ND•NWNEN'IIZIONR NICI • IIJlfflONA• DIRETTORE o o o
2 SOMMARIO--~ OUIOO UNDIA: • da G. SERGI: d• E. DE MICHELIS: do V. GIUFFRIDA-RUGGIERI:. d• G. PULLE: IL RAZZISMO l LA SCIIMZA ITALIANA LE RAZZE UMANE ESISTONO GRANDI E PICCOLE RAZZE IL CONCETTO 01 RAZZA E' PURAMENTE SIOLOOICC) d• G. PULLE: da R. LIVI: ITALIA ARIANA , CONTINUIT.._' DELLA RAZZA ITALIANA • rs1STF UNA PUR"- RAZZA ITA.LIANA da G. SERGI: . BISOGNA CHE TUTTI Gli ITALIANISI PROCLAMINO FRANCAMENTERAZZISTI MEDITERRANEI E AFRICANI da R. BIASUTTI: da L. LIVI: da A. GHIGI: GLI EBREI NON APPARTENGONO ALLA RAZZA ITALIANA • • • METICCIATO I MANOSCRITTI ANCHE SE NON PUBBLICATI NON SI RESTITUISCONO ' GLIUFFICIDELLA"DIFESADELLARAZZA"SI TROVANIONROMA·PIAZZACOLONNA !PORTICIDI VEIO! TELEFONO63737 • 62880 LA. 103• A.SSEJIBLEA. DELLA. RIUNIONE A.-DBIA.TIUA. La 103" AH8Cmblea generale ordinaria della Riunione Adrintiea di Sicurtà, tenuta.Hi a' ;rri""te il 26 giugno "°tto la presidenza del1'&-c. Fulvio d• Suvich, ha approvato il bilancio 1,er l'~rcizio 1941. La relaziont- del Consi,<lio d'Ammini~trazione all'Assemblea rJleva che il lavoro delln Compagnia nello MCOl'KO e1terdzio ha registrato nt>lcomple880 in Italia e i\ll'eKtero ulteriori notevoli 1,ro,<reMSi,grazi(' a un'R.88idua OJM'ra rivolta ad attenuare le con~guenze dello •tato ..eceziouale ed alla vru,ta di•tribuzione del lavoro diretto o indiretto, che abbracci11.tutti i rami assicurati\·i e si t-stende a tanti Paesi. Nel ramo Vita furono em~ polizze per L. 1.051.700. m~ntre i capitali ....,;curati"°"" pa ....nti da L.5.534.817.680 n L.5 ..934.861.998. L'inca~ tot.aie J>er premi cd ncec880ri in tutti i rami (Vi/a, Incendi. Trasporti. F11rti. Grr111di11e Diversi) è salito ùn L. 708.160.367 a L. 767.513 . .928. Il bilancio chiude cpn un saldo utile di L. 12.638.678,69. <·hc t'Om1entel'8'111Cgnnzione di L. 2 ·milioni alla riser11a straordinarfrr e 1a di1ilribuzione di un dividendo pari u quello degli anni ,,recedenti di L. 100 per nzione, pagabile dal 3 luglio, riportando a nuovo il saldo di L. 2.295.712. Le guranzie della Società (ca1iitale sociale, ri~rve patrimoniali e tecniche) HOnosalite a L. 1 1niliardo 923.201 .454 con un aumento di L. 134.719.429 cli front,> Hl )940.
LADIFEDSE!LU I • ANNO V· NUMERO 17 5 LUGLIO 1942-XX t:SCt: Il,~ 1:1 11. 20 01 OC/11'1 MllSI& UN NU.MllMO 8t:l'ÀIC,1,TO I.IKt: I .4,HISO, ..·,uu:NTO ANNUO LIME 20 AtlBONAMttNTO .~1-:.10.snu,u: • 12 1:1:!TKNO IL Oo1·r10 Oircttore: TELESIO INTERLANDI Comitato di redat.ione: 1 rof. dou. GUIDO L.ANDHA· prof. don. LIDlOCIPRIANI S"II turio di retluione: GIORGIO J.!,MlRANTt-: SCIENZ.l•DOCUUENT4ZION POLlìUIC• O.l UESTIONARIO LO SCOPO DI QUESTO FASCICOLO è quello di documentare • contro gli oppositori faciloni - che il Manifesto del razzismo fascista, cui massimamente si ispira questa rivista nella sua opera volgarizzatrice, è partito da premesse tutt'altro che antiscientifiche; ma, anzi, conformi ai dati e alle tendenze della più recente scienza italiana. D'altra parte, però, bisogna che sia ben chiaro che con questo fascicolo non si vuol concedere alla scienza italiana "in· blocco" un attestato di benemerenza razzista, poichè, chi più chi meno, tutti gli scienziati citati nelle pagine che seguono hanno subito l'influsso di vecchi preconcetti o sono stati timidi assertori delle nuove teorie antropologiche e biologiche; cosicchè in essi, oltre al buono che abbiamo citato noi, si può trovare il men buono e addirittura il cattivo. In sostanza, la scienza razzista italiana • la vera scienza, coerente, solida e matura • è tuttora in fieri. Ai giovani il grande compilo di accelerarne l'avvento •.. se i fumi spiritualistici consentiranno loro di dedicarsi anche in questo campo ad opere concrete e veramente salutari per la Patria
ILRAZZISMO E LA SCIENZA ITALIANA In un passato articolo abbiamo ricordato alcune critiche mosse dallo scienza italiana al Manifesto della Razza. Abbi :imo anche messo in evidenza il !_1';::;> • fondamentale della agnosticità ddk, scieozo italiana di fronte al razzismo prima della pubblicazione di detto Manifesto. Alcuni facili critici hanno creduto di potere infirmare il valore del nostro Manifesto, mettendolo in contrasto con i dati della scienza. Cosl facendo, essi hanno creduto di poterlo liquidare dalla base. V ed i amo o.ra di esaminare pacata.- mente i vari punti del nostro Manifesto e di confrontarli con i dati fondamentali accettati dallo scienza italiana. Da questo esame risulterà chiare che in sostanza il Manifesto dello Rozza è molto meno antiscientifico di quanto non possa apparire a chi lo esamini con supe-rficialità e acrimonia. Apparirà quindi da questo esame incomprensibile l'atteggiamento di coloro che si sono irrigiditi nei confronti del nostro raz.z.i.smo. Esaminiamo ora successivamente i vari punti del Manifesto della Razza. Nel primo punto si affermava chè le razze umane esistono come una realtà conc;reta. Su questo punto possiamo subito dire che l'accordo della scienza ontropologica italiano era ed è unanime. Nessun antropologo itolìanò difatti ha mai negalo questa esislenzo delle razze umane. Naturalmente sono variati i criteri di classificazione. Così Giuseppe Sergi ha dato maggiore importanza alla forma del cranio e il Sera alla forma della faccia e il Biasutti alla distribu- . zione geografica. Ma un lotto fondamentale resta immutato,. che ciOO i gruppi umani definiti e illustrati dall'uno corrispondono a quelli illuslraH dall'alt.re. La sistematica di questi gruppi è variata a seconda degli autori. Questi si sono trovati di fronte aUe razze umane come dei bibliotecari che volessero ordinare una biblioteca. In relazione ai gusti e alle ' Fregio decorativo egiziano (1300 11. C.) nel quale figurano le razze che componav T uUi comu11eme11te a/lertniamo, e ne abbiamo convinzione, <·hegli -uomini souo egualh che l'eguaglianza wna,ia e w, fotto dimostrato evidenteme,ite. dall'origine comu,w. dalla struttura. fisica, dalle co,idizioni mentali, dalle fw1zioni sociali, e, hi/ìue. dalla scie,iza e dalle leggi,. nelle società avanzale. Se eguaglianza uma~ia vuol dire che le stesse leggi fisiche e ,vitali dominano in tulti gli uomini., che le medesime leggi psichJche governa110 la nie,ite umana, e che, quindi, per tutti vale lo stesso giudizio, lo stesso modo di ragionare nelle 8Ue forme l.ogiche, 11011 vi sard nessuna di/licoltà d-i al/ermarla. A/a a questo tifo«) pi,Q e deve esistere anche Ira uomini e animali a loro iii/eriori. Le leggi della vita 1>erl'uomo 110n so,w fondamentalmente diverse da quelle deglì altrj animali; nè le leggi dei fatti psichici dil/eriscono in loro le une dalle altre. A11atomia, fisi-Ol,ogia e psicol.ogia comparate mostrano ad evidenza eguali leggi che regol<mo l'animal.il<i tutta fino all'uomo. Ma il fatto delle leggi generali comw1i a 1-utti i gruppi d'a11imali nou distr·ugge la dil/ere,iza che fra essi esisl.e; leggi speciali, oltre alle generaH. govenurno questi diversi grupp; animali, senza che <1uesle leggi speciftli e ge11erali veuumw in con/1.itlo fr(I loro. te leogi sl)f'ciali />OSsonoessere differcuti secondo le <:ond~,zioni 1x1rlicolari dei viventi e secondo il grado di loro svilu1J1w, come ,rnche secomlo le co,ufizion.