» che non si fanno sentire nè vedere e dei quali– non si sa quasi nulla. Ora gli ebrei sono qui in piazza e sono sui titoli dei giornali. Non ebrei in Israele, nè in America, ma ebrei in Germa– nia. Certo questo suscita un pericolo di antise– mitismo, ma anche aiuta la presa di coscienza di questi ebrei. Direi che finalmente gli ebrei debbono confrontarsi con la cultura, anche con la loro cultura. In fondo nel testo di Fas– sbinder non gli dava noia solo «il ricco ebreo», ma tutto il contesto, la puttana, l'impotenza dell'uomo, il frocio, i pompini. Tutto questo messo insieme era «troppo». Ebbene, ora gli ebrei debbono rendersi conto anche di quanto .la loro cultura sia repressiva nei confronti degli omosessuali, delle donne, nei confronti della sessualità in genere. E in questo processo di presa di coscienza si scontrano, con la destra, con la sinistra, con no'i, ed è un bene. Le cose debbono venir fuori. di coscienza della loro propria storia ce l'han– no, ma poca. Nei meandri verdi D:Direi che gli ebrei ~on hanno alcuna coscien– zà della storia, hanno piuttosto un 'immagine della storia. Ed è un'altra cosa. · D: Parliamo dei verdi. Cpme ti senti tra loro? R: Sì, è vero, gli ebrei portano in sè il loro esse-• Sono persone prive di coscienza storica, come I re perseguitati, o la paura di esserlo. Questa è dimostrano cose da te prima citate (il parlare la loro dimensione della storia. Ma tornando dell'Olocausto ecologico, il giocare con la paura ai verdi, essi fanno la stessà operazione di tutti dell'apocalisse e simili). Ora addirittura si "!et- i gruppi politici. Si scelgono dalla storia le tono a manifestare in favore dello spettacolo di «cose buone». E questo è il modo normale di Fassbinder e si permettono di accusare gli ebrei fare la politica dappertutto. Come faccio io? (che a ragione o n<!na ragione, ma ciò non ha Cerco di tenere presenti le m_ie sperienze stori– importanza) manifestano perchè hanno paura che passate (anche quelle «vissute►) solo nella dell'antisemitismo, di «voler bruciare i libri». testa e non in realtà), di comporle in un mosai– Tuttò questo significa che i verdi non hanno ca- co che poi aggiungo alla mia coscienza politi– pito niente della storia della Germania. co-sociale attuale. Con ciò la mia coscienza è R: Sarà vero che hanno capito poco. Ma que- assai contraddittoria, il che a sua volta mi crea -sta è una regola che si può applicare a tutti i. dei problemi con i verdi. Ti faccio un esempio. gruppi politici. Tutti noi abbiamo capito poco, Dalla esperienza storica ho imparato che - o meglio tutti noi abbiamo una visione seletti- quando si limitano i diritti di una minoranza, va della storia. E ciò vale anche per le mino- · allora si può procedere a simili limitazioni di ranze, pure le minoranze sono generalmente diritti di altre minoranze. Quindi sostengo che prive della coscienza storica. Gli ebre_iun po' noi dobbiamo garantire il diritto a manifestare FINE SECOLO* SABATO 16/ DOMEN'ICA 17 NOVEMBRE del NPD (il partito neo-nazista). Quando però Io .dico, la· gente mi risponde: ebbe.ne , dove metti l'esperienza stqrica con il nazismo che a sua volta insegna l'anti-fascismo. E allora io ri– spondo: nessuno può vietarci di manifestare contro i neo-fascisti. Ho anche difficoltà a muovermi nei meandri del partito. l9 ho sem– pre agito come un individuo libero. Non mi ci trovo proprio nel partito.· . D: Forse·perchè sei troppo cosmopolita e quindi puoi capire che in verità le posizioni dipendono dal puntu di vista partito/are è che ci sono tan– tissimi punti di vista particolari e quindi hai dif: ficoltà a privilegiare uno solo, mentre il partito e l'elettore che lo vota vuole sentire una verità• sola. R: Sì, esattamente questo è if mio problema: Qui in Germania io difendo sempre i francesi, poi vado- in Francia e mi metto a difendere le ragioni dei tedeschi. D: Hai d(fficultà a farlo? R: Come difficoltà? D: Quando sei in Francia e spieghi le ragioni del pacifìsmo dei tedeschi non ti capita di pen.