La Difesa della Razza - anno II - n. 24 - 20 ottobre 1939

I ANNOIl • N. :U • SPEDIZ. IN ABB. POSTAI.E· 2IOO"ITOBRt:XVII " ( 'omini •io,~, , non 1wror, ma11.-, .; c-N 'I Cilldeo di roi 1ra Nti 110n rida!" I (O...- • Pe,Hi- ,., ·~ SCIENZ4•DOCUMENT4ZIO OIRETTORE TELESIO INTERLANDI POLEMICl•OUESTIONA

2 ANNO Il - N. 24 SOMMARIO 20 OTTOBRE XVII DOCUMENTAZIONE A. TRlZZINO: DALLA TERRA ALLA RAZZA; CLAUDIO CALOSSO: LVKITA" MEDrrER.RANEA: I. EVOLA: LA RAZZA E U. GUERRA SCIENZA GUIDO LA.NORA: U. RAZZA DEI BORGHESI; FEROlNANDO LOFTBEOO: POLITICA DELLA FAMIGLIA E DELLA RAZZA; ALFONSO PETRUCCI: IL DEMONE DELLA SESSUAUTA'. POLEMICA G. DELL'ISOLA: IL VOLTO GIUDAICO DELL'UMANESI· MO MODERNO; a, petr.: TRA LA FORCA E 1·ALCOVA PAOLO HlJLLO: IL CELIBATO, MORTE DEI POPOLI • Rm EBJIAICl QUESTIONARIO LA PROFEZIA DI AU,ERI; PATR!ZI E POPOLO; ARTE POLITICA E DIO; GLI EBREI NEGLI STATI UNm. STQ. RIA DELLA RAZZA ARIA; ecc . .cc PENSIERI DI LEOPARDI I MANOSCRITTI ANCHE SE NON PUBBLICATI NON SI RESTITUISCONO GLIUFFICIDELLA"DIFESADELLARAZZA"SI TROVANOINROMA- PIAZZACOLONNA !PORTICIDI VEIOr• TELEFONO67737- 62880 È uscito il N. 1 di «Àtat.le.ae la c:..ro■~• poUtlieR, dJpl••allea, militare, eeei• nemica della cuerrA ehe •I l!lta cembatteodo, raee.atatn da seri ttorj 111,oclallNtl In ogni mat,erlR C..tJtulrk n.a prlm• raeeente e.-.nohtgleo ·e storie-o degll a,·,,euln1e11tl che NI n•olgoao oggi u e I moudo, eo11l da da.rne n.a quadro orgu.nteo, doeame■ t■ t• e eemplete llhutrasloa.l, fotografie, eRrte geografiche e tepogrRflelle, e earUae dlmo- ■trath7e la •g•I onmero CRONA DELLA GUERRA SOTTO GLI AUSPICI DEL Jll!\'llil'l'ERO DEJ,LA CUl,TURA POPOLARE PUBBLICAZIONE SETTIMANALE DI 16-24 PAGINE CON COPERTINA A COLORI COSTA UN A LIBA 'I' I. li li I X E I. I. I E t ·. EDITO H I • Il O li·'- CITTÀ lJNIVEKSI'J.'ARIA

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ANC MERC LIAN MILANO NTERA TE VERSATO Al 30 APRILE I 39-XVII

LADIFEDSE!Ul I Il ANNO 11 - NUMEIIO 24 20 OTTOllllE 1939-XVII 11.SCt: Il.. S I!. Il. 20 DI OGNI .'IU!St: UN NU;r,IENQ iH!t'AMATO Lifti; I ,'.IIBONAMIH''ITO ANNUO I.IME 2.0 .-.111:110NAMl';NTQ l.lll.'9t:sTNAl,t: • 12 t:STENO IL OOl"t'IO ., Direttore: TELESIO INTERLA 'DI Comitato di rednione: prof. dou. GUIDO LANDllA prof. don. LIDIO CIPRIANI. ,lott, LEONE 1-"RANZI dou. MARCELLO RICCI· dQlt. LINO HUSINCO Segretario di reduio11e, CIOHGIO bLM IRANTE SCIENZDAO•CUUENT4ZIONE POLEUIC4. • OUESTIONJ\RIO ILPROSSIMONUMERO CONTERRÀESCLUSIVAMENTESCRITTIDI RAZZISTI STRANIERI I più illustri studiosi di dottrine razziali hanno accettato di collaborare alla "Difesa della Razza"·. La rivista pubblicherà pagine inedite di straordinario ir:.teresse, e tutte le notizie relative agli eccezionali collaboratori; una introduzione esplicativa servirà di guida al lettore poco informato degli sviluppi mondiali delle dottrine razziali. Il fascicolo, vivamente atteso all'estero, costituirà la più alta testimonianza dell'interesse che il Razzismo italiano suscita in ogni paese. Il semplice elenco dei collaboratori confermerà questa asserzione. PRENOTATE IL FASCICOLO DAL VOSTRO ABITUALE RIVENDITORE; OPPURE DIRETTAMENTE ALLA SEDE DELLA RIVISTA

Popolano di Sicilia V_•n.o la campagna DALLAT~ Con la costruzione di case coloniche che sta per iniziare in questi giorni, si avvia a scomparire dalle compagne siciliane il « pogghiaru ». Meglio di ogni descrizione. la fotografia dice cosa sia questa specie di capanna, fatta di paglia (da cui il nome) o ginestra o frasche, o forma di cuneo, e con una sola apertura cosl slretta e bassa che occorre far arco con la schiena per potervi passare. Paglia, ginestra o strame per giaciglio; una pentola sospesa a un cavo che pende dal vertice, per suppellettile: questa è l'abitazione rurale del contadino siciliano, e non altro s'incontra percorrendo le immense distese del latifondo siciliano per ore ed ore. Alla sera del sabato - e quando la distanza comunque lo consenta, di tutti gli altri giorni lavorativi della settimana - è caratteristico il ritorno dei contadini siciliani dalla terra in lunghe teorie. Col « saccuni » in spalla ripieno di erbe mangerecce e qualche frutto secondo la stagione, e sopra il larsetto, e sopra ancora la zoppa, e spesso un lascio di legna quanto possono a lalico po.rtarne, at. declino del sole essi s'incamminano alla volta del paese. Chi ha bestie, le corica di « vertula > (bisaccia) con provviste più abbondcmti, di più legna, perfino dello stesso aratro, e quando può anche di qualche bella pietra che ingrossi il cumulo vicino olla porta di caso, e che servirà per rappezzare a suo tempo lo casa stessa, o fab~ brica.re la nuova al figlio. Cosl, ad ogni imbrunire le campagne siciliane tomono a spopolarsi (il sabato sera com- , ~.;-~-:;: .-:-.--. Popolana di Aqrig•nto

