Fine secolo - 28-29 settembre 1985

FINE SECOLO * SABATO 28 / DOMENICA 29 SETTEMBRE 17 Cohn-Bendit ha gir'f,toper if mondo, a SJl.ese. di una tel~visi~~e, a rintracciare alcuni camp,omdel '68e seguenti. L, ha trovati, es, e trovato, molto cambiati, spesso buffament'! cambia!i. In gener~, intr!'ttengono buo~i rapporti con quel passato. Alcun, sono ne, parlamenti, altri in galera. Lu,, Dany il Rosso, mira al Ministero degli Esteri.- · - U n documentario sui giovani nel mon– do: questo mi a~evano chiesto qualche anno fa i francesi q.ella Terza Rete te– levisiva. Mi dispiace, risp_osi,ma non è più il mio genere. Ho ormai quarant'anni Ho ormai quarant'anni e non posso giocare al– l'eterno ragazzo e non sono nemmeno come quei funzionari della Germania orientale che a ottant'anni vengono eletti responsabili della gioventù socialista. Avevano sbagli~to indiriz- -zo. Se potevo raccontare qualcosa era solo sul– la mia generazione. E mi sar~bbe anche piaciu– to. L'idea piacque anche a qualcuno di loro; così scrissi una prima stesura, ci intrattenemmo a vicenda per un anno, poi andai a vivere per sei mesi in Brasile e al mio ritorno trovai pronto il finanziamento. Non era un granchè, 2 milioni e 800 mila fran– chi per 4 ore di trasmissione, tutto compreso e da fare con una produzione di mia scelta come . avevo chiesto. Titolo: «Noi l'abbiamo amata, la rivoluzione». Ogni puntata un tema, da seguire nel corso de– gli anni: la rivolta, il proletaril!-to, la guerra e la democrazia. Si inizia per la prima parte dai P,;ovp olandesi, per spostarsi poi nell'America della protesta contro la guerra del _Vietnam, degli hippies e di Woodstock, della rivolta dei neri dai tempi del Mississipi fino al Black Pan– ther, e si finisce con le donne e il loro movi– mento. Il meccanismo che si ripete per tutto il documentario è semplice: per ogni spezzone di storia intervisto alcuni dei protagonisti di allo– ra. Per questa prima parte bo scelto due ex provo -uno oggi è in affari e l'altro è militante verde- ·e per illustrare la vicenda americana una lunga serie di personaggi: Bobby Seale, Abbie Hoffmann, Jerry Rubin, e Cliff Jones, un ex appartenènte ar gruppo «Weathermen», e per le femministe Susan Brownmiller, autrice di un recente libro sullo stupro. Ah, il proletariato! Poi arriva l'amore che abbiamo nutrito verso il proletariato, studenti e intellettuali. Per spie– garlo ho scelto due paesi europei, la Francia e la Germania federale, e il tempo in cui gli stu– denti decisero di andare in fabbrica per prova– re e capire. Joschka Fischer, ad esempio, che oggi siede nel Parlamento tedesco eletto nelle liste dèi Verdi, e Barbara, una militante di Francoforte che _oraimpiega le sue energie in una scuola per donne. Ambedue n~l 71-72 an– darono a lavorare alla Opel, in mezzo a operai tedeschi, italiani e turchi. Il direttore di Libération, Serge July, e un gio– vane operaio che lavora ancora nei cantieri di Saint-Nazare e che ha sempre partecipato alla «Gauche proletarienne» rappresentano invece la Francia. Quattro racconti sul perchè di que– sta ricerca di un legame co~ il proletariato, sul– le speranz.e, i sogni e le lotte di allora. In Polonia, poi, è successo Il capitolo si chiude conJa Polonia, con il Kor, con Adarn Michnik che non ho potuto intervi– stare perchè stava in carcere. La mia scelta è caduta su questo paese perchè proprio qui è successo fra intellettuali e proletari quello che abbiamo sempre sognato. Con Solidarnosc si è creato quel legame che abbiamo sempre cerca– to· e sperato, ma che da noi non è mai esistito. E' dovuto succedere invece qui, in un paese dal socialismo reale ... Fernando Gabeira La militanza attiva, le grandi manifestazioni di massa e infine la guerriglia urbana: questo il percorso della "guerra". A quei tempi domina- DANIEL ....... COHN-BF:NDIT, L'AMORE PER LA RIVOLUZIONE,_ EISUOIPOSTUlVIl a cura di Carmen BERTOLAZZI va un mito, il Che, i Tupamaros e l'America latina e di loro nella nostra fantasia si è nutrito il discorso· della guerriglia. ·Ecco perchè mi sono spinto fino in Brasile alla ricerca di Fer– nando Gabeira, un tipo che nel 1968 sequestrò l'ambasciatore americano, e che venne poi ar– restato e liberato come merce di scambio in un altr~ sequestro. di persona. Scrive, si organizza delle tournée, registra spot alla televisione, ovunque compare è un avvenimento. L'h.o vi– sto all'opera in una piccola università all'inter– no del paese: c'eràno·duemila studenti, lui è sa– lito sul palco, si è agitato come· Mick Jagger, senza alcuna remora, . poi ha chiacchierato; contorcendosi sempre come una popstar, ha parlato di razzismo, di maschilismo,. ha rac– contato che è omosessuale quando ne ha vo- . glia. E i giovani ne erano affascinati. Gli anni Sessanta e la democrazia Dal Sud America sono tornato in Germania, pe( raccontare la storia di Hans Joachim Klein, ex terrorista tedesco da sempré latitan– te, e quindi in Italia, dentro un carcere, a inter– vistare Valerio Morucci e Adriana Faranda, brigatisti dissociati. . Ultima tappa la democrazia, ossia l'oggi. Par– to da lontano, nel tempo e nella geografia: dal Cile di cui nel passato abbiamo criticato radi– calmente la politica di Allende schierandoci dalfa parte del 'MIR.-Da qui ho voluto far ini– ziare una riflessione sul concetto di democra– zia. Ho ovv.iamente una mia tesi: è stato pro– prio quel movimento che negli anni sessanta l'ha messa in discussione a contribuire a rinQo– varla e a renderla reale e concreta, introducen– do .una nuova dinamica. Per questo inizio dal Cile e concludo con tutti i movimenti recenti a carattere sociale o ecologico, e vado alla ricer– ca di quanto è stato messo in discussione sia nella vita quotidiana che nelle strutture politi– che. Credo infatti che se allora era sbagliato mettere da parte"la democrazia, così oggi è giu– sto criticare quello che non funziona, e rinno– varlo di conseguenza, dandogli una vita vera. Su questo ho indagato nelle interviste: ho chie– .sto' a tutti che.·cosa pensano della democrazia, che rapporto in.trattengono oggi con essa, e se· il concetto di rivoluzione ha ancora· qualche traccia di co·ncretezza. Ho .voluto sapere chi sono oggi, cosa fanno, se hanno sviluppato- una nuova forma di giorna– lismo, se affrontano sempre la questione della libertà nel suo complesso, o se lavorano in po– litica o in un movimento, e che cosa è cambia– to da allor~. Ho avuto risposte differenti, direi che ho trovato un cinquanta per cento ancora impegnato e un'altra metà di rinunciatari. Non voglio uniform~rmi a_una tesi e dimostra– re che le persone.della no!\tra generazione sono - faHe-esatt:amente-in-1:1na-determinata--maniera:– Direi piuttosto che tutti sono molto diversi, e che in questi anii.1sono cambiati iii maniera differente. Con gli intervistati -sono par-tito dal– la demòcrazia e poi a ritroso, verso la rivol11- zione. Ho scoperto che la gente ha bisogno di parlare di tutta questa storia, e non per un sen– so di nostalgia. Non mi interessa presentare un quadretto idilliaco di vecchi militanti. No, l'e– sigenza è un'altra. In molti paesi il superamen– to, o il non-superamento di certe crisi, provoca -ancora sentimenti di vendetla nei confronti de– gli ultimi anni sessanta; per questo la gente ha bisogno di (ipercorrere il tragitto e non sentirsi isolata. '- Non si tratta di trovare giustificazioni e nessu– no mi ha detto: «mi dispiace, ~i pento di quel– lo che ho fatto». Molti oggi ne sono distanti, altri considerano invece quegli anni il punto di partenza di uno sviluppo nuovo. Alcuni, nel primissimo approccio, dicono: «ma è tutto così lontano». Poi quando parli più a lungo scopri

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