~ di adattamento nelle quali ciascu11a famiglia si tro1·a. Non di.versameute avvie11e per l'uomo. considerato come wia delle /amigli.c a,aimali, come un gruppo- di vive11ti. 1iel gran reg110 della natura a>iimata, e considerato come un i.nsieme di diversi gruppi. umani~ specie, razze, varietà, che dir si voglia, e cm,siderato, infine, itidi.vidual•mente. L'uotno si. separa dal resto dell'animalità per lo sviluppo- superiore ,ielle sue strutture e 11elle sue funzioni: basti il cervello ù provarlo. I vari gru,ppi umm,i si separmio gli uni dogi.i altri per diversa struttura peculiare ·a ciascwa gruppo. e per dil/ere11za /un-
' i. P090l.rione dell'onlico Egitto: Libico. Egi:r.iano, Ebreo, Etiopico, Aniro, Sud•nese zio,wle, special,mente nell'attivìtà del cervello, e nell'uso e 11eU'e• stensione cli questa attivitd. Nessuno. nevrmre it 1nonogo11istapiù couvh1to, potra affermare che vi sio eguaglianza Ira povua e chines;, fra fuegini e europei, fra negri d'Africa e esquimesi. Le differenze di colore ~,.ellapelle, di. str-uttura nei ca.pel-li, di tonna nel cra,iio e nella faccia, di disposizione delle membra di tutto il corpo, sono tali, che1 l'eguaglianza Nsica è inwoss-ibile sostenerla; e le di/lerenze cli aUività cerebrale per le funzi011i psichiche sono cosi mani.feste 11ei /etwmeni• sociali, 11ei quali si esplicano, 11elle "bitudini, nelle tende,ize, in O(IHi mo<lo di vivere, che è anche -impossibile a/fermare l'eouagliania degli uomi,i) sotto questo aswtto. Queste differenze psichiche divePlgono ancor pit' evidenti, quando si guardino dat loro svolghmmto. Senza neppicre voler esam:•11are .,e lo svolgim.e11topsichico dipenda da comlizi011i esterne o da interiori., primitive o secot1da·rie, si guardi soltanto 1H Quel che è r-eahnente. e s1 troverei che fra le diverse razze umane è di/lere,itissimo. De razze di colore sono infini.tanienle foferiori alle bia,iche; le -raue mo11goliche. chinesi, e giamxmesi ham,o tmo sviluppo che si avvichia a quell-0 delle bianche europee; ma sono miche di!- fere11ti da queste per moli-i. aspetti. Queste dil/ere,rze clJ varia ,wtura remlono i11compatibile il 1110do di vivere di twa gente ad tm'altra,· chè nel modo di ·vivere si trova tm insieme di fe,wme11i fra loro convergenti, abitudini, relaz:oni aU'ambie,1te fisico ed al $OCiale. eredità, plasticità c,;,ratteristica det gruppo ummw, maggiore o ·mi11ore,0U'aclattame11to: 11,110 ciò apporta di/lere,ue pilt o meno notevoli fra le razze e perciò disegicagtianze. Anche ammessa l'origine co,mme di queste razze, ammessa l'u11ità della specie 1rn1a,ia, nel fatto ogni gruppo ·risulta differente e diseguale. E i,i questo -i gruppi u,na,ii. 110n sarebbero dissimili dalle specie ani-mali. che pur ave11doleggi generai,, che le goven1a110,tmiche, hamw particolari modi di vivere e a<flltlame11ti speciali, che le rendm,o solo per questo differenti. ( da G. Ser6i: Le de6enera%ioni umane) conoscenze, qualcuno avrebbe ordi• nato i libri a seconda della grandez. 7.a, altri a seconda del contenuto, al• tri ancora a seconda dell'edizione. Cosl pure non è mancata la divisione tra gli scienzìati poligenisti CO· me Giuseppe $ergi e G. Sera e quelli monogenisti, come Vincenzo Giuffri• da.Ruggieri. Ma nè poligenismo nè monogenismo escludono l'esistenza di razze umane: ne spiegano soltanto l'origine in modo differente. Ugualmente il secondo punto del Manifesto della Razza, quello cioè che riconosce l'esistenza di grandi razze e di piccole razze, cioè di gruppi sislematici maggiori e di gruppi sistematici minori in seno all'umanità non presenta alcuna contraddizione con i 1isultati della scienza antropologico italiana. Tutti gli antropologi italiani hanno sempre riconosciuto come le grandi razze debbono essere divise in razze minori. Già Giuseppe $ergi era staio a questo riguardo molto esplicito. Le descrizioni che ci dà della razza nordico, di quella mediterranea, di quella alpina, ecc. possono ancora considerarsi di viva attualità. Aggiungeremo anzi che alcune delle varietà da lui messa in evidenza portano oggi il suo nome nelle classificazioni tedesche. La classificazione presentata dal Biasulti recentemente è una delle pili complete che si conoscano. In essa non solo si distinguono delle grandi razze, come per esempio gli europoidi e i negroidi. ma anche delle piccole razze come i nordidi, i dinarìdi, i medilerranidi ecc., ecc. Il Biasutti procede più avanti ancora distinguendo le piccole razze in sottorazze. Cosl egli distingue, per esempio, nei nor• didi i teutonordidi. dai feunonordidi, ecc., ecc. In altri termini egli dà anche importa;ua a quelle farme che comu• nemente sono conosciute come tipi locali. Sul terzo punto del nostro Manifesto raccordo è ugualmente completo. Nessuno degli antropologi italiani ha mai messo in dubbio che il concetto di razza sia un concetto puramente biologico. I Dai l~mpi di Paolo Manteg'azza ad oggi gli antropologi hanno avuto sempre cura di evitare la confusione tra il concelto di razza e quello di popolo e di nazione. Se noi !~giorno l'introduzione delle opere princ;pali di Giuseppe $ergi. di Vincenzo Giuflrida-Ruggieri, del Sera, del Biasutti. e di quanti altri hanno scritto di an
