la Fiera Letteraria - XV - n. 39 - 25 settembre 1960

LAFIERA · LETTERAR Anno XV . N. 39 .. SETTJMANALE DELLE LETTERE DELL ARTJ E DELLE SCLENZE Domenica 25 settemhre 1960 SI PUBBLICA LA DOMENICA QUESTO NUMERO L. 100 DHn:ztoNt::. AMMINLSTR-4.ZIONE: Roma • Via di Porta Castello, 13. Telefoni: ltedazione 655.487 . A.mmlou,traz.1ooe 6!>5.1~8 . PUBHUl,.;l'fA': Ammmtst.rariooe: e LA t'l..l!:.tt.A L~rl'l:!:H.AHlA •. • Via dj Porta (.;.asLel.lo,, 13 twma · 1'AKlt't'A: L 150 al millimetro . A RRONAMF:NTl: Annuo L. 4.000 Semest:-e L 2.150 • Tnmestre L 1.100 Est.eroi Annuo L.. 1.000 . Ccipla arretrata L 160 . S'P'l!'dlzton,a ln cont.o corrente po.§tale (Gruppo n, C,.nto mr-ren~ ons-tale a.. t/31426 VECCHI E NUOVI CARAITERI * LO SPETTACOLO INAUGURA.LE DEL FESTLVAL INTERNAZIONALE DEL TEATRO * Furfanti Un dramma di JeanVauthier • • e s1Inpat1a di GIOVANNI CALENDOLI * un funzionario della Mor– te. vola al cielo sulla na– vicella di una mongolfie– ra. Alice cnnta le lodi del suo sconclusionato compa– gno in una tenera e pate– tica elegia. di l'IJADIIIIRO CAJOLI Lo spettacolo inaugurale del XIX Festival interna– zionale del Teatro di pro– sa si è svolto a Venezia nel Teatro del Ridotto: una ha non tonte.ne origini uni· versitarie. il «Théàtre d'au– jourd'hui > di Padgi, ha -presentato uno dei primi testi di quella letteratura drammatica di rottura. la quale ha oggi in Beck4:tt. Ionesco e Adamov i suoi classici unanimemente ri– conosciuti. E' Capitaine Bada di Jean Vauthier, messo in scena per la pri– ma volta a Parigi il 10 gennaio 1952 dalla n Com– pagnia du Myrmidon > nel sonaggi. il Capitaine Bada e la sua compagna Alice; ma in r-ealtà offre quasi esclusivamente un vigoro– so ritratto del Capitaine Bada, cb.e è uno scrittore tallito. E. più che uno scrit– tore fallito, un sognatore il quale. totalmente sordo alla voce della realtà, non sa distaccarsi nonostante la miseria dalle illusioni giovanili e fino all'ultimo giorno della sua esisten– za le insegue in uno sta– to di perenne delirio. A sua volta Alice gli vive accanto nena speranza di poterlo ricondurre ad una misurata concretezza; ma il suo sforzo si rivela vano ed appare esso stesso come un'illusione di secondo grado: Infatti alla fine del dramma. quando il Capi– taine Bada. richiamato da n dialogo di Jean Vau– thier si sviluppa per so– vrapposizioni, per stratifi– cazioni e per incrostazion-i successive. c<:lme n colore in uno di quei quadri dove le pennellate si sono ag– giunte alle pennellate alla ricerca di un effetto intra– visto lucidamente. ma non definito. Sono ora pennel– late satiriche ora pennel– late liricamente tornanti· che ora pennellate polemi– che. La qualità dei colori è molto eterogenea: si va dalla più squisita raffina– tezza intellettuale al « ca– lambour > dozzinale. L'im– pasto. ad ogni modo ~ sempre frettoloso. Le va– rie materie raramente si amalgamano senza lascia– re il segno della loro dif– ferenza. Jean Vauthier ri– pudia la logica dell'azione e la logica del discorso; ma in non pochi casi il suo dialogo risulta sempli– cemente dissociato, senza manifestare la intellegibi· le irrazionalità della poe– s.ia. • La simpatia per i fu,r• fanti. è un desiderio di bassezza morale... la soli· dari.età. con i viziosi, ur. appetito di scelleraggine ... e l'uomo che ha simpatia per i furfanti supperpiù un tale che pralìca i rifiuti sociali e. praticaTJdo costo– ro. crede di acquistar più esperienza e di farsi teme– re di più>, scriveva Teo– frasto ventidue secoli fa (I caratteri, XXIX, e Philo– ponerìas >. Riferiamo fon– dendo le t-rad-uz:ioni