\ . .\ «etnia,. proposto dal Montandon. Mo questd termine è molto più comprensivo. D'altra parte, bisogno tenere presente che p.rimo del razzismo, il termine razza era stato scarsamente impiegata dagli antropologi in Italia. che ad esso avevano preferito quello di varietà. Si vede quindi che se noi impieghiamo il termine di « varietà nordica», « varietà mediterraneo». « varietà dinarica », non c'è nessuna i::os,sibilitò di confusione allorché poi parliamo di « razza italiana». I caratteri fisici della « razza italiana » sono stati abbastanza bene illu.,, strati dai nostri studiosi. Ridolfo Livi ho roccoltO un complesso di doti sempre fondamentali e che potranno essere consultati molto utilmente. Esaminiamo oro il punto settimo. In esso si affermava la necessità che gli italiani Si proclamasse.ro franoomente razzisti. Era questo punto in conJrasto con quanto aveva alfermato la scienza italiana fino a quel mo-- mento? A- chi si accontentasse di una ri• sposta superficiale potremmo dire di sl. Difatti in Italia era mancata tutta quella fioritura di opere scientifiche razziste che inve<::e aveva caratte.riz• zata la G_ermania e che aveva preparata la via al rauismo tedesco. Però, se esaminiamo la questione un po' più profondamente, pcissiamo di• re che almeno i più vecchi degli an• tropologi italiani erano alati, a modo loro s'intende, dei razzisti. Cosl. per esempio, Paolo Mantegazza si può considerare come un precursore del• la moderna igiene razziale e lo stes• so Antonio Marro. Se noi poi ripen• siamo a quanto scrisse Giuseppe Sergi a proposito della repressione dei degenerati, l)OSSiamo dire che egli fu un precursore assai radicale della moderna eugenica. Naturaimente i vecchi antropologi italiani sentirono di più il problema eugenico che non quello coloniale o quello ebraico. Questo si comprende 8 .... I I van1aggio che offre l11concezione n,onogen~tica non è soltanto negativo, vale 3 dire di.eliminare tutte le fantasticherie senza base reale alle quali il poligeni.!lmo - specialmente quello che il Mor:M:lliha chiamato « uhrapoligenismo • - dà libera carriera. ma i: anche posi1ivo, poichè ci dà una visione completa dell'evo• lozione delle diverse branche umane dalfornoseneo all'eteroseneo. ~on bisogna lasciarsi impreMionare so,,erchiamente da cerli fatti. che sembrano differenziamenti estremi di alcune rane inferiori. In questi casi non si traua di un gruppo umano, il quale per un rigoglioso sviluppo interiore ha portato molto avanti una data categoria di caratteri, distribuendoli variamente nei souogruppi in cui si sud• divide: queste suddivisioni sono i Jijje,en:iomenti t>ari. Si traua imeece di 1u11'ahro. O è una varietà dislaccala dal grande ceppo umano in condizioni geografiche ecçeztOnali, per cui è invecchiata in silu senza progenie e ha assunto ceru caratteri di ,·ec• chiaia morfologica, che non sono da scambiare neanche con la robusleu:a scheletrica, come ad es. negli Aus1taliani, il cui scheletro è gracile in complc:MO.O si tralla di un'altra varietà umana isolata, in cui un (alto abnorme. che ahrove sarebbe seomparso senu progenie per la panmixia. ha poluto perpetuarsi, come la slealopigia e il longi• ninfismo delle Boscimane: anche qui manea il vero diHerenziamento in suddivisioni, anzi si ha la po,•ertà più caralleristica. Sono pseudo-dijferen:ia~nti. Qui111do si adjuce la statura dei Pigmei per sostenere che «:Mi sono molto differenziati. si incorre in un equivoco; poichè la loro stalUra non può ~re un differenzia• mento - vale a dire una riduiione di ,•ariabilìtà, - se non ammettendo che essi facevano parie di un gruppo più ,•aslo e più omogeneo, diHerenziatosi in ahi e bassi per quella nriabilità ch'è insita all'omo&eneità primordiale; e allora anche gli ahi. SUJ>· poniamo i Negri. sono per qu~to carattere ugualmente specializzati, e per luni ~li altri caralleri lo sono molto di più. Tanlo meno può addursi il pigmeisrno comé carattere di diffw~nziamento, quando si (a l'ipotesi (Biuuni e altri) che i Negrilli !iano i progenitori dei Negri. poichè in tal caso è ii pigmei!lmo che divenla il punto di parten:r.a per il diHere11ziamen10ulteriore: è evidente che i pigmei afri• cani in tal caso devono es.sere slati ,•ariabili almeno nella s1a1ura. altrimenti non avrebbero dato origine agli alti. Dal carattere della !lalura quindi non c'è da con• eludere nul:a; e dagli ahri caratteri. per quanto i Pigmei africani siano lneou. insuHicienlemente conosciuli, sembra 1u11avia che si po5'Sa già arguire Jalle ulti• me ricerche (Johnslon. Ca:ekanow!lki, Poutrìn) una variabililii note,·olis!ima; men• tre i Negri sono molto più avanli nella via dei differenziamenti interiori (vale a dire entro il gruppo). meno peraltro che i Gialli e molto meno che i Bianchi. Di queste due grandi :formazioni! volendo 'J)recisare meglio - e tralasciando perciò i collegamenti che possono a,'ere con altri gruppi - s! può dire che i Leucodermi sono i più differen:r.iati e i Xanlodermi i più specializ:r.ali (ciò non può dipendere d1e dalle condizioni ~grafiche molto diverite in cui &i è r~ua l'e,:ol~1zionedi q_ue~led?e formazioni arcimor!e). intendendo che le due parole cd1fferenz1ah • e « spec1ahzzah > non siano sinonime, come ordinariamente !li usa. Col primo termine vorrei dire: mol• teplicitii di rami a caratteri ben distinti, così che le divergenze interiori tendono a SO· verchiare i caratteri comuni; col secondo termine !lignificherei al contrario: l'omo• geneità (secondaria!) di un ramo terminale in cui i caratlerj specifici dell'insieme~- verchiano le divergenze interiori. La nota dottrina della•« non !!peeialia:zuione > di Cope « the law o( the unspecia• lised >, dice che i rami pervenuti a una certa specializzazione di !lruttura non potrebbero variare in una direzione molto differente da quella che hanno già preso. Dolio alla limitazione dello sviluppo ha aggiunto l'irrevocabilità, o, come si dice. « irrel'tr• 1;ibilità >. Secondo la sua definir.ione: e: le de,·eloppement procède par bonds. esl irre• ,·e,sible et limité •: vuol dire che un ramo una volta entralo in una via di specialit• zaiione determinata non può in alcun caso ritornare indietro sul cammino percoNO. Rosa ha 11piegato il meccanismo -di quesla ortogenesi con la riduzione progressiva della variabilità. Ed è questa riduzione che dà l'omo&en~it.àsecondario. Quest'omogeneità secondaria dei grandi rami terminali è dunque da tenere ben distinta da quella omogeneitii primaria che abbiamo supposto ricca di potenzialità evoiutive in diverse direzioni: le quali ìnfaui si intruedono nelle forme più basse tut· tora vivenli (sebbene oramai molto lontane dallo stato primordiale). e si espandono trionfalm~nte nei tipi più evoluii delle singole direzioni. Peraltro l'orlogenesi fonda-
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