Fine secolo - 6-7 giugno 1985
/ I • ' . \ .. 6 I DOMENICA 7 GIUGNO · 17 ~ \Jlnd1 l:'lrr '.Jlatur i.,hofl'!lf1tVhirL 2oltrn rt;irrr iui,· bir\r~ lrbl'lll>i!lhrrirtinillrn 1orrbl'll biirfrn ., dista~a, spesso vengono compiuti gli esperimenti più in– teressanti per la conoscenza oggettiva di problemi fisiolo-. gici. In tal modo il povero anche con la morte si rende utile al ricco come già in vita quando, per esempio, rende abitabili splendid_iappartamenti nuovi ancora nocivi alla salute. Questo accade ai poveri in una specie di ottusa in– coscienza. Si potrebbe supporre per altro che l'animale stesso si lascerebbe tormentare e martirizzare per il suo padrone di sua volontà e coscientemente se si potesse far comprendere al suo intelletto che si tratta qui del bene dell'uomo, suo amico. Che questa non sia un'affermazio– ne esagerata si può ricavare dal fatto che cani, cavalli e quasi tutti gli animali domestici o addomesticati, vengo– no appunto addestrati facendo loro capire con chiarezza quali prestazioni pretendiamo da loro; quando essi lo hanno capito sono sempre disposti ad eseguire volentieri ciò che é loro richiesto; al contrario gente rozza e stupida crede di dover imporre i suoi voleri agli animali, non suf– ficientemente istruiti, attraverso punizioni il cui scopo non é compreso dall'animale che perciò interpreta male; questo comporta nuovi maltrattamenti che sarebbero forse utili se applicati al padrone che conosce il significa– to del castigo ma che pure non tolgono all'animale tratta– to in modo eosì insensato, l'amore e la fedeltà per il suo tormentatore. Un cane, anche fra i dolori più violenti, può ancora accarezzare là mano del padrone -gli studi dei nostri vivisettori lo hanno reso noto (14):-: nell'inte– resse della dignità umana noi dovremo ricercare meglio di come sia stato fatto fino ad ora, quali conclusioni trar- . re dall'osservazione degli animali e da tali insegriamenti: a questo scopo in primo luogo potrebbe essere utile ciò che fino ad ora abbiamo àppreso dagli animali, poi quel– lo che da essi potremo ancora ricavare. Ou_ell' arte di tJissimulare chiamata ragione Agli animali, che ci sono maestri in tutte le arti per le quali li abbiamo -èatturati e sottomessi, l'uomo era supe– riore solo nella dissimulazione, nell'astuzia, e non nel co– raggio, nel valore, giacché l'animale combatte fino allo stremò, indifferente alle ferite e alla morte. «Non conosce supplica, non chiede grazia, non confessa 'di essere scon– fitto» (15). Sarebbe un errore voler fondare la dignità umana sull'orgoglio umano paragonato a quello degli animali, e la nostra vittoria, la loro sottomissione, la pos– siamo far derivare soltanto dalla superiore arte 'di dissi– mulazione di cui disponiamo. Di questa arte molto ci gloriamo; la chiamiamo "ragione" e per essa ·pensiamo di poterci orgogliosamente distinguere dagli animali 'perché ci renderebbe, tra l'altro, simili a Dio. Anche su questo cerca onesta, con allevamenti fatti con cura e compara- sta direzione. Egli ebbe il coraggio di inventare un dialo- Mefistofele esprime la sua opinione, allorché trova che zioni veramente scientifiche, ci ha esposto nuovamente go tra Odisseo e i suoi compagni trasformati in animali l'uomo usa la ragione «solo per essere più bestiale di ogni gli insegnamenti di una antica· e scomparsa· saggez- da Circe, nel quale questi rifiutano di essere trasformati bestia». z.a secondo i quali negli animali vi é lo -ste~so principio di nuovo in ·uomini con motivazioni molto valide. Chi Nella sua grande sincerità ed ingenuità l'animale non sa che dà a hoi la vita anzi che noi senza dubbio deriviamo legga con attenzione questo singolar~ dialogo si troverà apprezzare fino a che punto sia moralmente disprezzabile da essi (13). Nello spirito del nostro secolo senza fede