ILRAZZISMO E LA SCIENZA ITALIANA (c ... ,..,.,._.,._ """• ,,.,;... ........ c1. .,., tropologia, vediamo con!e si alferm1, sempre recisamente, questa bose bio• logica del concetto di razza. Su questo punto poi sono concordi non solo gli antropologi ma anche tutti i biologi in generale. Di front~ quindi ai giovani spiritualisti noi possiamo mettere tutti i contributi dello ;,:,cienza italiana, la quale non ammette discussioni su questo punto. Il tentat1vo di confondere il fenomeno razziale con quello storico. lin9uistico, religioso. ecc., non ha nessuna possibiUtà di riuscita. Arrivkimo ora al quarto punto, nel quale era affermata l'arianità delta popolazione italiana. Questo punto. o prima vista. può sembrare più discutibile dei precedenti. Non sono mancate delle persone che hanno tacciai? di ignoranza e di contraddizione 1 compilatori del Manifesto della Raz za. appunto per questa questione degli Ariani. A1cuni scienziati, conii· nuarido a contrapporre il concetto ::i ariano a quello di mediter.raneo. hanno creduto di vedere in questo pumo dql Manifesto una possibile inerir.a tura. Orb&ne, anche per la questione de. gli Ariani, il Manifesto della Razza si presenta saldissimo. Tullo dipende naturalmente dal significato che si dò alle parole. Il significato che vien dato allo parola ariano è quello oggi più in uso in tutta l'Europa. Per Ariano si intende oggi la comunità delle razze europee. strettamente imparentute tra loro, che sono la razza nordica, la mediterranea, l'alpina, la dinarica e la baltica con le loro sottorazze. Gli Italiani sono dunque ariani, come i Tedeschi, gli Inglesi, i FrancQsi, ecc., mentre non sono ariani gli ebrei. perchè nella loro composizione antropologica entrcno razze dfverse da quelle rico.rdate_ Cosl inteso, il significato della parola ariano, si vede come l'origine ariana degli italiani non possa essere discus.sa in verun modo. Da Paolo Montegazza a Giuseppe Sergi. dal 6 e he co~• s'int.-nde di dire. dal 1>u111d0i vi!la della biologia., quando !i aHerma che gl'indi\·idui di un determinato gruppo nalurale formano una raua? E!senzialmente e erima di tutto si mo! dire que-slo: t'he partendo da CS!Ì, presi tulli in!ieme o a uno 1>er\'Oha. e risalendo la serie dei loro an1enati diretti, ~i de\'e arrivare a un nucleo più o meno numeroso d'individui; i quali sono da considerarsi come-progenitori comuni a tutti loro e solamente a loro. Per conseguenza. il concetto di raa-· ia implica una serie ininterrotta di generazioni. di cui ciascuna esiste in virtit delle prc«denti e produce la su~siva nella sua totalità. Ma ciò non ba.sta. poicht' in tal ca~ l'intero mondo orga. nico potrebbe riguardaui come una sola grande raua, e razze del pari s'avrebbero a considerue le claui. i generi, le spede, in quanto rappresentano cicli pili o meno ampi di generazioni continue. Il nome di razza adunquc si r~rva a parlicolari cicli g~- nerativi. e precisamente a quelli contenuti nel ciclo della specie. Allora, concependosi qu~1'uhima come un insieme di individui più o meno simili tra di loro. che sono o si pos.sono ritenere di:u:esi da un ce1>po unico primitivo. per una successione conlinua di famiglie. po.!$iamo definire la razza come un insieme d'individui. i quali si somigliano oltre che pei caratteri delle specie a cui appartengono. anche per qua:che a!tro carattere, che li differenzia dal resto della specie ste~a, e sono o si possono ritenere discei!i de una ,·arietà ( individuo o grupp('I d'individui} manifestatosi in questa specie appunto con quel carattere particolare. A distinguere perciò gli individui. che formano una razza. in mezzo a lulti quelli che formano la !!pecic. occorre il riconOiteimento di qualche carattere non !!pecirico. che eMi e !!Ohanto CMi abbiano in comune. Ma quali sono i t::aratteri 5ubspttifici. d1e possono individuare una razu? Evidentemente bisogna cercarli sohanto nella categoria di quelli che
sono trasmi.si!ibili per eredità fisiologica con ba!.lc\·ole rerme1.• u; e però noi diciamo che a1>partengonoad una stes!a r.1tu gli intfo·idui e i gruppi d'individui. i quali presenlano in comune un carattere che po:,.saritenusi u•er conlracfdistinta in seno a.Ila specie una \'arietà. capaoe di con.sen•aui durante un seguito più o meno lungo di generazioni. In particolare. per restringerci all'uomo. noi diciamo che COi!ti1uisconouna rana quei po1>0lio gruppi di popoli. i quali hanno in comune, ohre i caratleri della specie umana di cui son parte. anche uno o più a:tri ca• ratteri, che noi &ap)Jiamo per esperienza essere dnrevolmenle trasmissibili per eredità dai genitori ai rigli. ... Sono principalruente le particolari forme del cranio e dell ., scheletro quelle che si debbono ricercare e assumere per la de· terminnione d'ogni rana umana. e anche del suo grado gerar• chico; \'aie a dire che allorquando un gruppo d'individui pre• senta la comunanta d'uno di que1ti caraueri. s'ha diritto di ammettere tra di loro una spe-ciale parentela; e preci1ament~• una parentela più stretla di quella che comporta il gruppo m11s· giore, razza o .specie. da cui M)no usciti come varietà, i loro ca• postipiti. Naturalmente non $0110 mai da tra.5"'..:uraregli altri caratteri, nei casi in cui torni possibile delerminarli con sicu• rezza, ma sempre in via subordinata: e il vantaggio ch'è deri· vato all'antropologia e all'etnologia dall'aHermazione di que~to principio è evidentemente grandissimo. giacché. mentre i caral• teri di cui si teneva unicamente conto una voha (colore dell-1 p~lle e degli occhi. colore e forma dei capelli ecc.), si posson vedere dOltanto negli indi\·idui vivi. o morti da poco, o descriui con e!atteua in qualche documentazione. i caraneri Oi!leologici si possono riconoscere pure n~gli individui morti da secoli. ruor da ogni umano ricordo. (da E. De Miehelia: L'origine degli indoeuropei) ·'·! .; .i( ~. :~~~.?~: t "•ff( .• .. ·::?~:;~ ·--.