la Fiera Letteraria - XII - n. 40 - 6 ottobre 1957

Pag. '1 LA' FIERA LETTER'ARTi\ Domenica 6 ottobre 1957 VersionidaPlautoeda Terenzio * DA PLAUTO La stella Arturo Un suddito nel regno dei Celesti io sono, di colui che regge tutt i gli uomini e muove terre e me.ri : sono una candida stella che risplen de come ~te: un astro che nel tempo pref isso sor ge sempre, qui e nel cielo: nù c.hie.mo Arturo e sto di notte in cielo &.lta luce ch e tide fra gli d èl e di giorno cammino tre 1 morle.li . Anche altre stelle scendono dal c ielo su le terra. n sovrano degli dèi e degli uomini. Giove, et divide e manda fra la gente per sapere i fatti umani, le pietà e la fede: perch'egli possa aiutare c.iescuno. Di coloro che intentano processi falsi con false prove e di coloro che spergiurando in tribunale negano di pagare i loro debiti, scriviamo i oomi e poi li ri!eriemo a Giove: ogni giorno egù sa chi cerca U male; e di quelli che ottengono per mezzo di spergiuri di vincere una causa o dal giudice in,gi.uste concessioni Giove rivede la sentenza e giudica di nuovo e li condanne. ad una multa più grande del guadagno ricevuto. I buoni li ha segnati in altre tavole. Gll scellerati poi sono convinti di potere con doni e secri.fl.z.1 placare Giove: e sciupano il danaro e la fatica, perchè niente accetta il dio dallo spergiuro supplicante. Piò facilmente del malve.gio il buono ottiene grane dagli dèi, se prege.. . Perciò ammonìsco voi, che siete buon.i. e che vivete con pi.età e con fede, di restare cosi per tutto U temp o futuro, e un giorno sarete bee.ti . (Dalla commedia a sfondo marinaro. Rudens. Un pescatore con la sua rete tra~ su dal mare un baule; dove sl trovano l giocattoli della figliuola del suo padrone, che era stata rapita. Le fanciulla in un naufragio è. gettata salva a riva e viene a mettersi, ignara, sotto la protezione d1 suo padre; in fine è riconosciute. e si ~ sa col suo innamorato. La commedia si apre con l.ffl discorso di ArtUro, la stella principale dell'Orsa maggiore). Coro di Pescatori L'esistenz.a dei poveri è infelice; specialmente se non banno imparato nessun mestiere da trarne guadai'DO: quello che abbiamo Ci basta per ~orza. Quanto siam riccbJ lo dice il vesti.h?: ecco gli ami e le canne, lievi arnes.i che ci tengono in vita; e ritorni-amo al mare ogni mattine come fosse questo il no stro ese rcizio alla ~lestre.; tentiamo di pesce.re ostriche, ~rtiche marine, arsell e, ricci , pinne striate e balani e conchiglie; e Poi andiary,.o alla pesce con l'amo tra a:li scogli. Il nutrimento ci viene dal mare; ma se a niente riesce la fatica e non Si tira su nemmeno un pesce, a casa ritornie.mo ben lavati e salsi e ce ne an diamo di nascosto a letto senza c-ena. E come adesso che il mere è burrascoro, non abbl'amo altra speranza se non di raccocliere qualche spa!'Sa condglie su la riva. (Del Ru.dens. Unico esempio di cento corale pezvenuto da tutta la prodw:ione oomice dei Romani). L' abborulan::a e la mueria Ab. Squiml per di qua, Il.glia, per [p'f:',; l 'u.fftcio tuo. Mi.3. Ti seguo, ma non so quando mai flni:rà questo c&mm1no. Ab. Ecco, la casa è quella: éntracl S\Ìbito. Ora vi metterò, per non lasciare nessuno in dubbio e se stare~:~ in breve su la buona via: dirò dunque prima chi sono e [~ll! già scomparsa là dentro. In[~ Plauto mi ha dato il nome di Ab• [bondenzAI, e ha voluto che questa, la Miseria, fosse mie ftglia. Adesso aprite bene gli oreccb.i verso la mia voce mentre parlo, e sentite percbè l'ho costretta ad entrare 1.l dentro. In quel pelaz.zo abita un giovanotto, che ha s ciupato col mio soccorso i suoi beni paterni: poichè vedo che niente gli è rimasto da potermi nutrlre, gll consegno mia figlia per compagna ~~~ (E' il prologo del Trtnummu.,. La com• medie rappresenta la vicenda di ~ ~o– vane che nell'essenZa. del padre, i:iiasipa tutto u patrimonio; ed è costretto • ven• dere la casa). • DA TERENZIO Amore s11elato (Dall'Andria. Una giovinetta, Glicera, è inaannevolmente creduta sorellil di una donne dai facili amori, Criside, nata nel• !