di Giorgio Pasq1rnli (Sango– nì) e dì Eugenio Levi (Longanesi), e non tra– duciamo noi. non s'abbia a credere che accomodiamo il testo antico al ritrattino moderno. Ritratto. di chi~ Forse avete troppa fretta nel dare il nome di una sola persona. alle cento che già vi si affollano in· torno, alle mille che ,ça– ranno presto centomila, se l'andazzo non cambia. Te– niamoci dunque all'anoni– mo di Teofrasto che li in– carna tutti. Della gente onesra. egli dice: « Secon– do come mètte, e va ripe-– tende che nessuno e one– sro e tutti sono eguali>. Forse e in questo pa.uo la chiave della sua autoritd. Infatti. per aver seguaci nella ste-rcolatria dilagan– te, bisogna diffondere la convinzione che non ci sfa differenza sostanzia~ trn le parti teoricamente op– ponibili. D'altronde. non. c'e puzzo a cui non ci si abitui, non c'e colpa che non abbia in sé la glori.a che Dante medesimo con– trappone all'ignavia. come condizione umana di gran lunga preferibile aJla ri– nunzia vigliacca ed egoi– stica. Dicono gli osservatori odierni che gli uomini non son stati mai tanto .sma– niosi di fare, progredire. superarsi. Dicono anche che non sono stati mai al· trettanto privi di punti di riferimento o di mete da perseguire concordi. e li chiamano disorientati. Co– sa vecchia e ricorrente, nella storia deU'ttmanità; nuova invece sarebbe, che la bussola sembri nelle mani di piloti espertissimi d'angiporti, anziché degli approdi normali. Ma il fatto e tanto complesso. che non ci ser1tiamo di de– finirld per mezzo di frasi fatte o di metafore stantie, che abbia ragione ltti, il pess!mfsta, anche perché l.a vera one,çtà e segreta. non ha spicco pubblicita– rio; e chi voglia darglielo, per esempio nel campo della letteTahLTa e dello 8J)ettacolo, è subito taccia– to di moralismo. Il perso– naggio di ·reofrasto. quan– do dice: « Che galantuo– mo!>. lo dice per deridP– re. Il nn erede moderno, quando esclama: « Che moralista!>, applica una squalifica Cite non varreb– be molto, •e non fosse, co– m'é invece. per molte Tn– gioni, convinta e convin– rente. Infatti. a lui e ni $1.lOi alunni pare che mo– ralità e ipocrisia siano •tate •coperte t.roppe volte a braccetto. - e sa che chiunque pGrU di cose mo-– Tali. ha pur compiuto tali e tante preuatlcazioni. da dover aTTossire, se dimen– tica le proprie cotpe men– tre cerca di dl.,toglie,- gli alt-ri'dalle loro. Egli dice: l'uomo. oggi. ci p meglio noto. Non ci faremo ingannare dalla sua ipocrita difesa della virtù.,, quando sappiamo che. a-egretamente sceglie– rebbe sempre il vizio. Sr.mpre? Qui sta il pun· to. ll nÌale è' ben visibile nei fatti,' il bene sta na– scosto fra le a.sph'azioni; mo.. elle esi•t« .Almeno• nl grado dl ipcf 'tln.za, e ~e (coilthì~ ~•I· 2) · • Thee.tre de Poche>. A otto anni di distanza dalla sua clamorosa rtve– lazione. che ru salutata con critiche acer.ime (Jean-Jacques Gauthier) e con elogi entusiastici (Jac– ques Lemarchand). il dramma di Jean Vauthier appare come un incuna– bolo. La sua suggestione é sottilmente arcaica: vi si avverte un irrefrenabile bisogno di esplosione ed insieme una turgida so– vrabbondanza che non è riuscita ancora a comporsi ordinatamente in un ri!