~1r;~i-. .;,>:-: Giuffrida-Ruggleri al s~ra. dal Puc• cioni al Biasutti. nessuno ha mai so· stenuto che nella composizione raz. ziole dell'Italia siano entrate oltre raz. ze oltre le sopra ricoràote. Che se poi volessimo chiamare ariani soltanto 1 popoli parlanti lingue oriane. con un concetto quindi non più razziale ma linguistico, nessuno può disconoscere che dal neolitico l'Italia sia abitalo da genti parlanti lingue oriane e ir.dceuropee. Questo naturalmente non esclude che nello lingua possa• no sussistere delle radici prearie. Nel quinto punto allermovomo che la composizione razziale dell'Italia non era cambiata do almeno mille anni. Anche in questo punto esiste un accordo perfetto do parte degli stu • diosi italiani. Se mai questo punto Sl potrebbe ao..u;o.re di modestia per· chè in realtà la struttura antropologl• ca dell'Italia non è gran che mutata dal neolitico ai nostri giorr.i In ogni modo è poi accertato che ci,,;,~ !'in• vasione dei Longobardi, l'ltalio non ebbe a subire alcuna altra immigrazione di popoli degno di essere no• tata dal punto di visto antropologico. Chi volesse meglio approfcndire questo problema e soprattutto convincersi dell'antichità e dello persistenza dell"elemento razziale in Italia non avrà che consultare l'opera del Pullè. Ma anche Giuseppe Sergi nei suoi scritti sullo popolazion~ italiano ha molto insistito sullo persistenza attraverso i secoli del suo substrato antropologico. Veniamo oro a parlare dello « raz• za italiano », te.rmine che non è piaciuto a molti studiosi. Naturalmente il termine « razza italiana» non può e.ssere considerato olla stessa stregua di quello di « ra'zza nordica•. di « razza mediterraneo ,. . ecc. ecc. Non si tratta cioè di una razzo antropologica in senso stretto. li te.rmine « razza italiana » serve invece ad indicare il complesso razziale della popolazione italiana, cioè non tanto le varianti originarie quanto la risultante di oggi_ Qualcuno potrebbe alloro dire che « razza italiano» è sinonimo di .e popolo italiano» o di « nazione ita• liana ». La differenza però tra questi concetti sta dal punto di visto con cu· si guarda lo stesso fenomeno. « Raz• zo italiana,. e « popolo italiano» sono in sostanza lo stesso fenomeno. però visto in un coso dal punto di vista biologico e dall'altro dal punto di vista storico-linguistico. Si sarebbe forse potuto usare un termine diver• so, come od esempio quello di 7
\ . .\ «etnia,. proposto dal Montandon. Mo questd termine è molto più comprensivo. D'altra parte, bisogno tenere presente che p.rimo del razzismo, il termine razza era stato scarsamente impiegata dagli antropologi in Italia. che ad esso avevano preferito quello di varietà. Si vede quindi che se noi impieghiamo il termine di « varietà nordica», « varietà mediterraneo». « varietà dinarica », non c'è nessuna i::os,sibilitò di confusione allorché poi parliamo di « razza italiana». I caratteri fisici della « razza italiana » sono stati abbastanza bene illu.,, strati dai nostri studiosi. Ridolfo Livi ho roccoltO un complesso di doti sempre fondamentali e che potranno essere consultati molto utilmente. Esaminiamo oro il punto settimo. In esso si affermava la necessità che gli italiani Si proclamasse.ro franoomente razzisti. Era questo punto in conJrasto con quanto aveva alfermato la scienza italiana fino a quel mo-- mento? A- chi si accontentasse di una ri• sposta superficiale potremmo dire di sl. Difatti in Italia era mancata tutta quella fioritura di opere scientifiche razziste che inve<::e aveva caratte.riz• zata la G_ermania e che aveva preparata la via al rauismo tedesco. Però, se esaminiamo la questione un po' più profondamente, pcissiamo di• re che almeno i più vecchi degli an• tropologi italiani erano alati, a modo loro s'intende, dei razzisti. Cosl. per esempio, Paolo Mantegazza si può considerare come un precursore del• la moderna igiene razziale e lo stes• so Antonio Marro. Se noi poi ripen• siamo a quanto scrisse Giuseppe Sergi a proposito della repressione dei degenerati, l)OSSiamo dire che egli fu un precursore assai radicale della moderna eugenica. Naturaimente i vecchi antropologi italiani sentirono di più il problema eugenico che non quello coloniale o quello ebraico. Questo si comprende 8 .... I I van1aggio che offre l11concezione n,onogen~tica non è soltanto negativo, vale 3 dire di.eliminare tutte le fantasticherie senza base reale alle quali il poligeni.!lmo - specialmente quello che il Mor:M:lliha chiamato « uhrapoligenismo • - dà libera carriera. ma i: anche posi1ivo, poichè ci dà una visione completa dell'evo• lozione delle diverse branche umane dalfornoseneo all'eteroseneo. ~on bisogna lasciarsi impreMionare so,,erchiamente da cerli fatti. che sembrano differenziamenti estremi di alcune rane inferiori. In questi casi non si traua di un gruppo umano, il quale per un rigoglioso sviluppo interiore ha portato molto avanti una data categoria di caratteri, distribuendoli variamente nei souogruppi in cui si sud• divide: queste suddivisioni sono i Jijje,en:iomenti t>ari. Si traua imeece di 1u11'ahro. O è una varietà dislaccala dal grande ceppo umano in condizioni geografiche ecçeztOnali, per cui è invecchiata in silu senza progenie e ha assunto ceru caratteri di ,·ec• chiaia morfologica, che non sono da scambiare neanche con la robusleu:a scheletrica, come ad es. negli Aus1taliani, il cui scheletro è gracile in complc:MO.O si tralla di un'altra varietà umana isolata, in cui un (alto abnorme. che ahrove sarebbe seomparso senu progenie per la panmixia. ha poluto perpetuarsi, come la slealopigia e il longi• ninfismo delle Boscimane: anche qui manea il vero diHerenziamento in suddivisioni, anzi si ha la po,•ertà più caralleristica. Sono pseudo-dijferen:ia~nti. Qui111do si adjuce la statura dei Pigmei per sostenere che «:Mi sono molto differenziati. si incorre in un equivoco; poichè la loro stalUra non può ~re un differenzia• mento - vale a dire una riduiione di ,•ariabilìtà, - se non ammettendo che essi facevano parie di un gruppo più ,•aslo e più omogeneo, diHerenziatosi in ahi e bassi per quella nriabilità ch'è insita all'omo&eneità primordiale; e allora anche gli ahi. SUJ>· poniamo i Negri. sono per qu~to carattere ugualmente specializzati, e per luni ~li altri caralleri lo sono molto di più. Tanlo meno può addursi il pigmeisrno comé carattere di diffw~nziamento, quando si (a l'ipotesi (Biuuni e altri) che i Negrilli !iano i progenitori dei Negri. poichè in tal caso è ii pigmei!lmo che divenla il punto di parten:r.a per il diHere11ziamen10ulteriore: è evidente che i pigmei afri• cani in tal caso devono es.sere slati ,•ariabili almeno nella s1a1ura. altrimenti non avrebbero dato origine agli alti. Dal carattere della !lalura quindi non c'è da con• eludere nul:a; e dagli ahri caratteri. per quanto i Pigmei africani siano lneou. insuHicienlemente conosciuli, sembra 1u11avia che si po5'Sa già arguire Jalle ulti• me ricerche (Johnslon. Ca:ekanow!lki, Poutrìn) una variabililii