La Fiera Letteraria - anno XVI - n. 44 - 5 novembre 1961

LA FIERA ·LETTERARI Anno XVI • N. 44 SETTIMANALE DELLE LETTERE DELLE ARTI E DEbbE SCIENZE Domenica 5 novemlire 1961 SI PUBBLICA LA DOMENICA ,,_ Fondato da UMBERTO FRACCHIA * Diretto da DIEGO FABBRI QUESTO NUMEROL. 100 ~RlZIONE E REDAZIONE: Roma Via del Corso. 303 - Tel. 687645 • A.mmlo.lstraz.ione Tel. 673015. PUBBLIClTA': A.mmlnJltrazJone: •LA .l!"'IERA LETTERARJ.A:, - Via del Corio. 303 - Roma • TARIFFA ~ 150 aJ m1lllm~tro • ONAMENTI: Annuo lire· 4.000 • Semestre lire 2.150 • Trimestre Ure 1.100 - Estero: Annuo lire 7.000 • Copia arretrata Ure 150 • Spedizione 1n conto corrente postale (Gruopo II) • Conto corrrnte pe>stale numnn l/31 4 26 Per iL suo ottantesimo compleanno * Un monologo inedito di Corrado Alvaro Pablo Picasso Appunti sulla pittura e il pubblico L ' ARTE astraila non esiste. Dovrele sempre cominciare con qualcosa. Poi potrete eliminare ogni traccia di realtà: ma !.– ... idea dell'oggelto avrà ormai lasciato un seg;uo indelebile. E' qnest idea che ha colpito l"artisla, che ha ecci lo lo la sua fantasia, a•ri. it~to I~ sue emozioni. Fanlnsin e emozioni rcst.ernnno alla fine imp~i– g1011a_tc_ nella sua opern: (]ualunque cosa faccia, esse Don sfuggiranno rial cl1p111Lo. ne sono parie ìnlegTnnle. • .\'ulla può essere compiulo senza In solitudine. -~li sono creALO, per me slcsso. una specie cli solit11di11e di cui nessuno si accor(re. Oggi è difficilissj1no essere soli. perché esistono «li oeroloo-i. i\1a. ,av~1e mai YisJo 1111 santo con l"orologio al polso? 0 ~ • 1 uU1 cercano cli comprendere l'arte. ~li domando: perché ncs· suno cerca cli comprendere il canto degli uccelli? Perché amiamo la not1e. i fiori e iutie le altre bellissime cose che ci circondano senza \Ho,·are il desiderio di a1rnlizzare i loro misteri? Q11nnclo si lratia di un"opern c-l"ari.c, la .genie insisie e freme e dice_ che de"e capi rin. Perché~ La genie dovl'ebhe cnpire che 1111 arlisin de,-e creare solo perché ha bisogno di cren1·e. !Jerché è posseduto dalla propria arte. L'adistn è solfnnfo una picco issima pade dell'universo e non deve essere fnllo ogg·e(to di maggior aHenzione cli qualsiasi altra co'sa sulln ìerra che dona beliGZza. gioia e senso cli pienezza. • \'011 mi aspeiio nrni c-he ehi guarda i miei quadri proYi le 111ie ~1essc emozioni. l.Jn qunrll'o mi raggiunge dè1 grandi lontnnunzc e eia so'rgenH .rc-moje, Come polrehhe un fil/i-o individuo arferrnre-.-i miei so;rni, i miei istin(i. le mie idee che emergono dopo un lungo spazio di 1C"mpo e hanno bisogno di 11rni11rnre prima di irovnre una espre8• ~ione vi:--iva? E come poirebbe 1111 nitro leggere ciò che io intendevo ,-eramenlé dire e forse ho espresso contro In mia siessn ,-olonl1\? • Fnlla eccezione per pochi arlisJi che hn,rno aperlo nuo,·i oriz– zonii allearli. In mng·g·ior parte dei giovani piiiori d"oggi seml•ra non sapere in quale direzione vuole andare. Invece cli utilizzare le nostre inieqHeiazioni e quindi seguirne la strada. molti credono in 1111 risveglio del passalo e pensano che questo debba rivivere. TuUo c-iò in 1111 fcmpo in cui l'intero mondo si oprc davanfi a loro e ;-11icnde azione e nuove idee. • '>!on è soHnnfo q11cslione di ,·imanere aggrappnfi con limore al pns~nio. ma di rimanere fermi alle vecchie fo,·me d'nri<' che hanno ormai Hssollo il \01·0 compilo. Oggi nbhinmo chilomcfri e rhilomf'lri di quadri nello si ile cli .. qneslo e quello>: ma irov,nc 1111f!'ÌOnllle flrlisia c·he dipinga in unn suo personale maniern è cosa rom. • \fon sono un pe~simisla. Non sono conlro qualsiasi forma d'ari,~. perché non potrei vi,-er·e senza l'arte. senza dedicare iullo il mio IPmno all'nrte. • .