Fiera Letteraria - Anno X - n. 51 - 18 dicembre 1955
Pag. 4 LA FIERA LETTERARIA Domenica 18 dicembre I955 " ... PAROLA l\1VDA DELL'VOltJO RELIGIOSAltJE1..\J'.IE VOHO ... " <<Andi1_•e silentium ••• )> ,)f.: Come avviene neisoani * DX SALVATORE QUASll'l\c.'-ODO Gcn.té diveraa mi era atata vicina, in guerra; me lo diue u,n 111/iciale, di ritorno dalla forte::2.a di Pr::my.!l, prigioniero dei tedeschi con altri seicento com,pagtli. Uno di e!'si aveva 1aella sua cc~ssetta 1u1- mìo libro. Onni mattina, un ufficiale leggeva e com• mentova una mia 1>0csia.Ricordavano così, i 7)ri9io• :iieri, la patria, co,, le parole che ad ultri eremo apP.(Jrse gelide e geometriche. Vedeoo, finalmente, il mfo lettore autcntwo; e voleva abbracciarmi, mc11,. tre mi ripeteva nomi di p,·igionieri: medici, avvocati. ingegneri. At•IJOCatif Gli av-oocati 110n IO!J90no libri di uersi. A Przmi,sl, sì, in Polonia. Ma 11el 1946, co• nobbi quale rete affettuoaa tmiva me e il popolo. Dopo 1m dbcorso di e rottitra > aulla poesia contem• poranea, letto a Milano, in 1m teatro, /11,i invitato a tenere una conferen:a a Napoli, Un viaggio in treno e in automobile, ancora faticoao e lento. A Na7>oli, fra c<Ue rotte, in mezzo alle strade, popolane prepa- di C:OHHi\HO GO\T~~I r:;:~1~ 1~~8;7as7,o~::ga:o::;o1)i~r:~intic1~~ :e~lttf ef:. colari primitivi, tirlavano bambini e ragazzi con giac– che e coperte di aoldati, in ,rna polvere di macerie. Leggere dei versi in r1uella città incredibilet Avevo ora vergogna, aro .1tanco. Una folla mi aspettava, in tina 11aladel Oon.servatorlo: veniva ad ascoltarmi, e aveva lutti e ferite recenti. Non so che cosa sia auventtto quel giorno: la poesia riprendeva. la s1ut f11,1ufonecoralet F'orse, ma ero turbato, alla fine, 8tretto /ra giovani 1mlvar,1itari. Un vecchio cercava d'avvicinarsi a me, ma veniua. .'lpi,1to 8empre lonta– no. Gridaua. ch.'era stato mio 7,rofessore (i.i lettere, a Meuina. Poi, riusci ad al/errarmi ima mano e a baciarla. Può sembrare im racconto di fine Ottocen, to: epp11,raMessh1a era 1ma tMmoria intatta, e quel V6('Chiomae.1tro a.,pettava che un dialogo, inverso, ricominciasse. Rapporti fra pubblico e poeta, fra i pift st-ranl: lettere di bambini delle scuole elementari d.i paesi di montagna, di operai; lettere colte, di scrittura pre– ziosa, che giungono di tanto in tanto d.a un eremo francescano 81tl Ctitumno, da Suor Maria minore, sconosciuta e inferma~ lettere con un piccolo disegno qua.1i infantile, e !~ parole di Agoatino: Audlre si• lentlum. SALVATORE QUASll\1000 SALVATORE QUASlì\1000 Io devo confessare che la mia dedizione alla poe– sia rfaponde ad ima 1.·era e propria vocazione, che l'i.sale ai primi crnni della mia lonta11a adolescenza. Come senza dllbl.no tutte le vocazioni, essa ebbe ori9i11e da una circostanza a.,soltitamente occasion«• le: che per'me fii quella della mia chi113ura all'età di 11 mmi i,1 un cofleoio di Ferrara. Se fossi rimasto nel paese natio, e la massima mrnt<1 dei miei st11di 7>1tbblici si fosse arrestata. alla terza classe elemen– tare, molto prob'lbilmente sarei diventato uno dei viù groasi m11g11ai e fort1tnati agricoltori di tutto il Delta 1)Cldano(come si su, i miei avi di parte ma– terna e paterna furono m1,911aie agricoltori in Ro– mag11a.e sul Po). Cosi inrece l'occasione mi ha tutto poeta. La. lettura dei e Promessi Sposi> e di poche cose varmesse del C,copardi, net