La Difesa della Razza - anno III - n. 6 - 20 gennaio 1940

L rindividuale, quindi superiore a na.sc11a .e morte, radice comune di molte na.scite quale «genio• di una gente o ruu: e gmio » ,·ime da l'n"'• cioè gmcn.re, e trov,. perfdta corrispandcnu ne-I temune hrtt11◄tlrir11, che nella tradii.ione 1ndo-aria designa appunto il «doppio» o e dffllOl"le», inteso come un principio profondo in noi risiedmte. Quanto alla s«onda, cioè alla coscienza « indi. viduata •• cioè al piccolo «io• determinato dal corpo e dal mondo esterno, essa è concq>tta come una natura finita CM, in via normale-, ~ sogsc-tta a diS50lutsone o ad una specie di spenta ~pr.awi,·cnu., COfllt" ~ quc-lla sìmbolc-88iata dall'Adt degli antichi. Si può rilevuc che la stC"SSa nozione di ,:a/rhi,ia, di cui ìl pro. fano di solito ~ portato a ric-vocarc-soltanto le figure di donne più o meno robuste delle opere wagneriane. ne-Jr antica tnd,zione nordico-a,ia ha più o meno lo stc:uo signif1a.to dc-I « dèmone »; essa si confonde con 11 concc-tto di /Jl(f', (lettcralmrote: « l'ac• compagnatricc-») cic:k!con un c-ntc spirituale abit1nte nell'uomo, parte supc:rindividuale del singolo che ha fra le mani il d('S(ino di esso; e come i1n/Jltl", simile al lare rom.ano, ~ la folta m,. stica di un dato ~ngue (3). E, d1 nUO\·o, alle ,"ilchirie della tradizione nordico-ana e"Orrispondono esattamente le fr11r.•111hi dell'antica tradi.2:ionc-ario-iranica. Parimenti raffigurate come mtità rcmminili, le J,a,,a1bi. in realt.i, come rileva il Dannesteter. :sono il potere intimo di ogni cs.sctt", ciò che lo ,o. sticnc e fa che esso nasca e sussista mentre esse stesse hanno simultane-ammte il signific.ato gil detto dd «lare» romano (4). Scoonchè, al pari delle ,,al(hirii:, le Jra1'.JJhi appaiono anche come d«- ,erribili delle OOtca~lie. mpton Court Palac. • Londra). Ecco dunque la prima au1mil:a.:r.ione da spteg.ue. Che cosi può a,·cre a che fa.re questo mistenoso dcmcnto, anima profontb dc-Ila rana ed elemento trasccodmtale dell'essere umano, con le d« delle battaglie? Per rendersi chiaro questo punto, bisogna ricordare che l'antichità aria aVC'\'auna. concezione csscnz..ialmcnteari. stocratic-a delrimmortalitl. Non tutti scampa.no alla dissolut.1onc, alla spenta sopravvh·cn:u nell'Ade o - ~ il corrispondente ddl.i tra.dizione nordica - nel Niflheim. L'immortalitl è un privilegio di pochi e, essenzialmente, è NII pri11il,gioJtgli Eroi. Soprawivono realmente - cd allora meno come pcnonc che ~ veri • semidei -. olimpici - solo coloro che un'uione spirituale ha fatto passare da una natur,. ad un'a.hra natur,.. Qui, naturalmcntt, non possiarno esporre tutti &li elementi documentari che portano a questa conclusione: tecnicamente, tale azione spirituale, secondo le antiche tradizioni, era tmut.a a far passare il $C'n50 di ,è d.aJla. comune cosc:imu umana, finita, individu.'\ta, c:aduca, a quella fona più profonda, supcrindi,·iduale, 1ndh•ìduantc, pow., come ule, al di 11 della na.scit-ae della morte, cui abbi.imo detto che :anticammte corrispondeva la noi.ione dc-I « dèmone • o del «doppio». Ma il « dffllOOc » trascende ognuna delle nature finite e mortali in cui si manifC'Sla, noo solo dal punto di vista del suo C"S.Stte il •genio» e il «ma.ne». cioè l'elemento perenne dì una stirpe, ma. anche dal punto di vista, diciamo cosl, cnc-rgetico. Perciò un brusco passaggio dalla coscienza comune dell'io a ciò che il « dèmone » simbolizz:a equh•arrcbbc :ad una crisi diMruttricc: quasi all'esser fulminati per l'irruz..ione di un potenziale troppo alto per il circuito wmno (tale è il vero senso del detto: e Nessuno può "cdcr Dio senu morire). Coocq>llmo ora che, in circostanze atfat. to speciali, il dèmone possa cionondimcnto irrompere, per dir cosi, in noi e farci sperimentare appunto qucst:t. sua trasccndcnu diMruttrice: all<>r1 si avrebbe una sptt:K' di esperienza vissut-adella morte (quell:a e morte iniziatica• cosi spesso adombrata dal sunbolismo dantesco) e, improvvisamente, ci risulta chiaro come ! che nelle antiche tnt.diiioni la nozione di doppio o dèmone potCS5e confondersi con quelle di divinità della morte, 39

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