-\mo l'ade come la min nnic·n ra/!'ione cli viln. Qual11nq11e rnsa abbin faiio in connessione con cs~m. mi ha procurnio prof6ncla gioia e sorld isf azione. F: proprio 11011 l'iesco fl l'.npire per quali rngioni ci sin lanln hrava ::renic nel mondo c-he insisle nel ,·olcre amilizzare l'arif'. nc-c11m11landr, rlrd1oraiissime ieori("" e intcrprelAzioni. Come si può lnscinre c-he lu loro incompetenza dilaghi scnzn freni ? PABLO PICASSO S TAMATTù.'IA mi è capitalo un !alto che non avrei mai immaginato. Mio figlio m'ha detto: e Perché non mi Mi fatto più alto? Se tu mi 3vessi fatto più alto, piacerei di più. Mi presenterei meglio in società. Avrei più fortuna•· Là per là non ho saputo come rispondere. Volevo dargli uno schlat!o, e sulla bocca. Ma non è più un bambino. Ho detto: e Scusami. Me ne dispiace •. Lui ha replicato: e Beh, ormai!». Ed è uscito sbal· tendo la porta. · Sbatte sempre troppo !orle la porta, da far lremere la casa. Io sono rimasta a pensare a quello che mi aveva detto. Mi sentivo come se qualcuno mi accusasse di una colpa che dipendeve dal mio sangue, dal mio amore, dalla mia vita. Sto ancora tremando. Ho i brividi. Ho le mani ge– late. Non riesco a immaginare come avrei potuto dire qualche cosa di simile a mia madre. Vorrei doman– dare a qualcuno se questo è giusto: come se una creatura potesse scegliere da chi nasce e come nasce. Mi perdo in questi pensieri: me li proibisco per non arrivare ai misteri della creazione. Questo è il Calto: mio figlio mi rimprovera di averlo messo al mondo cosi com'è. Cinque centimetri più allo, e sarebbe stato soddisfaUo della fabbrica. Pensavo a tante cOse per lui, quando lo aspettavo. E non si può dire che sia piccolo di statura. Più grande di me, più grande di suo padre: non è pro– priamente alto allo ma, è benfatto, come me Io ricordo lo vidi al mare }~ultima volta. che ero contenta per– ché somigliava a un piccolo Ercole. Ha molta cura del suo corpo; crede che dipenda soltanto da lui non deformarsi. E poi ha un viso virile e aperto, bei denti, bei capelli che gli sono diventati un po' crespi come I miei; una bella bocca. E' vero che qualche volta lo confondo con qualche altro ragazzo che vedo in giro, ma questo non è colpa rp.!a: ci sono molti ragazzi più belli che al tempo mio, e si somigliano un poco, si sa. anche per come vestono: perciò io li confondo. Ma è in buona salute, è- forte, è intelligente. Suo padre non è mai stato bello: quando lo conobbi, la sera stessa, mi ricordo, pensavo a lui teneramente dicendomi: "'Poverino, quanto è bruttino!». Non ,pensavo ancora che gli avrei voluto bene e che lo avrei sposato. Con le mie sorelle dicevamo che era proprio brutto. Io lo scu– savo dicendo che era tanto intelligente. Non avrei mai voluto che una mia figlia somigliasse a lui, ma a lui volevo bene. Mio padre ~veva le gambe corte. tanto che portava sempre le giacche molto Iuòghe. Lui ci teneva a venire fuori con me perché ero una bella ragazza, ne era orgoglioso. Ancora oggi, quando ,penso a lui e mi ricordo che aveva le gambe corte, lo penso tenera• mente come un bambino: sì Io penso come :Cosse pic– cino; !orse perché è morto. De un pezzo non capisco più quello che succede e come vanno le cose del mondo. E' poSt'iibile, mi do· mando, che per cinque centimetri di statura in più, un ragazzo guardi sua madre come una covatrice che non abbia fatto bene il suo lavoro? Quando ero bambina e stavamo in campagna, una tacchina che covava ci morì.dì passione e non man– giava più. Ora c'è una macchina. Bene, ,si facciano meltere al mondo enche loro da una macchina, e chi non riesce bene sia buttato tra i rifiuti. Un difetto di fabbrica: ecco a che cosa è ridotto il sentimento; e non 1·esta più che levare la