La Fiera Letteraria - anno XVI - n. 7 - 12 febbraio 1961

Le richieste di gmdizio che giornalmente d pervengono, troveranno risposta neUe apposite rubriche • Verba Vo• lant •. • Scripta manent • e • La Fiera risponde• secondo l'ordine di arrivo. Si prega pertanto di astenersi dai solleciti I liA FIBRA LETTERARIA Uk.AHlfJ DELLA HE.DA/fO' JE 11-1'.1 daJ mercoled) aJ sabato Manoscritti. foto e dl!'tesm1 non rlchh~!'ttl nnn c-t r-e,:tlt11l11cnno IL fìim deLLa settimana; * La notte * cli G/A.I /.;(;/G/ / IO.ID/ Sono anni che su que– ste colonne discorriamo con rispetto dei film di i\Ii– chelangelo Antonioni: an– che quando non ci con– vincevano, anche quando vedevamo in essi solo dei tentativi non riusciti di trovare per il cinema vie nuove, non potevamo a meno di considerarli con diversa stima perché co• munque. testimoniavano di una personalità acuta ed. ansiosa. tesa a volte Cino allo ;;;;pasimo in una costante ricerca. na ricerca che. per un verso. aveva come meta i problemi del no– stro tempo. J'e,·oh·ersi della nostra societa ver– so destini ancora oscu– ri e. per un altro verso. mirava ad adeguare a queste eventuali scoper– te il linJ,!:u::igj?iOcinemr1to– ,e-rafico. via via sentito in modo sempre più libero e personale. lontano da o~ni convenzione e da o,eni re– mora. Di film in film Anto· nioni ò venuto facendo– si più pensoso. più an,eu– stiato dai temi della no– stra società e più ermeti· co quanto a stile e a mo– di espres::i\'i. C'è certa– mente un rapporto fra questi due termini perché più Antonioni. studiando il suo tempo. lo vedeva trava,eliato da una serie lo.eorante di crisi. più sentiva nascere in sé l'esi– ,eenza di mettere in crisi anche il comune lingua,e– j?io cinemato~rarico per parlarci di queste crisi con uno stile che. pur senza essere a sua volta in cri– si. mettesse decisamente in dubbio il valore dei modi correnti. la validità delle più comuni forme espressive. Questo linguaggio. di· venuto quasi tutt'uno con i ripensamenti, 1e pause, le divel(azioni atemporali della letteratura, aveva raggiunto il suo più fe– lice momento. l'anno scor– so, nell'Avuenturo, un film in cui Antoniani. tracciandoci con accora– ta pietà il quadro deso– lante di Ulll).. crisi dei sentimenti. era riuscito. sia pure con ineguaglian– ze e scompensi. a farci in– tuire il soffio di una nuo– va poesia cinem11tografi· ca. il sospetto fatto quasi certezza di un capo\'ol- 1?imento dei valori narra– tivi del cinema. Oggi. con La Notte. sia– mo nello stesso clima. ma questa volta. lo confes– siamo. con certe esitazio– ni che non possono non destare qualche perples– sità. Anche qui c'è una crisi e anche qui riguar– da i sentimenti. nonostan– te si allar.ehi poi a tutta intera una società. Chi ne soffre è una donna spo– satl'l da anni a un uomo che ha finito per non amare più dato che lo ha visto a poco a poco crol– lare dal piedistallo su cui lo aveva posto: un uomo stanco. sfiduciatt>. ignaro. incapace ormai di susci– tare veri sentimenti e an– che incapace. pur senza ancora saperlo. di nutrir· ne. Quando la donna si rende conto di quello che le accade (e lo spunto. glielo offre la morte di un amico che. mvece. avrebbe potuto ben altri– menti amare e stimare) si dà a vagare senza me· ta per un giorno e una lunga notte nella speran· za. forse. di ritro,·are qualche punto fermo. In questo vagabondare (che. fra 1e sue varie tapPe ne ha anche una nd una fe· sta di J?ente ricca e un po' fatua) la donna a un certo momento ha com– pagno anche il marito cui finalmente rivela la pro· pria scoperta: per averne una risposta solo super– ficialmente consolante. ma che in realtà ancora una Leedizioni Uynthia Via Alfani, 27 - Firenze hanno in preparazione un importante e intere5Sa!lte li o 1u me documentauvo Repertorio della Le1tera- 1ura e dell'Arte JlaUana Contemporanea e fanno appe!Jo agli scrittori ed agli artisti più noti perché inviino i loro dari biogra– fici completi e quelJi del– Ja loro attività. Richiedete eventualmente l'apposito questionario_ alle E~izioni ~rr~~h: Ou~~~OA~~~~nf~= to ha carattere di urgenza. volta testimonia della po– chezza d e l