note,·olis!ima; men• tre i Negri sono molto più avanli nella via dei differenziamenti interiori (vale a dire entro il gruppo). meno peraltro che i Gialli e molto meno che i Bianchi. Di queste due grandi :formazioni! volendo 'J)recisare meglio - e tralasciando perciò i collegamenti che possono a,'ere con altri gruppi - s! può dire che i Leucodermi sono i più differen:r.iati e i Xanlodermi i più specializ:r.ali (ciò non può dipendere d1e dalle condizioni ~grafiche molto diverite in cui &i è r~ua l'e,:ol~1zionedi q_ue~led?e formazioni arcimor!e). intendendo che le due parole cd1fferenz1ah • e « spec1ahzzah > non siano sinonime, come ordinariamente !li usa. Col primo termine vorrei dire: mol• teplicitii di rami a caratteri ben distinti, così che le divergenze interiori tendono a SO· verchiare i caratteri comuni; col secondo termine !lignificherei al contrario: l'omo• geneità (secondaria!) di un ramo terminale in cui i caratlerj specifici dell'insieme~- verchiano le divergenze interiori. La nota dottrina della•« non !!peeialia:zuione > di Cope « the law o( the unspecia• lised >, dice che i rami pervenuti a una certa specializzazione di !lruttura non potrebbero variare in una direzione molto differente da quella che hanno già preso. Dolio alla limitazione dello sviluppo ha aggiunto l'irrevocabilità, o, come si dice. « irrel'tr• 1;ibilità >. Secondo la sua definir.ione: e: le de,·eloppement procède par bonds. esl irre• ,·e,sible et limité •: vuol dire che un ramo una volta entralo in una via di specialit• zaiione determinata non può in alcun caso ritornare indietro sul cammino percoNO. Rosa ha 11piegato il meccanismo -di quesla ortogenesi con la riduzione progressiva della variabilità. Ed è questa riduzione che dà l'omo&en~it.àsecondario. Quest'omogeneità secondaria dei grandi rami terminali è dunque da tenere ben distinta da quella omogeneitii primaria che abbiamo supposto ricca di potenzialità evoiutive in diverse direzioni: le quali ìnfaui si intruedono nelle forme più basse tut· tora vivenli (sebbene oramai molto lontane dallo stato primordiale). e si espandono trionfalm~nte nei tipi più evoluii delle singole direzioni. Peraltro l'orlogenesi fonda-
mentale. clue presirde a lulli qu~ti sviluppi. rende tali direzioni in uhima analisi piut• losto paraHele che veramente divergenti. li Rosa prendendo ultimamente le m<>:;Sdealla tesi già sostenuta dal Niigeli e dJ a!tri, ha detto in un suo luminoso discorso: ...non possiamo respingere $enz'ahro l'ij)O. tesi che anche l'evoluzione storica o filogenitrice pOMaavvenire in tal modo per cause interne, intesa l'asserzione in questo .w:nsoche i fattori esterni, dei quali tutlavia non si nega la cooperazione. non abbiano bisogno di cambiare pcrchè l'evoluzione anenga. Chiamando e idioplasma specifico :t que:la sostanza caratteristica di o~ni singola specie. la quale si trova giil presente nella cellula germinale. noi diremo dunque questo: che reagendo con un ambiente (cioè con un compleMO di fattori esterni) un idioplasma A si cambia nella .serie dei tempi in un idioplasma B il quale re.agisceancora allo stesso ambiente. anche immulato. lradormandosi in un teno idiopluma C e così di sep;uito, sinchè un'ulteriore modificazione non sia possibile. Una .simile evoluzione de,,e naturalmente andare dal .w:mplice al complCS50; così le cellule germinali nella serie dei tempi producono organismi sempre più complicati. Cosi nasce la cosidetta t,mdem:.a al per/e:ion.amento che non ha nulla di mistico. perchè per perfezionamento si intende solo una maggiore complCMivi1àche può sempre essere o non essere adatta. Se ne lraggono dal Rosa medesimo diverse conseguenze: I>che l'ambiente non po1rà rar sì che unat specie si evolva in una piuttosto che in un'altra direzionf' o che essa invece di produrre certe nuo,·e specie ne produca certe altre; 2) che si ha la massima probabilità che ogni nuovo carattere che appaia (mos1randosi ~so !~sto o tardi in tulli gl'individui della specie e .otututta l'area da C:S$8 occupata) trovi un ambiente nel quale esso sia pcrf ettamente adatto; 3) che le variazioni non a,•vengono in quasi tutte le direzioni. come ammeltono ancora i selezionisti: invece ogni nuo,,o caraltcre es§Cndo una form11ipiù differenziata di un carattere anteriore che nella sua forma più indiffe. rente si era già dirr~s1rato compalibile coll'esis1enia della specie-madre, ne viene che in qualche ambiente più specializzato~ sarà utile ad una delle speeie-figlie: e così molte altre conclusioni che tralascio, Accenno sohanto alla relice spiegazione. mediante una differenza originaria nella potenzialità filogenetica. del fatto che quasi tutti i grandi gruppi -di animali e di \'egetali si mostrano suddivisi fin df\lla base in due sol• to.grupp~ di cui uno raggiunge una elevatezza molto maggiore dell'ahro. Abbiamo l'esempio nei Primati. in cui gli Antropoidi e l'Uomo hanno mostrato di possedere così differente potenzialità. e,•olutiva; ma, in piccolo, credo ahresì che ciò si verifichi nelle varietà umane, nelle specie elementari. che si sarebbero originate, giusta la defi1 n;zione dell'ologenesi. da tulli gl'individui tiella $pecie.madre. Que:ila è la più bella risposta a chi ha tronto irrazi~nale e antiscientifico (se ba. stasse accumulare le mgiurie per avere ragione!) l'ammettere che uno stesso sottotipo umano. il cosidetto canCA.sicoo. poco diveNo. possa es.,ersi originato in vari punti del ,i;1obo. in Europa, nella Nuo,·a Zelanda, 3 Yeso. qua e là nel Nord.America. come io ho amme$SO.per ovviare alle solite migraiioni (che risalgono al De Qu11:trefa11;esj di un ramo frammezzo a molti altri, cosicchè ,·eramenle con un miracolo si sarebbe 1>0tutosalvare dalla panmixia. Soltanto. 'a origine di que,ta speci!!