La Fiera Letteraria - anno XVI - n. 26 - 25 giugno 1961
Domenica 25 giugno 1960 LA FIERA LETTERA~IA UN 1'10.lUENTO DELLA STORIA SEGHETA DEL RISOUGl1UE~'l'O * IL PAPA E IL BE * Tra Vittorio Emanuele e Pio JX rapporti personali furono, almeno per un cnto tempo, più larghi e profondi di quanto la storiografia tradizionale abbia supposto S CRIVENDO a Pio 1X il 9 febbraio 1855. an– cora affranto dalle perdite della madre e del– la mo~lie .Vittorio Ema– nuele 11 riconfermava il suo profondo rincre5ci– mento per l'andamento degli affari della Chiesa in Piemonte. per la. lacera– zione religio!-a del suo pae– se, ma non mancava di aggiungere rhe 1( se dalla parte dei Suoi ministri si fosse adoperata nel Pie– monte una parte della ca– rità che si adopera per al– tri regni. .. questo governo mediante un savio e ri– spettoso intendimento con la Santità Vostra avrebbe arrestato la sua marcia. in fatti che dispiacquero alla Santità Vostra. che però erano richiesti dalle e>ner– gem~e dei tempi e che era– no riconosciuti come fatti compiuti in altri re.çni da Vostra Beatitudine stessa i,. Il Pontefice. che aveva in– vitato il Sovrano a riflet– tere. sui mali compiuti e sulla necessità di un'espia– zione, ribatle\•a inesorabil– mente che il governo sHr– do si era rivolto a lui per chiedergli il concor!io 1, nel– l'indebolire la autorità e le sostanze della Chiesa cat– tolica nel Regno subalpi– no n e che la ,, Sede ro– mana non può e non ha mai accordato questo con– corso. perché f.icendolo (cosa impossibile a sup– porsi) avrebbe tradito la santità e la giustizia dei principi che professa 1,. Ogni volta che il Re por– tava il Papa sul terreno della discussione. apriva l'animo a un. accomoda– mento. dimostrava la sua inclinazione a un accordo. il Papa rispondeva con un appello ai principi. alle ra– gioni di fondo. che non consentivano umlliazioni o compromessi. Due perso– nalità, quelle di Vittorio Emanuele Il e di Pio IX, che non avevano nulla in comune: l'uno il Re con– quistator~. l' « ultimo Re conquistatore)) come Cu det– to. fedele al cattolicesimo come avrebbe potuto esser– lo un Sovrano del Sette– cento, ma senza scrupoli religiosi. senza i contrasti di coscienza tormentosi e laceranti del padre. sensi– biJe aUe esigenze di allar– gamento e di espansione de1 suo Stato. temperamento militare, aggressivo, impe– tuoso. uomo di pochi studi. di scarse letture e forse per questo di sano buon senso. di rapida intuizione. di ac– corto calcolo; l'altro, il Pa– pa teocratico, altamente co– sciente della sua missione di restaurazione religiosa e di concentrazione ecclesia– stica. deluso datresperien– za del 0 48 e dal fallimento neoguelfo. deciso a ripiega– re sulle sole forze d'ordine, a separare la Chiesa dal mondo moderno. a sacrifi– care la <t ragion di Stato» e i puri motivi di oppor– tunità e di convenienza a una visione e valutazione trascendente delle cose. Ep– pure, fra Vittorio Emanue– le II e Pio JX, i rapporti personali furono, almeno per un certo tempo. più larghi e profondi di quan– to la storiografia tradizlo· nale avesse potuto suppor– re (ci volevano i documen– ti pubbUcati da padre Pir– ri); eppure H Pontefice si rivolgerà spesso al Sovrano per attenuare le conseguen– ze di questa legge o di quel– l'altra, per bloccare il varo di questo o quel provvedi– mento, per salvare e ln extremis• situazioni com– promesse. Storia segreta; ma non per ciò meno illuminenle. Fln dagli esordi del suo Re– gno. H Sovrano è portato a moderare. correggere o infrenare la politica del suoi ministri. vuoi per an– tico attaccamento al Papa– to, vuol per osservanza di credente, vuol per pressio– ni del partito di corte, vuol. per una certa Jstintiva comprensione delle vaste masse cattoliche appartate e separate dalla vita poli– tica e costituzionale del paese. Vi è una politica del Re che non è la politica di D'Azeglio. di Siccardi o di Cavour: che cede su al– cuni punti irrigidendosi su a1tri. che consente