l'uomo. della sua superficialità e, in definitiva, della :ma im– potenza di fronte a I I a crisi che lo ha distrutto dal di dentro. Per dirci di questa cri– si e. soprattutto. per far– cela risultare evidente senza enunciarla mai. Antonioni ha tentato di farla scaturire dalla de– scrizione di quello che la prota,eonist3 incontra nel suo vaj?abondare. dosan· dòne le reazioni. accor· dandole all'ambiente at– torno o a.l{li altri perso– naggi. evitando di preci· sare ,gesti. situazioni. stati d"animo e lasciandoceli in– tuire solo attraverso le al– lusioni e i riferimenti di un lin,euagJ?"io che. p.1r partecipando del cinema, deriva quasi sempre dal– la letteratura: e da quel– la più intimistica. più se· ,ereta. più ermetica. Il risultato. p e r chi crede al cinema e anche • come spettacolo è spesso sconcertante perché talu– ne oscurità. taluni silenzi. quell' eccessivo disprezzo per o,gni anche più mo– desto chiarimento poteva– no essere evitati senz3. con questo. venir meno alla nobiltà di intenzioni stilistiche e. soprattutto. alJ'efficacia poeti e a di quella dolorosa rappre· sentazione di un mondo in crisi. Questo premesso - ed era una ri!-erva tan– to più necessaria quanto più ci preme vedere l'ope:. ra di Antonioni imporsi sempre di più. pur re– stando egualmente alta e severa - non può non ammirarsi il modo con cui l'autore ha proposto alla nostra faticata com– prensione quei personaj?– gi interiormente corrosi e dilaniati. Guardate. ad esempio, il Peso misterioso e sem– pre allusivo che ha. sulla azione. la morte dell'ami– co. e _l?uardate come ac· ,cenda di note particolari il primo va,e.abondare delliJ prota,e.onista. alla ricerca dei luoghi dove nacque in tempi lontani r amore per il marito. Com'è allucinata quella passej?J?iata. com'è carica di .realistici accenti e pur tutiavia come navi.1?à qua– si nell'irreale. nel fanta– stico. perché è soprattut– to la proiezione di un sentimento. lo spettro di un ricordo. E dopo. nel suo appa– rente disordine. eom 1 è lucida e livida quella fe– sta notturna in cui at– torno 3i due protaj?onisti viene ad a.1?.e:iun,e.ersi il coro de~li altri. un coro forse altrettanto dispera– to e teso a mete che ij?no· ra e che oscuramente cerca nell'apatia e nel dubbio. Queste pa,e.foe so– no e scritte > con penna che sembra incepparsi in un ritmo poco fluida. ma che. in realtà. riesce a evocare con tecnica pre· ziosa le atmosfere più ri· poste. i climi più impal· pabili e 3rcani. Qui. forse. il film rive– la la sua maggiore sug– ,gestione. in quel suo inti– mismo che valendosi qua– si dei modi del teatro si– lenzista ci svela i temi più reconditi senza af– frontarli mai di petto. ma facendoli sugj?erire da al– tri elementi. da altri det– ta_l?li. in un'arsura di cose sottaciute ed espresse so– lo dall'interno. Con i mez– zi più propri alla lette– rn:tura che non al cine· ma. Li accettiamo. questi mezzi. · e ce ne facciamo anche affascinare quando consentono ad Antonioni di offri rei drammi e per– sonaggi di dolorose ~i– mensioni poetiche. ma in– sistiamo nel mettere in .euardia chi se ne serve con tanto fiero coraggio. Una maggiore prudenza nel condurre l'intimismo verso le so.1?lie pericolose dell'ermetismo j!.Ji consen– tirebbe certo risultati più sicuri. E più vicini al ci– nema cui. in definitiva, la sua fatica si rivolge. Fra gli interpreti. Jean– ne )1oreau, nel positivo e lucido tormento della pro– tagonista. Marcello Ma– stroianni, in una crisi al– trettanto inconscia quanto quella del suo personag– jtio nella Dolce Vita, e Monica Vitti. in una de– solata apparizione di ra– J?azza ansiosa di trovare vie che non trova perché forse ne nega l'esistenza. LE Ml O§ 'J[ JRE JO>'A'- JR 'J[' E l-~\_ JR O .l\\d[ l * Henry Moore e un nuovo umanesimo Dobbir1mo essere grati al– la Galleria N.iz.ionale d'Arte Moderna e al Brilish Coun– cil di Londra per questa importante antologia di Hen– ry Moorc; difatti la mostra, che .!