La Difesa delle Lavoratrici - anno II - n. 9 - 18 maggio 191
LA DTF8SA DEL:\:'ET,AVORA'l'RICI 3 ==========;=======;;;;,;,,,;;,;,;,,;;;,~9i'=~~~======,,========= LA BALIA (Versione libera, dal 1•ffs;-;u) Dascha. a,,eva appena chiuso il suo baule, fra un'ora lasciava la casa, nella quale a,·eya pas::;alo un' anno ad allaltnre ìl bin1ho dei ::;ignori. · 11 di.slacco le riusciva difficile: ora che clovc\·a, tornare al suo piccolo paese si nccor– gnva co!11c era slata piacevole la vita in questa. nc(;;a e suntuosa casa, nella ~rande e bella cillà di ?\fosca. i\rai aveva c1ovuto faticare, neppure la biancheria per il bam– bino aveva donilo lavare! E clrn camera: calda, gaia. piena di luce! El ~ome era dolce il sonno iu cruel lello largo e morbido ! E i ~ignori erano lauto buoni, sopralu LL? con le1. Era merito suo, della balia, se ti pfocolù Xicolino cresceva tanto robuslo. Le dispiaceva di lasciare quella casa, di slaccarsi dal bamhino per il cruale a\"eva quasi dimenlicalo il suo. ~'leolre, melanco– nica. stava vicina a.Ila porla spalancata, vide enlrare la signora col bambino io braccio. \'olc,·a elle salutasse anc-ora una -volla la balia e le regalasse quakhe cosa. Da~wha. coprì Lli baC'i l;t rosea !';ircina del bimbo t' proruppe in un pianlo forte che fece .scap– pare la signora col l1intlJo ' _l~ Yiagg-io fu sc·omodo e llrngo. Slll prin– c1p10 la balia pianse e ru lri~;te, poi a poco per volta ~i calmò. lnfin dei conti non to1'na,·a mica eollc mani vuote. Ll baule era pieno zeppo di vestiti che le sembravano troppo belli, di sciarpe cli seta e di fana, vi erano pul'e degli utensili di cucina e della roba per ìl piccino. Che cosa · non a vrehbe <lelto la comare \'edendola arrivare così? Dascha aveva l'intenzione di mellcre su una ca:--ella simpatica, e nella sua fanlé1sia vedeva :2;iùcome a \Tebhe vestilo suo figlio, che pur· esso si chiamava Nicolino. Le ,·enne in mente la lelt'cra. che aveva rite,·uta dal sindaco: .le ,n·eva scritto cbc il bambino era stato malato. Le contadioe 11m1 sape,·ano lrallare i lattanti. ma essa a,·eva imparato in cillà che bisognava far bollire il lalle. Il viagp-io parera eterno. rl'ra il treno e le diverse diligenze c-hc Dascha ebbe a pren– dere per giungere al suo paese, e la neces– sità di pernoLLare in una stazione, passarono ,·enliquallro ore. L'ultimo lrallo di slrada fatto su w1 biroccio sembrava non dovesse mai arer termine. Ogni momento Dascba ri,·olge\'a Ja parola al Yeltul'ino per sapere se il paese era dislanle, ma la distanza non accemia,·a a èiminuire. Finalmente il biroccio si fermò. Dascha scese e si diresse verso Ja casa della comare alla cruale a,·e,·a affidalo H suo Nicolino. Un cagDolino. con voce rauca, djede l'al– larme, a1lri due cani gli fecero eco. Al buio, tastando. riusci ad aprire la porla e si trovò in una camera appena risebiarata eia una Jueerna a petrolio . .< Dascba, sei tu?» senlì essa domandare, mentre scorge,·a in uo ao– ~olo una pie-cola culla \",•.ola. Le si an·icinò la comare: era scalza. mal pellinata, disor– dinata nel ,·estilo, ave,·a denti gialli e rnol– liSBime rug-he, era una donna invecchiala anzi tempo. Xelle braccia Leneva un bimbo che ~emhrava un·oml>ra. Deµ-iiocchi immensi chr rrra,·ano nello ~pazio. una Lesta esage– ratamente :,..JTande, un ,·isino piccino con rfel]e morbose macchie rosse. Le magre brac– cia pende,·ano ,-ome esauste da una immensa fatica. le manine erano inerte, cerulei, lra– sparent i. TI corpicino era coperto di stracci sporchi. dal pello uscirn un debole, addo– oralo pianto, un continuo lamento. La madre ~i sentì inorridire. Avrebbe v0- luto -volare, ma i piedi rimanevau~ incl}io– dali al suolo. ln quel momento s1 apri la porla: il \·etlurino portava il baule esigendo una mancia. Dascha uscì per un secondo dal suo torpore e ri ,·ol::;e alla comare uno sgua rclo a nsio!'