corso ginnaaiale del severo collegio salesiano, ha -,srvito .,ic11,ramente cut aprire il misterioso germe di gusto artistico latente in. me, e che non avreùbe forae mai auuto campo di svilupparsi a sarebb~ rimasto eternamente in/ecottd-0 come le gemme dormie11ti d~llc piante bi,one solo per gli innesti e a prod11rre foglie a .,pin.c. L'occasiona dunque, la prima spinta, l'accensio110 deci.10, e più tardi fimmancabile avih1,ppocrescita e con.,olidamento, con l'appropriato nutrimento delle letture che si confaceva110 alla mia indole, finirotio coi portare quella vocazione spiegata ad 11naspecie di ineaorabile dannazione spirituale. Perclld da quel momento posso ben dire di aver vissuto la più tor:• mentosa vita di sdoppiamento che si po.1.1aimmagi– nare, nell'in~anabile drammatico conflitto tra l'esi– stenza ideale, voh,bile indipendente ed estrosa della · poesia e q11elladella realtèt quotWiana comune, schia– vo di mille pregiudi::i 0011venienze legami e leggi ed odio.1is.,ime necess-itò di famiglia e di civile societit: 1m con.Jlitto atroce di ogni giorno e di og11i ora, ca: pace di influenzare maleficamente persino l'area dei sogni,. e che mi ha Jatto tante volte maledire la mia condizione di poeta. ALDO PALAZZESCHl Il • • • 1010 primo pensiero Sottostdti.do a. questo ineh,Uobile destino, acca, nito ed inestirpabile come un inveterato -vizio, ho cercato di s/mttarlo se non altro come eva.sione e lenimento della i11sopportabile massacrante brutta vita. pratica; ma a pt-euo di quali e q11ante rinuncie, di .1offerenze di ogni genere, di dolori e di in/i11He preoccupo.eioni Ii ho avaramente ottenuti! Se~ni suJla c rt2 fu. un de~iderio di poesia Non sarò io per() o negare cd a rinnegare il p11ro .1olitario godimento della creazione poetica che, co- 1ne avuiene nei sogni, 311,pera di gran lunga, per in• tenaità e per dttrata emotiva, quello riserbatoci, nelle sue pU, svariate e ricercate forme, da1la.stessa realtt\. Ma, in ogn.-imodo, non ho mai potuto /ore a meno di invidiare tutti coloro elle la poe.1ia in t_11tte le sue più com1mi manife,1ta:-ioni (dal1a.conquista. della don– na al possesso della ricchezza) hanno la fortima di goderlt1 in nat1ira, e non attraverso il suppli,zio ci• ,iese e la tortura intellettuale dell'<1rte e dei senti• menti inim1anamente castigati e snaturati. Perch~ è ben questo in fondo il soro compenso e il solo amaro dono di citi devono accontentarsi i poeti: il passeggio del reg110 delle chimere, delle aspirazioni insoddi– ,1fatte, dei rimpianti vani e dei più vani pian.ti e delle fedi tradite, c11ea1ù pian<> vratico, e p11,rtroppo anche s" quello Miffflle, si riducono poi sempre ad un 1n.odesto pugno di cenere: così poca cenere che basterebbe appena a cospargersene il capo chino nel triste Mercoledl delle Ceneri della nostra dura con– sumate vita. m~~l~g_ tf,~flie~n~: Vf.DO dt esser venuti al mondo maledetti: maledetti (vedi Baudelaire) daJle lo• ro madri stesse, sgomente, e vergognose di aver depo- =~~ ;~~n~.é~~ig ;;a~Fci! me-nte e più modestamente, :ft~~r~!ii': ~:itl~~ f~~ :rt ~!' Eirt~me1l 0 ~oid~ d~K~J~ulJl;/e~~=~~~: . ~f~f{':e~:=~ .:1e re::::i v~i Omero e di Valmichl), che al primo manifestarsi del loro dolce male I poeti co– minciano a dltterenzlarsl intimamente dagli altri, a atntirsl. essi stessi, altri. e come investiti da un loro particolare destino; che non sarà, certo, né lieto né lieve. Sarà un destino cane; e tuttavia essi non vorrebbe· ro a nessun costo mutarlo c~m altro: perchè J?ià nel sentimento della loro diver– sità, e nel presentimento della solitudine e della trl– Stez:µ che ne conseguiran– no, c'è per loro un motivo dl orgoglio, e dl strana contentezza: Corse, cf;llssà, anr~e e ! "c;,~~~t!"