– mo equilìbrato. La poesia del éapitaine Bada é sal– tuaria. lampeggiante. fram– mentaria, impreveduta ed affiora con bagliori sini– stri sulle onde di un tor– rente limaccioso. Jean Vauthier ha un senso tra– gico tulmineo ed anche un potere soporifero irresi– stibile. G1i si adatte. la di– visa che fu di Edmund Kean: 2:enio e sregola– tezza. Il drà.mma ha due pt'r-- Tuttavia l'opera ha un suo centro di gravità. co– stituito dalla intuii.ione umanamente viva dei due personaggi del Capitaine Bada e di Alice. Queste due !igure sono autentiche ed autentico è anche il to– no del loro connubio. A tratti lo scrittore è capace • i ,, di comunicare la sua in– PauJ Anrleu (Bada) e Chantal Darget (Alice.) .nel e Capitaioe tuizione con violenz~ at~ Bada» di Jcan Veuthlcr, pre scolato aJ Fesll"al lntcmazJon tra:7erso uno scambio d1 aie del Teatro di prosa dal e T héàlre d'aujourd'bul • di Parigi rapide battute. Allora il HA VINTO JL "JPRE~1:JCO PUCC::U:NI-§EN::U:G.II.LLIA., * Il triestino Renzo Bosso * Per segnalarlo fra tanta baraonda son bastati i tre suoi primi racconti di Allo stato delle cose. co– me può un premio lette-. rario differenziarsi, in me– glio dalla maggioranza degli altri, se non per la discrezione e la fermezz~. la se\'erità e la coerenza con le quali viene asse– gnato: se non contrappo– nendosi all"opportunismo di ENRICO FALQUI e al1-a faci<loneria? Ma può il e Puccini-Senigal– lia :t, dopo appena tre an– ni. aspirare a fregiarsi di tale distinzione? n nome del Rosso è. di– fatti. e praticamente nuo– vo, nel quadro òell~ gio– vane letteratura italiana :t, ma così promettente. per la prova fornita con C..'ade– scam.~nto, che la giuria si è trovata d'accordo nel se- . gnalarlo e raccomandarlo con un premio. Rosso è triestino di nascita (ma di famiglia trevisana: nel 1926) e d'indole (ha stu· diato musica, . anzi che esercitare il commercio paterno. e filosofia. lau– reandosi con una tesi su Kirkegaard): e pur con l'indipendenza necessaria ad ogni artista si ricolle– ga intimamente aJ prezio– so filone della cosiddetta e letteratura triestina>. Né noi. per averlo già fatto (cfr. Tempo, 11 giugno 1958) in occasione di una nutrita antologia dei Poe– ti e narratori triestini, ci intratterremo adesso ad illustrare nuovamente l'in: sieme dei caratteri. mora· li e culturali, che, con Ja loro appassionata severità analitica e con la loro in– tensa nordicità espressiva, contribuiscono, in maniera così decisa e proficua, spe– cie nella. narrati\'a. a fare dei Triestini, da Svevo a Stuparich. da Quarantotti Gambini a Bettiza. a Ho– noré Bianchi, a Cecovini e ad altri, un gruppo tra i più originalmente antiac– cademici. antiretorici ed antiregionalistici. stante la risentita genuinità del– la loro materiale e spiri– tuale, goduta e sofferta. Luigi Bartolini Colori posizione mitteleuropea .. « L'adescamento » dialogo improvvisamente si accende: il Capitaine Bada ed Alice si disegnano con forza ed acquistano quasi una compiuta esi– stenza scenica; ma subito dopo le parole folte, in– calzanti, opache cancellano anche le linee più incisi"e e l'intuizione rimane tale. Alla fine i due perso– naggi rimangono nella memoria dello spettatore come due statue abbozza– te, le forme delle quali so– no ancora annegate nella esuberanza della materia. E non si può dire se l'im– pressione di potenza che le due strane creature su– scitano sia dovuta all'in– terno impulso dello scrit– tore o piuttosto all'esube– ranza della materia. E' questo il !ascino e il limite delle opere grezze ed il dramma di Jean Vauthier lo possiede abbondante– mente. Dal punto di vista storico é indubitabile che proprio per tali sue caratteristiche Capitaine Bada abbia pre– ceduto molte altre opere del cosidetto teatro d'avan– guardia francese: è nega– ta la coerenza dell'azione scenica; è destituita la co– struzione psicologica del personaggio; il ritmo del dialogo è dato dall'alter– nanza di intonazioni pro– fondamente diverse con un