•m11drenon può <CSMrsetata cosmopolita: se si può ammettere che e$!1a bbia occupato in principio una ~ola area. ad C§. la Malesia (o l'Africa cenìrale. come ,,oleva il Darwin). anche l'olo- _gene3isi conci'ia col monogenismo. Il Morselli - che per la sua Va$tacoltura e il felice equilibrio psichico non perde mai di \'Ìsla i fatti per correre dietro alle teorie a,·venturose e in cui tra.spare il blu/I (i 1edeschi hanno il qualificativo e ,,crblufrend > che noi non abbiamo) - dà un·o,. lima ragione per cui le prime ,·arietà del genere Homo devono CSjtre sorte « vicini~- sime l'una all'altra•· la quale nessun naturalista potrebbe trascurare, e Dalla. non &\'Venutapiena separazione, egli dice, degli Ominidi in gruppi moho dìfferenziali e infecondi tra loro. si può arguire una relativa ristrettezza del centro geografico di for, mazione. il che permeueva le unioni miste obbligando gl'individui appena variati (i mutanti. noi diciamo) ad unirsi con altri c:onsen·anti la forma originaria. Coll"C:i!pan. dersi degli Ominidi per migrazione su territori diversi. si ebbe più ttirdi quell'isolamento spaziale che ,·alse a perfezionare i singoli tipi e a renderli stabili, almeno nei caralteri distintivi di prima formazione vieppiù consolidati dall'eredità. senza che per ciò C§!li perde:,i.!eroe una modeuta modificabilità ml':!!Ologicae la mutua fecondità inter-specifi-:a •· (da V. Giuflrida Ru16irri: L'uomo attuale) facilmente se si pensa all'epoca in cui vissero e alle condizioni in cui si trovava rltalia. li problema razziale del meticciato si è imposto solo con l'Impero. Per quanto poi riguarda gli ebrei si tratta di un -problema ignoto nell'Italia liberale. Arriviamo cosl alrottOvo punto del Manifesto. In Questo punto si affermava la necessità di stabilire una differenza molto netta tra i med.ìterranei d'Europa e le popolazioni orientali e africane. Anche questo punto era in realtà molto meno in contrasto con i dati della scienza ita • liana di quanto non potesse sembrare a prima vista. Lo stesso Giuseppe Sergi. autore della teoria della stirpe mediterranea. aveva distinto nel h• bro « Homìnidae » ì mediterrane~ d·Europa dalle razze orientali e africane. Questa distinzione è ancoro più netta in altri autori. Si confronti ad esempio la recente classificazione del Biasutti, che à molto esplicito a questo riguardo Il nono punto relativo alla individuazione dell'elemento ebraico in ltalia era suffragato da un importan• te contributo scientifico da parte di Livio Llvi. Nell'opera « Gli ebrei alla luce della statistica», il Livi avevo nettamente distinto questi dalla popolazione italiana. Arriviamo cosi al decimo e ultimo punto del Manifesio: quelJo relativo al metkciato. Orbene se in Italia vi erano degli studiosi che avevano trar scu.rato tale problema, altri ve ne erano che lo avevano studiato accu• ratamente additandone il rimedio. Ricordiamo cosl. tra gli antropologi il Cipriani e tra i biologi lo Zavalto· ri. il Ghigi. il Donaggio e numerosi altri. Da quanto siamo venuti esponendo, appare evidente che nessuno dei punti del Manifesto era in sostanza antiscientifico o addirittura in contrasto con l'insegnamento ufficiale italiano. Sarebbe siato dunque logico Or spettarsi un diverso atteggiamento da parte di coloro che si sono occupati di esso. Per carità di patria sarebbe stato molto più opportuno vedere in che cosa il Manifesto coincidevo con lo scienza italiana anzichè in cha cosa ne differiva. Purtroppo però ai critici mancò la necessaria serenità di giudizio. Di questo stato di cose profittarono lor· gemente gli ebrei e gli antirazzisti. GUIDO LANDRA
llali è il lwme sotW il quak comprendonsi. md lempi iJWrici delfantichità, le stirpi affini tra loro e coi Rom<Jni,le quali tetinero il ce11troe il me::odi della peni.Jola Ap· penninioo. E sebbene tal nome non JÙJ.SeiJle.soche tardi. a codesti! stirpi, e cW'èqaondo designò la unità politica di eue nelC"llima resislen:a contro Roma, pllr lo si usa ri/e· rito oltre che al periodo della loro conquislo dell-l1ptnisoW anche 0- quello preetnico; al periodo preistorico cioè delle migrazioni quando il popol-0 sostava ancora nella valle del Danubio o nelle convolli delle Alpi. llalica quindi dictsi la lingu<i, ramo del ceppo indo-europeo, che tiene il posto fra i rami ceilieo e sreco; e italici sii. idiomi di/ ferenziotisi da quella primo, parlati rispet· 1i11,.unertd1aei diverJi.sruppi della genti! nelle sue Jedi iwliche. I numerosi popoli della stirpe italico ricorda,ici dalla storia, sono, nell'ordiM geot,rafico che non pou«Jmo dire se rùponda probabilmtnlt! o no alfordine anlico della immigrazione, ekncali da Oi1e9no 1chematico della di~ribuzione degli Indoeuropei
S1rabon11,: Tolomf!O, quando già a~11slali nt:1111rispdlivt! sedi,: ~i rapporti citili e politici colto tgtmon,: Roma, auet:ano ormai acquistala lo cosc~n:a dt:llo comune ori> &inar,"a uHità tlnica. Qflando cioè, i metano.11i arii a mezzodì delle Alpi avtt'(lno com• piulo il ciclo millenar,: d11ll11,:ooluz.ioni Jingole nella t'Oridà d,d/11conJingtn:e geo. grafie~ e delle m..escalan:uantropoloiiclte. A ioilier l'~ufooco del nome ,: far ragione ai reali elementi cos1iluiori dt:llo no- :ion.e, u.seremouna di quelle 111preuioni com,: le combinarono per defini:ion,: etnoiro• fica &li antichi, ,: cWè col composto Ario-iwlici, i due U!rmini ond,: ,i ini:io. ed ove si t:hifld~ /4 /OJe di forrruu.ione della na:ion,: ehe si dirà quindinn.an:i lfllla ,: sola i1alia1. [UJIOPIOI ll!IIll-. []!! _ _, ml!ìl--- !m.;3.,,_ ~-- □- G],.,_., lZ:31,,,,,w, □- • (da Pullè: Italia - Genti • laoelle)
• La unit..à e la continuiL-'t della \'i rompono per succ-edcri;i di secoli pre~romnne, di alcune delle quali :-.conocome la 1.rama sullu ~uale ~uto delle forme cvolvc-nti nelle nella sua opera 1nilleuare ri1K'tl' luio del tempo B intesso all'Eterni ha soste nè riposo. Per ragion m visa in fasi, e il libro in capitoli continuitù della materia. Da ~ 11ei tempi più remoti la leg_ge si 1 brano, e furono ritenute, le 1,iU glottolog:iça, o le più intricate e· gica, si rivelano QtJali tra i più tela perpetun.
iellefavelle italiche non si intcrlistratificuzioni etniche. f,e ling:uè ~no riannodati gli stnmi, costitui- ·en11eriontrecciando le fila. nel lci,- 1ovretù. TI gf>nio dclln lingUll può e lo siedo operO!:tO ul ronzante tot "ivente sua veste , . F; l'opera non dica la narrazione storica va di- ~a non sus.-;iRte una soluzione di ndo ci è dato affissare l'occhio ua per ogni filo; e quelle che sem- :ili ed evanescenti fibr(' de11arealtà ,rcettibili della realtà antropolotenti subtegrnina conduttori della (Da Pallè: ltolia · Genti • favelle)
o scenzlatoche più minutamente a analizzato I caratteri dalla azza Italiana è Bodolfo Liv!, all'opera: AntropomelrlaMilitare . ...:·-·::: 5!5!!5!55!5- . . . ' ~ •• ,~s - l$4'-1$79 - 1$80-11!1)4 - 16M- J!l9 § ,,,,_ "'~ F.81 ,1$$.5-"" L.:J JStO•I"' ~- ...
I o non voglio parlare di ahri popoli, ma del nostro, é di qudlo che av- \'iene fra noi in Italia; e dico chia• ramentc e fr:Ulcamcmc che finora 1H>1.1 s'intende il problema d;~r~1~- 1e. m nessuna guisa. Gli uomnu b1• wgna che si formino da sè stessi: e questi si formano davvero, quando hanno i earaucri di supuiorità, coi quali vincono ogni ostaco!o e abb::utono ogni nemico. Ma non tutti gli uomini hanno le qualitl cmincnll, e perciò molti facilmente sono trascinati dalla corrcme dei \'Ìzi e dei mali sociali. Forti f!Ca1di, qu~ti uomini, dal nascere, dirigeteli fin dal primo lllUO\·ers1 ne la vita, e diminuirete il numero dei degenerali. In pieno medio ('\'O ancora. non abbiamo altro ti)lo di scuola che la classica: non v1 ha coltura. St= non si col)()sce l'alfabeto greco e qualche frase la1ina; gli studi 1>rofessionali sono intralciati da (juesti inutili ingombri, ml'nlrt uomini cmincmi ncllt' professioni non sanno di quante let1l're costi l'alfabeto greco, e uo• 1ninj ìntnilìssimi (' pedantissimi ~no i,gnoranti delle COSt' mili alla \·ita. Cosi è. l' pure questi spesso si s1ima110 più di quelli. Im·e-cc di aumentare il numero delle scuole classiche. come si fa annualmente, riduceu:lc al minimo numero possibile, e trasformate tutte le altre in scuole J>t"r arti e mestieri, in scuole professionali. in scuole pratiche secondo le esigen,;c della \''la moderna; e dentro \·i mettert'tc ta s,euola l>t'"f la mente. la scuola 1>el carat• tere, la scuola per la \·ita giornalìera: colà incukherete !"abito al la\'Oro. ché per st.• medesimo è- educazione efiic;,,cissima. Ma \Orrete soddisfare le vostre 1endenze aia\'ichc e consen·are qualcuna delle i)titiu:ioni ata\·iche, come !>OllO le scuole classiche, fatelo pure; però falc si che non sia una burla lo studio del c";usicismo latino e greco, e non ci sia l'a11• parcnia sohanto dell'c.-ducutOne classica: fate che sul serio s'insegnino e si com• prendano le: lingue di Tacito e di Aristo· fane; e questa scuola sia per coloro eh(• hanno tempo e agio di de:dkarsi agli studi del passalo. Ma il gran numuo delle ·scuole sia pcl popolo, pt'r la gran massa del popolo che ha bisogno di educarsi, c. non comprenda solo l'islruzione, ma anche l'arte. il la\·oro, che deve t'SSCre utik ;,, tuue le esistenze: sia di scuola OOuca1ricc di mente, di cuore e d1 a1t1,,ità di OKni genere. l)iminuire:te cosi i mali :SO· ciali, e i deboli sopra\•,•i:,sut1 ~i ra Hon,:. rannQ e 1101n11moC()ntinu;1ri> le nuove lotte per la \':t;i. §Cn1.amanife:srarc gli c.-f. fètti degenerati\·i, al'retc apc-na la via p.:-r la rigenerazione. E capilalissimo :.C'>l>O d1 ()KIit :.cuoia :.ia l'edue:i.1.ion('del .::.trauert'. da cui tutta b. condona umana dipcnd(': fortificarlo o,·c tro\'asi \'acillantc, crearlo O\'t: ancor.:. non csis1c. dirigerlo o,·c manca la guida. Se non ~i oniene l"l-duc.u:ionc del carattere, non si otterrà nulla d:,, ogni scuola e da ogni istituzione: e tutti i mezzi. tutlc lt' v:e, tulle le atti,,it:i. dc,·ono essere coli dirette, 1>Cnal'imposs1bihtà del miglìorame111Osociale e della razza. sanzione 1erribile la degenerazione di ogni ~rta e multiforme. Ma il problema sulla rigenerauone è duplice, impedire raumemo dei degenerati, e diminuire e far s1.oarire i degenerati esistenti. Quali meni, ,ecoodo a me pa~. ~ieno efficaci a imp,.. •dire la produ1.1onc dei degenerati, ho detto sopra e in ma:.- sima: è- nttbsario ora che io dica còmC i de:ge11crat1esistenti 1)0§sano essere dimi. nuiti e non dieno nuo\·e discenden1.e di esseri inferiori. Qui è necessario che si facciano distin• 1.ioni sulla natura della de:gencra:r.ionc; sono essi pa1.zi ,. altri incapaci a gO\'ernarsi e alimemar:.i per deformità fisiche o per malnttiç, allora 1>er costoro la :.\>• cietà avd quei riguardi possibili, perchè l'inabilità di tali infelici non ha alcun rimedio: ma se i dt'gcneratj sono criminali, mendicanti professionali. \'agabondi, paras:si1i di ogni sorta, il trattamc111O verso costoro dev'essere duro, se,·ero a:.• sai. Pei primi possono osen·i leggi 1)rùtettrici, può esercitarsi l"ahr11is1noumano come è s,·ilup~t" ne11e nostre sodetà ci\'ili, pei secondi le leggi devono essere assolutamente repressi\'C e la filamroµia de\·(' tacere. Il mio lettore qui si mera\·iglier.\ di queste mie parole e forse crcderi che io mi contraddica: obbietterà: cre:di tu ::I-:-: i delinquenti, i mendicanti professionali e simili parassiti, possano esscrie responsabili della loro condizione inferiore, <1uando 1i mos1ri così crudele \'erso di loro? e se non sono responsabili. perchC non tran~rli come gli altri degenerati? Ecco: gl'inabili al lavoro non pos~o dil'cn1are abili in qualunque modo; i d.:- hnquenti e ~ \'agabondi hanno delle enerEcco un campione lr111ltodalle o,- do ,'-e t'111r1tmuziimo ,ngleie i.ch1era a propria difesa gic atte ad essere utihuatc. si:1 purl· chl· qu.:st'-' energi,: \'cngano adop<'rate come qudk di ammali interiori: i mal.:ti souo noci\·j in minima parte alla com·i,•,:nza dO\·endo vi\·CTe a spese pubbliche, ma glt altri sono noci\·i in ogni maniera. Ed ancora più: la protezione degl'inab:Ji 11011 aumenta il loro numero, la protezione dei ,·agabondi, e simili. l'a1111u:1uasm:surata• mente, pcrchè la loro condotta dil)<'ndendo da condiiionì organiche e 1,sichiche si comun:ca agli altri indi\·idui deboli della. società, è questi pro1e11i si abbandon,uw, nell'inerzia e nel mak E ~bbiamo \•Cdut") che anche offrendo i me1.1.idi lavoro i mendicanti e i \'a1:'a· hondi al,ili non hanno .icce:11a1Of,cnOTlh~ 4 no chl' si è ri1,ctuto in ogni wmpo. I.a. filantropia che in qualunque modo ha tc11ta10 di alle\·iare i m.tli di ques1i disgraziati, non ha fotto eh<· aumcmarne il numero, abituando al p.'ltassitismo dei con- ,·enti. delle largi,;ioni principesche. dei SO\•rani. dei comuni, dello stato, generazioni intere di fannulloni. Se dai secoli primitÌ\'Ì si fosse sempre protetta la razza di parassiti di ogni tii;,o. oggi il numero loro sarebbe stato enonnc, avrebbe SU\K'.• ral'> di molto quello di coloro che la,•or~no. I la diminuito ques1a schiera perniciosa di degenerati il trattamemo SC\'ero e s1>esso crudele, la \·iolenza adoperata contro le loro associaztòni colla costri- :r.!one al la\·Oro che loro si offri\'a, scbbcnè spcs.so inutilmente. :,.;'.eisecoli p:13· sati financo I:,, morte o il carcere è star.o minaccia10. e con tale repressione vio'l-c,- ta il numero è- re:almcnre diminui10. Le energie organich~ dt'gli abili al 13. 4 ..-oro. di delinquenti, di \'agabondi. di men.
dicanti professionali, possono essere adoperate a utilità loro medesima: devono mangiare se non ,•ogliono morire di fame, devono essere pos1i al riparo, a dormire, se non vogliono buuarsi come i cani 1x:1 gii angoli delle vie. Ebbene si costringano a lavorare per guadagnarsi il pane che mangi.i.no e il letto che si offre loro: non si piegheranno lasciati in liberti a sim'lc condizione, si costringano rinchiudendoli, o si deportino jn isole deserte ove, se non vogliono p,trire, saranno costretti dai bisogni naturali a procacciarsi il vino cd costruirsi il teno. I bisogni naturali, che portano con loro una sanzione terribile. costringono .:.I lavoro uomini e bts(e. qualunque sia la natura e il ,·alore di que- . sto lavoro. Od rrsto questi fannulloni sono nature inferiori, e si trattino secondo b. loro natura, si costringano come il bue e il canllo al carro o all'aratro, poichè usi non hanno 1•il1i scntimemi della propria personalità e della propria dignità, i sentimenti della. loro natura umana. Non· è la società di chi Ja,,ora e di chi lon.:. per l'esiste-nza che sia costreua a proteggere coloro che sono buoni a nu'la. volomariamente, per loro natura infcr;ore che non si piega a guadagnare il pane: se vogliooo continuare a ,·i,·erc, se la guadagnino la vita, e poichè volontari::.- mente non sono ani, si costringano, poichè hanno muscoli buoni, si comandino i loro muscoli, come si comandano i muscoli degli animali domestici. La filantropia non OO·'essere cicca, no11 deve trall.:.re indifferentemente gl'inabili al lavoro ed i fannulloni con muscoli capaci al larnro: la filantropia de,··essere -oculata, se mole essere utile alla convivenza cd agfindividui che la compongo· no. Se per eccesso di sentimentalismo si d"·ono proteggere i poltroni, i vagabondi che all'occasione divemano delinquenti, i mendicanti professionali, criminali quando occorre, i mali sociali non avranno limiti: e pare che ci sia quC"S!atcndeiu:a dannosa, perchè spesso si vede più protetto chi è degenerato, l'inferiore, che il ,ano, l'abilc, che è l'elemento costitucntc la società con tuni i suoi attributi d1 atti,·it:I e di cooperazione. E" l'elcmemo sano, invece. che bisogna proteggere e sostenere, perchè non dcgt'neri, perchè non cada ncll'infcriorit:ì.. e proteggerlo anche contro gl'infcriori che l'infC'Stano e lo di• sturbano. Non è il male che bisogna 1)roteggerc, ma il bene, ciò che è sano: il male bisogna eliminarlo risolutamente, quando si può, dimi1111irlocon ogni sforzo, anche coll'apJ),'!rCmta di crudeltà. E' inutile sperare dalle pene che \'Ì sia correzione nei ladri professionali. nei vagabondi e nei mendicanti abili al larnro; è un·illusione di coloro che credono ancora all'efficacia delle pene su gl'indivi• dui che hanno perduto ogni semimcnto dt personale dignità, e disfallo il caraucre. com·è un'illusione la speranza di riabilitazione di siffaui degenerati. :\'on è per pena che s'inculca la ,,iolcnza e la costrizione al lavoro verso i degenerati fammiIoni, null'affa110: ma come un trallamento necessario per ot1encre dai lorQ me<!c· simi muscoli il pane che devono mangian:. La pena, secondo il concetto dt'I de• linqutnte e del dcgener.:.to di ogni specie, come ho esp0sto, non ha alcun significato; io vorrei che venisse cancellata ques,a espressione che ha perduto il suo va!oro; primitivo; non è 1>erpena che io \'Orre· rinchiuso il dclinqueutc, o condannato ai lavori, ma pcrchè sia tolto alla società-a sìcurcua degli altri, e pcrchè guadagni quel che lo alimenta, sgra,•ando la sociei:&. Ma con altra misura, forse dura, si do· ncbbe impedire il matrimonio ai degenerati, cd e\·itare ogni pericolo di discendenza illcginima. per non perpetuare la degenerazione e aumentarla con una di• scendenza che ne accumulerebbe i cara(- teri in estensio,,c' ed intensità, secondo que:lo che ho notato parlando dei criminali. Qui il !cuore troverà che io ecceda ndle m;sure 1x:r diminuire la degenerazione, e non ha certamente errato. lo, insomma, invoco, per una serie di anni. una repressione ,·H>lenta dei degent'rati, quali sono i criminali. i ,•agabondi, i mendicanti pro• fossio1fali, i parassiti, insomma, abili al lavoro, ma perniciosi e pericolosi alla SO· cictà; 1>erciò: cmtrizionc al la\'oro, o a\. rapcrto, liberamente, o in luoghi appositi, come di rinchiusi, di obbligati al lal'oro, da cui dovrebbero ripetere la loro sussistenza e le loro vestimenta; possibilmeme deportazione in isole <lesene per obbliga• rt i deportati a lavorare, se vogliono vivere; impedimento, finchè questi dcgenc• rati restino in µa.tria, a dare discendenza, affinchè i mali muf)ìano con loro e- 11011 Ed ecco un altro ar,.cor piU ,;. gnificalivo rllppresentanle della civiltà brilanniu in armi passino pcr trista erediti ai loro 11:ati. Nel tempo stesso che si mettessero i11 pratr<:a misure cosi violente, si dovrebbe procedere ad applicare il sistcn1a educa• t!vo superiormente accennato, educatione al lavoro e della condotta. e con pari energia cd alacriti. Così da un 1.:to vi sarebbe una diminuzione reale dei degenerati pe. rico~osi, dall'altro la nuova generazione rict,•:rebbe una direzione per la quale il numero degrinferiori d(wrà scemare, Questa sarebbe una scluionc artificia• le, la quale, in gran parte. completerebbe la selezione naturale. Per questa, come mostrai. ci sono i sopra\'vivcnti deboli, con caratteri d'inferiorità e con adattamento anche inferiore. !)('I qna!e ,·i,·ono e sopra\'vivo1X>: per la selezione artificiale si avrebbe la massima eliminazione degl'inferiori e la minima sopravvi\·cnza dei deboli nella lou:i. J)\!r l'esistenza. Tutta la storia sociale umana. nelle sue \'arie epoche mosrra chiaramente che ,,i è stata una selezione artificiale, più o meno i11comple1amcnre: senza di essa il numero degl'infertori sarebbe enormemente maggiore di quello che esiste; ma è $lata uni• la1erale. pcrchè si è manifestata principaln1ente nelle forme reprcssi,·e. Se "i è staio in ogni popolo civile un sistema ed11ca1ivo, questn non ha avuto lo scopo diret10 di migliorare la razza nei suoi cle• menti più deboli, ma qu~llo di pcrfczion~re ccloro che già erano forti. Oggi noi dobbiamo tendere con lutee le forze a compiere la selezione artificiale coi due mezzi energici, repressione ed educazione, senza di essa non riusciremo a 111i_gliorarc la raua. La scle7.Ì')lle artificiale è la rigenerazione. (da G. Su11i · Le degenerazioni umane)
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