~::~ diversità del poeta, e del– l'artista 1.ngenere, può es– sere indicato, alla buona. cosl: mentre gli uomini (per modo di dlre) normali aspirano a un ~e (per modo di dire) materiale, o!.Sla all'eCCettlvo possesso de<Imondo e di se stessi. essi. I poeti. non chiedono che di riflettere e contem– pla,e il mondo e se stessi nello specchio della propria !antasfa; di trastlgurare e ricreare secondo il proprio sprrito '1a realtà esterna ed :(hl~~ r:~r~! 1~t?~is~~ traduiire le loro misteriose operazioni d'anima In pa– role chiare, icastiche e de– finitive. La vita. essi vo_gllo. no possederla in Immagine e no!'l In corpo: in pa'.rola, :grau~es~o n~r ~~r ~~ks~ so vero. Perché dunque son tristi (o, quanto meno. malinco– nici) I poe'tl? Ma è chiaro!.. Al loro immenso anelito di possesso spirituale contra- 6ta la loro stessa finitezza di uomini: al bisogno di so– litudine, che li separa, vo– lenti o nolenti, dagli altri, contrasta un bisogno al· trettanto imperioso di rive– lare agli altri Il proprio se– greto. di dividerlo fraterna• lndefini bile nspi1·azione (Continua da pag. 3> a un illu-aione prima d'in• trauvedere la verità supre- . ma che tutto attesta, - tut- ~~::!i~~v!,!niii~~ i:%!{{6, di ricordare clte ha t'itomo, pest~ t'::tf!~~~O~l~:e~~~~l:~ in sé non. contencs.se 1m'an– titesi che la muove e la ren– de nono.1tante tiitto cordiale e amabUe, sarebbe di.1vera_• .zione e cotlàurrebbe al &IH· cidio e non alla ,poesia. Con– duce la memoria alla we– sia, perch~ essa. porta l'tto• mo e porta la parola a q11el– l'a.tto di desiderio di rinno– va.mento dell'1miverso 116r il quale l'umanitd fa sulla ter– ra il .sito l11ngoviaggio '!,'e• !F~?i!~~Tia te~~"! 3tf~:~: piere ;i miracol-0 n,ella pa· role, d'1m mondo r1au,1e1_ta- ~°art1': s 8 ;ren~~,;~:df leli t M. Toccatio 011a,1i qualche oolta le parole, nelle oro somme dei som.mi poeti, quel-la bellezza perfetta che era l'idea divina dell'uomo " del mondo nell'atto d'.~– more i nciii ve111terocreati. GIUSEPPE UNGA RETTI ;*: di ALDO PA.LA.ZZlfJSC:UI DIDI:EGOVALERI: Ma che cosa potevo raccon– tare di me, che avesse qual. che interesse per Il lettore? Non è !acile riportarmi allo stato d'animo che produsse agli albori del nostro secolo la mia lirica. Non Cu un fatto lettt-rarlo risultato di precisa cono– scenza e maturazione critica, riguardante I problemi estetici che in quel momento riguardavano la poesia, sia per li contenuto come per la tecnica, nessun In• teresse né calcolo, ero troppo giovane per ciò, non un fenomeno della \'Olontà ma dell'istinto, una !or• za che albergava In me quasi a mia Insaputa e che voleva essere espressa, una necessità oserei dir Cl– siologlca, come si risponde senza domandarsi Il per, ché a una legge della natura, Il fenomeno letterario veniva di conseguenza. poi, a questo istinto dt co– municazione contrasta l'ln• volta le 1X1role, nelle ore son~m-e dei sommi pceti, quella bellezza perfetta che era l'klea divina dell'uomo e del mondo nell'atto d'a• mor11 in e11ivennero creati, suctlcienza della parola, l'I• nanità del mezzi espressivi