a11'esi– lio di Mons. Franzoni ma interviene &uJ problema del matrimonio civile ed evita che il provvedimento arrivi fa porto. che permette il varo delle leggJ sul !oro ecclesiastico ma pochi anni dopo tenta dl attraversare :il progetto sulle congrega– :r..ioni religiose, che lascia J)assare la discip1ina delle cJecime sarde ma modera la applicazione di qu1:l)l0 e degli altri provvedimenti. attenua le a:;prezze laiciste e le intolleranze giuriSdi– zionaliste. Vi è un Re che si liene in costante rapp~rto col Papa, che sente il biso– gno di giustificarsi. che ad· debita le colpe al parla– mento e allo statuto, che prospetta lo. possibilità dt far bocciare dnl Senato ciò che la Camera ha approva– to; un Re che è largamen– te sensibile alle critiche della famiglia. dei consi– glieri ecclesiastici. dello 1< entourage )J aristocratico e reazionario. che più di una volta medita un rovescia– mento di posizioni. un « cambio della guardia)); un Re che mallollera il pre– dominio dell"assemblea e malsopporta lo scatenarsi della demagogia. che non vede di buon occhio ragi– tarsi inconsulto dei partiti. l'eccessiva libertà di stam– pa, i troppi rHugiati mazzi– niani e repubblicani E" un Re sul quale l con– sigli e gli ammonimenti di Pio IX esercitano qunlche influenza; ma che all'ulti– mo momento decide coi criteri del buon senso. ri– nuncia alla sua stessa lo– gica che sarebbe quella di un monarca assoluto e non costituzionale. sente confu– samente. ma sente che gli interessi del Piemonte, che la • missione• del Regno si identificano con una po– litica di ammodernamento. di tra!'formazione. di ade– guamento alle esigen1.c li– berali ed europee. Dopo il passaggio delln legge sulle corporazioni re· ligiose. dopo la prevalenza della opinione pubblica. do– po la vittoria della tesi cavouri;ma. lo stesso mar– gine di libertà di Vittorio Enumuele. nelle trattative col Pontificato, si assotti– glierà irrimediabilmente. Lo avvertirà lo stesso Pio IX. pur così fiducioso nelle pos- * GJtJl 1 AL\IL\ll SPADOLINI slbilità di una « riparazio– ne i,. e lo dlmo.strerà negli anni successivi al '55. ri– ducendo al minimo i suoi contatti epistolari col So– vrano. accentuando la po– lemica di principio con lo Stato sabaudo e avallando sostanzì&lmente le tesi dei gesuiti della Civiltà Cat– tolict1. Ma non fino al punto di escludere nuuvi e più toc– canti rapporti. nella gran– de crisi del '59. nella pri– ma fase della guerra di in– dipendenza, Pochi sanno che Il 29 maggio 1859 - in un momento decisivo della sua vita. quando la guerra procedeva incerta sui piani lombardi, allorché la mi– naccia su Torino era stata dissipata appena da poche settimane, prima di Ma– genta e di Solferino - Vit– torio Emanuele II si rivol– gerà nuovamente al Pon– tefice. gli indirizzerà una lettera patetica e commo vente in cui non era più in discussione la legislazione ecclesiastica o H matrimo– nio civile, ma campeggia– va solo la richiesta di una << grazia )) contrastata fino a quel momento dallo scru– polo costituzionale e dal parere dei ministri: l'as– soluzione dalle sanzioni ec– clesiastiche, dalle sanzio– ni collegate alle leggi Sic– cardi. E' un episodio patetico e illummante. un episodio che squarcia molti veli del 0 59. Il Re si rivolge al Pon– tefice all'insaputa del Con– siglio dei Ministri. con tono quasi da complice. La let– tera è datata da Casale. dal Quartier Generale; e il So– vrano è impegnato tutti i giorni - sono sue testuali parole - « in scontri mi– cidiali)), si sente « in peri– colo di morte ad ogni istan– te,>. Il suo appello è al cuo– re del Papa, è <t al padre (conlinua a pagina 6) -~ ~~-- ' i·. i' /! Vittorio Emanuele J( e Pio lX a braccetto In una stan(:.a d elt'cpoca 1• A distaTiza di un secolo: una Leggenda da sf ataTe * L'11livo di fJawonr I N UNA lettera che nel periodo culminante di una trattativa per risol– vere la Questione Romana. Cavour scriverà al Padre Passa1:lia. in data 21 feb– braio 1861, si