La Difesa della Razza - anno V - n. 19 - 5 agosto 1942

2ialc 1:t. trasmissione nei disCC11denti di quel patrimonio ranista, formato dai caratteri ereditari, in una suc«ssione che almeno potenzialmente, tende all'infinito, appare evidente l'a• nalogia con quanto accade nel campo del diritto mediante la crasmissìone ereditaria dei -beni. Non solo entrambi i fatti rispondono ad una medesima elementare esigenza, la necessità della conservazione, ma come nell'insieme dei caratteri rauiali suc«dono le generazioni, similmente nei beni crea. ti dal lavoro e dal geoio ariano subentrano i divc:rsi portatori, secondo le vicende di un continuo rinnovamento. Scopo del diritto crroitario rauiale è appunto di mrttc~ in luce e di realizzare, in principii e in norme-,questo rapporto tra successione di sangue e successione di beni affinchè, dal conflitto e dalla disarmonia dell'una con l'altra, non ne tragga nocumento l'av,"Cnire razziale della nazione. Perciò i beni dc. vano seguire il destino della rana e la loro sue0eJSi.onedeve, il più profondamente possibile, essere, per cosl dire, immersa ndla succcsisione del sangue. Al contrario dell'ebreo che altro non lascia dopo di sè se non il suo odio dissimulato e il prodotto dei suoi raggiri, l'uomo ario affida ad oeni generazione la sua milknuia civiltà, i suoi ideali, i suoi fini, i beni cre_ati dal suo genio realizzatore. Perciò la successione non può essere considotrata quale un patto di interesse indiv1duale e privato ma come un'esigenza stessa del p0polo. Ad ogDi posto di combattimento o di produzione subentra, allo scomparire del titolare, un continuatore della sua opera di modo che una generazione succede all'altra in una perenne continuità di vita. Non l'individuo n~ la famiglia, ma la razza crea il •ero fondamento della. successione e dette sue lqgi e da ciò dcri• va non un diTirto ercditarìo individuale o familiare ma un diriuo ereditario razziale che traduce in termini gìuridic.i le rc:ili necCS5ità del popolo e delb. nazione. 18 LI LIQOI SUCCUSORIE Una vera e propria successione ereditaria è pensabile solo nell'ambito della propria raz. za. Si conccpKca l'erede come il continuatore della personalità del defunto, o come determinato da leggi di natura più forti della volontà del singolo, la successione tra appartenenti a razze non affini appare, in ogni caso, un assurdo, poichè da un lato non può esistere continuazione di rapporti là dove, tra i successibili, sussista una così profonda frattura razziale, dall'altra la natura stessa vieta quei vincoli di sangue che, se-condo tale concetto, costituiscono la ragione del succedere. Inoltre per talune rane non ariane, quale l'ebraica, una sueécssionc mista è palesemente contraria al prestigio e alla dignità della nostra r.izza. E' ovvio difatti che ripugnerebbe alla nostra coscienza cosl l'isti· tuire come l'esse-re istituito ere• dc, ad esempio, da un ebreo: ipotesi, oggi, puramente di scuola tanto appare imposstbilc e impensabile. Se, forse per tale inverosimiglianza, il dirit~ to positivo non ha creduto di prevederla, il diritto razziale pone il problema e lo risolve in dottrina stabilendo la necessità di una duplice serie di incapacità c,senzialmente diver. se: incapacità di un ariano a. succedere ad un ebreo per ragioni di- prestigio e di orgoglio razziale: di un ebreo a succc,. dere ad un ariano per indernità. Tutto questo non vuol dire affatto che gli ebrei debbano continuare a detenere indefini. tamcntc il frutto fraudolento dei loro raniri, non mancando i mezzi giuridici, quali la confisca, la cessione forzosa, l'imposta speciale e via dicendo, di cui il legislatore si può valere per far restituire a costoro il maltolto. In dcfinitìva all'ugualitaria formula di una generale ca~- cità di succedere, il diritto -razziale contrappone- la differenziazione delle capacità succes- !Klric fondata, come ogni contenuto e graduazione di capacità, sulla razzia. E mentre per gli ariani ha vigore una