La Difesa della Razza - anno III - n. 11 - 5 aprile 1940

Ma bisogna precisamente che questi trapiantì vengano operati in conformità di talune regole (•)_ La prima condizione di un trapianto « onesto e sa1utare » è che esso si realizzi in piena pace. Da questo punto di vista, il trapianto deUe popolazioni greche dell'Asia Minore in Grecia e delle popolazioni turche della Grecia in Turchia, dopo la guerra greco-turca del 1921 (il primo grande trapianto dell'epoca moderna), non può essere assunto a modello, ~chè la fuga delle popolazioni greche, che in seguito furono scambiate, aveva avuto inizio in piena guerra, ed avvennero pietose miserie. Ma, malgrado i massacri e lo svolgersi cotaclismico del fenomeno, il risultato ne fu cosi felice che tutte le JXJrlicolarità detestabili ne furono presto dimenticate di fronte all'effetto ottenuto. E' abbastanza istruttivo notare le tappe attraverso le quali è passato il giornalista che abbiamo citato in principio per la sua indignazione. Nell'Action Françaiae del 5 agosto .1939, si passo, dalla pura indignazione, allo stupore: « La rapidità dell'evoluzione dei rapporti f.ra questi due ex nemici ereditari [Grecia e Turchia], à uno dei fenomeni più curiosi e più istruttivi della storia contemporanea». li 13 novembre, egli sembra cominciare a compren- 'dere; pure intitolando il suo articolo « Come delle bestie», egli non può essere più greco dei greci: « Phocos Cosmetotos, che ha consacrato, nella rivista L'Esprit international, un articolo molto interessante alla collaborazione greco-turca nei Balcani, definisce lo scambio delle minoranze fra i due paesi come l'operazione che, eliminando la causa prima delle loro frizioni, ha condotto dapprima al riavvicinamento, in seguito all'intesa, e infine all'alleanza ... ». La causa non è forse già compresa in via di principio? • L'operazione chirurgioo à un esempio cosl classico del male che conduce al bene, che ci si vergogna di doverlo ricordare. Ma è possibile dare un esempio di trapianto operato in piena pace? Non c'è bisogno di ceroa.r molto lontano, quando si discute di questo argomento ln ltalia. L'esempio paradigma di un trasferimento pacifico di popolazioni. trasferimento che soddisfa anche gli altri desiderata di cui dobbiamo far menzione, sarò ormai quello che, sotto l'egida di Mussolini e per opero della sua saggezza preveggente, si è svolto ranno scorso. sullo frontiera nord-orientale del paese, con la popolazione etnioomente tedesca del Tirolo italiano. Il poco rumore che ha sollevato l'operazione è esso stesso la prova che il meccsmismo ha funzionato secondo le modalità di un ingranaggio bene ingrassato. Abbiamo detto or ora che, oltre alla sua esecuzione in piena pace, il trapianto doveva soddislare ad altri desiderata. Non possiamo lare a meno qui di citare la curiosa proposta cui è or.rivoto Jacques Angel. il quale. in un'opera intitolata « Geographie des lrontières » (Parigi. GolJimord, 1938) preconizza frontiere dinamiche, e,. plastiche ». Se ci sono lrontiere che sarebbero suscettibili di provocare delle guerre, ciò accadrebbe in primo luogo per simili .frontiere-caucciù_ Perciò, una proposta del genere non può che essere respinta. Una lrontiera, il cui scopo à d'essere stabile, JX]cilica. àeve essere non dinamica, mo statica, cioè lissa e solido. Bisognerà dunque che essa si appoggi, se possibile, su un ostacolo topografico naturale, perchè anche il pubblico prova soddisfazione e sicurezza nel vedere, sulla carta, che la lrontiera segue confini tracciati dalla natura e armoniosamente inquadranti l'organismo nazionale. Un mare, come l'Egeo fra Greci e Turchi, à il conEne ideale. Ma quando le due etnie da separare stanno sul medesimo blocco di terre? A nostro avviso, sebbene ci siano cosi difficili da definire, la soluzione deve, il iù possibile. attenersi a questa r ola: in montagna, sono le creste eh delimiteranno, in pianura i corsi d' ua. In verità, in montagna, popola ioni diverse non si fronteggiano sulle ue rive di un torrente: sono qu sempre le creste che le separano n pianura. di contro. la Unea di separazione dei boC.ni non corrisponde spesso o nullo etnicamente. mentre i ccrsi d'acqua sono un ostacolo ben visibile, spesso militarmente importante (il Reno!); e se ci sono città a cavallo di un fiume, il che è naturale quando esse fanno JX)rte di uno stesso paese, ce ne sono altre, lungo le .rive di un fiume (Strasburgo, Omsk) o del mare, che si sentono perfettamente o posto in questa situazione Cè bisogno di dire che la frontiera :::ielTirolo fra l'Italia e la Germanio soddisfa ora in modo assoluto a queste condizioni geografiche? Una volta trovata e accettata di comune accordo la frontiera naturale, sarebbe tentare Dio, nello stato attuale degli spiriti, e assumersi una pesante responsabilità di fronte alle generazioni future, il non adattare la frontiern etnica e il non procedere ai trapianti necessari per soddisfare a questo adattamento. Questo è stato ottenuto, di comune accordo, Ira i due vicini Germania e Italia. Siamo oggi in piena guarra. Quando verrà il momento di regolare le nuove frontiere, l'esempio del Tirolo non dovrà esse.re perso di vista. Non lo è hn d'ora. Parlando del recente trattato di Mosca, molti giornali hanno annunciato, quasi con consolazione, che esso non prevedeva trasferimenti di popolazioni. Ma 11 trattalo non aveva bisogno di prevederlil I bravi e saggi Finlandesi delle terre che ora JXISSOnoin altre mani, fanno spontaneamente i bagagli e raggiungono i ioro fratelli, nello loro JX]lria divenuta più angusta. Essi stessi effettuano. per quanto dolore possano provarne, il loro trapianto. GIORGIO MONTANDON Pi-cl-•• di •tnol09i(r alta s.:-la di <10Uopol09la di Pori91 ( •) Ci perme1tiamo di ricordare eh• nel 1916 pubblicammo un opuaoolo, intitolato; c. Frontiere nazlonoJI, Delermina:i:ion• obbiettiva delle condir.ioni primordiali neotsaarie ad ouenere una pace durevole •· preoonluando un piano 9enerale di tra~ pianti da una parte e dall'altra de!'.e nu ve !rontiere, specialmente in Boemia e n le Pruas a orientale.

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