diceva: 1< Confido che, prima della ventura Pasq\.la, ella mi spedirà un ramo d'olivo. simbolo d"eterna pace fra la Chiesa e lo Stato. fra il Papa e gli Italiani 1). Se due anni prima tosse stato detto a Cavour che nel Cebbraio del '61 egli avrebbe potuto sperare, non dico nelle soluzione, ma nella semplice oppor– tunità di affrontare il pro– blema della Questione Ro– mana. egli st<>sso avrebbe considerata assurda s:mile profezia. non già perché egli escludesse che Roma. e soltanto Roma. potesse costituire la capitale del Regno d 1 Jtalia; ma perché, uomo abituato alle con– crete responsabilità del po– tere. egli pensava che ll culmine dell'unità richie– desse un periodo di tempo assai maggiore di quello fissato dal destino. Cat:sa della insospettata rapidità del processo fu il provvidenziale impulso dt Garibaldi. il quale. con la impresa del Mille, ricollo– cava sul tappeto la Que– stione Romana che da ol– tre un decennio sembrava sepolta. indefinitamente. sotto le rovine del Va– scello. Conquistata la Lombar– dia, realizzata l'annessione delle provincie centrali e dell'Italia meridionale. Ro– ma apppariva come una città, cinta tutta d'assedio, la cui resa non era se non una questione di tempo. Il cardine dell'azione di Cavour è tutto in queste parole: « Senza Roma ca– pitale d 1 Italla. l'Italia non si può costituire•. E poi– ché l'Unità d'Italia. rispon– de, nel suo pensiero, a un determinismo storico che nessuna volontà umana po– trebbe Jmpedire, egli im– mediatamente agisce nel senso di accelerare la solu– zione imperniandola, ap– punto, sulla fatalità della rinuncia di Roma da parte della Chiesa. Nel suo grande discorso del 25 marzo 1861 ll Mini– stro pronuncia queste pa- * tli Ai\l'J'tJi\ilO Hllllli'ltS role: r( Se si potesse con– cepire l'Italia costituita in unità in modo stabile sen– za che Roma fosse la sua capitale, io dichiaro schiet– tamente che reputerei dir– ficile. forse impossibile. la soluzione della Questione Romana'"· Della impassibilità che l'rtalia potesse t'inunciare a Roma. non si resero con– to gli ecclesiastici di quel tempo, né seremo noi a condannarli. considerando che anche illustri e pro\'a– ti patriotti laici e persino anticlericeli ritenevano as– surda questa suprema spe– ranza. Diverso 11 pensiero del Cavour li cui ultimo anno di vita fu tutto pervaso dall'ansia febbrile di risol– vere con una serie di ten– tativi diplomatici la tor– mentata quesiione. Osserva per esempio il Salata (Per la storia dì– plomatica della Questione Romana. I: Da CavotLr al– la Triplice Alleanza; con documenti Inediti. Milano 1929) che Cavour « si mo– strò pieno di fervore nel proseguire il suo disegno. risoluto ad ogni sacrificio per attuarlo, pronto ad impegnare tutta la sua au– torità per imporlo. ove oc– corresse, al Parlamento, al paese•· Mi i tempi non erano maturi. Non solo la Curia vaticana non poteva acce– dere all'idea di rinunciare al potere, ma un intreccio di in!luenze politiche estranee. delPAustria, dei Sovrani di Napoli, della stessa Francia, alimentò, nel Papa e nei suoi consi– glieri. lllmloni di immi– nente rovina della causa italiana. Fallite le trattative, pro– nunciato dal Papa i l fa– moso Non possum.us nel Concistoro del 18 m arzo 1861, Cavour promosse il celebre dibattito parlamen– tare che do\•eva concludere con la solenne proclama– zione, da parte delle Ca– mere. di Roma capitale di Italia. Questa proclamazione. con la quale Cavour indu– ceva l'Italia a creare idealmente il fatto com– piuto e a vincolare la fu– tura generazione al pro– gramma di Roma. non è inferiore al gesto iniziale dell'intervento in Crimea; costituisce, cioè, uno dei più grandi atti. non solo di Cavour, ma della poli– tica europea del seco– lo XIX. Né bisogna credere che Pidea dc11n proclamazione di Roma imperiale sorgesse in Cavour dal fallimento delle trattative; essa è an– teriore, come risulta, fra l'altro, dalla see:uentc let– tera di G. B. Giorgini, in data 19 