mano su chi ha dato la vita. Sono pensieri troppo grandi per me. E il fatto è che io gli ho chiesto scusa. Quando una si sente dire certe cose, qualunque parola di risposta diventa stu– pida. E i pazzi, i malati cronici. I deformi che ho veduto nella mia piccola città di provincia, avreb• bcro dovuto mettere a ferro e a fuoco le loro case 'JL' Jl:,li Il !S'JL'Il EFF'JG:'Jl'Tll DJH:LL' JlNJB"LAZllON Jffi * La fi11e del ~';:alantnolllo,, 'J, UTTI sanno (come suol dirsi. anche se non corrisponde al vero) che cos'è la Semàn– tica. Ad ogni buon fine. a<'contentandoci dì sfo– gliare il Dizionario -mo– df'rno del Panzini. ricor– deremo c--!1e è la scienza del significato de'lle. pa– r0le e della sua evoluzio– ne. Ri\"elatrice e istrutti– va. ei;sa ci ha tra i suoi ammiratori: e certi muta– menti nel sign1fiC"ato del– le parole. se dapprima ci incuriosiscono e ci diver– tono. non t:-, rdano poi ad al– larmarci ed immalinconir– ci. Facciamo J·esempio del sost.mtivo <e galantuomo 1,. Il Migliorini. nella ~ua S1orin dPl/n Lingua ila/in– nn. laddove tratla clell;i consistenza e dell'allarga– mento del lessico nel Cinquecento. dopo aver ;:mnot;ito che !'aggettivo "galante•, ,, (entrato in ita:iano nel ·400. da: fran~ ccse. ma non senza conC"o– niitanti influenze spagno– le). esprime le molteplici qualità dell'uomo di mon– do•· nel quale <e alla cor– tesia si unisce l'eleganza., la raffinatezza. la probi– Là. la gentilezza ora ceri– moniosa ora ardita ,·er:-,O le donne>. aggiunge e pre– cisa che « '"il galantuomo·• è tipo di perfezione socia– le (e fra le ~ue qualità fi– nisce poi col pre,·alere quella di probità) >•. Tale significato di ,, uo– mo dabbene. onorato. one– sto con la grazia che dà la virtù.>. il vocabolo serbò nella esemplifica– zione letteraria del "500 e de: '600 oJtenane da Tommaseo-Bellini nel Di– zionario. * di E1\iRICO FALQVI Ma il Cinquecento fu un secolo d·oro. e la lega del metallo. mescolandosi con altre scorie, si andò poi deteriorando; al punto che. nell'Ottocento. quello stesso vocabolo ch'era stato vessillo e simbolo di probità. finì coll"essere adoperato. a1traven,o gli alti e bas~i delle competi– zioni politiche. per indica– re gente di molto diversa. se non contraria e oppo– sta. qualità. Né ciò pote– va sfuggire agli sLudimi di scienz~ politiche. E nel suo Ospizio di p(l– ro/e politiche perdute (cfr. Lingua uostrn. 1944- 45. settembre 1946), Ro– dolfo De Mattei diede infat– ti caritatevole asilo a « ga– l.111tuomo,. e u galantuo– mini •. rPgistrnndo che. ai tempi dei moti socia– li siciliani clop0 l'Unifica· zione. furono chiamati• co– si i possidenti. gli ab– bienti, gli appartenenti ai t:eti elevati; insomma i •i cappelli>. Donde. il pro– verbio siciliano: « Galan– tomu e malu passu, dinni beni e stanni a1-rassu>. Ma la voce non dovette essere soltanto siciliana, bensì diffusamente meridionale. se - a quanto testimonia il Turiello (in Governo e governanri in Italia) - il titolo di << Re galantuo– mo• assegnato a Vitto– rio Emanuele II. fu usato talora dai popolani napo– letani con significato po– lemico. Avvertendo che "Galantuomo. nel' dialetto della re,1:ione napoletana. vuol dire persona civile. onesta e no; e per solito poco ben vista. massime i possidenti minori. del ceto della plebe contadi– nesca •· il Turiello narra. per giunta. che nel 1860 i contadini espressero su· bito la loro impressione equivocando sul titolo del re <e Galantuomo>, che i borghesi in arme avean voluto sostituire al prece– dente )1. Un 1( galantuomo >> del Novecento Novecento. coi suoi scop– pi e coi suoi crolli, perche il vocabolo perdesse ogni primJtivo lucore e s'ab– bui~sse del tutto. Doveva toccare a noi di consta– tarlo nelle confessioni di due amici. ritrovate tra le loro carte segrele e so– vraccariche di quell'ac– cento sentenzioso che sem– pre si sprigiona dalle pa- • role di chi. non potendo più modificarle, resta a!