-o. . - ~i(•olino è indisposto - lhsse questa piaµ-nucolando - non \·uole più bere il !alle, non sta bene. IJa~cha 11011 apn bocca. Terrore e r-i pu- APPENDICE l' ultima s~eranza ~i ziamulia Zia Giulia a :\eni "Seni mia, sono malata. 'l'ua cugina Bianca. i! qui che mi cura. "E<l i• C<>t'J premurosa, cosi. g,·n– t ilo con mo che rni pare d} l~ggl"n: ne~ suo o<:chi la mia condanna: Grnha, tu sh~ JJCr morire. Cho malattia ho 1 No_n mc lo d~oono. Il medico p~r pietà, _for~•, !31anca p~l ~nnr,_re che io ti scriva, che 10 li dica: :-- ~en!, vie ni '. La verità è che ho for~ 1 g10rni c?n– l..t.Li, <-i:1e ho wow<mti di soffcrenr.e atroci i· or<• di calma in cui constr~ù un_a. str_ana._lu e idi tà di pensiero e v~o 1 rn~onn'?, ~nt.u1~c:o piu cli pri1na Quando Il medico. mt <~1su• di<· a,·evo biBvgno di una pen;ona rntcl!1gt~~ o affezionata per curarmi n"-:llo ore d1 _cns1 e per distrarmi in 9ucllo dt ~~la'.1co~~a. 11ro– fonda. il cuore mi_ ha suggeu.t_? - Nen_1. I:a. mia piccola )[eni m1 curerebbe; l;orsc 1;11 gua• rirebbe. Perchè il mio cuore e un po. mala• to del terribile bisogno d'af[~tto che m1 pren de ora. che non sono più g10Ya_ne, eh~ ~01:0 ola, 0 che le g~oie che. furono .hno a. ~eri ~a ~iia vita, sono già col:il lonfaHf' ed <•i;tran<:& .alla , 11.ia anima. .. . La. ra•,,.ione mi ha detto: - no_, ~em :,la per dive~~aro ma~rc, non dc,e Yenu~. - J>cr- ciò non t1 ha 'SerJti-0. . _ e na mattiu BiaJJCa mi t, C(JUJ}Jar5a lfl c:a gnanza si clipin~ero nei suoi occlJi.. Era questo suo figlio·.) - Prendilo - <l isse la vcc;chia - senti come è diventalo Icggiel'o. Dascba. si ab;ò, ma non ebhc la forza cli avvicinarsi nl piccolo, misero corpicino. La vecchia glielo diede cLeC'ndo: - i\[a prendilu, è Luv fi~~lio. ~ai. - O Dio. Dio. muore - e::;clarnò Dasuha. - No11 pecC'are. non ribellarli nllu ,·olontù di Dio - disse la vec-ehia e-on ,·occ 1ug-ubn•. JJassaro110 alcuni minuti prima che la 1ua– dre fosse tornata in 8Ò. l 1 'cc-o- uno sfurio im– menso senlcndo pe11timeulo e vergogna per la sua debolezza. - Perdonami, Nicolino mio - di~se in– µ-inocchiandosi e baciando le J'redde Lraspa - renli manine. Scmbrara che la. vita tornassr nel piccolo corpicino. Il colorito clivent(J meno violaceo, gli occ!Ji si aprirono. La madre non chiuse occhio L11lla la nolle. 11 sèntimento materno si svegliava e tii affer– mava ~empre più potente. H bimbo riusci ad addormentarsi per qualche tempo. L 1 ill– domani rnallina pHrvc più sollevalo. La ma– dre fetc bollire del .latte. gli mise uno dei v2sl.itini portali dalla ciLtù, il vestilo era troppo largo ... Ln \'cc1;ùi<.t !,;Cg-uitava a dirn « Se Dio Li vuole portare via il tiglio. non Li l'iliellarP, non lo contrariare». I~ gettava sguanU c1·in– vidia ::.ul haulc- pieno cli roba. Cu~ì passarollÙ a!uuni gioroi. Ln mat.l.i11al.a il bambino slava rneglio, ma vcrtio sera lo si.alo peggiora.