~sola di Andro; ed è sedotte da Panfilo, giovane di buona famiglia, che promette di SJX>S3rla · me il padre di lui, Simone, aveva stabilito di dargli per sposa un'al• tra con rioce. dote: la figliuole di Creme– te; e scopre, in une insolita circostanza. l'amore segreto di Panfilo per Gllcera, e racconta la scoperta al liberto Sosia). Sim. Un giorno questa Criside morl Molte volte mio figlio si trovava con quelli che l'amavano; e cosl [anche preparava con loro i funerali, Piangeva intanto. A me la cosa [piacque. Pensavo: se costui per cosi poca dimestichezza sente le sua mort.e tanto profondamente, cosa me.i farebbe se l'amasse? e che farà per me, suo padre? Questo ritenevo il dovere di un animo gentile. Che ti dico di più? Per causa sua prendo parte all'esequie anch'io, [sicuro che non Ci fosse Poi niente di male. Sos. Di male?- e quale male. Nelle .soste della Qiornata laborio.sa l'uomo si fa ilare e lepido,· e .squi lla il riso dal suo petto: un modo di a-uperare o di interrompere le condizioni severe cui è sottopo.sto dalla natura. Ed ama, anche, vedersi ridere, fo.rsi oggetto e spettacolo di trastullo. Non per altro motivo Qli an– tichi agricoltori italici, o. ristoro del corpo e dell'animo tenace alla fatica, si abban - donavano, nelle feate dei campi, aU'al· leQria sfrenata e a motteggi licenziosi, ca– muffati con. volti strani di corteccia inca· vata, p-roduc:endo, inconsapevoli, un prt· mo abbozzo di scena farsesca. Tale Qenere di scherzo villico resterd lungo tempo allo stato informe e istintivo di rudimento: un ludus inconditus. E si eleuerd per un cammino lento e arduo a parola meditata, a espressione effettiva, a pensiero orga· nico; e il ridere diventerà un ideale arti· stico, un modo della poesia, una cosa se– ria: vivrà. come elemento del teatro comico. Ma prima che si compia un simile tra· ve,tim.ento del riso, che sard poi il suo invera.mento e it ,uo ri!catto estetico, euo si manifesta atteggiato in tentativi con· fmi: in buffoneria e in lazzo. 1t suo ap– parire sulla scena è una sorta di svago in· composto, uno gfogo il cui fin.e non è punto artistico. L'improvvisazione guida sbandatamente la vicenda sconnessa a so– huionl incoerenti e caotiche. E l'arte non può sorgere all'improvviso. L'origine del teatro comico latino e dunque un. soUano contadinesco; e que– sta impronta mantenne la farsa isolente e schernitrice, che si fece p,ibblico spetta· colo dapprima nei borghi delle campagne e quindi in Roma, dove. come notò Uvio, o.pparve cosa nuovissima per un popolo guerriero che aveva fin allora conosciuto l'unico spettacolo del circo. La maschera scenica, detta latinamente persona, con la Quale l'attore rievocava i momenti e le situa.ziont bf.uarre della vita sulla trama della farsa, personata fabula, era la figura immota e riflessa della li· cen.za. L'estro popolare agiva capricciosa· mente aUo specchio ·immediato della vita quotidiana, dove il riso non può da se stesso generare un vero dialogo nè dar luogo allo svolgimento dello spirito co– mico, che ha bisogno del grande scrittore che imprima a una qualsiasi vicenda. reale U suggello della propria individualità. Le forme fisse e impersonali della scena burlesca erano penetrate nel Lazio verso il terzo secolo av. Cr. da un paese osco della Campania, Atella; e dal nome del luogo dl provenienza si chiamarono fabu· lae Atellanae; poi si mescolarono a mo– tivi comici indiQeni e alla mimica istrio· nico ritmata di origine etrusca; e presto si romanizza.Tono acquistando un fondo e un contenuto latino. Col sorgeTe e col maturarsi delle prime personalità artistiche nel Lazio l'antica incompostezza vernacola e rusticana. si trasformo in azione drammatica, e t'im· provvisa.zione incolta cedev a allo sti le let– terario, che della facezia popola.re serbò La. vivace Apohtaneitd. Entr ato cosi U tea· tro in potere delle Muse, si aJJumò nella storia. della poeria. quell'aceto italico, in· dice della sch.iette:na