La Difesa della Razza - anno V - n. 2 - 20 novembre 1941

~ IIFEISElLL! I !«J!ENZ4•DOtUMENT4ZIONE fOlEND. OUESTIONitmo DIRETTORE ELESIO INTERLANDI ,NNO V n. 2 • 20 NOVEMBRE XX )MA• SPEDIZIONE IN ABBOSAMENTO P081 AU LIRUEM "[0'11.\/ SIA1J,,, f. .\O.\ l'Y.COH.l. '1A11f.', o;J Clii:; 'L ,;Jl IJI O DI VOJ 'fHA I O/ \O\ RID I"' (OA:\TI,;. l'AIIAll~O \)

ANNO V - N. 2 SOMMARIO 20 H9YIMI·IE ll SCIENZA J. EV0LAr L'AQUILA: AlDSANDaO D>IAI. YJ.0aA: N0m'1>1 ANTROPOLOGIA ALBANESF.; GUIDO IJIJI. D1IAz ANTROPOLOGIA ...._ • Cllllllitai ... ), UDIO anlAIG GU IIIJTZUU. POLEMICA orrom110 ~ IL TEMPIO CONTRO IL CAM PJOOGIJO. DOCUMENTAZIONE GIUUO SII.VDDI=' DUE SAHT1 CONTRO UN ANTi PAPA GIIIDEO: A1DO ll0IIICA, LE RAZZE DELL'U.R.S.S. AUIAIIACCO IIEL IIADIITA, 1-ISNOVEMBRE1911-XX QUllflONAlllO PSICOANALISI E CASfflA'; CICXXX>LATOE CIOCCOLATAI; UN ABUSO? I MANOSCRITTI ANCHE SE NON PUBBLICA TI NON SI RESTITUISCONO GLIUFFICIDELLA"DIFESADELLARAZZA"SI TROVANOIN ROMA·PIAZZACOLONNA 1PORT!CIDI VF!O TEl [FONO !i3737 b?,88~ CRONACHE DELLGAUERRA CR.ANDE RJJIISTA SE1TIMANA1.E IN ROTOCALCO ESCE OGNI SABATO . COSTA LIRE /,50 1': la -•• rl•l#Ca ~ .-. -a•••-v1 - taUI i-~· -petti 4ella ---- aNoil<l'.--. ~•e■e I ■ •• ••.._ -sa■Je. e _pie .. la u.aaea .. Ullea. ••..••••li••• ee••••••• e •1111.ar-e. Per le ••rie •■ lerle ■erUe..rJ •••- el■Ue&I VI l"••••r•••• ■elt•••err■- tl wal■re e■-■•l■le •el •••er■I •••• ■l•e■ U, ■Ilare••••••·•••• e•••• ••• .. •••••te ••••e '1e■ lre eea:■t■le■I. Osai ■rUeala fi ■wU■ppata ••••••• le e■lse••• •• ••• ••••1l•e e••••U• la .,.,•'•••u• e ire•ll•■•t• ■•e•••• ! e..u..,. 1 •e•·••••••-• ...........-.. 11• ••Pl♦ eerN•• •• l'•H>a:••••• ID■• ■ll'a■J♦■I. ••••••• e■l'le s-•.,••e•e e e.arti- ••-•-u- VI ♦6iril ll .... '1 ■epl.re la ....... ■l■&eal,__n■ e•4l ~ .,... .,r1■-■ce •• •••■-Jea ftl ee■aua.. TUMMINELLI E C. - EDITORI C_l.., 1\ T A. UN I V E R ~ I T A R I A . ROM A TUMMINELLI HA PUBBLICATO MERAVIGLIE 01 G. CASTELFRANCHI LEMIRABILIR, ECENTICONQUISTE DELLASCIENZAE DELLATECNICA UN LIBROISTRUTTIVOD,IVERTENTE E DI APPASSIONANTE LETTURA VOLUME IN BROSSURADI 423 PAGINECON 110 ILLUSTRAZIONI IN TUTTELE LIBRERIAE LIRE28 VOLUMERILEGATOIN TUTTATELA CON IMPRESSIONIIN ORO L.35 TUMMI N ELLI CITTÀ UNIVERSITARIA· ROMA

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4 BANCA COMMERCIALE ITALIANA CAPITALE L. 700.000.000 RISERVA L. 165.000.000 BANCA DI INTERESSE NAZIONALE

l!DIFES! DEUA I Direttore: TELESIO INTERLANDI Con.italo di redaaione: prof. dou. CUIDO LANDRA • prof. dou. "1DIO CIPRIANI Segretario di redazione: CI ORCIO ALMIRANTE SCIENZ4•00CUUENTAZIONE POLEUIC4 • OUESTIONJ\WO !MUSSOLINI TRA I FIGLI DEL SUO POPOLO!

il • mpw Il tempio di Erode a Gerusalemme. RtCost,uztOne dì De Ve>gue. CONTRO L u lotta di Israele contro Uoma è in sintesi la lotta del Tempio contro il Cam1>idoglio. E' nec.eSfl.ariodi esaminare attentamente i due J>Oli del giudaismo e della latinità per <:ouviuccrsi che la guerra iniziata nel 6-5 d. C. dai .Romani contro i Giudei era rotale e inevitabile. In un nostro 1>reccdente articolo (vedi Difesa della /lazza del 20 settembre: • Vespnsiano e 'rito distruttori d'Israele :t), trattammo piil che nitro delle fasi conclusive e belliche della guerra in cui il regno d'Israele venne scardinato sin dalle fonclarucuta e la comunità e i suoi devoti sconfitti e dis1>ersi J>er il mondo. Oggi tenteremo di risalire alle origini morali e s1>irituali di questo grande conflitto, da cui l'umllnitù deve forse ai Romani se nel mondo è mancato il pericolo di un im1>ero giudaico politicamente organiz- ,mto e riconosciuto. La storia ci rivela il Tem1>io di Gerusalemme quale cittadella non solamente rcligiosu ma ancha e prevalentemente J>Olitica e sociule elci giudaismo. li Tempio non era J>Crgli ebrei soltanto il massimo luogo di adorazione n .Jahvè: era anche la formidabile, luberintica e oscurn sede del giudaismo: il che è ben d.iverso. Entro le sue murn gli ebrei J>cnsarouo, costruirono ed attuarono i ]oro 11iuui l)Cr il trionfo su gJi altri popoli, J)er ostacolare Roma nella sua es1}ansione africana e asiatica, 1>erdirfondere il verbo della comunità e gli interessi qellu medesima oltre i confini del regno d'Israele. Diffondere non nel senso di fare dei proseliti nuovi J>erchè la tendenza del giudaismo era piuttost-o chiusa agli nitri popoli, mo. di introdursi con una politica di inquinamento e di ingerenza nelle altre unzioni. Chi aveva fatto il Tem1,ioT Erode re, dagli ebrei chiamato il Grande. Erode era re degli Ebrei senza essere un cbroo integrale. Come M.osè che aveva nelle vene sangue egizio, ("OSÌ Erode figlio di un idumoo. Antipatro, e di madre amba. Kypros. apparteneva ad una rn..zza impura. Oli Idnmei s'erano fatti jsracliti soltanto nel 110 a. C. sotto la violenza d.i Giovanni Ircano. Erode neua·storia ru il prototipo dell'opportunismo. Amico dei Romani perchè comprendeva che con la sua origine impura se non avesse avuto il loro sostegno sarebbe in breve caduto, da princi1>io parteggiò per Cesare senza essere cesariano; morto Cesare parteggiò per Cesare senza essere rc4 6 pubblicano; da Cassio passò ad Antonio. e sconfitto Antonio si dette tutto ad Ottuvinno Augusto e con lui rimase dato che lo vide salire al trono imperiale. Nel 40 a. C. venivo Erode riconosciuto in Uorua come Re dei Giudei e - oos.a che fece fremere la comunitll - saliva il CumJ>idoglio per offrire sacrifici a Giove; pili tardi salirà i11 Gerusalemme al Tempio da htl eretto per offrire sa4 criflci a Jahvè; conclusione: egli era ateo. E nella Palestina, a Samaria. u Cesarea. al Panio11 fece erigere tcnwli pagani con una indifferenza che sconcertò i sommi sacerdoti ebrei, i Siucdrisli, i Farisei e i Dottori della Legge. Questo il monarca che gli ebrei ap1:>ellarooo il Gronde! Erode aveva pertanto al suo atlivo la costruzione del Tempio. li giudaismo conservando sotto Homa il suo ordinamento teocratico nazionale tcnevu il suo centro spirituale in Gerusalemme, ed ivi l'unico e legittimo •rempio eretlo n Jahvè. Giuseppe Rieeiotti nella sua V-ila di Cristo scrive: • La uazionalihì giudaica implicava la religione giudaica: la religione richiedeva il '1'em1>iodi Oerusu.lemme: il Tempio esigevn il snccrdozio. Non solo da tutta lu Pt1.lestina, ma anche dalle regioni vicine e lontane su cui si era riversata la Dius1>0ra, la nazione di Jahvè, si guardava ll Gerusalemme e al sommo sacerdote come al luogo 1,iù santo e ttll'uomo più vicino a Dio :t. JI Tem1jio cretto nel 20 n. C. era nei fatti il terzo 'l1em1>io.Il primo innalzato da Salomone era stato distrutto nel 586 a. C. da Nabucodonosor; il SC<,'Ondorico4 struito dai reduci delJ'csilio babilonese nel 515 a. C. era stato demolito du Erode per ricostruire piil sontuosamente il terzo. Oli ebrei sapevano che Erode faceva questi lavori non per religione quanto 1:>erop1>0rtunitù; ma lo In.sciavano rare con la loro mentalità di profittare d'ogni cosa a loro utile. C'era il ricchissimo monarca che tirava fuori l'oro. lauto oro per creare la cittndellll del giudaismo militante, In futura roccaforte contro Roma, e la comunità era più che lieta di trovarsi domani un edificio consimile senza avere sborsato pecunia. La costruzione durò circa 85 anui. I sacerdoti profittando della mania edilizia di E.rode tracciarono un 1>rogetto più J>er una fortift.cazione che per un sacrario. Su la collina di Ocrursalcmme doveva sorgere una costruzione tuie che domani fosse stata capace di resistere u