datl all'uomo-poeta. Come potrebbet'O, cosi contrastati come sono, godersi 1n pace la vita? D'altra parte essi sanno, o si dànno a credere (e, in ~~~~) d1~~~-s 1 a.tfir~~i con gli u.cce111, le più liete creature dell'universo, per ciò che On quei momenti) si godono, 1nvcce, della vi ta per3onale. quel bene su– premo ch'è la vita di tunl e del tutto ... E cosi, passando di con– traddizione In contraddizio– ne,. campano anch'essi un dato numero di anni, sen- ~f ~~r;ifc1;\~il~~t f : me tutti. E all'ora st:gnata. come tutti, se ne vanno al regni bui. Viva, dietro di essi, resta la loro voce. Qualche volta ... Ml scuso di aver imposta- ~~,A~om~o d~~o~'.s~e ctlei compositori di questa anto• logia avrebbero vo1uto, in• ~~a. 00 co nd m°ettgs;nch:r:~t retta confessione di uno. è tl;:~~~ei~st\~~ll~r~;. la: e la scuola. si sa. non è un ludgo di avventure drammatiche o romanze– sche. Che lo non ml sia mai pentito, in tanti anni, di aver scelto l'umile lavoro ~rilr·r!Jiif1ti:n~e:~ faticosi, può parere, sl. ro– manzesco, anche se è veris– simo;, ma a dichiarare pub– bllcamente che lo ho sem– pre amato, e amo ancora, Il mio mestiere, avrei l'aria di vantarmi di non so quali merilll.; mentre, a lavorare come ho lavorato e lavoro, ho !atto e taccio, prima di tutto. li mio placeie. Vorrei dire piuttosto co– me sia sorto In me, fanciul– lo, il de.slderlo della poesia, per quali arcane v-lela vo– cazione de~la poesia ml ab– bia sorpreso e preso. Ma su ~re;:~cfstn~o =o~ 0 d~ico~ st<,, che sia Impossibile averne. Qui cade a propo– sito la celebre testimonian– za del Boccaccio nostro: e Non ero ancora giunto al settimo anno di età, e non ancora avevo letto poesie né udito alcun mae-stro, e :cr;~~t1coct"e~l~1~r 1 ~ ecco. splnjtendoml la stes– sa natura. ml venne deside– rio di poesia ... >.Spingendo• ml la natura, ml venne de• siderlo di poesia: questo. !orse, è tuno quel che si può dire. Ed è, certo, tutto quel che posso dir lo. Dove poi ml abbia porta• ~:~~~\~~\~~~ ~~tir:~giaC ~~ 1 tf~~ ~~ella~f~~eri~f: vere al lettore. al critico. se non si vuol dire addirit– tura al postero. -oRRAOO GOVONI Per potermi avvicinare a una spiegazione dirò di alcuni sintomi che caratterl:a.a.rono un tale mo– mento. Il senso di lndlCCerenza e di sazietà dllronte al prodigi più consacrati della poesia, al miracoli della !orma; più la cosa si presentava ra!Clnata e perfet– ta, più Incontrava la mia freddezza, ml pareva che la parola tosse prigioniera di una formula daUa qua– le bisognava liberarla, che si fosse vuotata d'ogni !on-a espressiva, la vede\Ìo caduta a terra come una larva, e ml pareva osservandd un oggeùo di non vederlo nella sua vera essenza, avrei voluto vederlo come nel paradiso terrestre Adamo ed Eva. E ricor– do che una mattina ml recai sotto una villa che tanto ml piaceva, della quale conoscevo I proprietari e sapevo a puntino ogni particolare della sua esl• stenza. VI andai come Il pittore con la cassetta del colori. col lapis e un quaderno per ritrarla con la parola. Non appena ebbi tlnlto e lessi quanto avevo scritto, e al tempo stesso guardai l'oggetto ch'era davanti a mc, ebbi un se-nso di vertigine: la villa sulla mia carta non aveva la più piccola parentela con quella da cui l'avevo ritratta, nulla combaciava nella sua presenza estetica come nella vita che aJ. l'interno vi si òVOlgeva. Al senso di vertigine su• bentrò un senso di ebbrezza