>la girando l'Europa e che da Roma si trasferirà a Parigi, con le sue cinquan– ta sculture, dal '27 al '59, e i sessantun disegni, permet– te ad un \'asto pubblico di prendere diretto cd esau– riente contatto con l'opera di uno dei più grandi scul– tori contemporanei. cono– sciuto da noi solo allr.l\er– so l.l personale. dedicatagli dalla Biennale del ·.;s e che valse all'artista il gran pre– mio internazionale per la scultura. « Picasso è la cicala, 1\l00- rc la formica •· Così Giulio Carlo Argan conclude\'a l'in– troduzione del suo fonda– mentale saggio su Henn Moorc. pubblica10, nel '48, da Oc Sih•a. Picasso, nella sua opera esaltante e pole– mica, canta e dilapida •lui- * ta una storia di secoli •: Moorc. con fiducia e tena– cia, ricompone questo mon– do a pezzi e riplasma fio clc scheg~ie e le scorie dello. sto· ria distrutta•· Con Moore ricomincia dunque un nuo– ' o umanesimo. Ed è giu– sto che questo nuovo urna· di LOltE~ZA TUUCClll y~s:kshi~~ 'J;ifg st~ 1 •~~~ frastagliate. corrose dalla violenza del mare del Nord, ~~~~at~erg; :;mi:ronaiurti= noso e mutevole, dalle ino– spitali cillà indust1iali im– pastate di ferro e fuliggine, da una stirpe di genie sem– plice, tenace, concrcla, abi– tuaJa a sca,·are nelle visce– re della terra, a credere agli uomini per non dubitare di Dio. Henry Moore, settimo fi– glio di un minatore dello Yorkshire. già maestro cle· menlarc e poj scuilore, por– ta nel sangue questa lunga pazienza del suo popolo, questa fede nel la\'oro del- l'uomo, questa sana. inalie• nabilc spcrnn7.a nella vita: Essere un artista, ha scrit- 10 Moorc, è l'opposlo che essere io uno stato di di– sperazione. Essere un artista significa credere nella vita•. Moore è stato forse l'uni• co scullorc contemporaneo, e questo sia detto senza of– fesa per altri grandi plasti– ci italiani e stranieri, che abbia posto sul tappeto e af– frontato in modo nuovo, il problema centrale della M:ultura che è un problema di sacralità. Dice Malraux nel suo Mu– sée lmagirtaire d~ la Sculpru– re: «Nelle più antiche ci– viltà, gli scullori hanno creato delle forme sulle qua– li né l'imitazione della , ila né il diletto dello spettato– re a,·evano alcun peso... La dh 1 inità non assomigliarn agti uomini e noo si prcoc- cupava di sedurli: per mil– lenni 13 scultura restò in– ~eparabile dal suo latino di preghiera, dal suo sanscrito, dalla sua lingua sacra •· Ma, come , i sono tempi • in cui la grandeu.a degli uomini rassomiglia ai loro dei, co– si vi sono tempi durante i quali la loro idealizzazione rassomi~lia alla loro s1upi– dità. Allora - continua lo scrillore - si soslituisce al– l'arte una produzione del tu110 differente da quella faraonica o mediocrnle, che pietrifica,·a il genio nella convenzione o nel segno ... Di epoca in epoca gli dei si sono allontanati lasciando immagini sempre più vuote e nuo,•i dei sono stati rag– sziunti da nuo\'i creatori•· Ora la religione di ~toore è l'amore della ,·ita, la fede nell'uomo. Egli ha riportalo la scultura alla solennità, al GLI SPETTACOLI TEA TRALl A ROMA * mistero, alla poesia d1 una lingua sacra, anche <e le sue s1atue non sono piu desti– nale ai templi, ma ,·ivono negli spazi apcr1i della cam• pagna, negli edifici moderni delle città, in fertile contat– to con la natura e con la vita quotidiana dell'uomo di oggi. Né Moore si atteggia a demiurgo o reclama nuo,·i fedeli; egli. come l'antico e oscuro ar1is1a egizio, sume– ro. babilonese, miceneo, etru– -.co. mediocH1lc, sa che • il diletto dello spettatore non ha alcun peso•· che arte e società sono spesso separate: La società, il pubblico, non mettr1no bocca nell'arte, seri· , e Moore, tan10 in pratica non possono farla •· \fa que· ~ta frase marcatamente in– di,·idualis1a non suoni cini– ca o asociale. L'opera di \toorc. come quella di tutti i grandi artisti, e un'opera corale nel suo stesso mbtc· ro, destinata perciò non al i;,ingolo ma a tutti gli uomi– ni, sebbene non si preoccupi di conqui.st.arli ne !l-Ctnda a patti con le loro inadeguate <.cnsibilità. L'illusoriaimitazionedella cronaca In etlctti quc~lc solcnm e conturbanti ~ divinita •, di pietra, di legno, di bronw. rappresentano l'in1cra umJ• nità. In ques1c donne ( non Veneri), in quesLi uomim (non Apolli). in questi grup– pi di famiglia, in qucs11 gucr - ricri, in que~ta Madonna madre, lo