qualunque assedio da parte di nemici. Il piano dei lavori moetra realmente l'oscuro 1:1pirito dell'ebraismo fatto pietra. Il Santuario propriamente detto non era che la ceulelima parte del 'fcmi>io. Vavevano murato con le 1>ro1>rie mani i Qtlcerdoti, non oon1:1entcndo ad alcuno di costruire il Sancta Sanctorum. L'interno del Santuario rimaneva quindi, per tutti, nel mistero 1>iù assoluto. Divieo in duo celle, nella prima entravano soltanto i •oerdoti; nella seconda - stanza misteriosamente oscura e vuota - entrava solamente il sommo sacerdote, una volta l'anno, nella ricorrenza del Kippur o Es1>iazione. La piccolezza del Santuario faceva sì che i fedeli d'ogni classo no rimanessero impossibilitati dal r>enetrarvi, e la consuetudine vigente era che dovessero pregare al di ruori. Israele desiderava evidentemente J)Osscdere un luogo che sotto la veste della religione rimanesse come isolato e invisibile all'universo; in nn Suncta Sanctorum nè un giudeo nè un J>agauo avrebbero avuto il coraggio di violare la soglia, il primo 1>er 1urnra di Jahvè, il secondo 1>ernon irritare la comuniU\. E.pJ)ure Pompeo :Magno,nel 6.1 a. C., ebbe il coraggio di entrare nel Sancta Sanctorum e trovò nulla hitus deum e!fi.gie vacua-m,sede et hmtiia arcana. ijon v'era niente in quella stanza: era vuota del volto di Dio e con un inutile &ensodi mistero. Nella guerra del 65 d. C. si vide bene invece a che sco1>0 era servita quella cella sino allora iusos1>ettata. Al di fuori delle quattro 1nura del Santuario. il '11empio estendeva i quadrilateri poRSenti dei suoi cortili. Il primo cortile intorno al Santuario era riservato ai sacerdoti t..-divi stava l'altare dei sacrifici a cielo scor.terto. Venivano JlOi l'Atrio degli Uomini accessibile soltanto a quelli di sesso maschile, l'Atrio delle Donne e infine l'Atrio dei Gentili, il più vasto e il J)iù aperto, dove Po· tevano accedere anche quelli di religione non giudaica. Questo atrio ru111,rescntava l'intromissioue e lo spionaggio di Israele nella politica esterna di Roma e delle altre poten7..c.Non era l'occhio dei Gentili, cioè dei non ebrei. a spiare nel suo rec0680 il giudeo; ma era il giudeo che ospitando i Gentili li s1>iava e li teneva sottomano. Sino a quando JsraeJe è un regno. il 1'cmpio baso "L'umanità deve ai Romani se iiel mondo è mancato il pericolo di un impero giudaico politicamente organizzato e riconosciuto" la sua Politica con il siStcma di os1>itare nell'Atrio dcj Gentilì le genti diverse e di apprendere abilmente tutti i segreti. Quando il Tempio viene distrutto dai legionari di Tito, Israele senza regno invade - con il medesimo intendimento - 1'Europa, l'Asia e l'Africa e da ospitante diventa 0s1>itaw.. Ma il processo di penetrare senza amalgamarsi nelle altre razze e nelle altre comunità è identico sia entro l'Atrio dei Gentili che fuori. Ai Gentili era 1>erò vietato di varcare il rnuro delratrio n loro concesso. V'era. la pena. di morte. E la 1>enn cm scritta in la1>idi greche, ebraiche e latine seol1>ite e murate 1>resso gli accessi che dall'Atrio dei Gentili introducevano a quello delle Do'nne. Alcune di queste lapidi ò stata recentemente ritrovata. Dominando il Tem1>io sorgeva al suo fianco la Fortezza Antonia, anche questa opera di Erode. Isruele la nveva voluta per difendere il Tempio in caso di invasione; e tutta lu 1>0tcnza di questa rocca turrita. merlata e bastionata si dimostrò allorcbè Tito nell'espngnarla dovette faticare assai. Gli cbrèi. finito il Tenl))io, salutarono il costruttore Erode e ne magnificarono le gesta. Lo chiamarono Orande e ammirarono la sua libcrnlità 1:>eravere speso somme inculoolttbili alla edificazione. Erode era ricseito però u giocare - una volta tanto nella storia - gli Ebrei: aveva fotto il Tempio non con l'oro pro1>rio ma con i ILCAMPIDOGLIO