mordace non mai scaduta di 11;ostragente. Rintraccia.re la vita della fabula Atel· lana improvvisata, da cul discende la com– media latina e alte cui fonti lo stesso Plauto ha certamente attinto, non è pos– .!ibUe per il suo stesso carattere d'improv· t»Sazione. Sappiamo tuttavia dal suo svol– gimento ultffiore in forma lettera.ria che l'essenza di tali rappre,entazioni non era costi.tutta di caratteri, ma di tipl umani, le cui avventure mancavano di legamento e riproducevano una realtà frammentaria: agiscono figure generiche, e sempre le 1tesse: Pappus, nella porte del vecchio balordo; Maccus, dell'avido mangione; D06Senus, del gobbo asiuto e parassita; Bucc~, in queUa dello sciocco vanaglo· rio10. Tati i genni della commedia; che pos– il.clmo riordinare dai iitoU e da.i fram· menti deU•Atellana letterar ia ri .apparsa. al tempo di Silla, durante la cri.ri del teatTo dra.mmattc:o romano: due famos i scrittori di fabulae Atellanae furono Pompon.io e Novio; la produzione dei quali è andata Sim. Ecco: già portano fuori la morta, andiamo dietro. ln· (!Ainto tre le donne present.i una ne scorgo giovinetta, ma bella tanto ... Sos. e forse ... Sim. con un volto soave e verecondo e di una gentilezza incomparabile. E come superava tutte le altre col suo nobile aspetto, mi avvicino e quelle del suo seguito e domando chi sia. Mi si risponde: la sorelle di CNside. Ne fu percosso l'animo. capisco la ragione del suo pianto e quell'onesta sua misericordia. Sos. Temo che il fatto non finisca bene. Sim. Dunqne il corteo si muove; tutti [dietro fino al sepolcro; viene sollevata, posta sul rogo tre t singhiozzi. In- [!Ainlo questa sorella che dicevo, come fuori di 6é, si spinge troppo a"v.anti verso le fiamme. Allora tutto pallido Panfilo svela l'amor suo che aveva nascosto cosi bene. Corre, abbraccie, stringe e sé la ragazze per la vita: - Gllcera mia, che fai? Dove vuoi [andare? Là c'è la morte. - E quella, col tra• [sporto che lascia Indovinare un lungo [amore, si abbandonò piangente alle sue [bracc~a. La Promessa di Panfilo Panf. O Miside, sei tu? Mi., Panf. Glicera come sta? Penfilo. selve. Mi.,. Lo chiedi? Male. Soffre molto pensando e questo (giorno già stabilito un tempo per le noue. E teme anche ... Se mai tu l'ebban– (donl. Panf. Come p0tre1 tentarlo? Acconsentire io che per me resti ingannata lei infelice, che in me tutto il suo cuore ha riposto con tutta la sua vite? io che soltanto lei, più cara a me di me stesso, potrei fare mia sposa? Io lasciare che un animo pudico, tenero come il suo. si perda stretto Oriaine esianificati del teatro c mico latino versi che si trovano in una commedia di Terenzio, nell'Heautòn Lmorùmenos • D 1 ce– rie che non hanno mai potuto in/fu.eru:are la critica ,eri.'i d'ogni tempo. Gli argomenti delle commedie teren.Zia– ne derivano dal greco di Menandro e di Apollodoro: ma la tr,1ttazione, il di.!cor,o, Io stile, il verso, la struttura interna, il tono son tutte cose di Tnenzio: vate a dire l'originalità della poesia. E Tn-en.rio fu costretto a di/end.ere e a giu,tifi,.care 1a. sua opera di traduttore e di poeta. Dice– vano i mahgnl, capeggiati da un certo Lwcio Lanuvtno, vecchio commediografo falUto, che non era lecito gua.stare le com– medie greche: cont.aminari non decere fa– bulas. Ttrenzio rupondeva dalla scena: e Cottoro biasimano tl fatto e discutono. Lo fanno per mostrarsi intelhgenh col fine di nullo capire? Questi che mi accu· saao, debbono accusare allora anche Ne– vio, Plauto, En.nlO; ma io preferisco emu· lare la k>ro tra.!curateua, anzi che l'oscuro diligenza di queiti altri•. * di F./.l;ZIO CETRAI\GOLO quasi tutta perduta. Ci gioviamo di qual· che brano rimasto. Il custode di un tempio, l'aeditumus, una specie di saQrestano moderno, si la· gna del suo duro mestiere, volgendosi al simulacro del dio: e Quando ti sto da– vanti e debt,o fare la guardia al tuo tem– pio, non c'e in terra un mortale più. di– SQraziato di me•. Si ricordi che nell'an· tica Rom.a il guardiano del