l,CUl(orc , uolc s1m boleggiarc tutti noi, al cen tro del conflitto moderno, Da qui la necessaria po,erta dei suoi temi. la mono1onia delle sue immagini. Siamo alle soglie di un mondo di solitudine e di fratellan1.a, d1 mdi\'idui che si riscoprono nella collettiùla. L'uomo e <;0l0e. tuua, ia, e giJ eguale ad ogni suo sconosciuto rrn– tello. \1oorc è l'antiritrallo, non crede più alla di,ersita dei ,·olti, dei caratteri, dd tipi, ma crede all'uomo, per– ciò lo idealizza pur senza in– nalzarlo agli· altari. In altri termini pur non aflermando messianicamente che l'uomo possa sostituire la di\ inita pensa però che l'uomo, con il suo cumulo di qualita e difetti. di realtà e m1s1ero, con la sua s1cssa precaria instabilità morale, sia il pro– tagonista assoluto del nostro tempo. Da qui il bisogno di una rappresen1a1ione totale, che SCa\'i nell'essere come in una nuo\'a preistoria, che rappresenti la doppia facci.\ del soggeuo. la visibile e la im•isibile. che peneui, alla pari, negli istinLi e nella ra– gione. Ed appunto per ot• tenere questa rappresentazio– ne lotale e quindi, per se stessa, misteriosa. dramma• tica, contraddittoria. \lOOn· ha fa110 spesso ricon.o a forme surreali. Ma che il <;UO surrealismo non sia mai sta• to un semplice modulo lin• guistico appare chiaro nelle opere più recenti dove egli raggiunge gli stessi effetti introspet1i\•i. la stessa acu1a penetrazione dell'Io, con mc;.,.zi più realistici. Del re• sto le figure, plasmate con dolore e amore, con pa1icnza e dono, dall'artigiaco Moore non rienlrano mai nelle ca– tegorie tradi1.ionali: I.i SU.i scultura. ad un tempo clas– sica e roman1ica. non C né realista, né aslratta, né sur• realista, né espressionista. Il suo linguaggio composito cerca, come ha ben dello Rcad. « la fonna,•isione • co– mune a tulle le fasi dell'arte <;cuhorca, di tutto il mondo L' di tutte le epoche. E se palesemente si possono indi- di prosa? ..... puo salvare il teatro Il teatro italiano. per tentare di tenere legati a sé i non molti spettatori che gli rimangono. ricor– re ,,., più speciosi espe– dienti. Uno dei più re– centi è il cosiddetto e tea– tro di cronaca>, del quale si e molto discusso. nei mesi passati e finalmente si è avuta una attuazione a Roma con il dramma e Sacco e Vanzetti >, otti– mamente recitato da Ivo Ga1,-enl. Enrico Maria Sa– lerno. Gian Maria Volon– tC ed ottimamente mes– so in scena da Giancarlo Sbrag_ia. Che cosa vuol essere questo e teatro di crona– ca > e quale è la sua !un– zione polemica? Vuol essere un teatro che si riferisce ad avve– nim~nti · realmente acca• duti. di per sé dotati di una carica drammatica. ricchi di un insegnamen– to sociale; e tali avveni– menti si sforza di ràp– presentare obiettivamente in modo che essi. anche nella trasposizione sceni– ca, conservino tutto il lo– ro originario potere di attrazione. La funziono è eviden– temente quella di ricon– durre il teatro italiano. troppo spesso accusato (e talvolta non a torto) di ignorare la realtà con. temporanea. verso ; pro– blemi attuali, perché gli spettatori ,·i vedano lo specchio dei tempi e di se stessi. Nelle scorse settimane a Milano è stato addirit. tura inaugurato un tea• tro e in rotocalco >, cioè un teatro che intende se– guire e rappresentare i fatti salienti della crona• ca di settimana in setti– mana. press'a poco come una rivista stampa in ro– tocalco. Su esperimenti di tal genere alcuni • ragionano seriamente. pensando con sincerità che la cronaca possa essere il toccasana delfa languente scena ita– liana. i\fa non occorre una lung3 riflessione per in– tendere che si tratta di facili e ingenue illusioni. Le cronache dei gior– nali sono lette perché in– formano sugli avvenimen– ti mentre essi si svolgono, perché ritraggono la real– tà in fieri.~ svelandone per la prima volta le dimen• sioni. Le riviste stampate in rotocalco vanno a ruba perché, attraverso un do– cumentario fotografico. ri– producono ad esempio le fattezze di Compr:gnoni nel momento in cui e sco– perto dai suoi salvatori nel fondo di un crepaccio. Ma è chiaro che Enrico Maria Salerno o Ivo Gar– rani. truccati da Compa– gnoni e gementi su un palcoscenico. non possono soddisfare con eguale effi. cacia la richiesta più o meno morbosa, ma assai precisa, alla quale rispon. de la documentazione del rotocalco o del cinegior• nale. * ,li GIQl 1 A.