GiuHppe Fattori: Erode tesori trovati nella tomba di Davide in Gerusalemme. dove di nottetempo il re era penetrato con aJeuni fidi, in assoluto segreto, spogliandola d'ogni ricchezza ivi deposta e ritenuta sacra ... Nella Fortezza Antonia erano deposti e conservati gli indumenti pontificali del sommo sacerdote. Questo. perchè non venisse desiderio al re o ai proconsoli romani di occupare l'Antonia. dovendo quella rimanere come parte integrante del Tempio. Il sommo sacerdote era l'autorità g'.rigia dei giudei. Palesemente sottostava aJ monarca e al proconsole romano: ma la massa giudaica non pendeva che dalJe sue labbra per la sapiente e pratica organizzazione capillare e periferica che dai sacerdoti ai nobili discendeva sino a1 popolo. I sacerdoti erano divisi in 24 c1888i. Venivano poi il Gran Sinedrio, organismo che presidova alla legiferazione ed era presieduto dal sommo sacerdote, e i Sinedri Minori sparsi in tutto il regno. I sacerdoti facevano sempre parte di uno dei tre gruppi di membri del Sinedrio Maggiore e dei Minori. Dopo il Tempio esistevano come appendici o cappelle sussidiarie le Sinagoghe. Le Sinagoghe sorgevano ovunque, e crolJato il Tempio rimasero e vennero costruite per ogni dove emigrarono t giudei. Veduta dalJ'alto la pianta del Tempio era il trionfo della linea retta. Una serie di quadrilateri, uno dentro l'altro, costituiva con i muri la difesa del Santuario sorgente quasi al centro; ed il muro esterno, che aumentava la sua potenza con lo strapiombo del colle. congiungevasi con le cinque torri dell'Antonia. Tutto s era quadrato, cubico, schematico. regolare, scoperto. Mentre in Roma - dal Foro al Campidoglio - i templi. gli archi e le basiliche sorgevano senza un piano rego• latore ma seeortdo le necessità, gli sviluppi politici e le ambizioni dei Cesari: Israele mascherava il suo spirito e le sue intenzioni dietro la semplicità delJa geometria. Nell'Urbe erano arcate. volte, cupole, colonnati, statue e scalee; a Gerusalemme muraglie, cinte, tettoie e architravL Eppure eru proprio ivi la sede del giudaismo pii1 oscuro, cioè del tortuosismo, della finzione, della speculazione, della resistenza, dell'orgoglio e della materialità. S'era formato un organismo invisibile ma esistente che dal sommo sacerdote andava al più u.mile pastoro di Palestina, attraverso le classi sacerdotali e nobiliari. Erode aveva costruito questa cosa, rimanendone spiritualmente al di fuori, anzi non sapendo nemmeno la conformazfone architettonica di molte porti, poichè - dicemmo - iJ Sacrario era stato eretto dagli stessi sacerdoti che avevano murato ogni pietra e coperto con le proprie mani la duplice cella. Roma, nei 1>dmi tempi, si accontentava di vigilare e di esercitare una speciale influenza non sul sacerdozio il che era impossibile, ma sul monarca. E così Israele rimaneva come libera e al di fq.ori dell'ingerenza romana. Il Campidoglio era un'idea, il Tempio un intento. Il Campidoglio sorgeva alto, di forma lunata, con il Tempio di Giove Capitolino su d'una vetta e su l'altra, l'Arx, il Tempio di Giunone Moneta e la rupe da cui veniYano precipitati i traditori della patria. Il Tempio di Giove Capitolino era esastilo, con atrio profondo e tre file di colonne. L'Arx stava al Tempio di Giove Capitolino, come l'Antonia al Tempio di Erodo. Era l'Arx l'acropoJi insigne della latinità. Su di essa l'Auguraculum dove gli auguri traevano gli auspici, la Zecca dette il nome di Moneta al tempio di Giunone e il propileo su cui veniva inalberato il vessillo rosso durante i eom.izi popolari. Il Senato e i Cesari non operavano sul Campidoglio La Curia e il Palazzo sorgevano l'una sul Foro e l'altro sul Palatino e si fronteggiavano a vicenda. Il Campi• doglio e il Foro con i nove templi, le due basiliche, i tre archi di trionfo e i saceJli sembravano 1a negazione del• )a logica in topografia edilizia. Ogni cosa era sorta nei secoli a documentare un atto di grandezza ed una vittoria. E questo sontuoso disordine di moli marmoree e di bronzi dorati ospitava l'anima • intera e dritta, dell'imperialismo latino. Le colonne rostrate stavano a simboleggiare che i gladii armavano le prore per veleggiare' verso tutti i lidi esplora.ti, per ogni mare conosciuto alla sapienza e alla conoscenza umana. Roma aveva trovato la dirittura nella confusione e nella promiscuità delJc maase architettoniche, Israele aveva creato volutamente la confusione ne11a dirittura della topografia del Tempio erodiano. Così Roma si contentò di osservare e di tollerare Israele e il Tempio sino a quando vide che l'una e l'altro non minacciavano la sua sicurezza e non attentavano al suo dominio. Con Erode ipocritamente sottomesso ad Augusto e più ipocritamente amico della comunità non v'era stato pericolo alcuno: il re serviva contemporanea• mente gli interessi di Roma e di Gerusalemme. Ma quando Erode mori e ad occupare quella specie di trono sotto duplice tutela si accesero le lotte fra gli eredi e i pretendenti, Roma si accorse che bisognava agire. 11 Telb.pio era intervenuto improvvisamente, e con una politica infida. mascherata sott la veste della lotta per la successione, cercava di scalzare l'autorità romana e

di miouire il potere Jatino nella Palestina. Le ribellioni ai procuratori romani sorgevano ovunque, adesso. Prima erano un fenomeno esc)usivamente interno ed interessante soltanto la comunità giudaica. Ora avevano cambiato faccia, ed Israele s'era tolta la maschera. Nella confusione creata dalle lotte per il trono nascevano altri stati di irrequietezza dapprima incerti poi più defi.niti che rivelavano la volontà di inferire gravi coh>i al1'autorità dei proconsoli, di allontanare l'ingerenza negli affari civili e militari esercitata fino allora dal Senato romano, di intralcia.re i commerci e la navigazione latina. Era l'oacurità e la barbarie che tentavano di ri.- prendere il potere e di allontanare la civiltà e la luce di Roma. Erano gli abitatori delJa tenda - chè il Tempio nòn era opera di architetti ebrei ma di ingegneri fenici - contro i costruttori della casa di pietra e di laterizi. Era la razza giudaica contro l'ariana. Il Tem1>iocontro il Campidoglio. Non si trattava più, in conclusione, di un fatto isolato e provinciale, ma tutta l'AE1iaveniva ad esserne. coinvolta chè l'atteggiamento ostile dei giudei faceva riaccendere contro l'Urbe anche gli altri J)OJ>OH amici o sottomessi. La lotta per la suooessi0ne al trono rappresentava come gli ebrei non attendessero più il beneplacito di Cesare. Oramai i pretendenti si appoggiavano ai loro partiti senza rivolgersi al CampidogHo. Ed il sacerdozio era quello che fomentava 1a secessione, per il momento cruenta e temibile, ma evidentemente apporta~ trico di una novella indipendenza: poichè ritenevasi che Roma al veder sorgere un monarca da una rivoluzione non avrebbe più preteso la richiesta del beneplacito da parte del re di Israele, perdendo cosi la sua più impor• tante forma di controllo su la Palestina. Quando poi scoppia la rivolta dichiarata contro Roma, il Tempio assume la suprema direzione degli affari politici e militari. Vengono coniate anche le monete, le famose Monete della Rivolta. Quanto dura sia stata In guerra condotta nel 65-70 da VeSpasiano e da Tito e quanto sangue e quanti sacrifici abbia costato è noto. Tutto sta a dimostrare come il Tempio avesse saputo organizzare nella Palestina la ribellione armata. Erano stati anni di preparazione metodica, misteriosa e sotterranea. La macchina reUgfoso. e politica che partiva dal recesso buio e vacuo del Sancta Sanctorum sino ai più umili tuguri aveva funzionato perfettamente. Il Tempio non era pill un tempio propriamente detto. cioè un luogo di preghiera e di espiazione, un sacrario di raccoglimento e di sacrificio: la religione una volta tanto era servita a mascherare la politica antiromana. E i pochi fanatici ebrei che s'erano accorti di questo e nei sacerdoti vedevano dei figuri facinorosi anzichè dei puri ministri del culto, avevano un giorno gridato contro d.i loro: Uscii.e via di qua, uscite via di qua, figli cli Eli! Avete insozzato la casa del nostro Dio (Su.k.kah paJ.. IV, 54 d). Cos'i è tradizione - che ognuno può interpretare come erede - che anche Jahvè si stancasse di vedere iJ suo tempio diventare un crogiolo di politicanti. Flavio Giuseppe storico giudeo e C.Ornelio Tacito storico romano narrano (Guerra Oind. VI, 299. Histor., V, 13) che negli ultimi anni, mentre Israele rimestava nel calderone della sua torbida Politica protetta dai muri del Tempio e nella lesta che è chiamata Pentecoste, essendo giunti i sacerdoti nel tenipio interuo. come era loro costume per gli uffici liturgici, alter· marono di avere udito dapprima una scossa ed un tuo• ~io. e poi una voce plur·ima urlare: Noi ce 11-epart-iamo di qual,. Era Dio ehe abbandonava Israele e lasciava il Tempio vuoto di Lui, per sempre. E il Tempio senza Dio aveva ancora poohi anni per rimanere sul colJA di GP· rusalemme. OTTORINO GURR!ERI Il Foro Romeno. RKo,truzione G. T ogneHi

