Fine secolo - 19-20 ottobre 1985
FINE SECOLO* SABATO 19 / DOMENICA 20 OTTOBRE Poe·sie di Jolanda Insana , da LA PARABOLA DEL CUORE vedo nel vuoto dove piove chiara saluté e mi svuoto del superfluo di presenze specchiandomi nella palla di cristallo e il tumulto è grande e non mi lasciano uscire ma per chi parte reggono i muri o si fanno più arditi ardendo in spazi più spazi nel vuoto più vuoto dei trenta metri quadri , serrati dalle grate rinchiavardo l'unica porta e così è impossibile rientrare a scaldare i lunghissimi piedi dalle belle dita irregolari dentro il camino e vedere quanto resiste e dura la camera di combustione rinfocolata con l'arte che sai e mi dispiace per te sono qui e dici no all'abbraccio ammagatore perchè non vuoi che si veda quanto poco si ragguaglia la misura ma io posso testimoniare che non fu illusione e la vista durò aguzza per due notti poi la visione per più di un mese e ora nell'addiaccio l'estasi perde in levatura e -stramazza in stasi si prega di non abbandonare rifiuti si legge sul sentiero che dalla spiaggia porta alla tua quarta casa covo di cazzame e straglio · bastardo e randa voglio sommare il sommo del gaudio e del dolore perchè io che ho strizzato altre pelli non mi va la tua che ospita fantasmi e sottraendo piccole distruzioni potenzio il tuo essere e il tuo stare nel trionfo dell'eccesso I accordando lo strumento alla tua chiave ma nell'urto fragoloso contro gli spigoli del corpo mi scortico e non mi sposso e intrappolata in strette maglie mi attacco a una partenza con ritorno il giorno ricomincia ogni giorno e non gli basta il suo scardoso e travagliato manto chi non vien.! ai miei picchetti non pianta tenda ma la mia la svello e sposto di villaggio in miraggio lasciando sguarniti i picchetti perchè tu possa piantare la tua e al rientro dell'esilio la smantello ma però alterare l'immagine non doveva essere uno dei primi comandamenti il tutto che mi abita è un niente se lo estrapolo dai suo'i contorni certi e lo scorporo dal fianco che frange il fragile momento e posso pensare quanto voglio ma non riuscirò a pesare quanto ardo e senfo il male del corpo taglieggiato se ricalchi la scena per assaporare in esclusiva la tua porzione di divino visto che amo lo schiamazzo e mi piace l'opera buffa fracasserò coturni e corone e contorni e torno entro la cella per ricomporre e contare le parti del corpo e poichè ne manca una limito l'eccesso ma ricomincia il sogno che non ho finito di sognare per la desiata irruzione di chi però cambiò le carte in tavola e volle partita vinta ma al fuoco benedetti giocolieri svinazzati frullatori d'angoscia e succhiatori di sale assecondando il desiderio maestro di gridazioni urlo che la parabola del cuore è sì compiuta che fui affatturato nella pelle mortalmente onorata ai colpi tremendi serro i denti e sento che non c'è compagnia dentro l'impossibile empito dell'impeto e per una notizia in più do tutto quello che è mio perchè il tuo resti tuo ma sbaglio accento per troppa nudità e tremo e mento
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