flNAALLA NAZZ pletamente), e le oose dei paesi ritornano a rigurgitare di gente. ll contadino siciliano quasi celebra questo ritorno al misero focolare, e lo canto con accenti di commozione e tene.rezzo: Lu sobbatu ,i chiama olleçra-eori biotu cu' òvi bedda la mu99hieril e cu· nun l'òvi di la pena mori, mmalidici lu aabbatu ca veni. · Junci a la C0$0 e l'alllgriu:l trovi, e Il corii.zl di lu coru beni; o comu lannu li zituui novi passa stanchino e li scordi li peni. Ma cosa sono queste sospirate « case »? 11 Pitrè distinse le abitazioni urbane dei contadini siciliani in quattro tipi, o gradazioni che dir si voglia. Primo tipo: « un'angusta stanza, nella quale stretto à l'uscio, affondato nel livello estremo e senza pavimento il suolo; scarse le sedie (neanche mezza dozzina), due letti, un forno, un !ornello. la greppia dell'asino, qualche gallina e del concime ammonticchiato in un angolo>. Secondo tipo: « una stanza simile, coperto di tegole, solaio, al quale si accede pe.r uno piccolo scala in legno, e sòllovi un letto con una sola materasso ripieno di paglia; poche sedie; un tavolo (bulletta); uno brocco, un catino, una pentola. una padella, uno scolatoio (sculoposta) in terracotta, uno scopa». Terzo tipo: « una stanza con solaio in muroturo per lo pagliero; sollo, uno o due letti, e qualche li pastore Portatrice d'anJora divisione per uno cameretta. per il solito forno e la 1mmancabile g.reppia >. Quarto tipo di casa contadinesco siciliano: « pavimentato con i soliti mattoni rossi il suolo; meno penosa la divisione dello« stanzetta», che è in due: la maggiore per i genitori, la mino.re pei figli; un or-modio di legno incassato in uno parete; due tavoli, qualche stoviglia e qualche bicchiere, tazza ecc. Non manco la cucina, con il forno, il fornello. la greppia, ed anche una piccola botte; in un orticello il concime. Questo tipo di casa è da contadino. piccolo proprietario>. Come si vede si tratta sempre di un solo vano che, a seconda se provvisto o no di pavimento, o di solaio o di finestre, o di tramezzi divisori, e di più o meno utensili domestici, costituisce la diversa gradazione di abitazioni del conlodino siciliano. lino al cosiddetto ~ piccolo proprietario » incluso. Abituri, dunque, non case, con allogati la greppia dell'osino e i letti delle pe..rsone insieme. Da essi al « pagghioru > con una fanno di pane nella bisaccia all'alba, e viceversa al tramonto, tutti i giorni, attraverso chilometri di strada. . - , r,.:-::\,, ·• .___ .- ;. :i /~· ._,,, .' , /, l(_oJ~JrV Casa d'abita.ione

Si decanta spesso la frugalità del contadino siciliano; ma bisogna anche intendersi sul significato di questo suo eccesso di virtù. In Inghilterra e in Germania il consumo annuale della co.rne viene calcolato sulla base di circa 50 chilogrammi a testa. In Sicilia, invece, si aggira intorno ai J6. 17 chilogrammi pro--«Ipite. Se si tiene conto inoltre del consumo logicamente di gran lunga maggiore delle grandi città (Pa1ermo, Messina, Catania. Trapani. ecc. ecc.) si vede a che cosa deve ridursi presso le masse rurali siciliane il cénsumo della carne, ris~rvato - per norma generole - a11e grandi occasioni e alle feste solenni. Per cui difficile é scorgere dove finiscano I pregi della fruga• lità e della parsimonia e comincino invece gli effetti del• l'indigenza aggravata, che da secoli il sistema latifondi• stico profonde nel ceto rurale della Sicilia. Sistema perve• Popolo:na di Sic;:ìlia nuto addirittura all"aberrazione. come può rilevarsi dai~c seguenti cii.re risultate dall'ultima delle tante inchieste parlamentari che a suo tempo si facevano, e relative alla partecipazione ~irella> del ceto rurale siciliano alla terra. IICeulae hntN fra l"ffln· PIOVINCIJ 11.. totale Cli ledtotale Cet Ytl· r...aereate•IIMe ,...a. .. .-tu1 Ceherr110f1ddC..•· alla Cld at trHUO Caltanissetta 134.807 41.7% Catania 149.749 30.7')1Girgenti 90.436 31.2% Messina 50.394 18.9% Palermo 170.732 35% Siracusa 76.316 22.9% Trapani 45.293 20.2% Ma in questa sede interessa piuttosto vede.re che riper• cussioni le condizioni latifondistiche della terra in Sicilia abbiano potuto avere sullo nostro rozza e quale minaccia continuassero ad esercitare su di essa. Perché, evidentemente, le recenti grandiose provvidenze in favore dello Sicilia volute da] Duce s'inquadrano prima di tutto - al di sopra di ogni altro considerazione di ordine economico e sociale - nel radicale movimento do Lui promosso per la difesa e l'avvenire della nostra Razzo. Allo quale senza dubbio nuoceva l'esodo spaventoso. Si tenga presente che la popolazione siciliana residente all'estero nel 1881 era di sole 5.975 unità; nel 1907 - vale a dire dopo appena 25 anni,- era già salita a 273.307 unità; e nel 1924 - cioè dopo altri 16 anni - a l .S80.S07. Nel periodo che va dal 1901 al 1925, 5.000.000 d'ltaliani lasciarono la Patria; ne rimpatriarono, invece, 3.000.000; ma 1.800.000 non tornarono più. Più della metà di queati non ritornati - circa 950.000 - furono Siciliani. Ma non soltanto la «quantità> era la « qualità > che impressionava nella corrente migratoria dalla Sicilia_ Su I00 emigrati, si aveva una media di 40 donne; il che sta a significare il carattere definitivo che aveva assunto buona parte dell'ingente trasmigro• zione siciliana. Nuocciono inoltre alla Razza anche le condizioni in cui versa lo vita dei rurali siciliani, per cui nel 1938 ancora fu registrata una mortalità in provincia di Caltanissetta di 18,1 per ogni mille abitanti; di 18,0 in provincia di Enna; di 17,1 in provincia di Agrigento; mentre nella maggior parte delle altre provincie del Regno esso si è aggirata intorno a cifre notevolmente inferiori, fino al disotto di 11 per ogni 1000 abitanti. Ma più di questl fatti di ordine materiale pur d'indub· bio riflesso sulla compagine razzia1e, sono quelli di ordine morale e spiritua1e che sovrattutto contano. Torna o questo proposito, alla mente l"episOOiodi padre Carmelo, che l'Abba raC'COnta.in « Da Quarto al Volturno ». - Venite con noi, vi vorranno tutti bene: dice l'Abba. - Non posso. - Forse perché siete Irate? Ce n"abbiamo già uno. Eppoi altri monaci hanno combattuto in nostra compagnia senza paura del sangue_ - Verrei, se sapessi che farete qualche cosa di grande davvero: ma ho parlato con molti dei vostri, e non mi hanno saputo dir altro che volete unire l'Italia. - Certo; per fame un grande e solo popolo. - Un solo territorio ... ! IN QUANTO AL POPOLO, SOLO O DIVISO, SE SOFFRE, SOFFRE; ed io non so che vogliate farlo felice. Padre Carmelo non sentiva più il richiamo del sangue comune; non lo comprendeva nemmeno; vedeva solo