li sim»Olismo dell'aquila ha un carattere e tradizionale> in senso superiore. Dettato da precise ragioni analogiche, è fra quelli che tcs<imoniano un • invariante ». cioè un elcmcn• to costante e immutabile, in se· no ai miti e ai simboli di tutte le civiltà di tipo tradii.ionalc. Le particolari formulazioni che riceve questo tema costante son J)Crò naturalmente diverse a se· conda delle rane. Qui diciamo subito che il simbolismo dell'aquila nella tradizione delle genti arie ha avuto un carattere spiccatamente e olimpico :t cd eroico, cosa che ci proponiamo di chiarire nd presente scritto con un gruppo di riferimenti e di ravvicinamenti. Circa il carattere e olimpico> del simbolismo dell'aquila, esso risulta già direttamente dal fatto, che quest'animale fu .sacro al Dio olimpico per eccellenza, a Zeus, il quale a sua volta non è che Ja particolare figuraz:onc ario-eUenica (e poì, come Jupiter, ario-romana) della divinità della luce e del• la regalità venerala da tutti i rami della famiglia aria. A Zeus fu connesso a sua volta un altro simbolo, quello della 10 folgore, cosa che va ricordata, pcrchè '\•cdremo che per tal via esso va a completare non di ra· do il simbolismo stesso deJl'aquila. Ricordiamo anche un altrÒ punto: secondo l'antica vi• sione aria dtl mondo, ,J'elemen· to e olimpico• si dcfinisçe soprattutto nella sua antitesi rispetto a: quello titanico, tellurico cd anche prometeico. Ora, proprio con la folgore Zeus abbatte, nel mito, i titani. Ne· gli Arii, che vivevano ogni loti:a come una specie .di riflesso della lotta metafisica fra forze olimpi.che e forza titaniche, essi stessi considerandosi. come una milizia delle primi-, vediamo peraltro aquila e folgore come simboli e insegne che racchiudono, per tal via, un significato profondo e generalmente trascurato. Secondo l'antica visione aria della vita, l'immortalità è qual· cosa di privilc-giato: non significa semplice sopravvivenza alla morte, ma partecipazione e• roic.t e regale allo· stato di CO· scienza che definisce la divinità olimpica. Fissiamo alcune corrispondenze. La veduta ora accennata circa l'immortalità è anche propria alla antica tra.dizione egizia. Solo una parte dell'essere umano è destinata ad una esistenza eterna celeste in stati di gloria • il cosidetto ba. Ora, questa parte nei geroglifici egizi è .raffigurata appunto come un'aquila o uno sparviero (pc:r Je condizioni di ambiente, lo span-iero qui è il surrogato dell'aquila, l'appog· gio più prossimo offerto dal mondo fisico per esprimere la stessa idea). E' sotto forma di · SIMBOLI DELLA GENTE ARIA sparviero, che, nel rituale con• tenuto nel Libro dej. Morii (LXXVIII, 1·4, 46 dell'edizione Wallis-Budgc) l'anima trasfigurata del morto incute spa· vento agli stessi dèi e può pro· nunciarc queste parole super• be: e lo son sorto a similitudine di sparviero o di aquila di· vina cd Oro mi ha fatto pane• cipe secondo simiglianza dello spiri10 suo, a che prenda possesso di quel che nell'altro mondo corrisponde ad Osiride•· Questo retaggio superter· reno corrisponde esattamente all'elemento olimpico. [n!at · ne.I mito egizio Osiride è u figura divina che corrispond

allo scato primordiale e solare • dello spirtto, il quale, dopo a· ver subito alterazione e corru• zione (uccisione e dilaceramcn. to di Osiride), viene restaurato da. Oro. II morto consegue l"in· diamcmo immortJlamc parteci• pando della forza restauratrice di O~ che riconduce ad Osiridc, che prov<Ka il e risorgere> o il e ricomporsi> di Osi· ride. A questo pun10, è facile cons1atarc corrispondenze molteplici di tradizioni e di simboli. Nel mito ellenico, si comprcn• dc, a taJe stregua, che da e aquile» r:sse.ri, come Ganimede, siano srati r:ipiti al trono di Zeus. Per meno di aquile, nel• l'antica tradizione persiana, il re: Kci•K.aus temò promctc:icamcntc di innah:arsi al ciclo. Nella tradizione in~aria è l'a. qu,la che porta ad Indra la mi. stica bevanda che lo costituirà a signore degli dèi. La 1radizione classica qui aggiunge un particolare suggestivo : ptr es· sa. Mnchè inesattamente, l'a· quila valeva come l'unico animale che poteva fissare il sole senza abbassare gli occhi (cfr. p: es. Lucia.no, /coroJH., XIV} Ciò chiarisce •la pa.rt~che l'aquila ha in alcune redazioni ddla leggenda prometeica. Prometeo ci appare non come co, lui, che è veramente qualifica· 10 per far proprio il fuoco olimpico, ma come colui, che, restando di na1Ura e titanka >, vuole usurparlo e farne cosa. non più da e dèi », ma da uc,. mini. Per pena, nelle redazioni della leggenda cui alludiamo, il Promct~ incattnato ha iJ feiaro oonlinuamcnte divorato da un'aquila. L'aquila, ani· ma.le sacro del Dio olimpico, associalo a.Ila folgore stessa che abbatte i titani, ci appare qui come una figurazione equi• "Ta1tnlc a.ilo stesso fuoco, che Promd~ voleva far suo. Si tratta cioè di una specie di castigo imma• ne n te. Promc:tto non ha la natura dell'aquila, che può ·fissare impuncmcn. te e e olimpicamc:n. te > la luce suprema. La stessa for• za che volle far sua, diviene: il prin• cipio dc:I suo tor• • memo e del suo castigo. E qui si aprirebbe una via per comprendere la 1ragcdia interiore: di vari esponenti moderni della dottrina di un ,upcruomismo titanico, osacssi e vittime della loro stessa idea, partendo da Nietzsche e da Dostojewskij, e con pari' colare riguardo, anche, agli uoi carattcrist.Ci dei romanzi di quest'ultimo .. Tornando al mondo del m.i• to ario, troviamo nell'antica tradii.ione indù una variante di quello prometeico. Agni, sotto forma di aquila o di sparviero, strairpa un .ramo dell'albero CO. smi~ ripetendo il gesto, che nel mito semita Adamo compl per e rt1ldersi simile agli dèi >. Agni, che a sua volta è una pcnoJU fieaz.ione del fuooo, vie• ne colpito. Dalle: sue piume cadute aJ suolo sorge però il seme di una pianta che: produr· rà il e SOMa tcrrestrc >. Ma il .tOMa è un ~ivaltnte dc.ll'am• brosia, ~ la sosl'anza simbolica che ind)a, che propizia una par. tccipazione allo stato e olimpico >. La stru1tura del mi10 a· rio, bcnchè in forma più involuta ripete quella che già abbiamo analizzata nel mito egizio (offuscamento di Osiride, resurrezione per mezzo di Oro). Si può parlare di un cen• tativo prometeico fallito in un primo tempo, poi crcttifìcato> e fatto seme di una giusta realizzazione dello stesso fine. Ne.Ha tradizione lrano-aria l'aquila figura spesso come u· na incarnai.ione deUa e gloria> ddJo hvart"6 che, come in altra occasione in quule &tesse pagine .ricordammo, per quelle razze: non valse come una astrazione, bcnsl come una forza mistica e un potere rtale dall'alto, che scende sui sovrani e sui capi, li fa partecipi della natura immortale e li testimonia con la vittoria. Questa e gloria> aria, personificata dall'aquila. non sopporta lesioni ddl'ttica virile propria al· la tradizione mazdea. Così il mito riferisce, che sotto forma di aquila essa si dipartl dal re Yima allorchè questi si conta minò con una menzogna. Sulla base di siffatte corri• spondenzc di significato e di simboli la parte che in Roma antica c:bbt- l'aquila ri,ùha in una particolare luce. 11 rito dell'apoteosi imperiale romana è una prima testimonianza cd una precisa conferma dell'ade· reni.a della romanità all'ideale olimpico. In tale rito proprio il volo di un'aquila dalla pira {u. neraria simboleggiava infatli il trapasso allo stato di e dio> dell'anima dell'imperatore mor10. Ricordiamo j particolari di questo rito, che fu ripetuto sul• l'esempio di quello originario celebratosi alla morte di Augusto. Il corpo dell'imperatore morto veniva racchiuso in 11na ba· ra coperta di porpora, portata da una. leniga d'oro e d'avorio. Veniva deposto in una pira CCI· stituita al Campo di Marte e circondata da sa.eudoti. Si svolgeva allora la cosidctta dcc-ursio, su cui subito diremo. Dato fuoco aJla pira, un'aquila si liberava dalle fiamme, e si pc:nsava cht in quell'istante l'a· nima del morto simbolicamente s'innalzasse verso le regioni celesti, per cs.sc:r accolta fra gli Olimpici (dr. Dione Cassio, 1 LVI, 34, sgl:., LZZI, 5, Erodiano, IV, 2, ccc.). La duwrsio, cui or ora si è accennato, era la corsa di truJ)' pc, di cavalieri e di capi intor. no alla pira deU'impc:racorc:. sulla quale essi gittavano le ri· compcnsc ricevute per il ioro valore. Anche in questo rit.:. si cela un significato profo:ido. Era crcdmu aria e romana. 11