· fidato ad esse come ad un ultimo messaggio. A rincalzo, e da buongu- rì;~~~~c~~~~~~- fu i~u~~~t:~~ staio, il D'-1 Matte: spilluz- zicò citazioni non solo da il corso di alcune ricer· scritti storici sugli avveni- che, quando trovammo il menti siciliani di allora ritazlio dì un articolo del (Sonnino, Colajanni), ma 19~1. in cui lo scrittore fin dal romanzo Il ,"1ar- • Nmo S_avarese . aveva chese di Roccnverdirin dei espresso m propno la la– Capuana. dove. tr;i le mentela delJ'autore. che. fronde del cap1Lolo vente- µur avvertendo d"essere simo. racimolò anche il quasi abbandonato e di- diminutivo spregiativo: menticato dalla critica. di « galantomuccio ». (E chi tanto in tanto riceveva da vuole. può con poca fatica quella stessa critica. a sincerarsene. l'opera es- mo' di risarcimento. la sendo st.ita opportuna- confortante assicurazione mente ristampata ch'è po- d'essere reputalo « un ga· co, ma nella collana dei lantuomo •· senza che mai Romanzi moderni Gar- nessuno si prendesse la zanti. per cercare di met- briga di fargli sapere in terne in luce e farne ap- che cosa consisteva, preci- prezzare quegli interessi !;amente. tale sua onesta umani e poetici ch'erano 11 la quale .essendo eyiden- rimasti in penombra. sa- temente artistica, non po- crificati dall'eccessiva pre- teva non avere una por- ferenza accordata alla ri- tata critica ,da risolversi cerca degli elementi Leo- in sede estetica >. Se ne rici della poetica del Ve- dove\ra dedurre che quel rismo •. ai quaU peraltro il segno di riconoscimento e Capuana aveva pur fatto di stima era guidatO « da largo ricorso nella sua sbrigativi fatti di coscien· indagine. salvo a trasferir- za. contr;.istati da timidità li e riscattarli sopra un e aa pigrizia intellel· piano di fantasia). 1 tua.le, ,? · Ma· doveva arrivare· il' Savarese era troppo e.. perto per metterlo . in dubbio. ma anche tan– to riservato da non re– spingerlo con chiasso. Se ne afflisse e. sorridendo, lo lasciò intendere. Con l'etichetta del « galantuo– mo• presumevano di ri– pagarlo. mentre in real· tà continuavano a defrau– darlo. La qualifica di << ga– lantuomo> era scaduta, in sede di critica lettera– ria .a significar qualcosa di trascurabile e. comun:– que. di non troppo meri– torio. Il mulamento ci sorpre· se e. pur legittimo, ci di· spiacque: cercammo di at– tribui.rio. in parte, all'in– terpretazione pessimistica piÙttosto naturale in uno scrittore dell'indole e del· la posizione di Nino Sava– rese. Sennonché i latti gli hanno poi, purtroppo, da– to ragione: il suo nome non suona forse ancora oggi quasi sconosciuto e la sua opera non conlinua forse a riscuotere consen· si di un'esiguità spropor– zionata al valore? Un appunto d~ Angioletti Ma G. B. Angioletti non partecipò dello stes– so pessimimio isolano; go• dette. se mai. d'una certa utopistica fiducia nell'av– venire. Eppure tra le ra– pide e febbricitanti anno– tazioni di un suo diario (alcune delle quali, scel– te fra le ultime. sono sta– te fatte conoscere dall'Eu– ropa letteraria: IX· X, agosto 1961). in' 'data del 15 agO,sto 1959. ,qu.ando già il m,:,rqo lo av~va attana– gliato I e veniva stritolan· dolo. ;abbiamo rinvenuto (c0Ìtt1nuaai,ai1na-;.z) Bellezza pervivere e la città, se avessero ragionato come sento che ra– giona mio figlio; avrebbero dovuto distruggere tutto e stabilire un regno di rancOTe e di vendetta, contro tutto. No, non ci reggo con la mente, ed essa mi sug- ~:fl~~em~7~7 s~~~~~~ 0 ~veva mai pensato. Gli orrori Credo che la gente