\la lulli i gion1i. Per la madre erano giorni d'indicibile angoscia, l'nllernarsi fra cupa disperazione e rosee spcrnnze. - l~isogou. tare qualcileco:~a per sc1lvarlfl - disse Dascha alla comare - bisogna chia– mare il me<lico. - Dove lo trovi il lllCciico·? - dbse la vC'ccbia con ironia. Dascba si recò a piedi da un 1 infermiere che slava in un paese distaDle molli chilo– melri dt.11 suo. Gli descrisse lo stai.o del bimbo, co11 t.utli i p.irlicolari. I~ l'infermiere la quietò subilo(< S1ale puro tranquilla, sono i denti, cosi accade a lui.Li i bimhi. Coi denti SJJa.l'ira11no le conv1Llsiuoi ». ~lenlre l'infcrn1iere 11nrlava, la. madre pn.>– ,· :1.va un certo sollie,·o, ma. non riusciva. '.però a per:;uader$i. PPithè li JHCro1o N1rc-o– ' lino eh' es~a avev,1 ,tll,1tt,1lo 1n c1tt:t c1vevLl ,.,messo i denli sc11:t.a tormentarsi così'? • ·Co111c ultima ancora di salvezza Ja madre l ccidelle di rivolgersi. ad una YCCthia che anli ritenevano per una« strega». l.,e espose o slalo di suo figlio scongiurauclola di sal– arlo. -- I fai una lo,·aglia bianca·? - domanbò S'r/ee~h ia a Dascha to.11 aria di profonda r·•··ess1one. - Si, rispOtie Dascha men.1,·igliala della dornancla. - Ap1wna tornano le ronvul!-:ioni, copri il :Oambino <:olla LovaKlia bianca e tienilo così .::.aperto vicino al rilrallo d_ùlla madonna. l. - Nient"all1·0·! -domandò nasdrn con raddoppialn meraviglia. ;- Basla_, !Jasla ! che ti protegga ldd io, vedrai. Vetso Ja solita ora ric·ominciarono le con– vulsioni. Dascha avro1se in una tovaglia bianca il suo Nicolino, tenendo coperta an– ebe la faccia, e stelle li pallida. immobile: soltanto di lauto in Lanlo faceva il segno cli croce ~ull'invoHo bianco. Dapprima sc11\1 1nuoversi il bimbo nelle 5ue braccia, poi non senlì più nulla. Trall.enne il respiro. rimase immobile col bimbo nelle braccia per qualclie minuto an– cora, poi alzò la Lov,1glia. Lo sguardo della madre cacltle sul visillo mannol'eo cli Nicolò, sembrava che sorridesse, rappu.cificalo, sollevalo. . Appen:1 la clisgrazi~1La ebbe il lempo di rnelterlo nella culla e cli inginocchiarsi sin– g biozando dm entrò la COlll<H"e. -Non peccare, non brontolare, sii con– tenta cho Dio abbia ripreso tuo figlio! E la porla si aprì un'illtra volta. Er-a la vecchia ,< strega». Fece il segno della croce e disse: - So, l'ha gi(l portalo via! - Chi~ urlò Dascha saltando in piedi in pl'eda ad una lerrihi.le angoscia. - La morte - Quando per la prima volta la morie \'enne in casa lua. lu la cacciasti via, e::;sa lornù e ritornò ancora pcrchè non può dimentic:are lo spavento che gli recasti. Ora ringrazia il cielo. Adeti:-:Ola morte si è riconciliata con Le - li kt perdonala. LA GUERRA PORTA VIA IL PANE. sa. 'fu la ricorderai ancora. la. cuginetta che un tempo era la tua compagna. <li gio<:hi, cho Li faceva piangere e ti picchiava. Ella ha conservato quel viso duro. 10.agro, sottile che aveva. da piccola. E. nera., asciutta, aspl'a, quanto tu sei bionda, buona, dolce. Io non lo so oome sia venuta. Ella mi dice: - Il cuore mi diceva d1e tu cri malata t::<l avevi bisogno di me. :Mi paro che il cuoro di Bianca non può averlo suggerilo un pensioro di premura. e di affet.to per me. Ad og11i modo ora ella è qui. E ll'Tli pare eh<· metta nella mia piccola casa lieta un'om\Jra. grigia, con la, sua figu– retta. <'Silo o rigida. Pcr.cbè Q: venuta 7 Forse Neni. ho, prima di morire, un ~-'1- spetto cho e una cat1ivcrla, 1(Ja temo elio ella abbja voluto i-ioon<:iliarsi con ml", ora, 1wr– ~hè ha. pa.ura, che le sfugga l'eredità della zia Giulia. Mia piccola. Xf•ni, quando il tuo bambino sarà nato, quandr, potra.i viaggiare, vic11i a <larmi un bac'.io, un'ora della tua gaiczz.,L, u11'ora. della tua bontà. Zia U1ulw. Zia Giulia a Neni, Dopo la tua l.