\ 1 ,I/ CA/Jlit\lDfJI,/ aff.::!tto fraterno Nicola Sacco a prendere un po' dì cibo. interrompendo lo !-Ciopero della fame: una scena nella quale la cro– naca è esclusivamente un motivo di ispirazione lon– tano. Enrico l\Iaria Salerno, IVo Garrani e Gian Maria Volonté. nelle parti del Procuratore Katzmann. di Bartolomeo Vanzetti e ò1 Nicola Sacco hanno dalo una interpretazione mo– dernissima e ricca di ca– lore umano. che tuttavia era in qualche modo raf– frenata forse proprio dal– lo sforzo di aderire ai mo– delli reali. Direi che nel– la loro recitazione c'era 1111 po' il senso della illu- strazione ntagliata da un ,·ecchio feiornale. Il regista Giancar"to Sbragia e lo scenografo Pietro Zaffi sono stati i protagonisti dello spetta• colo. perché, attraverso ardite sintesi cd ancora più arditi accostamenti sono andati decisamente oltre la cronaca. O la scena astratta. al– lusiva. logicamente com– partimentata. estranea ad ogni riferimento reale. che appariva nttraverso un ve– lo come uno scheletro spet– trale, comunicando l'ango. scia di un·esistenza ridot– ta ad essere l'ingranaggio di un meccanismo, era for– se cronaca? Non lo era davvero. E proprio per questo era una scena teatrale. dere di poter rivolgere l'interesse normalmente suscitato dalla cronaca verso il teatro, camuffan– do questo come cronaca, è semplict?mente un erro– re logico. II teatro non dispone del potere tra– volgente di attrazione del– la cronaca bruta. che è fond6to sulla e suspense> dell'avvenimento non con– cluso e realmente aperto a qualsiasi soluzione. li teatro possiede una for. za di suggestione assai più profonda. che e quel– la della trasfigurazione. della sintesi e dell'attua– lità perenne della poesia e. proprio quando rinun– cia 3 questa forza di sug– gestione sua propria. e abbandonato dagli spetta– tori. A nostro avviso quindi. il e teatro di cronaca > e un rimedio al contrario e denuncia semmai l'abdi– cazione (in vario modo dissimulata) del teatro al– la propria funzione cd ai propri mezzi. re dallll sua natura. men• tre dovrebbe tendere a caratterizzarla, a raffor– zarla. Quello del e teatro di cronaca> non è il solo equivoco pernicioso che in tal senso attualmente gravi sulla nostra scena di prosa. Esistono vari altri equivo– ci sostanzialmente consi• mili: il teatro musicale. il teatro balletto, il teatro pornografia. il teatro caso clinico. il teatro di pole– mica politica. [I teatro di prosa, in definitiva. vor– rebbe prendere il posto di altre attività. in questo momento più fortunate. mediante un'operazione di superficiale camaleon– tismo. La via di una pos– sibile rinascita è invece una sola: il teatro di pro– sa deve ricostituire la pro– pria fortuna, decidendosi finalmente ad essere se stesso. A I, PI"<::COLO 'l'E.\.'l'ltO CI'l'TÀ. TI teatro italiano ritor– nerà a richiamare gli spettatori. quando si pre– senterà con un carattere di insostituibilità. come un e unicum• quale in ef– fetti è: poesia che è di– venuta manifestazione ,·i– sibile e dinamica. azione, dramma: realtà spirituale ben diversa dalla cronaca e ben diversamente per– suasiva. La verità è che il tea– tro italiano ha perduto la fiducia in se stesso e tenta di trasformarsi, di evade- Oltre che al prestigio singolare del!' interprete, il successo di Eduardo De Filippo è dovuto al fatto che egli offre agli spet– tatori un teatro di prosa 1 che è soltanto ed inequi– ,·ocabilmente teatro di prosa. Anche e Sacco e Van. zetti > di )lino Roli e Lu– ciano Vincenzoni. che pur \'Orrebbe essere un cesem– pio > di un e teatro di cro– naca,. è teatralmente in• teressante nella misura nella quale è un dramma. un·opera di trasfigurazio– ne. La scena più commo– vente dello spettacolo è quella nella quale Barto– lomeo Vanzetti invita con Le vacanze di {Contln~ pag. 3) l'involto ben fatto. stretto con cura. sapeva lei per· ché. Stava preparandosi ad un esercizio spirituale. si– mile