templo dove– va vigilare anche di notte e aprire le porte al supplice notturno. E poteva ca– pitare talvolta qualche magistrato devoto, magari lo stesso con.sole. E' noto, per esempio, che Scipione Africano soleva recarsi at Campidoglio a notte profonda; e ordinava all'aeditumus di aprire la cella di Giove con gTan f(l.Stidio dei custodi che si stupivano come mai i cani non gli la· trassero contro e non lo inseguissero. In un'altra fabula, Bucco, barbiere di campagna, fa anche l'indovino: nell'unico frammento l'incontro delt'ingeuitd con la astuzia produce una battuta spiritosa.. n cliente chiede al barbiere di trattare in modo pulito non sappiamo quale faccenda: e Bucco, allora fa in modo di trattare pu– lita-meme ... ,._ E questo, fingendo di equi• vacare, risponde: e Mi ,on lavato le mani proprio adesso •· Di un tale Pacitio, che pare avesse la manta di scrivere, rimane questa carica· tura: e Appena H sole 8J)Unta e indora il cielo, ecco la catapulta muove alt'assalto deUa cera •. (Ricordiamo che si scriveva su tavolette di cera). Mentre fioriva in Italia questo tipo di farsa popolare, un uomo, giunto a Roma da Sarsina, rovinato dalla carestia cau– sata dalla recente discesa di Annibale, si era ridotto a schiavo del suo creditore e per campare i suoi giorni spingeva a mano una macina da mulino: quello schiavo pe, debiti, libero di nascita e in· vilito dalla miseria, si chiamava Tito Moc– cio Plauto. Doveva diventare il più grande dei poeti comici latini. Nelle ore libere dalla fatica scriveva commedie, e comin· cio a venderle agli edlli, che allestivano ln Roma gli spettacoll La sua prima commedia, tra le perdute, aveva per ti· tolo. Addict us, che vuol dire e schiavo per debiti•; e dovei.la esser ceTtamente una triste alleg oria. de lla condizione servUe delt'aurore. Ma un rapido succsno gli portò la Libertà. Indagare le maniere della contamina· zione o fusione di. due commedie Qreche operata da. Plauto o tentar di stabilire se e ft n dove la sua opera comica sia stata di tradurione o df oriQinalità è questione oziosa, tanto più che i modem greci non esistono. La cosa certa è che Plauto ha aperto la via a tutti i creatori dell'arte comica dopo di lul L'opera d'arte origi– nale non è generata dall'esteriorità. del– l'ambiente nè dalla trama per se stessa; ma dal modo ln etti è:plasmato il linguag· gio, che Plauto cred dalle sorgenti della parlata popolare controllata da una gran– de cultura: cosi che nelle sue commedie potè parlare veramente e per sempre la voce del popolo romano. Il poeta comico tende per sua natura a una libertà creatrice senza limiti. alle /orme più tm.pensate e sorprendenti della paro1a, a staccarsi del tutto con la fanta– sia. dalla realtà storica; a cui invece il poeta epico o traQico resta pur sempre lepa.to in qualche modo. Può sembrare, perciò, che all'aTte comica venga meno il fondamento morale su cui poggia e deve poggiare la vit-a e da cu1muoue ogni no· bile attività. dello spirito, e quindi la poesia in particolare. Ma elementi della commedia, che possieda la dignità del– l'arte, non possono essere nè il culto del riso per puro gioco nè la raffigurazione dal bisogno? Ma no, non sarà mai. Mis. Non temerei, se dipendesse solo da te. Non puoi opporti alla vi.o• (lenza. Pan/. )li credi tanto vile, te.nto ingrato, spietato e diswnano che nè H. lungo amore nè il pudore mJ commuovano o m'impongano fede alla premessa? Mi.s. Io so solo una cosa, che lei merita ogni tua cura e che tu la ricordi. Panf. Ch'io la ricordi? O Miside, nell"a· (nimo porto ancora scolpite le parole che Criside mi disse per GLicera. Mi chiamò quando stava per morire; mi avvicinai, voi ve ne andaste, noi restammo soli; disse: - Vedi, Pan- (fllo. il tenero fiorire, la belleu.a di costei; tu sai bene come runa e l'altra cosa siano a le.i un pericolo a preservarne l'onestà. Ti prego per il tuo cuore, per questa tua (destra, per la tua fede, per la solitudine che le rimane: non allontanarla da te. Se t.i ho fraternamente amato, se costei ebbe te solo nel cuore, e se in tutto ti perve compiacente, a lei tJ do, marito, padre, a!llico. E la mano di lei porse alle. mia; poi fu subito presa dalla morte. Accettai quella mano per la vita. Homo sum (Dall'Heautén-timorùmenos. Ha per mo- ~ tivo il dolore di un padre, Menedemo, che teme d'aver perduto il suo figliuolo, Cli– nia, per averlo trattato duramente. La commedia si ap!