giugno 1860, un mese prima del1a battaglia di Milazzo. un giorno pri– ma della definitiva eva– cuazione borbonica da Pa– lermo. e Dopo colazione ci siamo messi a passeggiare nel viali dei Parco e, arrlvall a un lar~o. dove, sotto dei grandissimi alberi erano alcune poltrone rustiche, ci siamo fermati e seduti. li Cavour era rimasto in piedi e passeggiava giù e su con aria gaia e nervo– sa, poi si è termato da– vanti a noi e, tenendo in tasca la mano sinistra e facendo con una mazza, mossa dalla destra, dei ge– roglifici sulla J:hiala del viale ha alzato, ad un tratto, repentinamente la testa e cl ha domandato a bruciapelo: ''E che ne di– reste. se si stabilisse e si proclamasse fino da ora che Roma deve essere la capitale d'Italia?». Ab– !biamo guardato la sua faccia bonaria. illuminata da due occhi maliziosi e penetranti che ci fissava– no... Aveva parlato sul serio!>. Peraltro in Cavour l'ar– dore di iniziative si ac~ compagnava, come sempre, ad un senso d! equilibrio veramente raro. Questo ,·a ripetuto e ricordato per– ché una dolorosa conver– genza, di situazioni stori– che e psicologiche Cece sl che il nome dj Cavour suo– nasse all•orecchio dei cat– tolici conservatori in una guisa ancora più esecren– da di quella di Mazzini e di Garibaldi. Egli apparve come un anticristo. scettico, sacri– leeo. blasfemo; la folgore religiosa cadde su di lui tremenda spietata: lo con– dannò in vita. lo persegui– tò nella morte. la quale. per la sua stessa immatu– rità, fu considerata <( co– me un insigne vantaggio dell'Italia cristiana ed onesta 1), come un segno ammirabile della Provvi– denza o: che quando ne giudicò arrivato l'istante opportuno. ha con un soC– fio fatto sparire dalla sce– na il protagonista del dramma calamitoso'"· Questa .rievocazione non ha intenti giacobini. L'in– comprensione era fatale, e ad essa, comunque, sa– rebbe doveroso contrap– porre quella verso il Cat– tolicesimo. dimostrata, ln modo altrettanto grottesco ed Iniquo .. da talune cor– renti laiche del Risorgi– mento. Qu1 si vuole unica– mente stabilire la verità, sacra ed invio]abile. della storia. Alla distanza di un se– colo e sulla base di docu– menti inoppugnabili, che la serenità storica per– mette di apprezzare, pos– siamo ogei sfatare la leg– genda di un Cavour ne– mico della Chiesa, del Cattolicesimo e della reli– gione. Se egli non Cu un rigo– roso professante. se il suo pensiero « poco propenso - come scrisse il Bon– compagnI - ad occuparsi di materie astratte, non s1 si era fissato tanto sui problemi che il Cristiane– simo pre!.Cnta alle medita– zioni del filosofo, quanto sulla grande Influenza del– la religione e della Chie– sa sulle condizioni della società umana'"• tuttavia egli nutri il più protondo rispetto per il cattolice– simo. 1• Desidero quant'altri mai - scriveva egli al Cardinal cPAndrea - di vedere conservate le vene– rande religiose Istituzioni del nostri Maggiori, e mantenuta. anzi accresciu– ta, la venerazione degli Italiani per il Pontificato Romano'"· Si deve a questo senso di altissima valutazione della Chiesa H suo convin– cimento che « mal si ad– direbbe a noi di arrivare a Roma come conquista– tori >, perché « la questio– ne di Roma non è di quel– le che possono sciogliersi con la sola spada'"· Si de ve a questo senso. se egli considerava come « il più grande atto che il popolo potesse compiere» la so– luzione della Questione Romana. Questa preoccupazione di risolvere la Questione col pieno prestigio della Na– zione e della Chiesa, sem– pre più conferma che la caratteristica essenziale del genio di Cavour ru quella di coordinare a sintesi le correnti varie e antiteti– che del Risorgimento; per– ché se da Mazzini egli race<>lse Pintransigenza unitaria e da Garibaldi la transigenza tra la monar– chia e la repubblica. del– l'uno e delllaltro respin– se la concezione antisto– rica dei valori del catto– licesimo. Naturalmente, egli fu aspramente com ba t tu– t o non meno dai demo– cratici anticlericali che dai conservatori clericali; ma q u es t o toccarsi deili estremi contro di lui. ri– &Ulla oggi il suo maggio– re titolo di gloria. Così ancora oggi la sua ideale eredità contenuta nelle i:randi parole: « la pace tra lo spirito della religione e i grandi prin– cipi C:Clle libertà • cl ap– pare ben lungi dall'esau– rirsi. Pag. 3 CONfo;JlDEH.AZllO~ll ·•u. 