risultato grottesco. Ed infine, come in tutti i drammi dell'avanguardia. si ha l'impressione che il principio e la fine siano eventi puramente casuali. La vicenda potrebbe pro– lungarsi o abbreviarsi sen– za alterazioni notevoli del suo significato. Questa in· determinatezza della dura– ta ideale del dramma provoca nello spettatore un incubo del gratuito. che è anch'esso motivo di attrazione e ragione di in– soddisfazione. Probabil– mente l'at.trazione è di contenuto meramente pra– tico. mentre l'insoddisfa– zione è di natura estetica. E' ben difficile trarre una conclusione precisa da un'opera che, come Capi– taine Bada è in gran par– te inespressa. La moralità di un'opera d'arte si de– nuncia soltanto quando il suo linguaggio è poetica– mente compiuto. Jean Vau– th.ier raggiunge tale com– piutezza soltanto in alcu– ni frammenti. che restano slegati e parziali. Forse Capitaine Bada proclama con amarezza l'impossibi– lità. delle aspirazioni su– periori nella società con– temporanea; ma il Capi– te.ine Bada è e.nche un so– lenne fannullone ed In sostanza da questo pun– to di vista la sua sconfit· ta è assolutamente meri– tate.. Alice. come si è visto, continua ad illudersi con intatta ingenuità sino alla fine. E' una veste.le del so– gno; ma necessariamente una vestale irragionevole e cieca. una vestale te– starda. 11 valore fondamentale del dramma di Jean Vau– thier è un valore di provo– cazione; difficilmente riu– sciremmo ad assegnarglie– ne un altro . 11 dramma è stato rap– presentato e ben a ratione nel Teatro del Ridotto: in (continu;-;- pag. 2) !1.R.TJST.l JT!l. LI!l.N.l Franco Gentilin * di ALDO PALAZZESCIII Uscendo dalla ,çtazione ferroviaria di Venezia e posa'fldo l'occhio su! primo monumento che si para alla vi.stia. la chiesa di San Simeone picc9to. più di una -volta Jll.'è accaduto di pensare a Franco Genti!ini e alla sua pittura.. Eretto sopra una ripida scalinata e precedu.to do un breve pronao a guisa del Pantheon di Roma. il tempio si compone esclusivamente di una cupola di rame a cui il tempo ha donato tanto splen· àore da farcela semòrare di malachite. posi. S"l;'-ggesti_vl? nella s-ua piccolezza, e nella su.a pur dtscuttbtle entità. a.rlfstica, da aver dato un istante di perplessità per– fino a Napoleone il quale non doveva ave,-ne di fre– quente prima det periodo insulare. Davanti aU.a.mae– std di. questo edifizio, pure trovandosi sulla riva op– posta del Canal Grande, si s-volge ancora il tTaffico della stazione ferroviaria. I portabagagli carich.i cli valigie a petto e a rene, procedono con ritmo di ani– mali da tiro, i turisti dall'aria stupita passano a gruppi, a sciami e a coppia; l'agile ed elegante ame· Ticana che posandovi lo sguardo col tono di prero visione, twn ce.ua di da.Te voraci colpi di lingua at conogelato che tiene fTa le dita, la bancarella della Coén Cola, il carrettino del gelataio e quell-0 dei ricordi di Venezia; e un uomo dai grandi baffi e l'im· mensa cappello messicano, attraverso un cannellino che tiene in bocca fa sgo-rgare un'infinità di palline policrome che si disfanno graziosamente nell'aria. Questo pensiero all'arte di Franco Gentilini 1.U'Cendo dal.la stazione di Venezia me lo dava il fatto di cono– scere di lui i quadri nei qua.li. qua.si con insist.en.za, ha riprodotto la Piazza dei Mi-racoli di Pi.sa. e da cui. e .fucile arguire, e scaturita la pittura di questa sua ultima epoca. Tornavo d-a Parigi. in un giorno di alta primavera e il tTeno aveva. la fermata di un'ora alla stazione di Pisa alle cinque della mattina. Per un impeto subitaneo fru.llatom.i