foria, disperazione. li Giudeo, imperturbabile, mano mano che cresce la collera del Marcsca.ko, pas.u a.ll'offeru. dei suoi articoli, come fos~ sordo e cieco, cosi il Giudeo p,m, il colpo delle stnagoghc dicendo: • Non dubitate, che di questa $CUffiav.i farò pia.- cere la meti, che non farci a. un altro». « Dch lasciami stare». « Voi non avete giudicio, se vi la.sciate uscir di mano questa collana, lavoro fr,nccsc, e che oro! ongaro in mio fe' ». « Farò qualche pauia. ». « Orsù dieci scudi, e quattro scsini vi COS<C• ranno le maniglie, vi dono la futura, che sarà mai? guadagnerò con qualche miscronc ». « Certo che ru mi farai tor bando di qucs<a terra ». "' Questo pendente è antico, e vale un mondo. pure fategli il prctzo voi SlCSSO ». « Taci, Giudeo, io te ne supplico». « Quando mc ne facciate dire una parola a un nx-rc,r.:c-, '"i fuò tempo sei mesi ». Il Marescalco taee. Pure l'ostinatissimo Giudeo non si .urcndc, e lo perseguita ancora: « Voi non rispondete: orsù un anno». « Un che crocefisse Cristo», grida fuori di sè l'infelice Marcscalco, ·« si piglia giuoco di un par mio, e non~ lecito punirlo». « L: montano cento scudi, et il pendente vale runa la somma; e che bella tinta ha questo diamante, che bcll"acqua ». « Basca, mastro Abraam, vatti con Dio». Il Giudeo allor•, andandosene, fa l'ultimo disperato tentativo, quando dice: « Io non vo' far bene a niuno per forza. Se me ne dessi due cen~ tinaia, e di contanti, non ve lo darci, et il vOS<roragazzo ;. smo cagione ch'io ho avvilite le mie robe co' il profferirle». Questa scena è davvero.preziosa, è un modello unico che rappresenta al ,•ivo l"ri>rco negli affari, come era, come è, come sempre sali. Naturalmente la conclusione sugli ebrei la tira Giannicco ndla. scena seguente, quando al padrone che gli rimprovera d'aver cianciato al Giudeo ch'egli sta. per prender moglie, dice: « O giudcl ~~ini, becchi, ladri, che sicno ammauati, et abbruciati », con quel che segue, e finisce cosi: « Ei mente per la gola, è un· anno che non ho visto giudei soli ». E' inutile sotcolineare le sottiglieu.c psicologiche di qucsce scene: l'ebreo vi è cosi bene dipinto, che rende superfluo ogni commento. Dunque l'ebreo è burlato. Però la burla ~ ancor più piccante, sebbene meno fine della precedente, e comica fino a.I grottesco in quella. $CCOadel IV ano della Cor1igùma, ~e~la qual,c Rosso, lo staffiere di Parabolano, menue aspetta Alv1g1a, la ruffiana, sen- - rendo l'eterno ritornello del giudio che strazia r aria gridando: « Ferri ,·ecchi, ferri vecchi », come è in vena di fare beffe, esclama: e Sarl buono che io lo tratti come rraua.i il pescatore». « Vien qua., Giudeo». « Clic com.andate?». « Che sajo ~ qucS(O?». e Fu del cavalier Brandina. E che raso!•· « OlC vale?