'I\'iT1C'lU1J.LJC,. * Unostudente del Risor~iment * di GIUSEPPI<] Al primi dell'enno tenni une conferen– za nell'IsUtuto di Culture Italiana e New York col titolo • Come I ftgll del Rlsor– glmento videro I loro ~enitorr •· Parlai come al solito per cinquanta minuti. Non avevo dovuto far nessuno sforLO di preparazione. Non sono uno studioso del Risorgimento, ma tutta la mia vita m'ero "scontreto" con ll Risorgimento. Narrai le mie esperlenze di persona colta. Mi applaudirono. Qualcuno era molto sod– disfatto. Ma poi seppi che la conferenza aveva anche destato scandalo In parec– chi. Una spiritosa signora disse: - Do– veva essere la conferenza di battesimo del Risorgimento e mi parve che fosse quella del funerale ... -. Aveva ragione in un certo senso. Quando penso alle ce– rimonie che si svolgono, .mi ricordo che le stesse persone che lnnep:giano al Ri– sorgimento sono poi quelle che si sforza– no di fare un'Europa. Non sarà questa la fine dell'Italia Indipendente, destinata a competere con altre nazioni, portata da una necessità geografica a invadere l' A– frica? Non erano stati questi i sogni di Mazzini e persino di De Sanctis? Rimar– rà l'unità culturale {come rimane quella dei Khirghizi o dei Georgiani in Russia) ma se si fa l'Europa sul seno addio indi– pendenze politica ed economica. Il prez– zo delle arance dipenderà dal mercato di Amburgo e quello delle automobili dal mercato di Parigi. Invasioni? Ci sarà soltanto da respinger quelle della Russia. In Africa? Cl si andrà per scoprire t di– segni del Sahara preistorico, col permes– so del governi neri. L'Italia sarà una pro– vincia dell'Europa. Quindi si celebra l'u– nità d"Italia quando questa sta per ftnire! Ecco la tesi che avevo sostenuto in uno dei capitoli finali del mio libro The le– gacy oJ ltaly (tradotto poi in Italia dal Vallecchl col titolo L'Italia fini.1ce, ecco quello che Testa). Più tardi, ucl marzo, lessi un articolo del mio caro amico An!ialdo che elogiava un ministro perché foCC\'a celebrar nelle scuole il Risorglmento italiano. Gli scris– si che l'articolo sarebbe stato giusto se non avesse contenuto una grevlssima ine– satte~: ossia e che la critica del R. I. sia frutto della disfatta recente. Se mai fu il frutto di tutte le disfatte dell'Italia, incominciando dalla emigrozione {che fu l1 voto popolare più deciso contro la pa– tria) e dalle battaglie perdute per mare e per terre e nelle colonie etc. Ma ora ricorda queste date della mia educazio– ne che mi vengono in men te: e 1896. Orlanl pubblica La lotta. politica dove il R. I. è definito un eroico sopruso; insomma si mostra che il R. I. fu opera di pochi, sen7,a popolo {ed oggi ancora gl'ltaliani sono divisi tra comunisti e pa– palini. ambedue negatori del R. I.). e 1900. Luzio pubblica Salvotti e i pro– cessi del '21 dove si mostra che l'Austria, era un paese legalista, aveva dei giudici onesti e che se mal eran i patrioti lta– lleni che avevan fregato gli amici con– fessando e 1910. La monarchia socialista di l\Iis– siroli: un poese che non ha avuto la riforma protestante non può sostenere delle istituzioni liberali. « 1911 o 1912. Il caro a te cd a noi Giu– stino Fortunato va a curiosare nell'Ar– chivio dello Stato Maggiore e scopre e rivela a Salvemlnl che I morti del R. I. sono 6.000 e che la battaglia di Calata– flmi ("qui sl fa !'