°e con la vista della cam– pagna al tramonto; Menedemo continua a lavorare. Cremete, che ebita lì vicino, gli volge Ja parola) Cr. Benchè la nostra conoscenza sie del tutto nuova - è incominciata (quando hai acquistato questo campo qui vicino al mio - e nient 'elt.ro di più ci sia stato fra noi, p ure o la tue virtù o la nostra vicinanza stessa., eh 'io credo rassomigli all 'amicizfa, mi spinge quasi con fiducia a darti qualche consiglio in confidenza. Pare a me che tu lavoti oltre le forze dell'osceno: cose che niente costruiscono di durevole ne riempiono di umanità una. vicenda comica. Se non che ta nostra fa· coltò. di giudizio non può arrestarsi alle parvenze sceniche ml: incantar,l ai rive– stimenti esterni della comicità. per trarne poi argomento di condanna.. Chi non va oltre la superficie e non Ji spinQe bene all'interno di un'opera cade in eT?'ore di valutazione. Ciò è appunto accaduto a uno storico illustre, che l'opera di Plauto ha definito nient'altro che una scuola del vizio e della corruzione. A tale riguardo con1.1eniva tener conto del giudizio antico, quello di Cicerone. che esprimendo l'una– nime assenso dei Romani all'arte dì Plauto, la distinse dal genere di scherzo inliberale, petulans, ftagitiosum, obsce– num; e la collocò nell'altro elegans, urba– num, ingeniosum, facetum. Il fatto che Plauto abbia portato sulla scena aspetti del travia'mento umano o della perversione sentimentale e modu· lando i suoi ritmi aL gesto di abili corti– giane mostrasse di compiacersene, non può indurre a consr.atare nella sua opeTa la mancanza del senso morale. EQlt in· treccia e fonde la realtà con l'immagina– zione più stra1.1agante, mescola l'ambiente romano con l'ambiente greco, trasporta il Foro Romano, la Porta Trigemina e il Velabro ad Atene e it porto di Ateft.e a Roma e vede il Pireo nell'Aventino o nel Palatino per le magiche trasposizioni di uno fantasia non determinata da luoghi e da tempi. E dove l'arte é raggiunta Plauto ci scopre i momenti idealizzati dell'umanità che s'illumina a tTatti di luce morale. A questa luce si dissolve la scena e,teriore e scompare l'illecito, il vizio, il volgare e lo spregiudicato; e la scena appare nel suo _interno percorsa di garbo e di commozione. Allora lo situa· rione comica sca.turi!ce viva e diventa profonda: la venustas iocorum è sostenu– ta dal pensiero, senza essere una scuoia. di virtù o un castiQamento di costumi, ma rappresentazione sincera della condizione umana. Allora sorQe la serietà drammati· ca degli affetti; e U brio nasconde la ,o/– ferenza e la miseria degli umili, .s-u cui si oscura l'orizzonte del giorno. Talvolta il comico è soltanto un velo a coprire la traQedia. Come nei Captivi. In questa commedia, dove un padre ottiene la Ii· bertà dei suoi figliuoli, il parassita Erga· silo sollecito un invito a pranzo da Egicr ne: ma ii desinare si promette scarso: un riccio marino: un vitto che calca una via rupestre, aspro di assi, e darà mo lto la– voro ai denti. Il parassita dichia.ra di ac– cettare, se non ne trova prima u no ml· gliore: vuol dire che metterà Q!t stivali ai denti. Si reca al Foro. H suo monologo ritrae un quadro di vita.. in una triste giornata. E' una di quelle scene dove l'arte di Plauto scende nel cuore umano con potenza drammatica, clie dopo la dura accettazione della vita, si scioglie in sor– riso: perchè della vita egU doveva pure mostrare la fiducia, p-reseotando mondi fantastici e terre d'avventura favolosa. a un popolo che proprio tn quella età si apriva faticosamente la via all'impero del mondo: e tutto bisognava figurare