Fandulla di rana aord.ic:a 6 In realtà: non si può, ragionevolmente, parlare della razza? O, per dirla in altro modo; perchè tanti uomini do• vrebbero perdere, e perdono tuttora !'equilibrio, solo ad udire la parola razza? Non intendiamo qui la comprensibile impazienza che prende talvolta gli uomini di gusto, quando qualcuno porh a lungo sempre della stessa cosa. Concediamo che in Germania, e forse anche altrove, durante un paio d'anni, della razza si è po,rlato un po' troppo e non sempre e dappertutto nel modo più opportuno. Si comprende facilmente che oggi vi siano persone le quali s'infastidiscono a sentir parlare di razza. Riconosco volentieri che sono uno di loro. Questo infastidirsi è senza pericoli ed è guaribile col si• lenzio. Tuttavia vi è un altro infastidirsi, che è più importante. Lo rimarcai per la prima volta, quando ero studente e (la cosa avvenne uno o due anni prima della Guerra Mondiale) conversavo con un giapponese. Parlavamo di « Madama Butterfly » ed io osservavo che il tema di que• st'opera era penoso per entrambe le razze. Ricordo esattamente che io dissi « per entrambe». Sebbene fossi mollo giovane, ero le mille miglia dal voler dare uno prefe. ren7.a all'Occidente bianco. Lo risposta del mio interlocutore fu un sorriso, che non diceva nulla e non promettevo niente di buono. Da allora lui da lui costantemente schi. voto. Perchè? Avevo parlato con lui pacifioomente di tante cose, e perchè non della razza? Che c'era nell'aria? lo non lo capivo. Poi venne la guerra, che svelò tanti aspetti sconosciuti dell'umanità, e dopo venne l'oflerrnarsi del razzismo in Germania. Io, in questa scienza, presi la mia strada e combattei aspramente contro lo sopravveniente dottrina dell'esclusivo valore della razza nordica. Allora vennero alcurù e cominciarono a domandare. Dalla maniera e dal singolare tono di queste domande compresi che intorno alla parola razza e'era come un bando: un bando che su quelli, sui quali agiva, gettava come una JXU'Olizzante angoscia, Molti ;elevano allora sapere da me « di che razza » fossero, e quando facevano questa domanda, po· reva che tutto il loro essere, tutti i loro più intimi valo!\ stessero sulla bilancia. Certo, era un tempo che spingeva molti uomìrù a sol· tilizzare sopra se stessi. Fiorivano i più diversi modi d'in• dagine dei caratteri: si dava molta importanza all'esame della scrittura, della mano, delle stelle, e cos.l via. Ma non ho trovato mai che tali ricerche suscitassero l'ango· scia e la irritazione sollevate dalla indagine sulla razza. li carattere? Il carattere è infine qualcosa che si può cam• biare: il carattere si forma notoriamente nel corso della vita. Una parola sopra il carattere non è una; parola de• linitiva, éè intorno ad esso sempre qualcosa da dire. Ma, la razza? Strano: la gente intendeva allora per razza
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