una sofferenza seéolare, che mai aveva suscitato solidarietà, mai promosso un movimento di sollecitudine dal di fuori, e.concludeva con l'amarezza della rassegnazione: chi soffre SOlfrel.. e perchè unità? Il malcontento è male transitorio che spesso si esaurisce nell'esplosione; ma la sfiducia - quando ad esso subentra - inaridisce ed essicca in profondità con lentezza inesorabile, sebbene quasi impercettibilmente, le sorgenti più feconde dell'essere umano. Chi avrebbe mai dato un focolare migliore, una vita più propria? Rassegnarsi a pc:atire. a lavorare da schiavi per decenni, lontano, a servire tutti i JXIdroni, era d'uopo: cercare altrove quello che inutilmente si era sperato. Altrove si prosciugavano mari ,con il loro lavoro, si abbatlevano montagne. si scavavano fiumi, di dissodavano continenti; in Sicilia non c'era nulla da fare di tutto questo per redimere il suolo. L'anima di padre Carmelo non era più partecipe della vita comune della sua rozza: come tralcio essiccato e ooduto dal ceppo. Padre Carmelo era il «sintomo»: di una coesione minac...;iata d'inlralimento, di una compagine che perdeva lievito. Che cosa fu fatto, da padre Carmelo in poi, per andare incontro allo stato di estremo bisogno della Sicilia, per la risoluzione del suo problema supremo, per risanare il malessere profondo della sua popolazione, per rinsaldare con ciò la compagine della razza? Quello di cui la Sicilia veramente non si può lamentare sono le inchieste, di tutti Sc.hiuo pro1-pettico dell• ca•• colonich• eh• •aranno collruit• in Sicilia nell'Anno XVUI. (Ente di Colonizzazione del Latifondo Siciliano) li

1 colwi, di uomini di tutti I CXllibri. Le commissioni andavano e venivano; volumi o più tomi fiorivano do tutti gli angoli; dissertazioni elucubrate risonavano da un copo all'altro della Penisola; parole e parole a fiumi, nei COmiZl elettorali, in Parlamento, dalle cattedre. Mo il cpaggluaru• nessuno lo nmuovevo, e lo delusione dìlogava sempce più, e il 1orpore sfiduciato della Siciha 11 faceva sempre più grave. Si arrivò perhno o dim061rore che il latifondo costituisse qualcosa di fatalo, connesso alle condizioni fisiche e climatologiche della Sicilia: come dire, lo condanna m eterno al dolore delle popolazioni ogncole a1cihane. Si aggiunsero le d11famazioni più turpi, e in questo - bisogno riconoscerlo - brillarono soprattutto gli ebrei: come quel Lombroso. che spiegava « scientificamente » le esplÒSionì del disagio siciliano, attribuendole ad azione di miscuglio di rane. come se da oltre dteci secoli la miscela siahona fosse meno pura da quella delle altre regioni della Penisola; come quegli oJtri due - Sonnino e Francheth - i quali per guarire i mali della Sicilia presc:rivevano di escludere i Siciliani dall'amministrazione dell'Isola, diagnootioondo che « i siciliani di ogni classe ~ d'ogru oeto, meno eccezioni individuali, sono ugualmente incopoa d'intendere il concetto dt diritto nel modo medesimo che s'intendo in uno Stato del bpo moderno• Ma al popolo siciliano giunsero parole nuove e di ben altro genere, il S maggio dell' A. Il, dalla Torre Pisana di Palermo: « Conosco i molto antichi e per molto tempo inap-- pagati bitognil So quello che vi occone. Potrei numerare i paesi ed i comuni che non hanno strade, che non banno acqua: non ignoro la desolazione del latifondo, nè mi à aconosciuta la tragedia Ok\lra della solfara ». E il popolo tr ,(:. ~ r, ,-,·, . ' • ... I' ...::t, '· ' f' ~ i'-. "' \1., :r~, t{ ;\,~ÌÙ /:~li . "I . { .!- ,/ v-7- ~"'· ..,._ li· " / siciliano vide hnalmente riconosciuto 11suo competo: « Le energie dello Stato saranno d'ora innami con maggior.s intensità convogliate verso di voi. PERCHE" LA SICILlA RAPPRESENTA IL CENTRO GEOGRAFICO DELL' IMPERO ». (dlSCOJ'SOdel Duoe a Palermo il 29 ogosto XVI). E del suo massimo problema senll parlare come m01 aveva senlilo hno od allora, come non sperava nemmeno di potere sentirne p:::ulare. « n latifondo siciliano. quantunque oggi aia alato apogUato dei auoi reUquati feudali dalla poUtica fasciata, sarà Uqu.idato dal villaggio rurale, il giorno in cui il villaggio rurale avrà l'acqua e la etra da ». E vide fìnalmente dischiudersi davanb cn suoi occhi l'avvenire che avevo a lungo invidiato od altri popoli: e I contadini siciliani. come i contadini di tutte le parti del mondo, aaranno lieti di vivere sulla terra che eaai lavorano. Finirà la coltura ntenaiva, la vostra terra potrà nutrire il doppio della popola&ione che oggi conta. PERCHE" LA SICllJA DEVE DIVENTARE E DlVENTERA' UNA DELLE PIU' FERTILI CONTRADE DEI.LA TERRA •· Le corde allentales1. di colpo sono tornate a tendersi; l'anima della Sicilia è ritornato a pulsare potentemente col cuore dell'Uomo che l'ha compresa e abbracciata. Oggi l'esecuzione della grande opera. annunc.,oto e preparata, ha avuto m1z.io_ Esso ha posto preminente nel granchoeo movimento per la difesa e il potenziamento della Razza; perché ne fonde la compagine in un unico crogiuolo dalle Alpi al Lllibeo. ne saldo la coesione e ne vivifioa la solidarietà Di là dagli effetti economici e sociali, è nel suo riflesso e contenuto razziale che sì misura essenzialmente la redenzione della terra siciliana. \f~ !l I: < I A.TRJZZINO :. I Uno TI.a di pa ... IO