vivace, colorito, libero. Sulla scena. latina di Plauto il mondo greco appariva a quello romano, sotto la forma della. commedia, come un mondo che Roma doveva con· durre avanti politicamente e letteraria· mente; e conoscerlo quindi attraverso nuove rielaborazioni. che lo salvassero dalla decade=. Le commedie di Plauto, come il genere comico prescriveva, rappresentavano azio· ni della vita privata e accidenti di uomini privati; quindi niente miti ne fatti pub· blici nè personaggi storici: questi erano della tua età e più che non ri chie• (de.no i tuoi beni. Ma dimmi, per gli dèi, a cosa miri? Hai sessant'anni o più, come sembra! nessuno in questi (luoghi ha un terreno migliore -e più sti– (me..bile del tuo; di servi neì hai parecchi; (e tu come ne fossi affatto privo, adempi zelantemente a tutti i loro compiti. Sie ch'io esca el mattino avanti l'alba o che ritorni a casa a tarda sera. ti vedo sempre qui mppare, arare, o comunque portare qualche cosa. Non ti dài pace manco per un attimo e di te non ti curi Ma che tu non faccia tutto questo per diletto son quasi certo. ).li dirai che soffri vedendo quanto poco si lavori da queste partì. Ma se la fat.ice. che sciupi lavorando tu, provassi a impiegarla facendo lavorere i servi, ne trarresti un frutto grande. Men. Tanto poco bel de fare per tuo conto, Cremete, che ti curi delle cose altrui? di ciò che non può riguar– (darti. Cr. Un uomo sono, e tutto ciò che è (wneno lo sento mio; perciò tu farai conto ch'io t'ammonisca oppure ch'io ti (chieda di spiegarmi il perchè di ciò che fai: per seguirti, se è bene, per disto· (glierti se non è. Men. 11 mio vantaggio è questo: tu fe' quel che devi. Cr. Ma c'è un uomo al quale sia vantaggio il ~rmento? Men. Ci son io. Cr. Se soffri m1 dispiace. Ma qual'è il tuo male? Che colpa hai tu com– (messo da infliggerti une pena tanto dura? Men.. Ahime. Cr. Tu piangi Dimmi che cos'hai. Non temere, ti dico; parla pure fiducioso con me; ti potrei dare un consiglio, giovare in qualche cosa o consolarti almeno. Men. Vuoi saperlo? Cr. Certo, per le ragioni che t'ho detto. Men. Ascoltami. arQomenti della tragedia. Ma una favola mitologica, che avesse gfC: formato arQO– mento di tragedie, sceneQgiata da un co– mico, poteva dar lUOQOalla tragi·comme– dia. Per esempio: Ercole, l'eroe 1emld10, fig!io di Giove e di Alcmena, aveva spetso offerto ùpira.zione all'alta tragedia: le sue imprese eran dunque TU'ervate ai ~ti tragici o teologi, come anche venìvan detti i poeti che canta.vano le fa1.1ofe diuine. Plauto invece si diverte a parodiare, con lieve gioco, la nascita. di Ercole, traendo– ne una deUe sue commedie più originali. E non c'è in Plauto momento di vita dove il divertimento dell'arte non si accenda di umanitd profonda: per questo tuo in· terno calore egli aveva conquistato it prr mato nel tea.tra romano e l'entwia.fmo e t'affetto dei concittadini: tanto che il giorno della tua morte si credè a Roma che la Scena. fosse rimaita deserta, che il ri!o, la. gioia, lo 1cherzo foun-o anch'eui morti con Plauto e che piange.uero Insie– me i ritmi innumerevoli delle sue com· medie: Numeri innumeri simul omnes conlacrumarunt. Si svolse poi la commedi(l aU'interpTe– tanone dei più nobili sentimenti umani. Un giovane appena ventenne, bello, di statura media, di corpo delicato e bruno, ri presentò per ordine degli edili at vec– chio Cecilio Stazio, illustre autore di tea– tro, con una commedia, perchè la esami– nasse: i magistrati non si fida.vano di un. principia.nte: per rappresentare un'ope,-a nuova occorreva il giudizio di una cele– brità. Era l'ora del praru:o, la più indicata, presso Qli antichi, per a.!coltare la poesia: triste il convito senza canto. E quel pio– vane poeta, vestito male, vien fatto s~ dere sopra uno sgabello vicino al divano tricliniare, e comincia a leQQere. Dopo al· cuni versi è invitato a prender posto a tavola con gli altri e a completare la lettura con grande ammirazione di Ceci· lio. Così H vecchio poeta drammatico, primo