che nei capi fosse la vera for· za decisiva per la ,·ittoria; cioè, non tamo nei capi come J)('rsona, quamo nell'elemento so,•rannaturalc, •olimpico> ad essi attribuito. Per questo, nel• la cerimonia romana del trionfo il duce vincitore assumeva i simboli del dio olimpico, di Jupiter, e al cempio di questo d·o andava a rimettere i lauri della vittoria, volendo con ciò esprimere il vero autore della vittoria, ben distinto dalla sua parte semplicemente um:rna, Nella decwrsi,q a,•,•eniva una e remissione» analoga: i sol· dati e i capi rcstituh•ano I,: ricompense che ricordavano il loro coraggio e la loro forza vincitrice all'imperatore come a colui che, nella sua potenzialità e olimpica>, ora sul pu1110 di liberarsi e di transumanarsi, ne era stato la vera origine. Ciò ci conduce ad esaminare la seconda testimonianza dello sp·rito •olimpico> della roman;tà, parimenti controsegnato dal simbolismo ario dell'aquila. Era tradizione classica che colui, su cui si posasse l'aquila fosse predestinato da Zeus ad ahi destini o alla regalità, volendosi con ciò indicare il presupposto e olimpico• della legittimità degli uni o dell'altra. Ma era parimenti traditionc classica. e poi spccificameme romana, che l'aquila fosse segno di vittoria, col che, pari• mcmi, vengono in risalto i presupposti e olimpici » della concezione stessa della lotta e Jclla vittoria, cioè l'idea. che a1traverso la vittoria della gcn• te aria e romana fossero le forze stesse della divinità olimpica, del dio di h1ce, a ,•incere; I~ ,·ittoria degli uvmini, rincs· 12 so di quella stessa di Zeus su forze amiolimpiche e • barbariche>, era preannunciata dal• l'apparire dell'animale stesso di Zeus. dall'aquila. Ecco la base per comprende• re adeguatamente, in relazione a significaci profondi d'origine tradiz:onale e sacrale, e non a vuote 1:llegorie, la parte che l'a• quila a,,c,·a fra le insegne dc• gli eserciti romani, presso si9"a e flt.rillo, fin dalle origini. Fin dall'epoca repubblicana raquila fu in Roma come l'insegna delle legioni - veniva del· 10: e un'aquila per legione e nessuna legione senz:'aquila > (cfr. Cesare, beli. gall., IV, 29; Tacito, Ann., I, 39; Hisl. I, 61, SQ, 100). In particolare, l'insegna era cost'tuita dall'aquila ·con le ali spiegate e, in più, r.on una folgore fra gli artigli. Vien cosl confermato rigorosamente il Smbolismo e oli.mpi· ,:o» già detto: presso all'anima- !.: sacro di G:ove vi è il se:1,rno rlclla sua stessa forza, di quel· la folgore. con la quale egli oombat<e e stermina i titani. Dettaglio degno di riJjevo. le mscgne delle trup~ barbariche non a\'evano l'aquila: nei sig11a aw.si/.inrum troviamo invece a- :iima)j sacri o e totemici>, rifacentesi ad altre influente, quali il toro o l'ariete. Solo in un periodo succ::essivoquesti se• gni s'infiltrarono nella stessa romanità associandosi all'aqui· la e dando luogo. spesso, ad un simbolismo doppio: il secondo animale aggiunto all'aquila nelle insegne di una èiata legione stava allora in relazione con una caraneristic.1 di essa. mentre l'aquila si rifaceva al sim• bolo gt'nerale di Roma. Nel periodo imJ')Criale, peraltro, l'aquila, da insegna militare, divenne spesso simbolo per lo stesso Jmpcri11n1. Noi sappiamo la parte che nella storia successiva il sim· bolo delraquila ha avuto nei popoli nordici e germanici. Que· sto simbolo sembra quasi aver abbandonato ptr un lungo periodo il suolo romano cd esser trasmigrato fra le nu:ze germaniche, tanto da apparire a molti come un simbolo essen• .zialmcnte nordico. Ciò non è esatto. Si è dimenticata l'origi• ne dell'aquila che figura ancora oggi come emblema della Germ"nia, cosl come essa fu anche emblema delrlmpero austriaco, ultimo erede del Sacro Romano Impero. Quest'aquila germanica è !fmpliceme.nte l'a· quila romana. Fu Carlomagno. nell'Soo, che nel punto di dichiarare la rt:1101Jalio ro,,,ani imperii ne riprese il simbolo fondamentale, l'aquila, e ne fece l'emblema del suo Stato. Scoricamente, è dunque null'altro che l'aquila romana quella che si è conservata fino ad oggi come simbolo del Reich. Ciò non impedisce però che, da un punto di vista più profondo, su• pcrstorico, nel .riguardo si pos· sa pensare a qualcosa di più che ad una sempFce importa- .zione. L'aquila infatti nella mitologia nordica figurava già come uno degli animali sacrì ad Odino,Wotan e come questo a· nimale fu aggiunto nelle inse• gne romane delle leginni, così esso apparve anche nei cimieri degli antichi capi germanici. Si può dunque concepire che mentre Carlomagno nell'assumere l'Aqu:la a simbolo del risorto im1>eroave"a essenzialmente in vista Roma antica, egli sinml· taneamcmc. senza rendersene conto, riprendeva anche un simbolo dell'antica tradizione ario·nordica, conservatasi solo in forma frammentaria e crcpuscQlare fra i vari ceppi del periodo delle invasioni. In ogni modo, nella storia successiva l'aquila fin) con l'a· vere un valore semplicemente araldico e il suo s=gnificato simbolico e morale più profon· do t originario fu dimenticato. Come molli altri, dh·tnne un simbolo che sopravvive,·a a ~ stesso e che quindi fu perfino suscettibile a servir da base ad idee molto diverse. Sarebbe quindi assurdo supporre la prtsenza, sia pur «sonnambolica», di concezioni, come qutlle qui ri.cordatc, dovunque oggi si siano viste aquile in segni cd cm· blemi europei. Le cose potreb• bcro stare diversamente ptr noi, credi dell'antica romanità. e poi pcl popolo, che oggi ci sta. a fianco, erede deU'impcrio romano,germanico. La conosccn• za del significato originario del simbolismo a rio dcli'Aquila, risorto cmble:-madi entrambi le nostre:,genti, potrebbe coutn,se• gnare anzi il significato pili alto della nostra loua. r conm•,- tcrsi con l'impegno, che in questa si ripeta, in una certa misura. la stessa vicenda. nella qua• le l'antica gente aria, nel segno olimpico ed evocando la forza stessa olimpica sterminatrice di entità oscure e titaniche, poct sentirsi come la milizia di in· fluenze dall'alto ed affermare un superiore diritto e una superiore funzio11e di dominio e di ordine. J. EVOLA