LPUNITA MEDITERRANE Circa i popoli Italici, che abitaro. no la penisola prima della dominazione romana, e sulla razza a cui appartennero, si so. no formate, SPf!· cialmente nel seco. lo scorso, serie di idee, che per lo più non tennero nes- . sun conto dei ritrOvati archeologici, antropologici e glouologici, ma seguirono a grandi linee le antiche tco_ rie etnognfiche, basate sulla distribuzione delle lin- .gue, quale era concepita dai neogrammatici, che prderivano ignorare i fatti discordanti, piuttosto che infirmare le loro dottrine. Vogliamo dunque fermare il corso dd. le id« su tali fatti discordanti, metterli in luce e vederne a fondo il valore; verrà certo J'epoca in cui tutto il materiale raccolto verrà rielaborato;- dando luogo ad una teoria esatta circa la pro,·enienza della nostra rau:a. E' opinione universalmente diffusa che l'Italia preromana, abitata in tempi primitivi da uomini delle caverne e da terra• maricoli, fosse stata soggetta a invasioni simili a grandi ondate di popoli diversi, che si abbattevano sulla penisola, per lasciar tracce a foro volta sommerse da nuove ondate. Cinque grandi elementi etnici si sovrapposero in ordine cronolo. gioo: ad un prc.o:cedentesustrato ligure sue. ccsse una colonizzazione latino-umbra, giungente da nord.ut, la quale si aggiudicò la supremazia nel paese, seguita a poca distanza da una greca; alle prime tre si aggiunse un'invasione celtica proveniente per via di terra dal nord-ovest e finalmente una etrusca venuta d'oltremare. Gli etnologi, mentre hanno ravvisato nei Celti, nei Grtti e negli Umbrolatini gente di origine indoeuropea, assegnarono dapprima i Liguri e gli. Etruschi a razza diversa, dando luogo a due deduzioni ugual. mente errate: la prima civilizzazione d'Italia dovuta a genti t1011 Arie; dato che queste àvuscro raggiunto un grado superiore di ci\•iltà, gli invasori Indocuropd sarebbero scesi da barbari distruttori. Le moderne concezioni della storia ci portano a prendere posizione contro la trita teoria degli .spostamenti, dei popoli e delle grandi in\'asioni, così com'era stata · imaginata. Gli spostamenti ,etnici (l'tscm. pio dei secoli lii, IV e V d. C. ce lo in• segna), avvengono sempr,e in misura minima; le gemi im•aditrici co.stituis~no una ~rcentuale trascurabile della razza a cui appartengono, cd anche se riescono ad affermarsi con le armi in un paèse nuovo, il loro destino è la fusione con l'elemento indigeno o l'espulsione. Possono esistere delle eccezioni, ma si devono guardare caso per caso al lume di una ,·alutazione prudente: i territori che si adattano agli in\'asori, o sono spopolati, o dotati di una civiltà negati\'a; comunque l'am. biente, il clima, la lingua, i costumi rea• giscono in profondità sugli invasori st,es. si. Basterà che io citi le migliaia di Eruli, Ostrogoti, Longobardi, Franchi, Tedeschi assorbiti dalla nostra popola:tione senu il mt:nomo senso dì malessc.o:re,~r .ct:nderci persuasi del fatto. Vi sono rioi gh inassimilabili, ma costoro costituiscono una casta separata che non partecipa agli scopi del paese che li 05pita; vere isole parassitarie, rappresenIl

tate nel loro tipo più perfetto dal Ceno. meno giudaico. Lo ro::&a quiHdt HQH si può sposlare: potrà tutt'al più imporre dati costumi e particolari valori, che vi-vrann0 ,soltanto se trO\•eranno un ambiuue simile a qucilo da cui sono stati prodotti. E' errore credere che p0p0li deJl'Europa <'rientale od asiatici si siano mossi un {,orno, radunati in numero immenso, con formaxioni ben stabilite, per occupare le regioni del centro e del sud europeo. Anche senza negare il \'alore storico delle invasioni proto1taliche e medioevali, dobbiamo ridurle in termini più concreti e non asKgnarc loro un valore sproporzionato. Il primo concetto che ~ d'uopo demolire ~ la favola dell'indocuropeismo, tlHQ/Qgi. co,r,~n,e parku«lo, che tende a mettere sullo stesso piano di origine Indiani, Persiani, Russi, Tedeschi, Inglesi, Francesi, Italiani, Greci, solo per citare le principaU popolazioni. L'aggettivo e indocuro. pco • si appliea ad una nozione linguistica, non etnica. Contro tale smaula di fratellanza indoeuropea, rivendidiiamo l'ipotesi di una stretta unità mediterranea dal punto di vista razziale, diversa dai Camitosc.miti, cd affine per lingua e caratteri biologici ai popoli del centro e del nordeuropa, l:.t quale e non scese•• ma popolava - ab antiquo - il bacino del Mediterraneo, aparsa dalla Spagna ai iidi del Mar Nero e dalle Alpi al deserto libico. Movimenti interni, non sappiamo di qual portata, si dovettero verificare nel seno di essa, ma ciò non ci autorizza a credere ciecamente nelle umanità erranti e can. tanti, singolare fenomeno che permette\·a allo storico, allorquando mancavano i do-- . cumcnti per stabilire l'improvvisa compar. sa di una data stirpe sulla scena del rnon. do, di giustificarne la genesi con voli lirico-fantastici. Così, per ritornare alle condizioni cmi. che dell'Italia preromana, ciò che si imagina come un'armonica. successione di stirpi, non è altro che un avvicendamento storico dei rappresentanti di un'unica razza, che, con altri territori, popolava pure l'Italia, e qui trovò i mezzi di diffcrcn. ziazione. I documenti che ci rimangono per testimoniare ciò sono pochi, ma possono offrire sufficiente garanzia. I SICULI. I primi rivelatori della razza «italica•• cioè i primi a lasciare menzione di sè nella storia protoitalica, furono i Siculi, secondo il Ribczzo e Indoeuropei itolici •• la qual derinizione conforta la nostra precedente persuasione. Il materiale epigrafico è minimo. Alcune iscrizioni, come quelle famose di Centuripe, riflettono forme av,·icinabili ad altri dialetti italici: ad es. MARU, acco• stabile all'umbro MARO = maggiorente vedi.il greco ,nonn; cosi pure le forme: STAl~A.\1, DUROM, VELHOM ripetono accusativi singolari di temi in A cd in O. Italici sono pure alcuni formativi desinenziali. come quelli in LO, risco1urabilc i,~ SICU-Ll N1 in RUTU.LI. Lo stesso OioniSio di Alicarnasso reputa i Siculi in• digeni d'Italia e riporta questa tradiziom· in J, 9 o li, 1 delle sue Antichità. Imponente è poi la toponomastica. 1-11110 poco indagata, che molte volte porta con sè testimonianze di un'antichissima ci\·ilt.à.. Ba. sta che io accenni al nome di ALBA ed ai suoi derivati che numerosissimi ricorrono in tutta Italia: dalla mitica Alba Longa, ai monti cd al lago Albano, al fiume Albuia, al mon1e Alburno, ad Alba sul Tanaro, al fiume Alba in Sicilia, e più a nord alla tiiibù ligure degli Albici, ad AJ. ba del Rodano, ad Albiana di Corsica, ad Alba nella Spagna Bctica, fino ai nomi deformati latinamente: Alpi, da Albia (2) (è onftai accertato che il sostantivo alba in lingua sicula significasse altura); ed italianamente: Ventimiglia (da Alba In• timiliurn), per renderci conto della presenza dei Siculi in tutta la pcn;soJa. I LIGURL Ai Siculi vanno aggiunti come appartenenti alla -stessa raua i Liguri, abitatori della valle del Po, coloro che dettero il nome ai laghi cd al fiume nostro maggiore, Bodinco, alle grandi catene di montagne: Albiil :a alture, Appcnninus = crinale del montoe: alle caratteristiche fisiche della regione: Rugia = torrente, Balma = caverna. Le indagini linguistiche ci portano a stabilire non solo una stre11a parentela tra Liguri e Siculi, ma anche una vera e propria identità; siamo insomma in presenza dello stesso popolo, che ha a\'Uto sedi diverse e sviluppi differenti. Gli stessi suffissi desinenziati in LO propri dei dialetti italici e del Siculo, si ripetono ampliati nel Ligure in AL. ALO. ELO (es.: Va• la un-AL, Rup..ELO; forse alla stessa origine va anche ricondouo il .nome latinizzalo di Verc-ELLAE. 1101oriam,mtc designata come e ciuà dei Liguri:.). Ma l'attività civile dei Siculoliguri non si limitò all'Italia; essi dovevano popolare; per quanto ci attestano le iscrizioni e le tra. dizioni, i territori bagnati dal Mediterraneo d'Occidente e forse do,•evano ,werc diramazioni verso i Carpaz:i. Già Esiodo ci fa cenno d'cs.,i e dopa di lui. Filiato, in Dionisio di Alicarnasso I, i~, 4, ce li attesta in Sicilia, Avicno (Ora ma.ritinta), im•ecc, anche sul Mare del Nord. I SARDI. E norf fJilia fuori luogo parlare della presenza dei Siculoliguri pure in Sardegna, o se non proprio d'essi, al. meno di schiatta loro affine. Ritrovati archeologici e linguistici (3), sebbene scarsi, ci possono rendere sufficientemente certi di talC ipotesi. I Sardi dovenno coi Siculi e forse coi Liguri occupare la Libia, prima di passare nelle isole mediterranee, e della loro esistenza possiamo essere cer. ti, se Max MUl!cr ci parla di Scirtani o Sciardani, truppe mercenarie, che ancora al principio del secolo XVI a. C. servi. vano i Faraoni. Del resto il fatto è commentato da incisioni e dipinti egizi. A quale famiglia debbansi assegnare le

