Fine secolo - 16-17 novembre 1985

LETTERA AUNA PROFESSORESSA e ara professoressa, l'ho vista in televisione, martedì sera. Era la trasmissione «Dossier», dedicata agli studenti. Mi pare che non abbiano detto il suo nome. Ho vistò però la sua faccia, e ho sentito la sua voce. Ha parlato del Sessantotto, ha detto d'esser stata in prima fila nei cortei. In Veneto. Lei ora insegna a Paler– mo. Ha detto anche che lei non ha nessuna voglia di unir– si ai ragazzi che ora manifestano. Che lei li conosce. «Non li stimo», ha detto. La sua faccia era più netta delle _parole,faceva intendere che lei, questi ragazzi, li detesta. Lei, professoressa, è stata senz'altro antipatica. Inoltre lei è maldestra con le telecamere. A differenza dei ragazzi, che fanno le boccacce, saltano e ballano. Parlano anche abbastanza scioltamente della Finanziaria, e dell'invivibi– lità (proprio così) delle aule. Lei guardava di lato, parla- . va di malavoglia, e con un evidente risentimento. Mezza Italia deve averla trovata antipatica. E' strano comè si trovi sempre una professoressa antipa– tica in certi momenti, come se i ragazzi non avessero già abbastanza ragione. Questa volta c'è un'anziana profes– soressa, Dio l'aiuti, perfino a far da •ministro della Pub– blica Istruzione (l'unico ministro donna). Chi avrebbe potuto immaginare che si sarebbe trovata davanti, nel 1985, delegazioni di ragazzi informati e spiètatj? Se la mangeranno, come ha eietto il presidente del consiglio. In direija. Amen. • ·• ~ . · Anche nel 1968, anzi nel 1967;·Ì:utto erMéciminciato con · • una professoressa odiosa. téi ric~rderà la Lettera a un~ professoressa di don Milani e ·dei raga~ di ~Barbiana. Gran libro . .Quanto l'aobiamo amato. Mi sono chiesto molte volte in questi anni - n~ sono passati di anni - se fra le buone ragioni per cui quel libro parlava così efficace– mente al nostro cuore, non ce ne fosse anche una cattiva: il pregiudizio stereotipo dello studente (e del movimento) maschio. Una «Lettera a un professore» sarebbe stata as– sai meno suggestiva. Naturalmente, allora non ne aveva- : mo idea. Ma basta rileggere il libro (ne vale la pena, an– che per le altre buone ragioni) col senno di questi anni. Destinataria della «Lettera» è la professoressa, cioè il tipo per eccellenza della dpnna arida e cattiva, e magari «zitella»; ·mittente è un prete, cioè il tipo per eccellenza dell'uom9 senza donna, e del padre senza madre. Non voglio fare del femminismo a buon prezzo. Però l'ho cercata, quella odiata e malcapitata professoressa - perchè esisteva davvero, e in tutti questi anni sapeva di esser lei, la proverbiale disgraziata che bocciava gli alun– ni come si spara in un cespuglio, «forse era un ragazzo, forse una lepre»: una professoressa cacciatore, che stra– vaganza! Insegnava in un istituto magistra1e fiorentino. Per saperne qualcosa, ho parlato con qualche ex-ragazzo di Barbiana. Uno mi disse che la professoressa era proba– bilmente zitella, non le importava d'altro che delle sue materie, e che era truccata «davvero come una donnac– cia». E' per questo che userei qualche circospezione a proposi– to della sua antipatia, professoressa di Palermo (lei è di ruolo?) che ha partecipato al Sessantotto. Non dico di ca– pirla. Ma certo, dopo tutti q11eicortei, un tran tran di in– segnante in aule «invivibili», con ragazzetti - lei li cono– sce - senza voglia nè di studiare nè di, lottare, che d'un tratto pretendono di lottare proclamando di voler studia-· re, con tutti che li corteggiano ... Noi eravamo un'altra cosa, quest'o lei pensa, professoressa. Be', è vero. Siamo stati giovani anche noi. Stavamo appena rimettendoci. Dopo tanto tempo perso. Anni da -riscattare, come per la ricostruzione della carriera. E ora, questi ragazzini.:. No, lei è troppo antipatica per essere sole antipatica. Adriano Sofri

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