a quello con cui le monache riassumono. dì tanto in tanto. la diuturna santità della loro vita. ma si credeva ribelle. rivolu– zionaria. Il lunedì. non andò in uf– ficio. Andò a casa di una collega ammalata. si dice– va. d'asiatica. La collega. del tipo <( buongiorno-buo– na sera ,1. non si aspettava quella visita; e infatti pas· sò quasi tutta la giornata cercando di capire con di– screzione, perché Anna fosse andata a trovarla e perché si curasse- di lei con tanta abne&azione. facen– dole da sorella e da in– fermiera. allegrissima. Si fermò m farmacia. e poi fece la stra– da di corsa. quanto più strapazzosamente poteva. e di corsa le scale. che non sapeva metter la chiave nella serratura per l'affan– no e i brividi che la scote– vano tutta. Ma sorrideva ancora. rideva quasi. era lieta come una giovinetta che avrà una settimana di \lacanze. di più forse. e da spender tutte a suo modo, Schwcyk è una creatura letteraria. come tale manca di ,•crismo. E' nata come sim– bolo. Ma tale è tu! IO il IC3ll'O di Brecht. Simbolo di una morale spicciola e comune, la morale dell'uomo della stradt, non irretito etacomplicazioni di coscienza. Schweyk è l'essere di buon senso che non si lascia tra– scinare per i sentieri perict,– losi della vita e quando lo fa è perché un moti,•o egoistico lo spinge. Se qualcuno poi gli ra lo sgambetto sa come deve reagire per star ritto. Schwcyk è ancora il facilone la cui voglia di vivere fa tra– sudare parole violente contro il prossimo ma che, se gli sono scappate di bocca in un momento non controllato. sa subito come ritorcerle a suo profitto. Con tutto questo egli non è un opportunista e nem- Anna no )1. Non le domandò per-– chC non fosse andata in ufficio. non si meravigliò che ella già sciorinasse sul comodino tutto l'occorren– te per curarlo: piramidone. sulfamidici. penicillina. uno sciroppo per la tosse. Ma non fece storie. Di Anna poteva fidarsi: una testa quadrata. Quando le mise i piedi tra i piedi. disse con un brivido di soddisfazio– ne: "Nemmeno con la feb– bre riesco ad essere più caldo di te )1. Dieci giorni dopo. in uf– ficio. si parlava dell'asiaN– ca. dei dottori. del vaccino e delle altre medicine. ,, Io>) egli disse con il so– lito distacco « mi son cu– rato da me ... subito. natu– ralmente: questo è il se– greto. Mia moglie. invece. è a letto con la bronco· polmonite "· lJna (,.,,.s,~ di Br·echt * di UOUl!JNICO lllGOTl"l meno un , igliacco: C sempli– cemente Sehweyk, colui che sa prendere in tono aperto la vila rifuggendo da ogni nota tragica. Brecht a\'C\'a già avuto mo– do di conoscere Schweyk pri– ma del 1943,anno jn cui :.e.ris– se «Schweyk nella seconda guerra mondiale•· Piscator, regista tedesco d'avanguar– dia ,politicamen1e impegnato, glielo aveva presentato una ,·entina d'anni prima, quando s'era fitto in capo di far sa– lire sulle scene la figura di quest'essere comune toglicn• dolo di peso da un incom– piuto romanzo di Jaroslav Hasek. Ma nel • Le av,·enturc del buon soldato Schweyk » s'era in presenza di un es– sere voluto esclusivamente passi,o per far risultare as– surdo il militarismo. Brecht, in collaborazione con Lania e Gasbarra, aveva sbozzalo uno Schweyk che non si ribellava mai, che si appiatth·a nella sua debole-a.a, w1a creatura senza midoUo. Ke derh-a,·a per conseguenza una satira amarissima, diretta consc• guenza dello sfacelo prodotto nelle coscienze dalla grande guerra. Quando Brecht :,i ricordò di Schweyk nel 1943 per farlo muovere nel secondo conflitto mondialé, nuove esperienze si erano accumulate nel suo spi– rito. Egli si era accorto che anche le guerre hanno una fipe, • sono corte come la pace•. ed intravedeva il tra– monto del nazismo all'oriz• zonte ed una morale diversa sembrò dettargli le nuo,·e a\'– ,·enture del suo eroe. ghi~l hitleriana, dall'altra i nazisti che irridono e ,e. dono spie da tutte le parti. ·hwevk oscilla come un pendolino in quest'atmosfera pesante. li suo comporta– mento da tonto, la sua am– bigua stupidila i suoi pia– ccrnli apologhi forniscono una nota colorala 3ll'ambien– lc. Personaggio letterario, si diceva ,perché è appunlo il prc1cs10 per fare la caricatura del nazismo: carica1ura e fru– !