lingue loro è però incerto; anzi alcuni glottologi son d'accordo nel reputare il Sicuio J1H:no dal L:gurc: noi ~uuno contrari a queste affermazioni ",(1 .tttcniamo a quanto abbiamo esposto, osscn•ando che I risultati raggiunii nell'interpretazione del Ligure 1i basano so1>ra tutto su iscrizioni lcponziachc. fortemente gallicizz.ah•, ciò che può avrr indotto gli s111dios-; a postularne fa differenza dal Sicuk>. l.ln altro problema non meno intcrcs-- santc ci offre il suffisso dt'sincnzialc ESCO, ASCO, che, secondo il Flcchia, nella toponomastica dell'Italia padana, si ripete oltre duCC('lltoc.inquanta volte, dilagando nell'Italia. centrale e mcridtonalc. GLI .ETRUSCJI I. Il fatto ci permette di passare all'irwcstigazionc di un quarto mis1crioso popolo, abitatore della penisola, giunto a grande 1,otcnza, verso il VII-VI ~colo a. C.: l'Etn,,co. Già il citato Dionisio (I, 26-30) lo rcpulÒ indigeno d'halia, cd affermò che gli Etruschi non cran Pclasgi, nè Lidi, non ai•endo la stessa lingua, nè gli stessi costumi. E.ssi si autochiamavano Rasc:n; da un loro capo ed i Romam li dicevano Etruschi: L'origine di qunt'uJ. timo nome ci pare essere umbra. Nelle ta- '~t ~:yi~o c~c 1:c i:;~~: 1 1 ;:;~t:~~~ con: tUkSKUM; ora secondo Erodoto (I, 94), gli Etruschi sbarcarono presso gli Umbri. venendo in Lidia, e gli Umbri dettero loro il nome &Uddet10.Nelle towole lkm•im,! più recenti, TVRSKUM è TV. SKUM, il che rivela chiara la genesi del suffisso SCO, riconducibile quindi non soltamo ai Siculoliguri, ma anche agli Umbri, ciò che: prova che qualcosa di oomune tra loro do,·ctte es;,tere. Ma gli Etruschi devono essere reputati indigeni secondo Dionisio, o immigrati se.tondo Erodoto? Le attuali corrc.nti sono decisamente fa- ,·orevoli alla ,·ersionc. di questo ultimo e basano le loro prcfcrcn~c sulla grande au. tor'ità del padre della storia e su critiche mosse a Dionisio con un certo vantaggio; la posizione: viene poi comolidata da indagini linguistiche cd iuchcok)g:ichc. Però si pos,ono notare alcuni faui discordanti: - Erodoto raccoglieva le tradi:r:ioni di cui l'ntrava in poSR!tSOsenza alcuna valutazione Kic.ntilica: al massimo si Knh·a dc.Ila ,·ersione più accrc.ditata; - le critiche mos9,e a Dionisio non in. tnusano i punti ,·itali delle SII(' asM'!r:r:ioVo1i etn.11c.hi trO't'Qlj in KO't'l danHi ni. ma ~hanto alcuni 1en1Ativì di dimostrazione. dc.Ila verità d'esse.; - le. indagini linguisriehc oon sono fi .. nora approdate a risultati soddisfacenti e forse non approderanno mai, fino alla sco. pcrta di un monumento bilin,:ue. J podt'- rosi studi del Corssc.n, falliti, dtl Martha, dello Skuts,ch e dello Hcrbig non hanno condotto ad altro se non a ripetere J'as. scrzione di Dionisio; di nessun altro J)O• polo la stt'ssa lingua. AUo stato presente delle ricerche, possiamo offrire due. liste d1 prove: l'una assegna !'.Etrusco a ceppo linguistico non italico (le ,·oci ATI CLAN PUIA SEC = matu, filius, uxor, filia, nemmeno lonta. namc.ntc riconducibili ai dialetti italici, il e genitivus genitivi> cd il dativo in SI non ritrovabili ncllt" grammaliche umbre e latine), l'altra riconosce qualche legarne (le desinenze femminili in A, IA, il genith·o in S. alcune forme verbali in CE. l'enc.litica C). · Nè sono da traKurarsi gli studi dc.I noSiro Trombetti, che ha rilevato una forte affinità dell'Etrusco con l'lnd~uropeo (specie per i nominativi in S, i suffissi 1>ersonali del ,•erbo, certe forme verbali in U e certi impcrath·i in TH), e con il Caucasico cd altre lingue dc.11',\siaminore. Nel proairno nWIM!ro: e ■ e ■ u•• ■eJITA1'-1' "L'Ethnle potalne" Bot109Ua tra Egi1ian.i • Sardi. P•la.19i • T1ucr1 Ma questo non basta J>tr giurare scn. z'altro -sulla 1)rovenienza lidia degli Etruschi: può darsi c.ht presso di essi si sicno mantenuti inalterati certi caratteri linguistici, che. tu1t'al più deporrebbero in fa. ,·ore della nostra tesi circa un'unità mediterranea. Nt: dimentichiamo fa sentenza del Blichelcr, finora il più asRnnato in materia, e.be è riuscito a dimostrare come la vicinanza. di due pc>SKnti tronchi lingtiistici. ccme l'Etrusco ~ il Latino, dtbba aver generato dei notc,•oli influssi reciproci, per conc.luderc infine per il carattere in- ~uropt0 dc.ll'Etrusco. Se poi c:i rivolgiamo alla tradia:ionc stts. sa Tirrena, uppiamo che IJl.1.i gli Etruschi raccontarono di c.1scr venuti da qualche altro luogo, quantunque l'emigrazione di un intero popolo per via marittima dovesse c.SRr tait da. tc.nu desta per lungo tempo la memoria di tanta imprrsa nella mente dei tardi ncpoti. Nc.s.sun canto epico, m:ssun::i.iscrizione, nessuna leggenda tipi. camente etrusca ci ricorda mc.nomamentc tale fano; anzi i Tusci stessi credevano in buona fc.dc. di essere indigeni d'Italia. Per dare quindi un'uaua interpretazione dell'etnologia mcdi1crranca, dobbiamo imaginare un grande canovaccio su cui, con lo 1tesso filo, si tessono diversi disegni: quindi. genesi uguale; ma divcr. geni.a. ndla localiz:r.uionc delle divtrse fa_ miglie di un'uqica stirpe. Potrei con minore materiale continuare ne.Ila citazione dei Sanniti, Bruzi, Lucani, Campani ccc., per dimostrare la loro id«"ntitl d'origine.. Mi basta però ooncludcr<', riauumcndo rapidamente i risultati ouc.nuti: a) contro ,le teorie ernologiche delle grandi invasioni nordiche. che avrebbero arrc.ca.to luce: di civiltà all'Italia., rivendichiamo l'originalità civile della penisola. dovuta a gente di rana mediterranea, diversa dalle stirpi camitosemiti<:he. b) contro una pluralità di rauc dovuta ai grandi spos1amc.nti migratori n. rificatisi in Italia, affermiamo un'unilà rauialc, cM si stc.ndc:n, oltrtt.M in Italia, dalla Spagna alla Libia, alle" Alpi, ai Carpazi. c) contro una divc.rsità di stirpi signorcggiatrki volta a volta d'Italia, ammettiamo una varietà di popoli etnicamente ricondn<:ibili alla raua su accennata. CLAUDIO CALOSSO 13