di congedarsi dalla scena e dalla vita, rivela al pubblico romano il suo successore: Publio Terenzio Afro. Siamo nel 166 av. Cr., l'anno in cui è rappre· sentata la. prima commedia di Terenzio, Andria. nell'occasione dri ludi Mega.lensi: il protagonilta è il più celebre attore del tempo: Ambivio Turpione. La commedia, liberamente svolta da un soggetto greco di Menandro, introduceva per la prima volta nella letteratura romana la forza e la sincerità del sentimento d'amore. All'elevatezza deI sentire risponde, nel– le commedie di Teren=io, un linguaggio eletto, che fu lodato do Cicerone: e Tu sei unico, Teren.=io, nena finezza. del parlare, tu che rivivi Menandro nella, tua voce la– tina e con mite affetto; e ogni cosa dici dolcemente e '.n modo gentile•. Anche Giulio Cesare, :>enchè vedesse in Tnen· zio un Menandro ridotto a metà, lo col· locava. tra f grandi: Gmm irava In. lui il cultore del linguagQio puro: pu.ri sermonis amator. Cicerone e Ce1are erano tra que11i che riconoscevano, ,enza riserve, l'aufen– ticitd. delle commedie di Ttren....-io, di cui altTi avevano dubitato, iupponendo autori o collaboratori delle stesse commedie Caio Lelio e Scipione Emiliano, potenti amici dl Terenzio: corTevano molte voci in tat senso. Cornelio Nepote racconta questo aneddoto:· e Caio Lelio, trovandosi a Pozzuoli nelle Calende di Marzo, festa delle matrone, avvertito dalla comorte di venire a tavola un po' prima, la pregò di non disturbarlo; e giunto in ritardo al pran.:o. dine soddisfatto che raramente gli era venuto di ,crivere cosi bene, come in. quella mattina. Gli fu chiesto dl mo– strare lo scritto, e Leffo recitò alcuni Cr. Frattanto metti giù questi rastrelli: lascia il tuo lavoro. Men. Niente affatto. Cr. Davvero che sel strano. Men. Non mi devo concedere nemmeno un solo istante di riposo. Cr. Via, non lo posso permettere, ti dico. .Men. Tu non !ai cosa giusta. Cr. come pesano codesti arnesi. .Men, Quello che mi merito. Cr. Adesso parla. Men. Ho un fl,glio giovinetto; unico. Ahimé, dico di averlo? Certo l'ebbi un tempo, Cremete; ora non so più se l'ho o se non l'ho. Cr.: Come può essere? Men. Ecco: c'è qui una donna rorestiera, d1 Corinto: una vecchia poveretta. Mio figlio cominciò perdutamente Cr. Men. a innamorarsi di una sue figliuola; e quasi la teneva come moglie. Tutto questo faceva a mia ,insaputa. Appena fui informato della cose decisi di trattarlo duramente. non come si conviene e un giovinetto con ranimo ammalata- ma i.Ò. ma- (niere. aspra, vìolenta: quella che ne.i padri è la via più comune. L'accusavo ogni giorno. ~inchè 'n gìunse a (questo: che a forza di sentire le mie ingiur:e, sempre le stessa cosaj quel ragazzo non resistette più; e parti per l'Asia, Cremete, ad arruolarsi nell'esercito del re ... Che dici? Senza dirmi mente partito: mi manca da tre mesi. Cr. Tutti e due avete torto, benchè lui abbia mostrato un animo sensibile. Men. Quando appresi la cosa de. coloro ~·erano a parte di quel suo segreto, ritorno a casa triste; il cuore dentro _sì sconvolge; il dolore mi confonde. Mi butto là seduto; i servi accorrono, mj tolgono i calzari; vedo come tutti gli altri s'affrettano a disten- (dere i divani da pranzo, a prepararmi la cena: vedo ognuno adoperarsi come può per lenire il mio dolore. A Terenzio fu contrastata la. fortuna scenica. In tutti i prologhi delle sue com– medie è l'eco di quet ti contratti: per modo che il prolooo n.on fu da. lui usato per esporre l'antefat to, ma per condurre la. polemiea letterana e peT diJender.ri dalle inndie degli ain,ersari; che riu.scirono tal– volta a far vuoto il teatro durante la rap– prettnta.zione sobillando gli spetta.tori per– fino con falsi annunzi di spettacoli di Ql.a– diatorl o di funanboli. Le commedie di Terenzio, nate in - uJ\ ambiente colto e raffinato, rir::olto a.ll' in– dagine psicologica, aUo studio degli uom i– ni nei loro affetti, erano povere d"intrec– cio, di eventi e di. sorpreie: non adatte alla moltitudine. E fu difficile condurn il pubblico romano ad accettarle. Quel cele– bre attore, Ambivio Turpione, ormai vec– chio e ammirato <Ut popolo, si 1forzar:a da parte sua per piegarlo atl'atten...