Son Bernardo del Perugi• no (Chio:llro di Sente Merì• Meddelene de' Pani - Firen:r:a). R orna eb~ molto presto la disgrazia di una colonia giudaica. La razza Mosaica che per tempo s'era diramata in tutti i grandi imperi dell'Oriente, succhiando avidamente le •· .:. vitali di quei popoli, non poteva restare indifferente davanti alle possibilità d'una grande capicalt quale s'andava affermando l'Urbe. Talmente s'era radicata questai piO\'ra che non valsero nè la ca· duta dell'Impero, nè l'avvento del Cristianesimo a svellerne il mal seme. Unico fra i tanti culti praticati in Roma, iJ giudaismo non fu assorbito dalla nuova fede, anzi contro questa, malgrado fa_ tolleranza del nuovo Gover~ pontificio, mantenne costantemente una sorda ostilità e se nelle parate solenni del Papa e degli Imperatori dovè la comunità giudea unirsi alle corporazioni e sclwlae romane per cantare laudi in onore dei due Sovrani - iuxta pala· cium Cromacii, vicino a monte Giordano, ove era il i,osto ad essa riservato - ,cmpre nello acclamazioni e mottetti, come nelle iscrizioni di cui ornavano i muri, mantennero la lingua ebraica che, per l'ignoranza quasi assoluta in cui era tenuta dal clero del tempo, permetteva la feroce ghuminella di accogliere il Capo deJla Cristianità e il Capo dell'Impero, colle più violente malcdi• :ioni. Naturalmente nel periodo di decadenza maggiore di Roma il numero dei componenti la comunità era. sceso di molto, ma consi• DUE SANTI dcrando tuttavia l'esiguità della popolazione totale della città ne risulta una pcrcencuale ragguardevole; e se pie<:olo era il nu· mero non può dirsi che gli ebrei di Roma fossero i meno importanti della diaspora. , Intanto le condizioni sempre tumultuose della città e il frequente bisogno di denaro dei baroni romani per armar nuove mi· lizie,. e del Papa. stesso, ne favoriva.no -enormemente il reddito usunero. Annidati ancora nel Trastevere dove avevano avuto la loro prima sinagoga - l'unico tempio che non av-cva mai cessato di funziona.re in Roma - avevano a poco a poco invaso l'isola Ti· berina e cominciavano a spandersi nell' Arcnula e verso il quartiere dei gttci. lntrodottisi abilmente fin nel palau.o pontificio, nel XII secolo parve giunto i1momento pcrchè tentassero la più grande avventura: impadronirsi della Chiesa e mette.re un ebreo su.Ila cattedra episcopale romana. Dell'audace progetto fu esccutrlCc la famiglia dei Picrleoni. Il più ricco dei banchieri giudei aveva stretto abilmente nelle sue reti la Corte pontificia cd era arrivato ad esercitar la sua usura sul Papa. Conquistata ormai la fiducia economica della Curia restava a conquistarne il cuore e l'ipocrita usuraio non esitò per questo ad iscenar la commedia dcli~ conversione. Con gran• dissima solennità riceverà fa.equa battesimale con tutta. la sua fa· miglia prendendo il nome di Bcncddto Cristiano mentre suo figlio assumeva quello di Leone in onore del Papa. La strada era aperta. Restava ora ad entrare nel ceto degli ottimati ,romani, malgrado la conversione diffidenti ed ostili verso gli ancor viS<:idigiudei. Ma per aprire le munite rocche dei ba· roni, Benedetto t. Leone disponevano di chiavi d'oro e fu facile espugnare più d'una torre barattando i grossi crediti coi mxli di parentela. .Le Sarc ~ le Rebocchc entrarono sotto il manto di spose nelle famiglie romane, mentre le migliori don1elle dell'ari· s,ocrazia erano condotte al talamo israelita. Il figlio di Leone, Petrw.sLe<>1Cis, ormai strettamente congiunto per sangue alla nobiltà romana, forte delle sue immense ricc:hezze, potè esercitare la più larga influenza politica sulla città. La rocca pierlcona cr-ctta sulle rive del Tevere, dominante il Po,., jtuleo• """• accolse l'ultimo respiro del Papa Urbano I[ che, a vergogna della cristianità, moriva ncUa casa del suo creditore ebreo. Tuttavia Pier Leone non aveva ancora conquistato il popolo romano e l'arist11k._aziastessa, bcnch~ a forza imparentata, l'av• v-crsava, e allorchè1'hiese la prefettura della citt;à - che dava. la più grande autorità dopo il Papa - per suo figlio, vi fu una sollevazione popolare ed una rivolta dei baroni della campagna 13