che ml fece camminare all'nltlnlto. sen1.a mèta, nel mondo Irreale della fan– tasia e della felicità. E' cosi che Intrapresi a gettare dei segni sulla carta, con la semplicità e Ingenuità di un bambino e la serietà dell'asceta. E allorquando ne volli far parte agli altri tutti si misero a ridere, a ridere tanto da doversi reggere la pancia. Questo m'lmbal– danzl anche di più: avevo trovato la mia strada. Non so quali Impressioni e ricordi possano ripor– tare gli altri che operarono nel medesimo senso e In quel preciso momento. mi piace solo slablllre un carattere che quello stil nuovo aCC-raterna: Il nostal– gico ritorno a motivi religiosi che dopo lungo esilio si riaffacciarono nella lirica Italiana. DIEGO VALERl DIEGO VALER! CORRADO GOVONI ALDO PALAZZESCHI (Continua da. pa.g. 3) onoria.to da vo:i un suo con– clttadlno. Un secondo pen– siero che ml contorta (che ml aiuta cioè a vincere quel senso di rimorso) è vedere seduto tra \'O! un altro e uomo di pena>, Il grande poeta Giuseppé Un– gar,?ttl che. più coraggioso bambino di mc, potrà con animo leggero li peso di parlare, e non - come fac– cio lo oggi - eccezional– mente. da questa insigne cattedra. Permettetemi adesso dl chiudere raccontandovi in bre\·e un mio complesso ri• corda scolastico, che si le– ga per me - come vedrete In Cine - a questa laurea. Quando avevo quattordici anni frequentavo a Trieste la Quart.a classe del J?"inna· slo e Dante Alighieri>. Il mio professore di greco e d! latino. che era anche Il nostro capoclasse, passava per essere - e in parte era - un e severo ma giusto>, I ragaZ?.I - come si sa - amano questi e severi ma glustll >; o almeno 11 ama, van.o I ragazzi del tempo mio. E ~h'lo lo amavo: Inghiottivo dolce ad una sua !Of,ie.tanto più che di lodJ era parchlsslmo. Ora accadde che. per cause iln– pre<:lsate, egli ml prese. ad un tratto, in odio. (Forse dire odio è troppo: Il ter• mine g'iusto sarebbe antA· patia. Forse. Incaricato di ln~are ai J?'iovanl alcu– ne delle più grandi parole che siano mai state dette dagli uomlnl e ocr gli uo– mini In poesia. era un uo– mo lontano dalla poesia. e l'oftencteva in me. ln tor– me deteriori di dlsordl• ne - quel qualcosa che do– veva, più tardi, portarmi all'ordine de-Ila poesia). Io Nuto da un • d e d • l rla e daJla faccia della ter- s •o • Qeuo o aiaque]-vJ ,giuroimme.ri - ep l, O a, a, i9 tato-a//attolns1</liciente. E sento, al tempo stesso, di aver perdonato. e perdona• non prendevo. nè Potevo, a ~o:i~ tf~l~f~ss~~n~ 1 n:~ ~~11:~v~ ~~,~~~dt~~Nl d~ ~fr 1 1 ~.c~i ~rt:~~~~~~di ~~I ~n~~u~f~,J;)mc~~ ~ona~~;!:-°)?~ ~:i 1;:: ~~l~~ J1;~~ree :Jcr~ vrebbe restituiti i quader• !orma abbreviata. la sen, un lodcvol1; o, nel J>e-.lUriore con più errori e segni I'OS· no. morto ormai da in!'inl- Lino In sè: studiavo solo ni. con ~li errori segna LI ten1.a. Nessuno degli scola- del casi. un soddisfacente, si di me. si era preso ln• ti anni. E' vero che - come per far contenti mia ma- In Inchiostro rosso e, sol• ri aveva il coragRto di lcg• che ml avrebbe assicurata vece un bel lodevole, Avrei Rcn7.o a Don Rociriigo- gli dre e Il mio capoclasse: to. il giudl7.l:io compless!vo: gere. come prima cosa. la la promozione. Non vi sto a voluto, forse dovutt.o,alzar· avevo già• perdonato una per farmi Insomma voler la nota. (Le note erario - nota in calce: tutti prende- dire come rimasi quando, al ml è eh.ledere uno