!talla o si muore") era costata 16 morti. " 1919. L'allora a te carissimo Gobettl pubblica Risorgimento senza eroi ... e Con un po' di pazienza potrei metter insieme altre dote. Ml ricordo che im– pressione ml fecero le memorie d'un to– scano della battaglia di Curtatone e Mon– tanara, che, confessava che i volontari "si ritlraron In disordine" ossia scappa– rono etc. etc. e La mia educazione antirisorgimentale, e con me quella dl tanti altri, non aspet– tò la disfatta del 1943-5. e Rifletti che posto teneva l'Italia nella mente dei ;,opali come maestra d'arte e di gusto quando era divisa, e quello che conta oggi. Pensa che allora nacquero Gellleo e Vico, e dopo Il Risorgimento Croce e Gentile (e cito il meglio), Ti !acclo grazia dei pittori e scultori e ar– chitetti ... Per me l 'Italia unificata appar– ve flh da ragaz.zo l'epoca del cattivo gu– sto (U m onumento e V. E., il palazzo di Giustizia etc. mi mettevano i brividi). e La sola difesa seria del R. I. sai qua– l'è? Che esso fu, mentre le altre Italie sognate non furono; e non si paragonano le realtà ai sogni come non si moltipli– cano i cavaUi per i mattoni. Fu, avvenne cosl, e bisogna prenderlo così. E i go– vernanti fanno bene a farlo onorare, per– ché i popoli vivono di miti {sebbene noi ci si ridesse dietro, dico io e Papini ed altri da non disprezzare). e Poi non credo che nessuno, sa1vo il mio amico Bigongiari, abbia mai detto che si stava meglio sotto il Granduca, altro che per scherzo. « Tu sei come quelli cui nasce un fi– gliolo e lo vanno raccontando a tutti, come una gran cosa straordinaria, seb– bene sia accaduto da parecchio tempo che si abbian dei flglioll. Ma è naturale che ognuno ,se non pense, reputi il pro– prio figliolo un grande evento. Ma se si pensa, si capisce che è un evento da nulle. Se non fosse cosl non ci sarebbero I miracoli de1l'amor materno o paterno. Ma dubito poi che questo valga con un popolo come quello italiano, e Anche In America, del resto, si è avu– to il debunking della Rivoluzione e della Guerra Civile. Ma è più facile fer cre– dere che la Rivoluzione americana Cu un grande avvenimento che non farlo abboccare per Il R. I.•· Voglio aggiungere altre letture che fe– cero impressione su di me, e suppongo su di altri. Gli scritti del Volpe e della sua scuo– le ci fecero riflettere che 11Risorgimento Italiano non era un tatto soltanto itelia- PH~~ZZOLl1'1 no, ma che andava cons;derato nel qua– dro del1a rl;plomaz:a e degli interessi del– !e potem.e eu1opee. In quel secolo ci fu· ron prima e dopo quello italiano tant: a;tri mov!mentf naz:onell. Non si tratta– va df un fatto straordinario; anzi lo straordmario liarebbe stato se esso non fosse avvenuto ... :Al parve che il R;sor– gimento foi:sc dovuto all'abilità di Ca– vour ... un frutto di furbizia individuale più che di volontit dt popolo. E quale peso ebbero gli scntti del Croce ch'! scindevano le star.e del R:– sorgimento '"'Jlla storia. d"Itaìia prece– dente !l tardo '700, e distrussero tutti quei legami sentimentali e mitici che cl avevan fat!o considerare I grandt epi– sodi della !'-.Oria italiana come preceden– ti del Risoraimcnto. Insomma l'assedio di Firenze non ci apparve più come nel romanzo del Guerrazzi, l'ultima batta– glia della liberta itallana, ma come un epi~odio della ftne delle autonom•e delle città. alle qual. tempi d!versl imponevan da per tutto dei regimi più larghi ed im– personelt, come quelli del princ:pati; e questi principati non ci apparvero p:ù come "tirannie" deplorevoli, ma come conquiste civili ed un progresso nel sen– so dello Stato moderno ... A questo va uni– to il lavoro c-r!tico delta scuola storica, che guastò molte ftgure e rovinò molte reputazioni e distrusse molte leggende Per esempio quale impressione fu quella di leggere nella Rassegna Settimanale del Sonnino gli articoli dell'Alvisi, che di– mostravano che Francesco Ferrucci era un buon mercenario, ma anche un pede– rasta, che non fu ucciso da Maramaldo, e che Il Maramaldo era un nobile slgno– re napoletano rispettato e ricevuto persi– no da Vittoria Colonna, e che 01 suo tempo nessuno l'a,·eva reputato • un vi– le che ammazzava gli uomini mortl •··· Questi maestri protesterebbero, se mt leggessero. Direbbero come Dante che lo– ro e queste cose non han messo nei loro libri». Ma .o noto che ne sono la con– seguenza. 