le Ioni dei Pierleoni, nei pressi di via Monlanara. Il lealro di Marcello prima dei resleurl, con le arcate chiuse delle opere di torfifteezione dei Pie,leoni. che pOse in pericolo la persona stessa del Papa, fautore di Pier Leone per necessità, e lo costrinse a fuggirie. Ma 9C fallito era il disegno della magistratura civ:4e, l'astuto mercante non depose il proposito di scalare il Laterano. Per que· sto occoreva indiri.nart: uno dei suoi figli allo stato ecclesiastico; il prescelto, Pietro, fu inviato a compiere i suoi studi a Parigi, dove indubbiamente con l'oro poc:eva guadagnare fin d'ora alla sua causa molti partigiani, quindi finiti gli studi vesti l'abito ci• stercensc a Ouny; il viatico più raccomandabile per un candidato al papato e che offriva il considerevole appoggio della potente congregazione monastica sempre avida di porre i suoi frati sul seggio romano. Ma il soggiorno clunicensc fu breve chè, ade• ttndo alle insistenze di Pier Leone, papa Pasquale chiamava a Roma il giovane mon.lco per decorarlo della cappa violetta di cardinale e lo destinava alla diaconla dei SS. Cosma e Damiano. Da questa passava all'ordine dei preti al titolo di Santa Maria in Trastevere nel ghetto. Nel 1120 andava legato in Francia e in Inghilterra, e di questa missione diplomatica approfiuò largamente per far mercato della sua qualità ammassando somme ingenti in camb!o di privilegi e dispense concesse a nome del Papa. Ormai non mancava che un gradino, uno solo perchè l'oscura manovra preparata negli angiporti misteriosi delle sinagoghe si compisse. Ma Pier Leone non potè assistere all'ultim'atto del dramma. Il 2 giugno 1128 moriva car:co di onori e sulla sua tomba -si incideva un epitaffio di gusto veramente ebraico dove era esaltato come e uomo senza pari, immenso di ricchezze e di figliolanza ». Due anni dopo si, .spegneva Onorio Il lasc·ando apena la sue· cessione al soglio pontificio. Le sorti dell'elezione. prima ancora ddfa riunione del Sacro collegK), erano certe. U cardinale Pietro da Porto capitanava il partito del P1erleone composto dell'assoluta maggioranza; solo pochi fra i cardinali, seguaci di A1merico Cancelliere e di Gio· vanni da Crema, appoggiati dai Frangipanc, postulavano la causa di Grcgor:o card. di Sant' Angelo bcnchè questi non avesse aicuna speranza di scrutinio. L'elevazione di un papa giudeo era certa. Ma alle menti dei più ortodossi questa elezione ormai ine• \'itabilc dovè apparire sacrilega e s:moniaca poichè non pochi dei fautori di Pietro gli ~rano legati con lacci d'oro. In gran segreto, il 14 febbra;o 1130, appena spirato il Papa, sci cardinali .Si riunirono nella chiesa di San Gregorio al Celio, vigilai.:. dalle Torri dei Frangipane cd elessero il cardinale Gregorio col nome di lnnocen7.0 11. Una modesta fazione dj clienti dei Frangipane e de.i Corsi immediatamente lo acclamò ponte6ce e lo parlò trionfai• mente al Laterano. Per debito d0onestà bisogna riconoscere che questa elezione affrettata era contraria ai cànoni; mà ormai, acclamato ed insediato in Laterano, ricevuta l'adorazione dei card=nali, Innocenzo Il aveva assumo tutti i caratteri del papa: e se arbitraria era stata la riunione di una minoranza, 1·c1ezione, e per la forma e per il diritto, risultava legittima. Ma il cardinal Pierleoni non avrebbe rinunciato tanto facilmente al sogno lungame111eaccareuato, ad un piano meticolosa· mente preparato dal lavoro di tre generazioni. Egli corse coi suoi partigiani =n San Marco e n, presso le sue torri, ben protetto da ogni possibile· assalto, si fece eleggere col nome di Anacleto JI. Era lo scisma, ma Anacltto Pier Leone non poteva temerlo: nell'animo del giudeo con\'crtito solo per oscuro cakolo non passò neppure per un momento la titubanza per l'enormità commessa e il rimorso J)Cr la grande sciagura in cui piombava la Chiesa. I partigiani dello scismatico, capeggiati dai fratelli dell'antip.:pa Leone, Giordano, Ruggero Uguccione, si portarono a San Pietro, ne forzarono le porte e Il Pietro di Porto lo consacrò, Subito la fazione dei Pierlconi dimostrò co11a sua condotta la qualità illegittima del suo eletto mettendo a sacco il tesoro e i vasi preziosi della venerabile basilica, poi spanasi per la r:ittà mise a sacco le aJrre chiese. Il bottino era il prezzo che Ana• cleto II pagava ai suoi fautori cd in quella occasione le mani rapaci dei suoi consanguinei rimasti fedeli all'amica Legge, si stc9Cro frammiste a qudlc dei cristiani sulle sacre reliquie e cer:o non furono quelle che presero meno.

Il • pons Judaeotum • (poni• • Quattro c.epi •) pruso il quartier• degli ebrei. Fu tentato l'assalto alla rocca dei Frangip,ane dove Innocenzo I I s'era ritirato ma fallì; nè Anacleto, pur noto come sanguinario, insistè nella lotca aperta: egli prdcri\'a lottare con i mezzi più consoni alla sua razza, e ben presto dalle feritoie del « ralladio » il legittimo Pontefice vide colare i rivoletti d'oro del n,·mico. Egli fu costretto a fuggire dai suoi protettori di ieri, ormai corrotti, e attraverso Pisa e Geno\'a riparò in Francia. A Roma Anacleto trionfa\•a; la tiara pontificia era profanata da questo scismatico dall'aspetto astuto il cui volto, secondo le testimonianze dei cronisti contcmp::iranei, come anche quelli dei fratelli, ri\·clava potcntemente.-fo stimmate del ghetto. Innocenzo Il, dell'antica e nObilissima famiglia dei Papareschi, già car<l'.nale legato ai tempi di Urbano 11, era stato il mediatore della pace di Worms; stimato in tutta la cristianità come il pii1 probo ed erudito dei cardinali, riscosse subito le sim1)atie dell'Europa. Franci:t, Inghilterra e Germania lo riconobbero. Oa Roma Anadeto inviò lenere ovunque, ma Ul\'ano. Dalla Germania, Lotario nenull(:no risp<>se. Francia e Inghilterra che ~n conoscevano il Pierleone, per averlo avuto come legato e ricordavano la scandalosa cond0<ta di lui, non dubitarono delle terribili accuse che il Papa gli muoveva fra cui quella di ince· SIUOSO con la 50rella. Due grandi santj Si schierarono dalla 1>a.rtedi Innocenzo e fo. rono i suoi paladini; un francese: San Bernardo abate di Chiara\'alle; e un tedesco: San Norberto \'escovo di Magdeburgo. I rivoli d'oro dei Pierlconi urtavano ormai in uno scoglio in· sormontabile. Era runa la Chiesa che inorridita insorgeva contro il sacrilego. Si tennero dei concili: a Reims, a Erampcs, a Piacenza. Il buon diritto di Innocenzo trionfò ovunque. Nella primavera del 1132 il Papa era ripartito alla volta di Roma ed a\'eva incontrato per via l.o<ario che scende\'a di ~rmania con una grossa armata. Forte dell'appoggio tedesco marciò decisamente verso gli Stati della Chiesa. Pisa e Genova - eterne rivali - si riconciliarono alla sua ,•oce patema e gli posero a disposizione le loro flotte che, rapidamente conquistata Civitavecchia, sottomisero tutta la ma• rittima. Inv·ano partigiani di Anadc10 tentarono far convocare ancora un concilio. San Norberto richiamò al Re le decisioni di Piacenza .2.llequali tutto il clero germ:mic.o s'era sottomesso; e l'armata .imperiale prosegui la sua marcia ,;erso Roma dove entrò fra i scgn: di giubilo della popolazione e l'omaggio di quasi tutti i nocabili e i baroni della città. Anacleto riparò in Castel Sant'Angelo. Lo sperato aiuto di Re Ruggero di Sicilia - che l'antipapa s'era affrettato a riconoscere cd al quale, già vedo\'o, aveva dato in isposa una propria sorella - era problemat1co poichè i feudatari del regno s'erano ribellati cd avevano riconosciuto il legittimo pontefice. Il p1:1no giudaico per impossessarsi della Chiesa volgeva al fallimento. li tcntatl\'O di riscossa fu \'ano; la rinnovata fortuna di Ruggero, dopo la partenza dell'Imperatore tedesco costringe,•a sì Jnnoccnzo a momentanea fuga. ma un nuovo concilio tenuto a Pisa nel 1135 costituiva per lui un nuovo maggiore trionfo, 1>0'.chèanche Milano, fin'allora partigiana dell'antipapa, lo riconobbe. Opera gioriosa e pacifica di San Bernardo. La momentanea ripresa degli anac:letiani fu presto domata da una nuo,,a calata di Lotario in Italia. E mentre San Bernardo infaticabilmente. dopo aYer indotto l'Imperatore a portare an• cora aiuto al Papa, si fermava in Roma per riconquistarla definitivamente al legittimo sovrano, l'esercito im1)Criale dilagava nelle Puglie ponendo a mal partito Ruggero. Ma ritornato in Germania il re, mentre Anacleto rimane"a trincerato in Cascello. Ruggero sbarcava di nuo"o nella penisola sottoponendo i suoi \ assalii a feroci rappresagllt. Ma ormai la fibra di Anacleto era scossa: il dolore di "edersi abb:rndonato da tutti i parugiani, il 11ericolodi un'immmente cattura lo sopraffecero; i) 25 gennaio 11J8 moriva in Castel Sant' Angelo. Il grande tentativo di contaminaziono era fallito. Ruggero tentò dar seguito allo scisma creando un nuovo anti. papa, Vittore IV, ma la ragione vera e recondita della gran dis• sitknza cessava e poco dopo l'antipapa era condotto da San Bernardo, come peccatore penitente, ad umiliarsi ai p:edi di lnnoccn_ zo Il. Il tentati\'O ebraico di scardinare la Cattedra apostolica era definitivamente concluso. Era costato all'ftalia e a!Ja Germania molto sangue, sparso nelle due calate dì Lotario, mohi dolori alJa Chiesa, affanni a tutl'Europa, ma. aveva arricchito ancor più gli ebrei del Trastevere coi furtì commessi sono il compiacente autipontificato di Anacleto. Ma l'oro mal guadagnato non valse a compensare fa sinagoga della grossa disillusione. E il tcntati\·o non fu rinnovato mai pitì. GIUIJO sn. VESTRI