~are: ma chi me lo fa fare? Le foto quipubblicate,di Tano D'Amico, ritraggonomanifestantideUaComunità israeliticaromana.Una settimana fa gli ebreiromanihannosfilato in corteocontroil discorsoalla Cameradel presidentedel consiglioCraxi e la politicamediorientaledel governoitaliano. R: In Francia? D: Sì, in Francia. ""'33 R: No, in Francia non ho difficoltà Trovo la discussione lì sui tedeschi, talmente unidimen– sionale e impregnata di pregiudizi ... Guarda, così come i tedeschi. hanno oggi problemi con l'aver invaso la Franci~, così anche i francesi hanno il complesso di non essersi difesi bene, e poi di aver collaborato con i nazisti, Vichy ecc. La loro Force de Frappe è il risultato della ci– catrice psicologica creatasi allora. Le loro criti– che al pacifismo tedesco sono in buona parte proiezioni dei loro problemi. Bisogna che ci sia qualcuno che le spieghi queste cose. ·O no? Un piccolo ricordo D: Dany, noi nati a cavallo degli anni quaranta e cinquanta siamo una generazione che sebbene abbia avuto lafortuna di non aver vissuto in per– sona l'Olocausto, è stata educata «all'ombra di Auschwitz». Siamo gl{ ultimi portatori di una memoria che abbiamo ricevuto per vie indirette, ma che abbiamo vissuto intensameme. Questa stessa memoria, fondamentale per la cultura eu– ropea, nessuno, dopo di noi, la vivrà. Non solo, già oggi, qui in Germania, ma anche altrove è sempre più difficile trovare gente disposta ad ascoltarci, a riflettere su questa nostra memoria. E allora, come fare per impedire che questa me– moria vada perduta, come fare per trasmetterla anche agli altri? O forse non c'è speranza? Forse la memoria dell'Olocausto si estinguerà con la nostra generazione? R: La tua è una questione generale su come la .memoria possa diventare o su come diventi parte del pensiero umano. Sai, c'è una terribile domanda: cosa è successo agli ebrei dopo Au– schwitz? Come essi hanno elaborato, o per dire la verità, come non hanno elaborato ... D: Come non hanno elaborato A,uschwitz . . R: Esattamente, come non hanno saputo tro– vare il modo per elaborare l'Olocausto. Quindi se persino le vittime sono incapaci, o forse dire incapaci è esagerato, e allora quando perfino le vittime hanno difficoltà a rispondere alla do– manda: che cosa questa esperienza significa per noi, oppure quando vengono date dÌverse spiegazioni, o quando si ritiene che dopo Au– sch~itz siano possibili diverse spiegazioni e quindi diversi modi di comportamento,· quan– do tutto questo fa parte della coscienza delle vittime·, allora gli stessi elementi, le stesse ri– sposte, gli stessi comportamenti sono ancora pitì diffusi tra gli esecutori e tra gli osservatori. Tenere attuale Auschwitz, in quanto memoria storica, in quanto un momento della nostra storia significa tradùrre la spiegazione del perchè Auschwitz e del perchè «mai più Au– schwitz» in una posizione politica e sociale. Vale a dire che il tuo comportamento sociale e politico deve suscitare il ricordo di Auschwitz. Ma non nel senso del «Muro del pianto», del «sono stato la vittima». Ma nel senso che tu li devi comportare in un modo tale che la gente. non possa dimenticare, non possa scordarsi l'Olocausto anche quando vuole. Per dirla con parole grosse: l'umanesimo politico, a mio av– viso indispensabile per fare la politica, è impre– gnato dalla esperienza che il genere umano ha fatto ad Auschwitz. Quando questo umanesi– mo politico è debole, allora vuol dire che sia– mo di fronte ad una volontà della maggioran– za di èlimenticare. Ma allora si crea anche un conflitto. E finchè c'è questo conflitto, c'è an– che almeno un piccolo ricordo di Auschwitz. Questo piccolo ricordo è la base del confronto tra una .minoranza che mantiene vivo il .ricor– do e una_maggioranza che vuole rinunciare ad esso. lo la vedo così. D: Credi quindi che l'importante sia tenere vivo questo confronto. R: Sì, tenerlo vivo, ma non immediatamente come Auschwitz, ma in quan– to ciò che noi abbiàmo imparato dall'Olocau– sto. Noi non dobbiamo lasciarci «normalizza– re».

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