11 Risorgimento Italiano ne uscì rimpicciolito. Per conto mio personale ci fu anche il fatto che lo vissi, da 35 anni a questa parte, all"estero ed in ambienti in cui ero portato a considerar fatti e pro– blemi sotto un aspetto universale e non soltanto patriottico, quindi sempre in pa– ragone con altri movimenti del genere, ed in reiezione con 11 formidabile passa– to dell'Itella. Questo si venne formando davanti alla mia mente come una civiltà che aveva completato e fuso l'eredità classica, cristiana e cattolica. Come mal in quel tempo, In cui c'ere.n soltanto de! Veneti e del Toscani, dei Lombardi e dei Siciliani, l'importanza mondiale delllta– lia artistica e di pensiero e di costumi era maggiore e la sua funzione di cen– tro di idee di mode e di gusti era molto più vasta eh.! quella dell'Italia unite ri– sorgimentale? E che persino un Meta– stasio avesse goduto di un prestigio maggiore di quello del Carducci nel mondo europeo? Cito un esempio '"spa– ventoso" per non prolungarmi troppo. Anche questo ml condusse a considerare il Risorgimento come un beneficio civile dell'Italia, ma non come un grande pe– riodo della sua vita. Mio padre era stato un volontario di guerra del 1859. Ml aveve descritto Il ru– sorgimento con I colori da oleografia che usavan A quel tempo. Le léHUre che feci mi ri,·elarono che non era cos\. Vidi che i quattro artefici della Unità d'Italia non eran stati d'accordo ma avevano lot– tato uno contro l'altro. I più popolari ml parevano i meno simpatici. Uno del miei primi scritti sul Leonardo è contro i garibaldini di quel tempo. Quando si fece la Voce l'unico uomo del Risor– gimento di cui parlammo fu Cavour. e ru per rivelare aa:li Italiani che era stato un grande agricoltore ... Più tardi, costretto dalla mie profes– sione a riflettere s opra la storia d'tta– lia. mi avvidi l.he le costituzione del 1848 era stata a dotta ta in Italia con una certa leggerezze da torme politiche stra· ntere che non aveven radici nel costu– me italiano. Ml convinsi che gl'Italiani non avevan avuto eltre forme originali di vita politica che il Comune, che era stato oligarchia di città, e 11 Principato ch'era stato governo individuale di fatto e non di diritto. Una richiesta della li– bertà indh•idualc, come l'llabeas corpus, di cui si ha notizia in Inghilterra fin dal secolo XIII, non esiste in Italia; e pure quella è la base della democrazie. li cat– tivo funzionamento del Parlamento in Italia e la Cacilltà con la quale gl'ltallanl lasciarono che nel 1922 le libertà fonda– mentali per un popolo democretlco Cos– sero calpestate e distrutte ml confermò in questa convinzione. In fondo il Papato era la sole monar– chia che fosse durata per tutta la storia d'Italia; le repubbliche, I principati eren stati quasi tutti temporanei. La Chiesa, istituzione di carettere universale, aveva lasciato quindi un'Impronta proConda sul carattere nazionale, che rendeva l'ado– zione di altre forme politiche assai d!f– flcile, La civiltà italiana - insomma - ere une civiltà nazionale ma non patriot– tica... Diventando nazione unite si era formata certamente una piattaforma più vasta per la vita civile degli Italiani, ma nello stesso tempo essi aveven perso qualche cosa che Il rendeva superiori agli altri cittadini di piccole patrie ... L'I– talia SI e era levata in piedi»; questo era vero; ma nello stesso tempo si eran leva– te in piedi tante altre nazioni, e quindi l'Italia. come Stato organizzato, si tro– vava allo stesso livello degli staterelll di prima, circondato da uguali e da più petenti ... Queste considerazioni fluttuarono nel– la mia mente per molti anni. Ho cercato di esporle alla meglio qui. Non sono quel– le del profcsso11 di storia del Risorgi– mento; ma soltanto di quelll di uno stu– dente ...
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