-tt,c,r:.1 co~ì IJuona, mi pare che qualcho cosa sia rinato nella mia anima. Co mc l'asp(>Uo la tua. cre..aturina! Vi è in mo u11 po' della. trepida speranza della madre . Che ella na.sca. presto, se zia Giulia Je-ve w·– derla. Mi telegraferai appena sarà nata. La port..erai qui a respirare la nostra buona aria ~<:i wo11ti. Io aUlO figurarmela. picoola, bion· da, l'Osca, ridere e gioi.aro nella. casa. che zi~ Giulia ha lasciato. Sarà. uoa crcal,ura, di gioia e di bontà. Dille: zi<.tGiulia. ti ha pre– parato un piccolo nido nei boschi. I boschi avranno anche per lei dolcez,a e pace e i 'n1.0nti mai nessuna sovera voce austera. A.n• che ora che sono malata li guardo come i miei vecchi amici. rare che mi dicano ogni mo• ITIOJltO; - Giulietta, ricordi 1 - Ed io rispondo: sì 1 sì, tainlc cose. 1\'1entrc scrivo :Bianca. si aggira intorno al mio lotto e le suo labbra sorridono e gli occhi rima.ngono duri. Guarda i mobili, la mia biancheria, i miei a.biti con l'aria di far l'inventa.rio di Lutto. Le dico qualche volta., pcrcht.~ il pensiero avi– do eh.o le kggo negli occhi, mi fa paura_: - Bianca, tu hai una, zia cho fu una spcns1f'rn.– ta, che n,m lascia nulla ai nipoti. J~d ella non rnì cr<'dC".Fa il viso arcigno allo roso cho m'ari-iva.110 ogni ,na.Uina. Ho scmpro avuto la, passione delle rose. Ed ora. che il irio giar– dino (, spoglio, cbe gono ma.lata, pcrchè dc~,o privarn1i di quest'ultima doloez.r..a della nna. vit,a..1 Poicb?· atLorno a mo non vedo che il "iso severo di Bianca, sorrido alle rose, le amo co,nt~ creature viventi. Non 1,1onoricca, Neni, non ho saputo mai calcoJflre b<•ne nella rnia vita.. Non ho mai fat,to il bila,ncio esatto <li ciò <:ho possedevo, <li ciç dw poLCvo spendere, com<:non ho mai fatto 1 il bilancio e~mtlo <lelle gioie che potevo da.re i' e che potevo ricevere. Ilo cercato. ho volutP, ho acoottato tutto quello che la.. vit<L rni pt)l<:va <lare di bello. La viLa non ha avu lo La lo!!Jica dei semplici (Il rincaro dei viveri). - i\faledeU,i f'JUCisocialisti che son la causa di tanto rincaro! - esclama la signora Dorotea cho contrarta, con la solita tirchieria, la p1·ovvista pe,· la cena. mentrn il cagnolino le scodinzola al rlanoo. - Oh! che centrallo i. socialisti in questo fatto t chiede la Lena che ai suoi tempi ha lavorato le 12-14 ore al giorno pe1· 8-10 soldi e che nonostanto retà non ha perduto un certo buon senso innato ... - SicU!'O, cara Lena; i socialisti coli' incitare i contadini o i:rli operai a chiedere aumenti dipag-a, han fal!o sì che ora _t.uUi quanti risentiamo p:li offet.ti in uno smis11rnto accrescimento di prez,i, e capirete cho chi ha la peggio slamo noi. .. g:enle civile, che dobbiamo vivere delJa nostra modesta sosta.n::a. - Mi dica 1111 po, signora' D01·otea; ma codesta gente civjle che cosa faceva per noi pov01·eLti quando si viveva tanto male, si manµ"iava una mi– nestra roal condita e si vedeva hl carne a ),alale? - Oh, e' em assai più carità d'adesso ! - Jn verità io non mi ricordo che la carità sia arrivata a te1npo ccl a luogo a sollevarmi uelle mio n1iserie. Ora via ... si vivacchia un po' moglio nonostante il rincaro. - Oli! lllO. badate bene se le prete~o doi lavo– ratori uon si modereranno andremo tutti quanti a 1·ompicollo, noi e voi pure. - Veramente non 1.ili par\3 che sieno proprio le paghe aumentate che producono il 1·incaro. Ho sen– tito proprio domenica su.Jlapiazza, parlare di <'erte tasse male applicato da parte del governo o dì nlcuno società di padroni che tengono alti i