•· « Provatelo, e poi parleremo del prcuo ». « Tu parli bene». Rosso indossa il sajo e Romanello, l'ebreo, per convincerlo giura sull'anima che non ha viSlo mai un sajo migliore: 41.Nonposs'io mai vede-re il Messia, se non par fauo a vostro dosso: be.Ila fog• gia di sa.io». « 01 'I vero». e Dio non mi conduca sa.bbato ne la sinagoga., se non ti su dipinto su la persona». «Ora.al prezzo», · fa il Rosso, « e caso tu mi facci piacere oncsc:amcnte, io comprerò anco questa cappa da fra.te, per un mio fmcllo che tengo in Ara.ccli ». « Quando togliate qucsu cappa ancora, son per farvi una macca, e sappiate' che fu del reverendissimo Araceli in minoribus •· Rosso :t.llon fa prova.re all'ebreo la cappa, e dice: « A fè si ch'ella è ammirevole». « E che panno» risponde l'ebreo. Allora. Rosso gli doma.mb. pe:rchè non si fa cristiano. L'cbreofrue si sgomenta; Rosso toma a.Ila a.ria spiegtndogli i privilegi che ne tra.rrd>bc. M:a.riportiamo quCKe ba.trute che sono di grande importania per la storia del cosru.me. e A$Colta, bcsc:ia.g, li dice il Rosso. Se ti fai Cristiano, in prima il <l1 i:he ti baucui ru beccherai un pico b:u:ino di denari, poi tuua Roma correrà a vederti coronato d'olivo, ch'è bella cosa». « Voi avete il bel tempo» brontola il Giudeo. «L'altro•• aggiunge jl Rosso, « tu mangerai de la carne del porco». « Mi ruro poco d'essa». « Poco? s,c tu assaggiassi del pane unto, rinnegheresti cento Messii per onor suo: o che melodia è il pane unto intorno al fuoco, col bocal fra le gambe, et unge, e mangia, e bcc •· CORTIGIANA COMEDIA 01 MESS'ER. . Pll!l'lt.O A 11.l!l'INQ. IWO\PAME.'11'1! STAJIIN1'A. N. C. XL\P. Frontospilio della .. Cortigiana M di· P, Aretino (Vene:sia . iS46). « Dc-h datemi il mio s.ajo, che ho da fare». « L'ultimo è». rr,n. tinua. il Rosso,« che non potcerai il segno rOl>SOnel petto :rt. ~ ( hc imporr.a questo?». «Importa; che gli Spagnuoli vi ,•oglicn :-rnci6ggcrc col co<al segno». « Perchè crocifiggere? ». • Perchè p.1• rccc dei loro coo esso ». « E" pur differenzia fra noi e loro :t. « An:r.i non c'è differenza niuna portandolo. E poi non avendo tu il signale di Giudeo, i putti non ti tempesteranno runa dì con mcla.ngolc, con isconc di mclloni, e con cucuue ». Si os~rvi che qucsc:econsiderazioni dell'Aretino, e le argomcn• ta.:r.ioniche tira fuori per indurre, naturalmente per guoco, l'ebreo a convertirsi, dovevano essere quelle autentiche e comunissime di allor.A.Il pubblico non poteva applaudir<", in quc:sc:ecose, delle fantasie. Perciò le battute riportate sono autentiche. L'cb100 non ne vuol sapere di convertirsi. Vengono al prezzo. li Rosso, prima di decidersi, fa le viste di voler osservare bene quella cappa da frarc che ancora l'ebreo porta, e però lo fa voltare, « ,cciò che it, come gli dice, « io veggia come ella torna d1 dietro». « Non mi muovo it, fa l'ebreo, « guardatela pure lt. lJ Rosso ,llora fugge con rutto il saio, l'ebreo vCSfitoda frate l'insc• guc gridando: « para il ladro it; accorrono gli sbirri, il Ro"o dice d'essere inseguito da un frate ubriaco; J'cbrc-.>grida da parte sua: « Io n?n sono fme, sono Romanci Giudeo, che voglio il sajo ch'egli ha in dosm »; e il Bargello, come degna conclwionc, agguama l'ebreo gridando: « Ahi, sozzo cane fetente, tu, tu schemi.sci la religione nostn? Pigliatelo, legatelo e mcunelo in prigione». Non bisogna dimenticare che queste beffe, un secolo dopo, si svilupperanno Jino a coscituire da sole delle vere e proprie azioni drammatiche, improvvisate, specialmente durame il carnevale; azioni drammatiche che troveranno il maggior lustro negli ultimi bagliori della Commedia dell'Arte. La Gi11diatd ne è l'epilogo. MARIO STIGUANI
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