16 I Cl I, A r1• T H O ( DE I.. 1..•APOl'A LI S' sono L' .lngllllterra giudaizzata • do-,,ebbe,o l•poue VN 11uo•• • c.lwll• ,.... ..-do.

4. IHTHHA.ZIOHA· LISMO HltA.ICO Ecco una d•H• I••· t• • prello,llà • d ... r.rte 9'.c&aica o 9lucW1uta. 0•e11• ti 1,owa In luula. • Hlco~I••• IIMI I glu• dti e I IOf• ••Id 1'alllt0 Mf"I .. lef ... ,tate hdto Il -..do di s.lMill tg_.L 17

Il problema antropologico albanesè è tuttora uno dei più d·scussi e non UlCOra riM>lti,fra i tanti concernenti l'antica pope> J..zionc albande. Questo fatto, olcre ad es- !l<rc nato causato dal ritardo con cui venn<.ro iniziati tali studi, ,,a ricucato anche nelle condizioni non troppo favorevoli che i:.; offrivano a quegli studiosi che inrend~ , ;no recarsi sul luogo Jl'CTuno studio più o meno diTetto. Qualche lontano cenno agli alban"i vie• ne Catto in un articolo dello Zampa pubbhcaco nella e Revue d' Anthropologie » a Parigi nel 1886 dal titolo e Anthropologie JJlyriennc •• ma bilDg'ffa arrivare al 1903 par ,-avef'tnotizie pit'1dirette in un articolo pubblicato al Cairo da Adamìti: e Lcs Pc· h,sgcs et lror dcscendants les Albanais ». I dati an1ropometr:C.i che ,ono la base di oi;ni scudio antropok,gioo 6n qui mancano :.tsolutamc.nte. Essi cominciano a compari• ri· nel 1907 in uno studio: e Aniropologia della Zatricbach • pubblicato nel voi. X.XIV oc! Bolle1tino della Società Adriatica di Scienze Naturali di Trieste, di Ueo Vram, professore di Antropologia all'Uni,•ersità di Roma, che nel 1902, dietro in,·ito dc.I Ministero della Pubblica Istruzione, fece p,.ne di una Missione Scientifica ditttta ne.I Montenegro e nell'Albania, durante la quale appunto s'iniziano le sue osscrvazion:. Dello stesso anno è un altro studio del· l'Apostolides e l Pelasgi e gli El)cni, i Pclnl'gi e gli Alba11esi• pubbliuto nel e Bui· letin dc l'ln.stitut Egypcicn •• IV serie, n. ~7. al Cairo. Devono quindi trascorrcre ohrc dieci anni per :wcrc un nuovo lavoro sull'antropologia albanese, che è tuuora considerato uno dei migliori, degli autori A. Habtrlandt e V. Lcbzelter: e Zur phy• sisc.hcn Anthropologie der Albanescn • pubblicalo ne.li'« Archiv ffir Anthrop •· ì\'eu, Folge, Bd. XVII, H. 3-4, a Braunsc.hwcig nel 1919. Del 1921 sono i lavori del Giuffrida• Ruggui e I dati ç_raniologici sull'Albania e duc cnni albanesi incditi • in e Archivio pcr l'Antropologia•• voi. 1, Firenze e quello di Orontehilov Kroum e Pranos kc· rum antropopogfoua na Albantsité > in e Spis. Bulgarsk Akad. Naouk. •• voi. XXI, KI. ph.iz.-math. 10, pp. 111-134 Sofia, nel quale sono riportati i dati sulle misurai.ioni antropometriche di 112 albanesi e i r<'lativi confronti con i risultati di a'.lri autori. Ricordiamo infiM i più moderni 18 Famiglia alb.Ms• di Shoihl: lipl dinarid. del Piuard e Mankicwicz e Documents pour J'étudc anthropologiqucs des Alba· r.ais » in e Rcvue d'anthropologie », ,·ol. XL, 1930; del Tildeslcy e The Albanian of the north and south • in e Biomecrika •• ,·ol. XVV, Londra. 1933 e quello dc.I Wcningcr e RasscnkundJiche Untersuchungcn an Albanern • Vienna 1934. Con l'anento deJ Regime fascista in terra d'Albania siamo .;curi che non si t.ardcrà a riprendc~ questi srudi e por· tarli a compimen10. La possibilità di nuo- ,·e e più nste ricerche effettuate direi• 1amcnte sul luogo ed i confronti fra. i tipi delle varie· tribù, contribuiranno cenamcn. re a dare quei risultati e quella certezza nei dati_,che tutrora non si possiede. e chiarire definiti,,amerue questo problc:ma che a prima vista può apparire. abbastanza semplice. Gli albanesi si fanoo preferibilmente. di· scc.ndcrc: dalla rana illirica o dimrica o adriatica. Circa le origini storiche e la preistoria del popolo albanc:se nulla si sa di preciso. J pochi oggetti cro,•ati, rifcren• tesi a quel!' cpoca, non ci permettono di fare precisazioni in merito. Più sicuri si t invc.cc nell'aHcrmarc le. concordanze lin• guis1iche tra 11nucleo più arcaico dc.ll'al· b.-ncsc e l'amica lingua degli Illiri, pur 1•on mancando chi afferma senz'altro l'o• riginc trace della lingua albanese o con11..nquedi un dialetto trace illiriuato. A qucsco pun10, a sostenimento dc.Ila nostra tesi sull'origine illirica degli albanesi. dovremmo addurre le ,•iccnde storiche clJc tennero per qualche tempo confinati i popoli illirici e traci, e quindi concludere at.ccnnando alla possibilità di una infiltra• i,onc: di vocaboli traci nel linguaggio illi· rico e di una susseguente trasmissiont di questi nel linguaggio alb.lMSt'. Altrimenti come spicg:i,re l'esistenza delle: numerose concordanze linguistiche ira l'albanese e

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