non si guardi più negli occhi dove si legge tutto, dove brilla l'anima. (Mi dispiace di non sepere adoperare altre parole: guardarsi negli occhi; l'anima che brilla; non so dire di meglio, ma so quello che voglio dire). Dico che anche ec ora vai dal medico, neppure lui riesce a capirti intero: uno conosce soltanto i pol– moni, un altro il fegato, un altro le ossa. Di te non conosce che una parte. Non dico che sia male, anzi è meglio così; ma questo mi pare dia il senso della vita d'oggi. Il fegato, i polmoni, ma non tutta la per– sona, non l'animo, il pensiero, l'individuo. Quando ero ragazza, i vecchi medici che si intendevano di tutto, ma meno perfettamente d'oggi, si capisce, ti parla– vano come a un mistero da scoprire, in cui volevano essere guidati da te stessa; qualche cosa in noi pareva dipendere da una forza più grande di· ogni altra. Ora, su una Jastra Tadiografica, tu sei là in quelle vertebra, in quel velo di visceri e in quel cuore che si muove come une medusa nel mare. Palpita dell'immenso palpito del mondo, e da vicino non è che un grumo: la vita. Mi pare che tutti guardino troppo da vicino. Tutti possono vedere come sono fatte le ragazze che si denudano per farsi eleggere Miss di qualche cosa, o per trafficare la loro immagine. E tutti eleg· Scrittosu misura perPaolaBorboni * di '1i. F. CARCA1IO O GGf che Valeutino B0111pia11i ha voluto onorare, nel quinto mmivusario de.Ila m~rte, w10 dei pili ,,afidi narrato– ri da liii edìti, Corrado Al· varo, con un ricordo mar– moreo a Vallerano; mi è 1:radito ricordare tm mio iitcontro co11 lo scrittore siciliano nella primavera ae.l /954. Dirigevo allora il Teatro dei Commedia11ti e la scelta del repenorio ern 1mo dei problemi pitì dif– ficili da risolv~re. Saputo che Paola Borboni si accin– geva a preparare t111 • Re– ci'tal > di monologhi, volen– tieri le offrii di rea/iu,arlo al, pitì presto e In nostra brava ed intelligente attri– ce accettò subito con quel– l'entusiasmo che sempre la distingue. Restava ora da dare allo spettacolo una sua 1111ità artistica: Paola Borbo11i giiì aveva due testi già scritti per lei dai rispettivi amo· 1 i: Emma B. vedova Gio– t1ca, moglie e madre per ca~o, e il commosso, ango· setoso testamento della ma- 6,e oartorie11te di Stefano Pirmide/lo. Non ta11w il gusto di 1<;:o spettacolo singolare, 'quanto la sotterranea iden- 11tl,, in così disparure espresjioni, della tematica ejsei:zialc, mi aveva indot– to ad accostare le brevi opere di ci11q!-'e autori fra i più significativi del no– stro tempo. Perché la do11- 11a perduta, che rientra, come w1 ava ,r.zo di vita, 11ella casa del padre mor• 10, in Sgombero di luigi Pirandello, è anch'essa w1a madre. Ognuno di qu.:.sti auto· ri cercando mr diverso ;,er– so11aggio di domia, crean– do intor110 a una donna tm 111,0110 problema, tma 'a11ti– ca disperazione, una iro11i– ca rassegnazione, 11110 spa– s11110 fisico o w1 iusosteni– l;ile fardello morale, ,ma (continua a pagina 2) gono dell; Miss: In questo sono lutt. della medesima o;>inlone, rivoluzionari e reazionar:; la stessa opi– nione sulla donna che dicono di voler riscattare. Si mettono tma sciarpa a tracolla, e si presentano tulle insieme, esse che si credono uniche, che è l'aspirazione eterne della donna, essere unica, quella. Iel, lei sola. E perche non fanno lo stesso con l'uomo? Perché non eleggo::io anche lui Mister dj qualche cosa, mettendo in riga il re della creazione, facendo mostrare I mu– scoli all'autore della Divina Commedia e della bomba atomica? Questo penso io, posso avere torto, non so, ci sono troppe cose nuove. Quelle ragazze sposano, e tutti conoscono quello che conosce il marito. Uno si inchina davanti a loro, fa magari il baciamano, e intanto, si può immaginare a che cosa pensa. Pensa aile sue cosce. Sì, dico, le cosce, perché si può dire, se tutt!