- Soldato italiano H: d♦ll"lo9l ... Glya Pbilpc:t lU no degli oslacoli più seri che una formulazione puramenle biologica della dourina della razza incontra. è costituito dal fallo, che le razze non decadono e tramontano solo per via d'incrocio e di contaminuionc del aanguc. Ahrt:Uanlo 1>ositivisono i e.asi, lD cui alcune raue degenerano e ,·olgono ,•erso la fine a caUN di un proocsao - per dir cosi - di estinzione lnterna, sen:u. l'intervento di fattori ~terni. Cosa che:, sul piano pura• mente biologico, potrebbe trovar riM:ontro in quelle enigmatkhe e ,-.riuioni interne> (idiovariazioni) che la acienza si è tro,·ata coslreUa a coll!latare pret:50 alle e variuioni per in• crocio :t (mistovariazioni) come cause J)Arimenli efficienti di mu1azionedi una ert:diti, Di queslr fatti non ci si potri mai rendere pienamente conto se non s'integra la concezione biologica della raua con quel e razzismo di secondo e di terzo grado~. su cui noi abbiamo ripetutamente avuto occuione di parlare in questa stC!!ISasede. Solo quando si considera la raua, c:sisitnte non 10hanto nel corpo, ma anche nell'anima e nello spirito. da intendersi - anil•I RAZZ ma e ~pir\to come fora più profonde. me• 1abiologiche, che nella totalità organica del. l'ente umano stanno a condiiionare la stN• sa compagine f~ica e fisio-psichica - solo quando si è assunto quetlO punlo di ,·isla eruinentemenle tradizionale ei può penetrare in lutti i suoi aspetti il ml5tero della decadenza.delle raize. Ci si può allora rt/1· der conio che, come nel singolo individuo l'abdicazione e il oolla.s,sointerno. la cd• sa.zione di ogni tensione morale e il passivo abbandonarsi pONOnoa poco a poco lradul'!i in un vero e J)roprìo crollo fisico o paraliuare risorse organiche naturali al• lrimenti cfficialli di fronte ad ogni minaccia avnrlita dal oorpo - del pari sviluppi del genere possono realiu.an1i 1ul piano di quelle più grandi entità. che sono le rane umane nella loro vita, nello spuio e nel tempo. E l'accenno, ora fauo, di risor&e organiche neutraliuate quando la tensione interna - morale e epirituale - di un singolo viene meno, può anz.i permetterci di considerare meno semplicisticamente e mc• no materiali.\ticamente lo stesso caso delle alterazioni rauiali dovute a mescolanza e a eontaminuiorte. Questo caso, infatti, non di rado può eucre analogo a quanto accade nelle infet.:ioni. E' noto, infaui, che i bacteri, i microbi, non sono ,empre cau.,. fatale, uni, voca del male: a che, attraverso il contagio. il morbo si s,·iluppi, ocçorre una certa, maggiore o minore. predisposizione. Lo Sia• lo d'integrità, di perfetta toniciti dell'or• ganismo oondiziona, a sua volta, questa pre• ditposiiione, mentre a sua \'olta, su di es.so molto influitce il fattore 1piriluale, la e 1>rescnza >, o meno, di tutto l'CMC:rea se stesso, l'intrepidezza interna invece del, l'angoscia, ecc. In conformilà di quer.la analogia •i può pensare che, affinchè gli incroci abbiano davvero un esito ratalmente, inesorabilmente degcr1erativo per una rn:r.a, senta eccezione, occorre che QUC181a. ra.r:ta. già in una certa misura, sia interior• mente lesa, 1ia decaduta ritpetto alla tua originaria 1C:l\$ione. Quando una raua si è ridotta ad un insieme di automatismi atavici, i quali poi rappresenlano la sopruvh·enia di quel che eua originariamente era, allora basta un urto. una lesione. u.r1.11 sempHce azione dall'esterno pe:r farla precipilatt, pe:r ,figurarla e denaturarla. Essa, in tal caso. non si comrorta come un corpo elu1ico. pronto a re.gire e a riprendere la sua forma originaria dopo l'urto (aemprechè - s'intende - questo non oh.repa.ssi certi limiti e non si trasformi in una sollecitazione permanente), bensì come un corpo rigido, anelastico, che subisce 1>anivamente l'impronta dell'azione tstema. Sulla ba.se di queste con,idcrazioni si poa&0nodistinguere due compili pratici del ra:ut!mo. Il primo lo si po1rebbt dire di ~di}csa pa3siw. Si lralla, cioè, di metter la raiza al riparo di 1une le azioni esterne (incroci. forme inadatte di ,•ila e di cultura. ccc.) che potrebbero rappre&entare. per C858,un incenlh·o