neUa testa, in pantofole come m-i trovavo corsi fino alla Piazza del Duomo per impiegare quell'ora. Il sole s'era levato in quel momento e la. pi.azza era deserta. sole alla imboccat-ura di essa due carabinieri in grande uni– forme e in attttudine millenaria.. I vividi raggi del sole appena alzato parevano voler riscaldare e pene– trare so:Pra il 8Uo tappeto verde un'impenetrabile e congelata bellezza; se mi fossi. trovato in compagnia non mi sarebbe stato possibile articolare una sillaba. né era possibU.e immaginare voce umana né una co– mune persona 1n quel luogo e a quell'ora, uomini e cose eravamo. i soggetti d'una irreale realtà. Qui risiede lo stupl?ndo segreto di questo artista, l'aver fatto del tempo il protagonista della propria arte, e questo suo t-rasecolare in vena di -poesia.. Problema datla profondità inesauribile per chi appartiene ad un Popolo di antica civiltà le c-ui testimonianze in– combono con la loro inquietante staticità sul dina– mismo deUa vita contemporanea e per cui avven– gono, per- Teciproche · inevitabili influenze e per con· tra.s-to, le insospettate in-Le-rpretazioni e tTasjigurazion.l che destano la nostra legittima meraviglia. risultando di perfetta e scottante attualità. Arte che non cade mai neU'.archeologico o nel grottesco, conservando nella più a?"obatica ed ambiziosa posizione. sia nella forma come nel colore, una lineò. di raffinata eleganza e di na.~)-Qlezza. attraversata talG1"a da una sottile venatura d'itonia.. Né tale fortunata. scoperta. accenna. ~e!i;:etti;iù ut:,f:r;:in~a~:~nep;~~~:irs~:';a·~:n~~ sua eSJ)~essione su.prema.. Con tale spirito, · e in per– fetta coscienza., f'rh.nco. Gentilini affronta. o·ggi it tema delle Chiese di Venezia.' tema -vertiginoso per un artista, sia.•per la iUimitata varietà. come per 'la Ti~ chev-a illimitata della fantasia. che asrom.m.a.no. tffl. millennio dii arte cristiana. Non ci sarebbero idea– li! Ma quando mai l'uma– nità ha perseguito con maggior convin.zione. con passione talvolta, il pro– gramma di elevare le classi meno fortunate? Purtroppo accade che lo ideale d'uguaglianza sia inteso alla rovescia; e for– se soUanto per far presto. per aver tempo di fare qualcosa, per non essere ingannati o disingannati una volta di pilì., si sceglie la strada più facile, che e quella di scendere a pa– reggiarsi con chi sta in basso. Risalire. nonché in due, da soli, dive,ita spes– so impossibile, come sa– pevano i filosofi e i. poefi aritichi.. e sanno anche me– glio gU psicologi d'oggi. E par necessario ai fini del livellamento ,abbattere tut· te le cime e deridere come irraggiungibili i valori as– soluti. Che potrebb'essi?re tln modo di ricominciar t1itto da capo. se fosse fon– dato sulla pu.zien.za e sul– la buona fede. Ma se pos– siamo intendere La solida– rietà con il vi=io che na– sca da un sentimento di colpa sociale, e miri insie– me aL riscatto della cau· sa e dell'effetto. come in– terpreteremo l'appetito di scelleraggme di cui par– la Teofrasto? Riservato ad una rac– colta novellistica dell'an– nata. in memoria e lode deirarte narrativa di Ma– rio Puccini che in Seni· gallia ebbe i natali, il premio fu nel '58 assegna– to a Giuseppe Dessi per Isola dell'angelo (Sciascia. Caltanissetta) e ne.I '59 a Giovanni Testori per H ponte della Ghisolfa (Fel· trinelli, Milano): a due autori che non dovettero stentare per ottener con– valida dalla critica e dal pubblico. E già l'assegnar– lo ad autori non famosi, e dunque non pacifici, è per un premio motivo di di– stinzione, quando non re· sti senza profitto. Nel '60 si trattava