- le ::Cotogra!ano e ne parlano. Diventano a volte ricche proprio per questo, a patto di mostrarle. Mantengono la madre povera o fl padre vecchi() digni– tosamente; essi che lavorando tutta la vlta non avreb– bero avuto che una povera vecchiaie. E tutti si ral– legrano coi genitori di umile origine saliti cosi nella considerazione sociale. E lei, si dice, anche se ha con• quistata una situazione di stella del cinema, non è insuperbita, è rimaste modesta, brava figliola. Nei salotti, signore e uomini discutono di quelle cosce e si trasmettono le notizie del loro stato attuale; c'è chi dice che si sono dovuti prendere provvedimenti, sostenerle in qualche modo, anzi sl pensa di ricavarne un calco fino a che si è in tempo. Gia, si dice, i Greci. Ma quelli erano fatti religiosi, c'era un grande artista che presentava una sua crea– tura in forma di dea per esaltare la perfezione della !orma umana. Un seno era il cielo, era l'armonia e la proporzione. Una ragazza dalle cosce famose l'ho veduta una volta. Gli uomini abbassavano gli occhi non davanti alla sua grazia, ma per guardarla li. Pure, ha un bel viso che vorrebbe essere guardato, e lo merita. :via nessuno la guarda come una creatura che abbia una anima. E a me pare che quel viso voglia essere guar– dato. Mi pare che siccome non la guardano bene in viso, ha un'espressione intontita, sembra stupida. Ella ha begli occhi, un viso dritto e breve di popolana. Sembra che voglia dire: Guardatemi un poco questa bocca che sa dire parole semplici, e la fronte dietro a cui ho i miei pensieri, voi che mi esaltate per qualche cosa di cui non posso stimarvi, anche se ve ne rin– grazio perché la fortuna non si disprezza. A noi ragazze dicevano una volta che avevamo quel modo di muovere le labbra, o queUa rotondità del mento, o quella pronuncia lievemente blessa, o quella lieve irregolarità dei denti che formavano un tratto della nostra seduzione, il più misterioso di tutti perché il più irragionevole. il più seducente perché era un dl!elto, il piccolo difetto che mette in confidenza, poi– ché la perfezione sbigottisce gli uomini. E noi ci guar– davamo nello specchio per renderci conto di qu~l segreto della nostra persona che ci era stato rivelato. E certe volte, così, in un viso di uoma maturo, seduce un cuore di donna un ultimo tratto restato infantile, come l'eco della giovinezza perduta: le bocca ancora gonfia e non rasciutta dagli anni. E baciamo su quel viso qualcosa di impalpabile che vorremmo fennare col nostro amore. E tutto questo_ passa senza lasciare memoria. Ma in chi ama, lascia l'amore per quello che si è perduto. Quella ragazz.a dalle belle cosce può avere un animo delicato, può fare progressi e salire i più alti gredi della perfezione nel suo cuore. Ma, stella del cinema, resterà tale fino a quando si avrà paura di vederla sedersi sul suo tesoro, quello per cui la società la onora. Mi piacerebbe di parlarle una volta. Le rac– conterei l'accusa di mio figlio, dì non averlo fatto un poco più alto. Credo che ci capiremmo. CORRADO ALVARO c2sta di Alberto Savinio e r-----------------------------– Minen•a tradita dal son– no di Riccardo Bacche.lii. Vu ottimo fanale poteva essere costituito da Sgom· bero di Luigi Pirandello. Mi viacque l'idea di unire an– che 1111 lavoro del figlio Stefano, il quale aderi alla mia inziiativa con l'atto ,mi– co Figli per voi. Quale quin– . to autore pensai a Corrado Alvaro il q11:zle.compose fil ~ochi giomi Bellezza per \·ivere. Ecco che avrei votuto rea– li~zllre su di un palcosce- 11ico, a1tra,1erso la voce di 1m'1mica