schlari- inflnltà di volte: ma - dice bene dalle persone dalle regnando Francesco Giu- vano un fog'lio di cart.a posto della nota. lessi in· mento: ma chi osava - re- fra Cristoforo a Renzo per quaU dipendevo. (Altro di• seppe - formulate non In asciugante e Io facevano vece. scritto in quel terii, gnando Francesco Glusep. fargli oapìre che gli altri tetto dei poeti: dipendere numeri, ma In parole: era- scorrere. più O meno lenta• bi-leinchiostro rosso, ocr un De parlare non interroga- suoi perdoni non di erano un po' troppo dall'amore, no - le ricorderò fin che mente. sul loro compito; ri- solo, per un un1co, per un to ad un superiore. ed a venuti proprio dal cuore e dall'approvazione degli al• vivo - eminente, lodevole, cevendo. ad OJ?'Tl\ segno in poco rilevante errore, un quel S\lperiorc! Il quale ac- non erano quindi n'è-com- trl; e reagire in modi stra- soddisfacente. sufficiente, rosso, un c:olpo al cuore. affatto insufficiente: la comodò P0i le cose in un plet:i nè. dal suo punto di ni - a volte perfino vio- insu//icie11te. affatto ins11/- (Dio mio, come tuuc le co- peJ?glor nota possibl.Ie, quel- colloquio che ebbe con m1a vista, meri.tori: e Quante lenti - se quell'amore e i.c1e1ttcJ, All'eminen:a non se venivano. in que~U annl la che non .sidava ncmme- madre: ml avrebbe egual- volte gli hai già perdona– quell'approvazione vengo- aspiravo più; la leggevo ir• eselrn 10 a_uJ•. 1F1a 0 clscuco 0 ima. 0 p 1 reutseti sug 1 1 1 no a_gli asini interame 1 nte m 1 cn 1 te elar-J?itoun 1 sii//hicic 1 11- to? >. No; questa volta gli no loro negati). Cosi, ap- ragJ?'lunglbile tanto nella · 1 asinl. La mia d!speraz one e n greco, a pa, to c e a ho perdonato sul serlo: e, pena mi accorsi di non es- mia ooscienza che negli oc- altri. ed ebbi la contcntez· si accrebbe alla ,2"ioia.per pov{'ra donna .i:?11 desse la se non faccio u suo nome, sere plù approvato, di es- chi del mio capoclasse. Ma za di vedere nel mio com• me tntempestiva. del mio sua parola d'ono:-e che, a Cd anche - ora che sono \'i– sere anzi malvisto. passai di ·un soddisfacente a-Imeno pito un solo se_gno rosso. al- · compagno di banco (Dlem promo7-:lone avvenut,a. mi cino a raggiungel'lo -: oon quasi di colpa da uno del ero sicuro, o quasi. Venne la frase iniziale: Demosthè- si chlama\'a; è uno dei po• avrebbe fatto cambiare isti• a.fletto, è solo perchè, se è primi ad uno degli ultimi Quel l?'lorno, cosl temuto da ncs clcoc cn to logo: Demo- chi superstiti deUa mia ge- l'UIO. ln!atU, consegna.i:ido- lecito nominare Il peccato, in classifica. Si er-a. negJi essere Infine deslclera.to : lo ste11e di.ssc iti 1m. di.scorso. nerazionc. e di QUI lo sa- mi l'atteS tato finale. il e SC· non si de\'e mai nominare ultimi mesi (o giorni) del, lnse.i:nante resUtul ad ogni Era un errore leggero: po- Juto, augurandogli poichè \'C-roma g-iusto > ml disse. il peccatore. Pare dei' resto l'anno scolastico 1896-1897: guarc1a nd omi negli occhi e che il mio e Innominato> 51 la nota che avrei riporla• 1~---------------------------71 alla presen 7,l di tutti i mJei ~ia sempre comportato con to 4n greco era decls~va compagni: e Speriamo che tutti gli altri suoi aluMi per la mia promo1Jone al * si farà più onore ;ell'!st1 t u. oon rl2'fda l?'lust1zla:per me corso superiore. 1'utl.;l\-.Ja. ~oe~d;e~~t~ ;;ve~~;:g~: solo aveva !atta un'ecce• rr !quanto Inquieto e con Per gentlU conceulG-ne dell'Editore Vallec- ta-liOne al lettori 1t - eh.e questo volume~ &Ol· zo. che ebbero un'ln!luen1,a j.