di scegliere tra un numero maggiore di concorrenti. circa una trentina, aventi in comune. tranne Jo Scia– scia già premiato altrove. la circostanza di essere non troppo noti e qualcu– no addirittura ignoto. Compito non facile: e di selezione in selezione la schiera in gara è venuta assottigliandosi. finché da ultimo si è ridotta al solo Renzo Rosso per i tre rac– conti stampati, sotto il ti– tolo del terzo: L'adesca– mento, nella Biblio·teca di. Letteratura diretta dal Bassani. nel XVIII (au– tunuo ·ss, e nel XXIII (primavera '59) quaderno di quelle ormai chiuse Botteghe .oscure, cui pur dobbiamo la lieta cono– scenza -di alcuni nostri nuovi narratori, quale ap– punto il Rosso. 1fa chi legge. in Italia. le rivis~~ le1tera ri~,-.,.anche le ·p1u meriteVOii. se non i soliti quattro gatti? TI verde è sempre vicino. in primo piano, o quasi; indica prati· e boschi. Basterà dunque avverti– re che il Rosso è e triesti– no :t perché subito s'inten– da particolare formazione ed elaborazione psicologi– co-moralistiça del s u o mondo e del suo impegno, e il sottilizzar dell'indagi– ne e l'acuirsi de} linguag– gio. al fine di rivelare, mettendolo a nudo, in ogni più segreto ed anche do– loroso filamento, il lega– me dell'individuo col pro– prio destino e col proprio ambiente e col proprio tempo. Una ricerca di ve– rità. proseguita con tutti i mezzi, anche scientifici, pur di scoprire, sovente denunziandolo. l'uomo a se stesso; senza lusinga letteraria e se mai con il compiacimento di un'ana– lisi che nei Triestini è spinta, si direbbe. fin qu~– si alla crudezza per la sod– disfazione di esasperarla. se non fosse che l'esame è condotto dai più esperti, con Ja precisione dello strumento. E va da sé che il Rosso non può essere ancora compreso tra i più esperti. Nel primo raccon– to c'è un goticismo. che il sopraggiungere del ventCI di Trieste dirocca e disper– de negli altri due raccon– ti. E qua e là serpeggiano astruserie e sofisticherie di pensiero e di stile: e p e r m a n go n o durezze espressive e grovigli d'im– magini. Per contro, il suo accorgimento nel regola– re il e giuoco :t, acceleran– dolo e rallentandolo. scio– gliendolo e riaggroviglian– dolo. volendogli ora im– partire un senso di riscat– to e di redenzione e ne– gandogli ora ogni apertu– ra di sollievo e di scampo, la consapevolezza del Ros– so nel condurre il e giuo– co > è cospicua e denota in lui l'operosa presenza di una e idea del raccon– tare> in · cui Ia severità triestina non rinunzia a valersi delle attrattive romanzesche, proprio in quanto una certa tecnica narrativa. con le risorse dei suoi accorgimenti, può · contribuire a rendere più perspicua e accaparrante una situazione da processo come qwella del Breve viaggio, oppure una con– dizione di incubo come quella dell'Adescamento. E qui sarà da tener conto di alcune dichiarazioni dello stesso Rosso sulla sua duplice esperienza musicale e letteraria. Egli confessa d'essere rimasto sempre affascinato dalla e composizione nella !or– ma strumentale da came– ra, dal quartetto. Allora, anche in narrativa si trat– ta per me di arrivare, ogni volta. in ogni raccon– to che scrivo, a una for– ma di suono. a una sorta di composizione musicale; e quindi a una specie di necessità. poiché la musica è una concezione matema– tica.. dove tutto è detenni– nato e conseguente. E dal senso della necessità a quello dell'indifferenza, la sfumatura è appena avver– tibile. Ma l'indifferenza, l'apparente indifferenza è uno dei risultati più puri cui un narratore possa aspirare. Quando io par– lo di realismo intriso di senso morale, voglio dire appunto questo :t. E col e ge1ido scandaglio> neili A Pologhi della medusa (Ntwvi argomenti, aprile 1960) ha cercato di dare il e senso di caos che la SEGNI DEJL TEA:.'