--ione. Prima di rappresentare Il punitore di se stesso diceva al pubblico: e Aulstete con animo benevolo, datemi la possibilità di rappresentare una commedia stataria (vo– lwa dire poco movimentata), :ol vostro silenzio; non. costringetemi sempre a rap– presentare con grande fatica la, parte del servo che coTTe, del eecchio che ri arrab– bia, del para.trita. mangione, detrimbro– gllone sfrontato, del tenone at:aro Ormai sono vecchio. Per riguardo a. me, convin– cetevi che i motivi ,on.o giusti perchè mi sia risparmiata un po' di fatica. Quem che scrivono commedie nuove non hanno ne.SJun riguardo aI vecchio; e se il lavoro è difficile a rappresentare, corronc da. me; se è facile vanno da un'altra co mpagnia. In questa commedia c'è so lo da parlo.re. Provate che cosa tia capa.ce di far e il mio ingegno anche qui.. E fate ch 'io poua eue.r d'esempio agli attori giovani, perchè si Jtudino di piacere più a voi che a se steui•. Abbia.mo riferito queste parole, compo– .ste forse da Terenzio per il suo protago· nista, perchè sono un documento storica· mente imp ortant e per ìl difficile cammino' de.1 teatro 11.el tempo. Il successo delle commedie di Terenzio, vivendo il poeta., fu scarso e raro. Pubbli– cate e rappresentate comunque le sue commedie, tn numero di sri, quelle che son. rtmaate, ep!i parti da Roma o per piacere o per sfuggire aU'ostilitd dei cri– tici o all'aceu.&a di pubblicare cose altrui col proprio nome; e pare .si dirigesse in. Grecia., for.s-e anche per co1\0SCerla me– glio; e non fece ritorno. Si disse che mori mentre ritornava daUa Grecia con nuove commedie durante un naufragio; altri Tac– contarono ch'era deceduto per malattia o pe.r il dolore d'aver perduto in mare le sue opere originali. Era l'anno 159 a.. Cr. Era nato ventisei anni prima a Cartagine. Si iQnora it modo della rua venuta a Roma: da ragazzo fu schiavo del sena· tore Terenzio Lucano, che lo educò, lo a,– francò per t'ingegno e gli diede il suo nome. Fu legato da. stretta amicizia ai più grandi personaggi politici dtl t,mpo, e fu l'esponente di un nobile gusto e di una cultura che, se pure ellenbante, aveva sopra tutto come aspira...'lone la con– quista dell'animo umano. ESZlO CETR.o\..~GOLO Guardandoli mi viene da pensare: tutti c ostoro. _ come mai è possibile che Si dia.no premure per me solo? E tutte quest e schiave per vestirmi? E questo lusso ~n casa per me solo"? E quell'unico fl.glio che doveva insieme e me godersi, e più di me, questi miei beni, giacchè le sua età val meglio della mia per queste cose, jo l"ho scacciato per la mia ingiu - (st.iz: a. Continuando così mi fa.re.i d egno di qua.lsiasi. castigo. Fincbè lui menerà quella "\--ila senza patrie. misere, per ì miei modi ca.ttivi, io sconterò verso di lui la colpa mia lavorando senza ma.i riposo: risparmierò e guadagnerò per lui. Cosi faccio senz'altro; e niente lascio in case, nè utensili nè vestiti: faccio piazza pulita d"ogni cosa; espongo schiave, schiavi, e vendo (tutto: dò il palazzo in affitto e compro (questo podere; e qui lavoro: E penso -ch"è vivendo anch·io cosl miseramente offenderò di meno il mio figliuolo. e che neppure è giusto ch·io mi (prenda un ptecere qualunque finchè lui non ritorna quj salvo da suo padre. Cr. Ritengo che tu sia d'indole buona \"eTSO i figliuoli e che quello è ob– (bed.iente, se lo si tratta in modo dolce e af– (fabile. Tu ancora non lo conoscevi bene nè lui te. E dove questo avviene. (certo la vita non può scorrere sincera. Tu non gli he.i mai mostrato quan– (to bene gli vole,..i, nè lui ebbe l'ardire di confidarti ciò che a un pe.dre è (giusto confidare. Se aveste fatto questo non ti. sarebbe mai venuta incontro una disgrazia simile. Men. E' cosl, lo riconosco: è stato un grave (errore. traduz. ài ENZIO CETRANGOLO

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