iHterprete, ci11q11c diversi mondi, diverse ~i- 111az.io11i e diversi linguaggi. Nessuna alleanza v'era fra Emmn, la madr~ frenetica ideata da Savinio, gelosa dei' figlio, avirla di quella vita elle Ila fatto uascere e che ha difeso sacrifica11· do il suo 1mdore h111a11zi ,a lui, 11essw1aalleanza co11 la semplice. • creatura sbigotti– ta che Corrado ,\!varo gel– rava dinnanzi al pubblico, stupita, indign!lta perché s110 figlio l'nveva rimpro• ve.rara di "110a averlo facto più alto>. E cosl nessuna relazione fra il piano e for– bito linguaggio che Bac– chelfi prestava a Clelia, /'i11• tel/ett!lale compag_11a del professore di alta mate.ma · IL NUOVO NOBEL PER LA LETTERATURA * IVO ANDRJC cantore della Bosnia * di OSVALDO RA.rtJOUS L ' ATTIVITA' \ettera– ria di Ivo Andric è di poco inferiore ail mezz.o secolo: eppure la sua notorietà intema7Ao· no.le è racchiusa quasi en– t-ro i limitri di un decen· nio. Sono cose che capi– tano agli scrittoroi di lin– gue poco d iffìuse. Però nel caso di Andric c'è an– che un'altra ragione. Le principali opere dello scrittore jugoslavo. che ha avuto òa poco l'alto rico– soimento del premio No- bel. sono state pubblicate nei primi anni di questo dopoguerra. e sono frutto, d u n q u e. d'un'avanzata maturità d'arte e di vita. Se si considera poi che le traduzioni di queste one– re sono apç,arSe a qual· che anno di distanza dal– la loro stampa nella lin– gua originale. il <t ca<:o Andrlc • ci si presenta chiarissimo. Il valore non comune dello scrittore sì manife· stò tuttavia con evidenza fin dalle prime opere. Un volumetto dal titolo « Ex Ponto». che l'Andric. pub· blicò ·subito dopo la pri– ma guerra mondiale. e al– cuni versi usciti in rivisW anche anteriormente. se!n· bravano indicare l'appa– rizione di un poeta. 1c Ex Ponto i1, veramente. è una raccolta di -poemetti in prosa. ma il contenuto è dì purissimo timbro lirico. E può essere considerato opera di poesia anche il 1 ibro che seguì immedia– tamente 1'11 Ex Ponto • e che l'autore intitolò « b– quietudini >. Che J'Andrlc fosse un poeta sembrò an– che dai suoi primi rac– conti. nei quali il colore. la musicalità dell'espres– sione linguistica e un'evi– dente partecipazione se::i· timentale al contenuto dell'opera. •danno un ca– rattere tutto particolar-e. · c-he talvolta si può ben di– --- •..:.iZlllil re lirico. alla narrazione. c.'ie nelle opere maggiori. quelle che hanno collocato definitivamente lo scritto· re nel campo del 1:omanzo moderno, l'obiettività del· la narrazione è spesso so· pra-tfatta da una vibra· zìone poetica. oppure da un gusto per le ampie ed armoniose composizioni. La sua tendenza all'eva· sione poetica si manifesta anche nella scelta degli ambienti e dei perso:i.o.g– gi. Lo scrittore predilige, per le sue opere. le rie– vocazioni di realtà scom– parse che danno un am– pio margine alla fantasia; e non ha bisogno. per sod– disfare le proprie incli· nazioni artistiche. di al· lontanarsi dalla sua ter:-a, ricca di contrasti e di aspetti su,ggestivi. cioè del– la Bosnia, nella quale è nato sessantanove anni fa. e nella quale si sv!>lgonl) gran parle dei :.uoi rac– conti e degli episodì dei suoi romanzi lvo.And,rlc; Nobe1~196Lpcr-la.lettcratura •.Ed •anche Jn. se&uito,, an· La Bosnia è una terra interessantissima. Venne strappata dall'Austria ver– so la fine del secolo scor– so. alla Turchia~ che l'ave– va tenuta soggiogata per secoli. In nessuna ragio– ne balcanica l'islamismo aveva preso tanto piede quanto in quella regione che oggi fa parte, co· me repubblica confedera– ta. dalla Jugoslavia. Ba– sta pensare che mentre 111 Turchia, gia nei primi an· ni del regime di Kemal

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