~~e; come voi, cari amici, \!11 1~ 0 2'h~n~~:: 1 !~Y· t~~ 1 sa~ eh.i di Firenze, abbiamo pubblicato In queste ~~~tf:i '!::,.~~m~i d!U,;:P~:!~~~ie~~~~V;~:~:~co,! quasi dools~va nella sua tra. st~te fatta 0 2'1 te r>er la Su-i quaderni: non potevo, 1::~ 1 :: :r:n:e:: 0 1 :ir:~~~ftdf~~rilTf~~~r::: sto altrettanti paeti nati in que.1to&ecolo e ~:~irii~a~~u~ l~'~d~i I dire ~il~ss~~:so ~.aa~:~~ anche per raJ?loni famlglla. l'A tologia popolare di Poeti del Novecento a/fermatisi dopo Il 1930 ». E aggiu11gcno: e Ci !?iO!a, l tesÌI classicl. dlve- m7.lanquesa volta ... nella dire- ri, concedermi Il lusso di cur~ta da.Vittorio Ma.uellt e G. A. Clbcllo. rimane da &piegarti, del titolo, l'aggetttvo nutl PCr mc, per mancanz.a . o e opposta. essere - come si diceva al- s opa dell'A tolog!a la. prima del genere popolare. Attento, amico lettore, a non pren• d'amore, troppo difficili, Ho ~etto. Non ml rlm_ane ~o~~~~t.e~~bTu~~o d?p~~ che\1 pubbllc: in !talla, è di pre& enta.re I li ::rfo ag:r~i 1 l 0 ;i1:o~: 1:::~ !sru~~r:, :rp;a; impossibili addiPlthlra; fre. che rm~raz:la:v1 un'ulnma deva p~r me dall'ultimo ~~~:::cnf:t'a~lli!t11u::cahe'~~lap1tt'i:o':o~:1~ 1 t possibile JacUe, che precede ogni paesla. l:zo?.W:nl~~:~::3, =j: ~~~a·/~r:~~li~~eu~ compito sta~ iJ cla se e poeti lta.llanl fioriti, all'incirca, tra lt 1910 e lo &copodi far conoscere al grande pubblico U I ll sotto I vigili occhi d!U'in• il 1930. dei non letterati di profenlone la non sem- ~\ou~ ~~~;. ~r~t~~: ~n'ì~na a> ~~t! \~Vo~~~ segnante; vigili per evl 13 .• na~c~~tlu:::;:;~"sa~!~C:1e~rJ:~1~i:,n~rr:~ rc~~~ :~1! 1 :ett11fd~%~"d:noE am:,~~~~,~er:7!: poi cosi speravo allora - soffrono nel mon1o d!scor- ~ ch~,J?'ll )}unni sJScopi3ti do Govoni, Clemente R-èbOra, Aldo F.ilaue· rlca.mente, nella "wefazione ", sulla. paeslo un bravo, un onesto. uno dc. di sentirsi Sia pt1re lro un a,i_-o. tcs schl, Dino Campana, Diego Valeri, Vincenzo del nostro tempo, pre/lentando poi le poesie stimato commercb.nte. lottando per far v~nrere mo; ed ebbi 'impress!one Cardarelll, Camilla $barbaro, Giuseppe Un- pre.1cclte senza alcun commento, noi abbia- Eoc:l, illustri Atcademlci ciascuno la prop:ia fede, la - Quasi certezza dJ noi garettl, Eugenio ?>.>ontalc, ario Betocchi. Sai- mo preferito cogliere tutte le occasioni, du- e cari amici, uno de-I mo- pr~~rla Idea, maparl I pro. aver commes.s.i che -po::hl, vatore Quaslmodo. Tutti viventi eccetto Ca.m• rante l'e/laurlente commento di ognuna, per tivl pe-r i quali vi S(K 1 o, ctn· pr1 interessi quanto più ~p~~~ròn:rro~hi~~ ~fl~ pa11a, eul seno nati tra il WJ3 e il 19Ql. ~r/e!s~':i-,,,~1 ~;~~~~"s: 0 m:~~- /!: :?~~~ i:::. r:ir~~ti~~~~~i~~\;~o~J! ~f?1b~~~~!tldtl~a~d~\-~ stlficata! ml rimaneva deil~~~fog~! 9 ':c~f:rioro :f!Y,~~g g[I p~;;:~~ sta. poesia... », oggi ml aveie conces 3 a ha comune aneosc!i di vivere. ~~t~n~e\~ 0 i~I :;:~;~; co~ cancellato dalla 1n:a memo- UMBERTO SABA Biblioteca Gino Bianco Nellaluce della famiglia * di Carlo Betocchi Non mi si pub -ve<ulre pi.e– namente eh-e nella luce del– ta famiglia. Cred-0che la famiglia, pe. n.etrando tutti i miei senti– menti con il suo amore o con la sua unìtd, e in/li!J· gendomi i dolori deUe suo disgrazie, .tia alato il m.i– glior fondamento deUa mia capacità di comvrendere e della mia capacitcl. di abne– gazione. It aecol,o poetico del resto stava comincian– do con una poesia che rea– giva a D'Annunzio e a Car- !1:Ffni°,,lio:t"gbba~~~~ anche litHimitcl. per aacen• dare, nella sua 'PÌù alta mo· ra-littl, all'ab1tcgazion,e (si pemi a Clemente R.tbora). L'amore e,tercitato aubi– to nella famiglia ha mante– nuto viciniasimi a me gli oggetti del mio amore, mi ha PCT1neaso di compren,, derl-i meglio anche se ha a1mlentata. la mia JacoUcl. :! 