>la, magari anche qualche sanguinoso morso. 11 suo candore. la sua cor– dialità sembrano renderlo im• mune dai pericoli. Spesso è sospettato dalle SS ma ogni sera ritorna pumuale dalla 06tessa Popecka dove il suo amico Baloun, l'eterno affa– mato, lo aspella. Ma un gior– no ci casca e la squadra dei ~crvizi ,·olontari lo spedisce in quattro e quatlr'otto in Russia. Non più il buon boc– cale di birra be\'Uto al «Ca– lice•. adesso la me1a è Sta– lingrado. Schweyk non s'in– quieta più del necessario: lo cssenziatc è giungere a Sta– lingrado, dove , i saranno pure delle osterie. Ma il cam– mino e lungo ed ad un ceno momento smarrisce il suo plotone. La neve e le bufere lo investono e gli fanno smar– rire la strada. tutlavia la sua fiducia non viene meno. Zaino in ispalfa, riprende a cammi– nare. anzi trova ancora il tempo di compiere una buona azione in fa,•ore di due con– tadine che stavano per es– sere derubate da un tedesco. Al suo paese iotanto gli ami– ci trovano il tempo anche di SPosarsi, lo stesso Baloun riesce persino a pcrmet tersi un pranzo completo e a mala– pena si ricordano di lui. La parabola di Schweyk sta per terminare. Nella bufera lo !>tesso Hitler si è smarrito e smarrito nella sua follia si fa incontro all'umiJc sold;to. Che resta da fare al tiranno? Lasciarsi andare ad una ver– tiginosa danza e scomparire in una voragine di fiamme. Schweyk è cosl liberato. I ,iduarc in queste sculture le di\crse fonti (ora sono i pa.n– ncggi delle statue greche del I\." e V ~lo a polarfuare la 'iUa allenzione; ora le mi- 1ichc immagini di Chartr~: ora i conturbanti idoli del \le'isko ora il plastico d1se• i!no di \la.saccio: ora Bran• cosi cd ora il <.urreali-.mn di Picas'iol. e se !.Ono poi fuse e ,;ov,,enirc nel doppio mo– mçnto creativo dello sculto– re: il • momcn10 della ,·i– ,ionc e il momento. più fotico,;o. della rcalinazinne. A , olle a mc pare di l'lV– , enirr un con0i110 tra 011e– \ti due momenti. :.apratul· lo là dO\·e ,;i m~inuano sulla mai!ia della formavisione elementi. naturalistici (si ve– da. ad c<.empio. la gamba mutilata del Guerr,ero del "2- ·:;;_1_ e'iDO'ilO in questa mo· c;trat Tu11aùa. a b.:n n•de– rc i.- anche quelliilOun L'('ln– llilto <.("onlato,non lacerante. né ncfla1i,o. che confer;,-ce un che di po<,ill\·amcnte im– perfetto e di \'Olutamente contraddiuorio all'opera di \loorc: qua,;i !"artista nell'at• lo manuale deli'e'iec11,ione, c·i•n;:;ic;,;;e, C"On QUe<lr- mi,;;rnre. di c.1ricarc di \'Ìta di ,;ammc. la • fonn3 • m\!'ntale e meta• fi-,ica ,;;uageril.l dal mom<'rtlo della , i<.ionc.Del re.sto la for• ,a e la ,agge1.Ja di Moorc ,tanno nel non ostacolare o falsare la natura, nell'a<.se– condarla pur non di,cn1an– donc mai schia,·o. Ciò si ,e. rific-a <.ianel -,uo a~onclan• te amore dd ma1criak di cui egli e sempre il padrone benigno. ,;ia nel '-uo calcolo, sempre preci.so. delle masse plastiche in rapporto allo !>pa- 1io esterno, sia, infine. nel dosaia.iO perfello tra ispira– zione e artigianato. La mostra t: completata da numerosi dise~ni tra i quali ~menze la ,;;cric dei rifuci • clipin1a. per incarico del War Artis Committec •~ du– r.mtc la fase piu eroica e cri1ica della rC!>i.!-ilcnza che ali inglesi opposero aJl'aga:rcssio– nc tedesca. Qui Moorc entra nell'epica, :,colpisce con il .!>Cgnonell'ombra e nella lu– ce e raggiunge, senza reto– rica, con quelle sue immaizj– ni di uomini impietriti dal dolore ma ,hi e fiduci~i. pip:iali nelle buie gole della .i:alleria souerranea, it mo– mento piu allo ddl'ar1c de– dicala ell'ullima ,uerra. E non può non commuo\'ere noi i1aliani che in quel tempo di estrema verità, Moore si sia ispirato al nostro prodigioso \lasaccio: uno dei più gran– di introduuori di realtà, uno degli ariisti grazie ai quali nuO\e realtà SOCi3.liirrup– pero nell'arte italiana. uma• nizzandola •· DI JIILAXO ciano con lui una danza di gioia . Una farsa. Una far:.a tatta con una fa\'ola moderna: c=cco il lavoro d1 Brecht. Ora ogni farsa co,•a in se i germi della satira e Brecht. ,atirico pe.rvocazione., ne ap~ profitta: ma lo fa in una maniera garbala che conqui– sta. Si è parlato di un Brech1 minore. ed a que:,to proPosito, \'3 citato quest'ul– timo Schwe.) k. che ha una sua bellezza narrath-a nei pnmi quadri sebbene a lungo andare risenta d'una certa usura dei personaggi corali ed anche del personaggio chia\'e. Un'azione piuttosto monotona dunque. ma è pure il Brecht che preferiamo. Il Brecht delle opere più orga– niche, il Brecht dcli'• Opera da tre soldi •, tanto per ci– tare uno di questi suoi la– , ori. E' un Brecht questo di Schweyk, che oeaa molti va• lori umani. che finisce con lo spegnere la forza dei suoi per– !