\.PO Ascoltiamo il suo eroe. Egli dice: « Macché! La onestà e il falso scopo del d;sonesto. Ne parla, te l'in– dica colui che vuol farti guardare da un'altra par· te. per toglierti it fo...zzo: letto di tasca. Og,wno e onesto SP.cnndo come met• te n. che s1gnifica: lJ e on<'sio soltanto colui a cui tutto va bene; 2) tutti han– no U loro prezzo. E pnre grani nascenti, (uncini nani) e foglie O\'ali di acacie (fra il canto degli usignoli). Il celeste è, invece, lontano; mai è in primo piano; è il colore degli ultimi monti e dei marini tramonti: è il colore del manto degli angeli; né lo spirito si può mescolare con i fatti dt!gli umani. Amoroso. colore giovane: squilla di r~sso, scuote il sangue; bisogna saperlo adoprare; ama la linea di terra 11 (a guerra agli altri colori è solo il nero gli tien testa •(Se.non gli si allea, triste chi resta). Da Poesie [9(J() L'India • ID • no, realtà ci comunica >. (Cfr. * Giorno, 12 luglio 1960}. Tuttavia gli stessi auto- di ANGFJl,O NARr,uc:m ri. scienziati filosofi ed ar- Fu organizzala l'anno , listi, che si possono citare uorso a Roma una mo– per la maggior suggestio- stra all'isola Tiberina dalla ne esercitata sul Rosso con e Rome-New York a-rt foun– la forza del loro esempio, dation > in apertu.Ta delle non stanno forse a signifl- celeòrazioni che si potrar– care la consapevolezza e la ranno fino al 1961 in ogn.i -coerenza del Rosso? E non parte del mondo per ricor– cooperano infatti all'ap- dare iL centenario della na– profondirnento della sua scita di Rabindranath Ta– genuina e triestinità :t. in gore. quanto ha di più fedele e L'iniziativa ci apparve insieme di più indipen- quanto ma.i oppartuna non dente, rispetto allo spiri- solo perché permetteva la to e allo stile? La prove- conoscenza di un Tagore nienza geografica e il pro- inedito ma, più di tutto. cedimento introspettivo perché, ripropanendo aWat· del ..Rosso presuppongono ten.zione generale una po·e– che ,certi esempi siano ta che. oltre che tale. fu alacremente operosi fin dal_ anche pedagogista ed edu· · catore, si inseriva. nel· di– battito, sempre vivo e aper- (cooti.oua a paa. 2) to. suUe riwnanze che la opera dell'artista può ave– re nella società contempo– ranea. sia che egli la di– sdegni e ne fugga, sia. che ne faccia proprio il carico di speranze e dolori per as– similarlo ed esprimerlo in u.na resa d'amore tanto rara quanto necessaria. Non si vuole. con questo, evidentemente, qualificare come esemplare ed apodit– tica una figura umana che. appunto per esser tale, ri.– mane, neUa sua sostanza, irrepetibik: ma solo far notare che l'evoluzione det– le situa.!"ioni storiche può imnorre. agli uom.ini di co– scienza delle fun.zioni par– ticolari. che fa.ranno poi corpo con la vocazione fon– damentale ir-robustendola e vivificandola. Il Tagore noto (e n.emmeno tToppo se si pen.sa. . ad esempio <illii fortuna d'un Kipling che deve la su.a popolarità atla immagine fa.l.sa e irreale che ha dato dell'India allo Occidente e all'Inghilterra in cerca di pretesti •m-pe– rialistici) è quello delle poesie bengali. specialmen– te del e Gia-rdiniere >; me– no nolo il Tagore mutici– sta e pittore; quasi del tutto sconosciuto U Tago-re che. memore dei crudeli ~i– stemi pedagogici esperi~ menta.ti neH'in.fanzia (un. quadro desolante ce ne forni&Ce egli stesso nel rac-

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