8:t{!;,[g ~:::-~n ctwh molto ben conoaciuto, come è la famiglia, ed in essa le persone CUl ,xutre, della madre, dei fratelli, Mlle so– -relle. e poi della 1,1oglie e dei figli, con folle le 81'4 varietcl. di rapwrti e diver• sità di obblighi, si abit11a art BSsere tempe,1tivo e ri– flessivo nelle sue <Uioni. Esao è molto differente da una P<USione, perchè am– mette, in,1ieme alla confi– denza che t uno dei be,ti vii) preziosi e segreti di es– ao, ima infinità di ri.,petti e di doveri. Per amare una creatura eri.svettarlo insie– me occorre amarla molto di 1>iti e pi,i sottilmente: e q1Lestacondizione aiuterà a rid11rre le eV6n.tuali P<U8io• ni friture e a contenerle nei limiti deU'amore, che non p11òessere, come la PQ38Ìo· ne, egoista. Questi .1ono stati i PM· mi pa.,si e -i più -profondi · i11segnamenti eh,; ho rìce- 1111,to fortunata.monte dalla r~t~h:~u~:~1~t: bene che era 'P(tT' me la fa– miglia, 08i8teva un cerchio di altre cose ordina.te intor– no a me, patria, societ4, e che l'obbligo del lavoro na.- Jg:~: ,tap=/:' d':°l'a1:o1:; re dal.la . mia capacit4 di amare il la.t.-oro, e di eleg• gerlo anche .1e non lo at:e• vo f)Otuto scegliere. Intanto 81 dettavano i miei sensi, o meglio M riflettevo internamente le emozioni, cd ho inteso la natura, con ltr quale ai COJl· !1':Zg~=ir:Cl!~e1l1:P~t~ dono figiira., per la na.tura steMa, di tmwni amori e sentimenti. Ho veduto co– s\ tutto ordinato, 1n quai. che modo nel mio cuore, CARLO BETOCCHl fa111iglia patria società na– tura, senza che io atésso sa– 'PCB8icome mai mi /0688 f)OB1tibile conwrcnttere que• sto <1more.Bastava che lo ama.Ysi. Ho visto dunque che ero ima creatl,ra deUa crc<1zionein un ordine ine• 1>itabilee merc1viglioso: c'e– ra 11nCreatore: a abituato a credere fin da ba.nt.bino h, stupenda unità con l'a• moroso insegnamen.to nw– tcrno, ho sentito che n.on mi sarebbe mai più stato pos$ibile di non credere, pcrcht Qllelprimo ordine di co.,e che mi aveva confor– tato ta11to, di essere alfi• dato da. bambino ir.erme al– l'amore della madre che procurava il mio bene, l'ho visto cre.scere meraviglio– samente: siccM la mia in• tellimmza ha desiderato di riconnettere tutte le coso ché conosceva nell'ordine Orif}ina-le, e da IJUCsto ho preso ad amare gli spiriti che avevano fatto lo atesso, a .,tudiare appassionata– me,1te le opere (fino da gio– vi11etto), e ad aver deside– rio di -imitarne te azioni. Poi ho paasato tren.ta a11- 11ì dcli.a mi.a vita nei can.• tieri di costruzioni: sem.-pre nij ha giovato esercitare l'amore per il lavoro, le co– se, e le versane pagando di Mio, imparat1do col fare. Ancho l'amore si impara a renderlo pi1ì vrofondo. cioè piil vero. Non ho contato le ore occorse 'P6r q11esto: lw ai:11to110Chi&vaghi: ho avu– to il premio di avvici11anni a.Qlìspiriti che amo di pift acrivcndo qualche 1>0esia che spero vosaa cs.1ere lar• ga me,ite c':Gt1'6°~i·ToccHt
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