>Onaigi, ma che nutre ancora fiducia nell'uomo, anche se si trnua di un uomo un po' strano e crea ancora una ,·ol– la per puntare un dito accu– satore contro quella parte di umani1à ingorda che ,·orrcbbe sbarau.arsi del buono e del• l"ones10. li « Piccolo Teatro• di Mi– lano. accostandosi nuovamen– te. si direbbe fedele ad una tradizione, al commediografo tedesco. ci ha da10 un ulte~ riorc saggio della sua bra ... ura artisLica. Strehler col suo austo b~rocco. cioè del gioco sce– mco_ comnlcto. rifinito in ogni particolare. ha la\'orato da par suo cd ha conferito al- 1:opcra una suagestione par– ticolare. Eccellente il cast di at1ori. Tino Buazzelli. nel pieno della sua arte, è uno chwevk azzeccatissimo cd è il caso di aagiungcre' che la sua mole ha giocato m suo favore. Efficac.e lo Sportelli nella figura di spal– la di Baloun. personaggio che non assurge mai in primo piano e che pure rimane una delle più belle figure comiche del 1catro contemporaneo. Brava la Aldini, piena di grnzia nel canto. Ottimi i arottcschi effetti d'eco nei dialoghi di Hitler coi suoi generali. Piacevoli i commenti musicali di Reisler. Il pub– blico si divcr1e molto. 01 EGO FA.BBRJ Utre11nrp re9pnn,iabll• In parole povere la ero• naca è la cronaca ed il teatro è il teatro e ere- " Te la prenderai anche tu 11. le diceva; ed Anna. sorridendo. la stringeva tra le braccia. Si lasciarono che erano amiche. ormai. Anna aveva già fatti tre o quattro starnuti. e comfo· ciava a raschiarsi la gola prima di poter dire una parola. L'ultima mezz'ora. si era tenuta fra le dita il polso, ed era certa di avere la .febbre. Per mag– gior sicurezza, volle ba· ciare l'ammalata; e uscì Si spogliò e si mise in vestaglia. prese rinvolto preziosa. disfece il letto e lo rifece con le belle COEC che sapete. lisciandole per stenderle bene e pregustar– le teneramente. Aveva già su tutta la pelle la carezza fina e fresca dei suoi lini, quando si apri l'uscio del bagno. e il marito entrò in camera in pigiama E1la non sapeva che fosse tor– nato così presto. E 1ui: « Già qui? » le dfase. Poi. come sempre senz'attender risposta: « Mi son fatta la barba. per prudenza ... po– trei non· averne voglia, do– mani ... ». Entrò sotto le len– zuola. se le tirò quasi sul capo; non si accorse nem– meno di non esser raspato dalla solita canapa. Precisò: « Ho la febbre ... certamen– te. l'asiatica. Ma non mc ne importa. Alla buon'ora. mi riposerò qualche ,gior- « Chi la cura? )► gli do– mandarono distrattamente. 1< E' in buone mani». ri· spose convinto. sincero. In· fatti Anna era affidata al– la portinaia. ed egli non poteva pensare che la mo– glie fosse più difficile dei fagioli e delJe lenticchie. o del ceci. così matti a im– prevedibili. E la portinaia. per anni ed anni. i ceci glieli aveva curati a mera– viglia. VLADIMIRO CAJOLI Schwcyk, cittadino cecoslo– ,·acco (e Schweyk con la i greca - precisa il protago– nista - diversamente mi a– vrebbero chiamato Schwaik e sarei uno sporco nr1zista •), di professione commerciame in cani, lo ritroviamo nel cuore della vecchia Praga, a due passi dalla Moldavia, assiduo frequentatore de11'osteria « Il Calice». L'azione si dipana infatti per la maggior parte in questo locale pubblico per cogliere nel vi\'O l'atmosfera dell'occupazione tedesca. Da una pr1r1e il • buon popolo ceco• che soffre :::.otlo l'un~ personaggi del «Calice• gli Stab. fipoaraflco UJ:S.tiJ..:,A. \'cngono inconlrO ed iou-ec,.- Roma • Ma 1Y. lilonlmr.N 145J

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