in difficoltà nell'esortare oggi gff uomini, che la nostra ci- quest'arte, con cui l'abbiamo reso sottomesso; ma vi rico– questa conoscenz.a potrebbe condurci nel modo più sicu- vilizzazione ha trasformato in bruti, a tornare ad una nosce qualcosa di _demoniaco, a cui obbedisce intimidito. ro e giusto, a regolare il nostro rapporto con gli animali, V(?radignità umana. Si può sperare in un reale risultato Se l'uomo domina con dolcezza e amichevole benevolen– anzi forse solo su questa via potremo pervenire ad una solo se l'uomo riacquista, attraverso l'animale, coscienza za l'animale intimorito, possiamo pensare che esso rico– vera religione: quella dell'amore dell'umanità che il re- della sua nobile natura. La sofferenza e la morte dell'ani- nosca nel suo padrone qualcosa di divino, che lo onori e dentore ci ha insegnato e confermato col suo esempio. male ci darebbero la misura della superiore dignità del- lo ami con tanta forza da es~rcitare unicamente al servi– Già abbiamo accennato a ciò che rende così difficile la l'uomo che é capace di concepir:e le sue sofferenze come ·zio della fedeltà, e fino alla più dolorosa delle morti, le pratica di questa dottrina a noi, schiavi della civilizzazio- un insegnamento efficace, la morte come una espiazione sue naturali virtù di coraggio. Come il santo é spinto irre– ne. Finora abbiamo impiegato gli animali non· solo per che trasfigura, mentre l'animale soffre e muore senza che sistibilmente a testimoniare la sua fede in Dio colmarti– nutrirci e per servirci ma anche per conoscere dalle loro questo abbia un senso per lui. Noi disprezziamo l'uomo rio e con la mÒrte, così l'animale testimonia l'amore per sofferenze, provocate artificialmente, ciò che manca a noi che non .sopporta con animo saldo la sofferenza che lo il padrone' che venera come se fosse ùn dio. Un unico le– stessi quando il nostro corpo corrotto da una vita innatu- colpisce e che trema di folle paura davanti alla morte: ed game -che il santo, appunto, aveva.potuto strappare- vin– rale, da eccessi e vizi di ogni genere, viene:colpito da'ma- é.proprio per quest'uomo che i fisiologi fanno le vivise- cola ancora l'animale (dal momento che non può che es– latti~. Invece dovremmo ormai imparare a servirce!_le. per zioni di animali, inoculaòo ·loro deLveleni•che l'uomo si sere sincero) alla natura: la compassione per i suoi picco– la nostra autoe<;luçazionein~unmodo benefico per·nubili:a procura con i suoi vizi, e prol~ngàno •a,..rtifici,alinent_e i.- ·li. Ma nelle tribolazioni che ne derivano é ben capace di tare la,nostrn-.meralit;i e, per'più·versi~ com.e testimonian~·., loro tormenti per apprendere di quanto t~~po potr~bbe- décisi,pne:,Un.viaggiatore aveva lasciato la cagna,.che_. lo za certa d~lla sincerità della nàtura. ro allontanare a quel misero l'estremo travaglio. Chi può accompagnava,. e che aveva appena partorito, nella scu- - - - vedere in questa ·malattia come in questo_rimedio un·mò- deria di UJt0. locanda ed.era tornato solo a;casa, coprendo·. I maiali che non,vogliono. mento etjco? Si viene.forse in ai~_toin·qualcosa al povero u~ cammjno di t~e ore. Il ~attino do~o tr~:?•:_su:iiapa- tornare·ilOmÌhi .. ! ··,. ·, >,-·· . .';-,. 1 lavoratore·,sofferente ·per fame; -priva_z-ioi:ii ~d t.~ccéssi·vo · gha~çleHa:-corte d1,casa sua;,! ql!attro. pt,~c?he,,Ja~~anto,a_ · ··''. · · ·. ·: · . ~"'!.. _.· :" :., -' ,··-·-~-, :· sfruttamènto:-della sua forza? Sappiarh'éfèhé-~pròpri6:sif' loro;.,l~·ma_dremor_ta.-Questultima ~ogm1:vo.lta;recan~oa·· Il oastro...al!).iço,.Plutar.eo . .gjà .ci.mt i ndjçatQ.Ja.Yia-io..,_q_u~ .• Jui_c;h~,-Pfr.t:. fo.,rt\ma,..,nq.p.~,t:iene.alla .vita.e. v-0lentieri-se-ne<-· ç-:~s~.J.!..~-P 1 çcgJo_- - ~v~ya.J~!t.2. .~.Q:,. 4!!~!!r2...,.Y~~!$.'""P~~~-
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