prezzi della roba facendo cosi dei guadagni favolosi. È qui il punto da battere! - Ohibò ! voi credele allo chiacchere dei socia– Jisti: non capite che il mondo· non si può carn– !Jiare ( - ~fa come 'l Se p1·oprio lei signo1·a si la111e11tava uu mon10nto fo di un certo {Jual cambiamenlo ! - In peg~io però, per noi, eal'a Lena! - b: si e-ambierà lanto più iu peggio per lei !In quando lei e i suoi amici verranno a sostenoro lo parti dei signori ! - O come volete che noi, gente civile, c1 si metta accanto al.l'operaio 1 Si sa, le convenienze ... - E lor si tengano le convenienze e non ci ven– gano a seccar noi se la ,·oba cresce di pl'ezzo. Per conto nostro la vecliam chiara incomlncia1uo a farci ben pag:a1·e e poi so i prezzi aumentano, chi chi sa che si trovi qualche altro mezzo pe1· 1·ime– diaro ! - E sarebbe?, - Quello ad , esempio di obUligar i padroni a limitar le loro entrale .. - Oh ! che follie, i padroni saran sempre 1 padroni. - Gia fln che Ja génte che lavora andrù a prender consigli da chi la pensa como lei. - Uh ! come la sapete lunga, cara Lena, Una volta c'era più rispetto! E la signora Dorot_ea va di gran fretta accom– pagnata dal suo fedele cagnolino. g. b. <e lo 1l!Onconosco ancora il numero esatto dei 'mort,i e dei feriti - scriveva Giuseppe Gari– baldi - nella strage di Bre.$cia. So che vi son ragazzi mm'ti e donne ferite. Soldato i– tcdAano, io non ·voglio credere che soldati ita,. liani JJO!iSanoave1· ammazza(lo e ferito fan– ciulli e dow11e inermi. Gli uccisori do·vevann e.snere syhcrri mascherati da soldati. E chi co· mandò la strage ... oh, io lo proporrei per il boiaE l!) proporre-i ai bresciani d-i innalzare 1m m011'u1nentoa aPovo!f, ufficiale russo, che ·ruppe la scialiola quando gli comandarono di caricare il popolo inerme di Ve,:savia 11. " LADIFESA DELLE LAVORATRICI ,, Abbonamento annuo _ , L. 1,50 semestre » 0,80 impo.siziouj scverc, Lisogno di sacrificio, d1 aust.c1·ità, di ritrnnoe per mc. Ho a.vuto torto1 Il mio dena.ro l'ho dato, l'ho spcso 1 l'ho pro– fuso. hli ha dato molta gioja, ha dato \O)Olta gioia. Gli occhi di iBanco mi dicono qualche volta: - Zia Giulia, tu sei stata una crca.– tur;L di perlizione. I miei rispondono•: - ]3ianca., io ho seguito nella mia vita una sfra– da oolcggiata e fiorita; lu un piccolo oon– ticro buio o nascosto. Io ho veclut-0 molto cie– lo e tu molta ombra. Io ho sentito molti can· ti d 1 uccelli, tu il brivi<ln della solitudine. Ma gli occhi cli Bianca mi dicono anche: - Zi;L Giulia, che mi la.soora.i quando morirai'? Nulla povera. Bianca. E non sai, per fare un at'to di cattiveria, che sarebbe l'ultimo. l'unico. Ma perchl• 110n ho nulla. All'infuori di questa piccola casinn,, il mio sereno Tifu– gi?, so la la!':cias~i ,~ ie mi paro_~be ~10_ soffri– rei ancora, dopo. lu la convertirest1 1ll una. spoc:io di chiostro, in una ca.ppcll.a votiva per l'espiazione dei peccati Ji zia Giulia. 'l'u cammini Lroppo a<lagio, non fai rumore, 1 tuoi ocdii vogliono frugare nella •11ia anima.. non ami i miei quadri, le mie ros.e, i miei monti. Tutto ciò cho si è rivelato a me come un sorriso de]la. vita non direbbe nulla. colla tua anima. Che vorresti fare qui 1 Perchè il pensiero della morte non mi dia, un brivido troppo doloroso ho bisogno <li pen– sa.re che, dopo, qui vivrà una pcrsoua. deli– cata. o fine. Alla, tua. l:rcatura tu l1asfonùe1ai un v,/ della lHÙL ani111a, un po' <.lclla.tua.. Zta {)tul/fc (Uout1,-uua.).
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy