L'ebreo nelle Novelle del Sacchetti Può un saraceno o un pagano nato e 1·i~suto tale, sal\'arsi S('nza i! baucsimo? - si domandava il Sacchetti, nel XIV Sermone, un:1 delle sue stra\'aganti ùl\•aKazioni. Il saraceno o il JXlgano, riSJ)()llc.Jevasenza es.tu.ione, può sah•~rsi, ma « vìv4..·ndo rag1oncvolmentc e giust;lmcntc, facendo quello ,:hrui che ,,011...ssc iussc fatto a lui :t. E come riprova di ciò ~'lrtava il caso del fanciullo, che scuza luttcsimO, non si salverebbe , perocchè r.on ha "!critato nè con conoscimentn, nè mila 11olon1à, come il giusto i:~agano ». Ora, dacch~ al Sacche~ti 1,cxo importa che uno sia pagano o saraceno, se per Ylvarsi basta una \'Ìta modello, si sal\'L'- r;.11110 i giudei? Il Sacchelli rìsponJ~ a ~t:~s!A ..:omauda appunto con le no1·clle XXIV e CXC, e la rispos:a è negativa. 1: Sacchetti, che anu:rcbhc .tnche Bdzchù ~ in quanto egli è criatura di Do» {Sermone 111), pur 1u11avia direhhc di un <111ah111qAuheramuccio, <1uelloche dice a rroposito di Bdzebù, e cioè che « non •Johbiamo amar lui in sua nah1ra, coasi11,·rnndocht' per suo difetto ella è mal"- ;!lla e di\·crsa ». f,_ però il Sacchclti è il primo ndla no- ~•ra letteratura a condannare i giudei, e :o fa da principe. Autore ddla prima IM""ffa (novella XXIV) è uno dei più ,uncni burlatori dclJ,._ No\•cllc, qud messer Dolcibene le cui impr(-sc sono degnamente tramandate dalle novelle X, XXXIII. CXLV, CLJtl, CLVI, CLXXXVII. Dunque messt'r Dolcibene, giu1110 con ~I• gli amici al Sepolcro. venne a diverbio con 1111 gimko « pcrchè diceva c:on1ro a Cris10. schernendo la nostra fede» per cui lo sonò di santa ragione. I giudei accorsero in :tinto, presero messer Dolcihcnc e lo chiusero dentro una sinagoga. ~uccess: che venuta fa mezzanotte a messer l.>olcihenc « \'enne \'Olontà di andare l>èr lo bisogna del corpo•, e pcrù non s.-:µc11dodove andare, solo e imprigionato nella sinagoga. « nel mezzo del tempio scari1.,'Ò la soma•· !:indomani i giudei cntrn.ndo nel tempio. alla \';sta di quella brnttura cominciarono a gridare: « Mora, mora lo cristiano maladetto ». Però mes5oC'rDokihcnc, vis1osi perduto, pa.rlò lorò e disse: che non fu lui, bensì che durante la notte. siccome sentiva gran rumore ndla sinagoga, cercando cosa accadesse, ,•idc il Domcnc<ldio dei cristiani e quello •lei giudei che si au.:uffavano tra loro, dandosene quante più pote,·ano: e che alla finl· quello dei giudei ebbe la J>tggio, fu sreso a terra, e ne prese tank • che su questo smalto fece quello che \'Oi \·edete •· diceva messer I)olcibenc. I giudei crt"Jcndo alle parole sue, presero in mano quella roba, se la impiastricciarono sulla faccia, dicendo esser quelle k celesti reliqu;e. • f<.: chi più si studiava di mettt"rla sul \·iso, a quello parca esser più heato •· Così messer Dolcihcne fu salvo e lilit"ro, mentre i giudei « n·anda,•ano molto conll•n,i, con I ,·isi così lordi•· Anche nella CXC no,·ella gli « excr<-._ menta cibi • sono la salsa per i giudei, ma pili folìccmente, perchè mentre nella 1>rec1.-dcntenO\·cll.: il e dens cx machina > <leriso è il cieco fanatismo, in modo degno di qualche :mgoleuo talnmd·ano, in quest'altra il Sacchetti condanna qndla loro proverbiale \·igliaccheria, in forma di un grot.esco • ante litter:,m •• reso con potenza drammatica. Autore di qycs1'altra beffa è Gian Sega, albergatore di Porto Cesenatico. Accadde una sera che un giudeo di Ra\•cnua. ch'era andato con sci g-iudei di scorta a Rimini a sposare una Rebecca. con la n~ velia Sl)OSa,ancora intatta e vigilata da una cameriera e con gli amici, si pres('ntò all'albergo di Gian Sega per trascorrcn·i la notte. ·Non ap))ena i giudei entrarono nell'alhergo, C·,u1 Sega s'invaghì della bella giudea e giurù di possederla prima dell'Adamo. E tro,·ò la maniera. Gian Sega si ri\'olse difatti ad alcuni marinai, ordinando loro di venire durante ~ la notte alla J>Ortadell'albergo • facendo busso 1.' Hlmulto e con arme e ba.stòni, si che volessono e rubare e predare o uccidere qualunque dentro ,,'era; e questo facessono per tre volte, mettendo poco dall'una all'altra e continuo si crescesse l'assalto, gittando maggior paura a quelli dcnlro •· I marinai ne) cuore della notte eseguono I~ consegna, battono con gran fra-, casso la porta. I giudei, tremando come \.erghc, pregano allora !"oste di salvarli. Gian Sega \'a alla finestra a vedere chi sopo e ritorna dicendo: e Quesli son shanditi. dc' quali io ho maggior 1uura fra la nolte che io non ho ora•• e ciò dC'ttu resta in ascolto con i giudei che «sta- \'ano stretti e cheti come olio». Dopo alquanto tempo ritornano i marinai con maggior rumore. « Oimè ! oste, scampaci la \'ita » fanno i giudei tutt'insiemc. Gian Se~ allora li porta in un'al(ra camera (' poi ritorna alla finestra e grida, pcrchè i gimlei lo sentano: e Andate,·i con Dio, che io 11.-.11 c'ho istascra alcun forastiero •· Ed i marinai a puntino gli rispondono: « Aspcttcra'ti un poco, che noj vorremmo saper altro•· E di fatti poco d~ po i marinai ritornano fin~endo di voler aopiccarc il Cuoco aU-alber~o. J>crchè Gian Sega non apre. « Noi siamo morti - dicono i giudei - se non ci metti in quak~c luo~o ben occulto>. Gian Sega non se lo fa ripetere, e li porta ad un « necessario presso che pieno•• sposta i due ,assi che lo ricoprono;., e dice: e: Entrate qui», e quelli « in caJca > \'i si altuffano dentro. Come poi si presenta la cameriera, raccomandandosi per lei e per · la padrona, l'albergatore te dice: e Encra1e anche voi qui: delJa padrona non abbiate paura; io dirò c.he sia rma figliola. e mette-rolla sotto il letto». La cameriera non esitò un istame, e così si trovò nella. malta fino alla gola, come gli altri. Gian Sega allora tappò la bocca del neces:)ario con gli assi e serrò anche l'uscio della ca: mt.·ra, poi se ne andò a consolare la gìudCa, che appena lo vide, gli buttò le braccia al collo, perchè la sah·asse . .Ma egli le dice\'a di 110n spaventarsi, c.tiè ai banditi avrebbe dNto ch'era sua figlia, e ~rò la corl\'insc a mettersi nel letto sno. Quella notte Gian Sega abbracciò la legge giudaica quanto \•olle, non tralascìando di )C\':trsi ogni ta1:lto per ripetere i rumori ~:::11r 0 :~~· ;!7r~k~~~:n~~~l~=g~~s!, ,:t~: moltiplicare le :c;irezze della bella. Quindi, fattQsi giorho, mentre per suo suggerimento la gipdea ricomponeva il Ictio sotto i1 qiialc \)Oi si nasconde,,a come se \'i avesse trascorsa l'intera none, Gian Sega anda,·a alla « fecciosa tomba> e J:rida\'a: « Uscite fuori, che Dio ci ha fatto iran ~razia. giacchè è giorno -e oramai sìamo sicuri». Dapprima uscì la cameriera; poi i giudei come « vidono fare la via alla cameriera » l'uno dopo l)hro tutti e sci uscirono. Suhì10 lo sposo chiese ddla stia donna e Gian Sega, ,con un tratto di sincnità, rispose: « Vorrei che così fossi stati voi: pcrocchè come ella sia stata. con molto spavento, come fanc:ulla, ella. si serrò nella camera e là s'è stata h1tta .,nt:>tte,e voi siete stati in forma che molto mc ne incrcsce; ma io non crcde\•a che questa fossa fosse cosi piena: ma ogni cosa sia per lo migliore, chè per lo migliore si fece». Ma i giudei così lordi fino agli Ort'CC.hi gli ehicde\'ano ancora. soccorso. Gian Sega li riconsolò dict'ndo che anebbc fallo scaldare delracqua per farli la,·are. e poi che aspd:tasscro a letto i loro panni, che li avrehbe dati a imbiancare. I giudei diiatti stettero parecchi giorni a letto in attesa degli abiti: e cosi che Gian Sega, quando se ne andarono, non solo s'ebbe « molti scotti•• ma j)Otè ancora trastullarsi colla giudea. Frallco Sacchetti giustifica la beffa di Gian Sega con parole che non possono n.-.n interessare una. documentazione. Dice il Sacchetti: • Così anenisse a tuiti lt'li altri che stanno pur J)trtinaci contro la fedè di Cristo, che, poichè non si vogliono rivOIJ:"ere dalla loro incredulità. fossono fatti ri\'Ol~ere in qud ,·itUperoso fastidio che Gian Sega gli fece ath1ffare con obbrobrio e "crgogna di loro >- Questa novella. come pure l'altra, risale a fatti che il Sacchetti dà per accaduti, da quanto si può desumere, verso la mrtà del XIV secolo. Le altre due novelle, ci~ la CCXVJH e la CCXIX debbono risalire ad un tempo molto anteriore. MARIO STIGLIANl 27
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