lcggc suCCC$soriache riassuma le ·loro tradizioni cd esprima le loro esigenze, le altre razze, escluse da quella, conservano un loro statuto successorio, co-- .mc generalmente è sancito per le popolazioni coloniali, senta che tra questi diversi si.stcn,i giuridici siano lecite interferenze e commistioni di beni. Qllt'Ste considerazioni ,,aJgono ugualmente per le donazioni, per l'istituzione di lasciti, ('llti, oper" pie, e per la successione delle persone giuridiche che mascherano individui o interessi giudaici. L'IRIDITÀ SEGUE LA VIA DEL SANGUE Nel dominio della razza aria. na il diritto razziale scopre il filo conduttore per delineare, anche dal punto di vista del singolo. le norme della successione. Sotto questo aspetto l'unica successione è quella del sangue. Secondo l'immaginosa espressione del Salviati, !'eredi. tà segue la via del sangue, SO· no cioè i vincoli di sangue a determinarne i criteri fondamentali. Senza ricorrere al con. cctto di una comproprietà fa. miliare, è sufficiente ,ricordare eh~, come il sangue si trasmette di portatott in portatore, al. trettanto deve avvenire di quei beni che molto spesso a prezzo di sangue furono acquistati alla civiltà ariana. Questa concezione tutt'altro che nuova nella storia del diritto, anche se nuova ne appare l'enunciuiobe razzista, negand0 il capriccioso arbitrio e l'individualismo del testatore, ravvisa nella successione disposta per legge, quando sia in. formata a criteri razziali, il si• siema preferibile là dove lascia al testamento la funzione di adeguarla alle contingenze pratiche e familiari e di pro,•vcde• re a quei casi nei quali al singolo manchi, per una qualsiasi ragione, UJla famiglia. Ora il criterio fondamentale che informa la legge succeuoria è il principio della prole: per dtfitto di razza la prole è l'unica successibile. E questo è tanto vero che neppure la vecchia legislazione- potè nega• re quella quota di riserva o lei:iuima che agisce solamente nella f1liaxione (salvo ptr il coniuge) <ioè nella linea diKendente o ascendente. Il vincolo di sangue trova nella legittima una delle esprc,sioni più potcn• ti così da piegare entro i suoi limiti la \"Olontà del testatore. Per coloro poi che siano pri- "i di discendcnti o questi non esistano in numero sufficiente da soddisfare le esigenze della razza, interviene una sanzione fiscale che, mentre esonera il gruppo familiare numeroso. falcidia le 5ucccssioni prive del fiori-re dei figli. Ma al di fuori della nostra razza •o, almeno, della razza ariana questi principi diventano inapplicabili. Quale interesse, se non puramente negativo, può avere lo Stato italiano al moltiplicarsi della .razza ebraica? Perciò, per limitaTci all'a• spetto fiscale, un'eguaglianza. fiscale tra gli appartenenti alla nostra rana e i giudei appa• re, anche in questo campo, quantomeno inopportuna; cd un vero non senso stmbrano essere le esenzioni fr5Cali quando si traiti di connubi ebraici. IL PRINCIPIO DEU'INEGUAGLIANU Un terzo principio, che possiamo dire dell'ineguaglianza è affermato dall'idea di razza nel diritto ereditario. Sia la legge che il testatore non devono vedere nell'erede l'individuo singolo e isolato ma il capostipite e per così dire il rapprescntan• te di una linea ereditaria. Ora la distribuzione dei beni va regolata se-condo le caratteristiche e i presumibili ,sviluppi raz. ziali di questa linea. Senza ricorrere al fatto puramente acòdentale della primogenitura, sembra miglior titolo alla successione la maggiore nobiltà e dignità razziale: Non il critcriQ_materialistico <lei numero ma quello a.risto• cratico di razza deve essere decisivo, in modo da favorire, ;.nchc con questo mezzo, lo sviluppo e l'affermarsi di forti arhtocrazic razziali aperte a tnlli i migliori partecipi della 11an111<!; alla regola individuali~l;i della divisione per capi si )<,~tituiscc quella, più spicco1.tanh•nte razzìa!c, della linea erc- .!1taria.

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