AE LAG. UERRA di crtsi. di mutazione e di snaturamento. Il :iCcouJo <'ùm..,ilo \' invt<:e quello di reJiJttn:.a a"it",, e consiste nel fidurre ad un n1inimo la predisposizione della rau:a alla degenerazione, cioè il terreno in cui essa può esser passivamente esposta all'azione esterna. Questo compito equivale essenzialmente ad « esaltare :t la razza interna, a far sì che essa non venga mai meno alla sua intima tensione, che, come controparte della sua integrità fisica, all'interno della razza vi sia qualcosa, come un fuooo ìndoma• bile e irreducihile, desideroM> semprt' di nuova materia per divampare. di nuovi ostacoli che lo sfidino e lo costringano alla riaffermazione. Questo secondo compito è e,•identemcnte più arduo del primo, perchè ca.so per caso esso può esigere soluzioni diverse e perchè per eMO p()C() giovano misure esterne, generali e materiali. Si tratta di vincere l'inenia dello spirito, quella foua di gravità che è vigente nell'interiorità umana non meno che nel mondo fisico esteriore e là !li traduce appunto nell'inclinazione all'abbandono, al « lasciarsi vivere>, al seguir !lempre la linea di minor resistenza. Ma, purtroppo, pel !lingolo così come per la razza. per ,•incere questo perìcolo occorre un punto d'a)lpoggio - la capacità di agire diretlamente, 11ilenersi !!Cmpreal ,•crtice dell'onda per un'interna iniziativa che senta stimoli sempre !Ì ••Lo prima ora ", di Orazio Amato

rinnova non può corrispondere che ad una dotu;ione eccezionale, non può esser ragionevolmente richiesta come un dato normaie. Come dicevamo, a che la tensio~, divenuta latente, si ridesti prima che sia. troppo tardi e subentrino i processi dell'automatizzazione della. razza, occorre un ostacolo, una prova, quasi una sfida. E' allora che avviene la crisi e la decisione: col modo del loro reagire, le potenze più profonde, metabiologiche della razza dimostrano allora se esse sono state più forti delle contìngenze e dei destini di un certo periodo di storia. Nel caso della reazione p08itiva, nuove potenzialità vitali vanno, dal profondo, a risa.turare H circuito T&Zziale.Un nuovo ciclo a.scendente s'ini. i:ia, per quella razi:a. In certi casi, è perfino possibile che proprio l'incrocio - naturalmente, mantenuto 4n limiti ben precisi - ~h·a una funzione del genere. Ciò è noto nella zootecnica. La < razi:a pura :t, in certe specie animali, è il risultato sia della presef\•azione dell'eredità1che di un sapiente incrocio. Noi •non siamo del parere del Chamberlain, che inclinava ad estendere una veduta del genere alle < rane superiori :t dell'umanità. Tutta\·ia, è un fatto ben provato che in certe famiglie aristocratiche, le quali, con la loro legge del sangue fongo i seeoli sono J'unico campo sperimentale finora avuto dal razzismo nella storia, alcuni incroci hanno appunto avuto la virtù di prevenire l'imbastardimento per estinzione o degenerazione interna. Qui - lo 11ottoliniamosi tratta di una prova, non d.i una regola. Di una prova, anzi, che può anche significare una sfida pericolosa al sangue. Ma il pericolo ridesta. Dinani:i all'elemento eterogeneo introdotto dall'incrocio il nucleo omogeneo è chiamato a riaffermarsi, a ridurre a ,è ciò che è e11tra.neoa,d esercitare di fronte ad esso la parte che ha il < dominante :t di fronte al < rece:.oo.sivo :t, nel campo delle leggi di Mendel. Se la reazione è positiva. il risultato è un risveglio. Il ceppo. che sembrava C$8USIeOd esaurito, si rav. viva. Ma se già troppo si era sCC$io, se l'eterogeneità, è eccessiva, la prova rallisce, ed è il rapido e definitivo tramonto. Ma il più alto strumento di risveglio inlerno della razza è la lotta, e la suura sua più alta espressione. O1e il pacifigmo e l'umanitarismo siano fenomeni solìdali all'internazionalismo. alla democra:iia, al cosmopolitismo e al liberalismo, è cosa affatto logica - lo stesso istinto antirazzista presente negli uni si riflette e conrerma negH altri. La volontà di lh•ellamento sub. razziale, insita nell'internazionalismo trova nell'umanitarismo pacifista il suo alleato, incaricato ad impedire che la prova eroica: vada a guastare il giuoco, galvaniu.ando le forze super• stili di popoli razzialmente non ancor del tutto sradicati. E' però cosa singolare - per quanto significativa nei riguardi degli errori a. cui può condurre una impostazione unilateralmente biologica del problema razzista - che la teoria razzista delle e scie. :tioni a rOve!ICio :t, quale fu espressa, ad esempio, dal Vacher De Lapouge, ipartecipa, in una certa misura, di quella &tes.,aincom• prensione circa ciò ehe hr guerra può significa.re positivamente per la razza, nutrita, qui però a ragion veduta, dal democrati• smo internazionali.sta. Infatti con questa teoria &isuppone che ogni guerra ei risolva in una eliminazione progres.,iva dei migliori, degli esponenti della razza ancora pura dei vari popoli, facilitando così una involuzione Vèduta unilaterale: perchè considera solo quel che nello scomparire di alcuni va perduto, non quel che in ben più vasta misura in altri si desta attraverso l'esperienza della guerra e che altrimenti, mai si sartbbc destato. Co§& ancor più evidente, se poi non consideriamo le guerre antioche,le quali in gran parte furono comballule da é/ikJ mentre gli strali più bassi da esse erano ri.sparmiati, bensì, le guerre moderne, che impegnano

intere nazioni armate e che inoltre nel loro carattere di tolalitarietà. in \'tslono le forze non solo fisiche ma anche morali e spirituali, d combattenti e di non combattenti L'ebreo Ludwig è andato in ·escande scenze per un articolo, uscito in um rivista militare tedesca. nel quale Si mettevano in rilie\'O le pouibilità di selezione relative perfino ai bombardamenti aerei, ove la prova del 11angue freddo, dell'immediata, lucida reuione dell'istinto d'orientamento opposto ad ogni impulso bruto e confuso, non può non risoh·ersi in ,ma discriminazione deci&iva per CO· loro che hanno la massima probabilità di scampare e di sopravvivere. Lo scandalo dell'ebreo umanitario Ludwig, che pur si è fatto banditore bellicoso della <nU0\'8Santa Allean• :ua » contro il Fucismo, non può nulla contro quel che di giut.to vi è perfino in considerazioni del genere. Se la prossima guerra mondiale &arà una « guerra tota!~» essa significherà anche una e prova tot.aie» delle fone rau.iali supe~titi del mondo moderno. Certo. gli uni crolleranno là dove gli altri si desteranno e ascender-anno. Catastrofi senza nome potranno perfino essere il duro prezzo di àpici eroici. e di nuove liberaiioni di forze primordiali sopite lungo grigi secoli. Ma tale è la fatale condizione per la creazione di ogni nuovo mondo - ed è un nuovo mondo che noi chiediamo al foturo. Le presenti considerazioni debbonsi però considerare sempli.- cemente introduttive nei riguardi del significato che il f.Jtto guerra ha, in generale, per la raua. Tre punti fondamentali dovrebbero esser ulteriormente considerati. Anzitutto, dal mo• rnento che noi partiamo dall'idea della fondamentale differenza delle razze umane - differenza che, secondo la dollrina dei tre gradi del razzismo, non si restringe alla corporeità, ma t<>c<:3 anche l'anima e lo spirito - bisogna allenderBi che il comportamento spirituale e fisico di fronte all'esperienza o pro,·a della guerra, sia diverso a seconda delle varie rane; sarà quindi necessario e intere:M8nte individuare il senso, secondo il quale, per ogni singola razza, si ,·erifica la detta reazione. . In secondo luogo, bisogna considerare un rapporto di i-nterdi-' pendenza fra ciò che un razzismo ben inteso può fare per la razza in vista -della guerra e <:iòche, a sua volta, la guerra, nel presupposto di una giusta attitudine spirituale, può fare per la razza. Si può parlare, nel riguardo. di una \IIJ)eciedi germe o nucleo primario creato o ridestato preliminarmente dal razzismo col mettere in rilievo, nella coscienza di un popolo, i valori raz• ziali; germe o nucleo che fruttificherà nel clima delta guena allo l!tCMOmodo che~. a sua voha, vale a dare aJl'esperienza della guerra, agli istinti e alle correnti di forze profonde che allra\·erso tale esperienza affiorano, si palesano e si affermano, una giusta, feconda direzione. E ciò porta al terzo ed ultimo punto. Si suole parlare troppo genericamente e romanticamente di e eroismo :t, « esperienza eroica» e simili. E quando non si hanno tali assunzioni roman• tiche, nei tempi moderni sembrano restare .solo quelle mater.iali.stiche. come accade quando gli uomini che si ridestano e lot• tano sono considerati semplicemente come « materiale umano» "La 9uerJa -. di Gastone La Touche o quando l'eroismo dei combattenti lo $i misura solo alla stregua della Yiltoria come mezzo ad un fine, che è semplicemente incre• mento Jella potenza materiale ed economica e del territorio di un dato Stato. Entrando nell'ordine di considerazioni, che qui sono state accennate, bisogna capovolgere vedute del genere. Già come e prova del fuoco» di Ione primordiali della razza l'esperienza eroica, oltre al resto, è mezzo rispetto ad un fine essenzialmente spirituale e interiore. Ma ,,i è di ·più: l'esperienza eroica si differenzia nei suoj, risultati non solo a &econdadelle di"erse razze, ma altresì a seconda della misura in cui, in seno alla razza si è enucleata ed ha asr.unto il potere la « !!Uper-razza». Ai vari i gradi di questa differenziazione creativa corrispondono altrettanti modi di e9SefC eroe e altrettante forme di rin·eglio altra• \·en;o l'esperienza e,-oica. Sul piano più basso, son forze promiscue, essenzialmente vitali, istinti,,e e collettivistiche .che affiorano - si ha qualcosa dì simile al risveglio in grande dell'c: orda primordiale», con la solidarietà, l'unità di destino e di olocausto ad essa propria. Grado per grado, questa esperienza prevalentemente naturalistica si purifica, .si dignifica, &i rende luminosa: fino a giungere alla forma più alta, che corri.sponde alla concezione ariana della guerra come e lotta santa», e della villoria e del trionfo come un culmine, avente identico valore di quelli della santità e dell'iniziazione e, infine, de1la morte in campo come mar$ lrÌumphali.s, coine superamento non retlorico, ma effettivo, della morte. ,)-~ Avendo accennato a tutti questi punti in maniera sommaria ma, speriamolo, sufficientemente intelligibile, ci proponiamo di trattarli partitamente in alcuni scritti che faranno seguito al presente e che dunque considereranno specificamente le varietà del• l'esperienza eroica in funzione della rana e poi la visione della guerra propria, particolarmente, alla tradizione nordico-aria e ario~romana. J. EVOLA 17

Chi cOnsuha la bibliografia fran, ce.<1e resta spesso colpito dalla gran• de analogia C!i• stente tra le descri. zioni che quegli autori ci dànno del tipo razziale da essi chiamato con termini vari e non sappiamo fino a che punto giUlStifi. ..,.;1"'-a.:!.:SS..-, cali di e Alpin >, n Dio eg-izio~a .. ~. c:Cevénole>, «Cel. simbolo tique>, con quel della bot9hHia particolare li po psicologico e morale che in Italia è detto e tipo borghese>. Così leggiamo a pag. 60 e segg., del libro Ver, un raci.fme Jro.n.çai-5 di René Gontier la seguente illustrazione che si applica ottimamente ai borghe!i, sol che il lettore abbia l'acoortezu di aostitllire il termine e alpin > con qllello di e borghese> e ...L'aspetto morale che mÌ sembra distinguere meglio l'« alpin > dagli altri bianchi e che l'lpiega lutti gli aspetti del suo carattere è, come spe:uo i suoi prossimi J)arenti di razza gialla, il suo posilS tivismo. Os.servate il suo ~o: quello che colpisce innanzi tutto è l'espreMione positiva e astuta ... Meno sensuale dell'ùomo mediterraneo, ·meno sensuale perfino del nordico, l'c alpin > si affeziona alle cose piuttosto per la loro utilità che per il pia. cere che e.sse possono procurargli. La forma mediocre del positivismo e alpin > è l'attaccamenlo limitato ai ~ni temporali. Impiegato, uomo di affari, intellettuale, o anche artista o poeta, ch'egli sia di nascita elevata o di condizione modesta, l'c alpin > resta sempre un e borghese>. Previdente formica, gli è necessaria la sua casa, il :suo giardino, la sua posizione, la sua bon5a ben gonfia, le 8Ue rendite per l'avvenire, e tutto questo non tanto per goderne quanto per non mancare di niente ... Egli non ama uscice dal quadro delle sue abitudini. Ha realmente i tratti servili con i quali Oe Lapouge e Gi.inther si sono corupiaciuti di dipingerlo? Senza dubbio le altre razze bianche sono più dominatrici. Già ai tempi della pietra levigata l'c alpin > non attaccava mai i suoi nemici; egli si trincerava nei suoi villaggi, costruiti su palafitte e su delle colline e si teneva sulla difen$iva... I'« alpin >, ha invaso la pubblica ammini. ~trazione per la quale dimostra una ten• denza nalurale. perchè è un poi!tOsicuro, con una pensione alla fine ... D'altra parte egli non si è dato soltanto all'amministrazione pubblica ma... ,positivo, cioè adatto alla realtà delle cose, egli è pieghe~•ole CO· me la vita stessa, e astuto dovunque regni l'astuzia. E' un commerciante fuori cllLSM!, un imbroglione emerito, un avvocato di prim'ordine. Egli non è mai ingannato, ma se l'intende a meraviglia a ingannare, a fare prenè:lerele finzioni per delle real. tà. Egli ha il genio dell'inganno. Questo si vede dal suo sguardo maligno di \"CC• chia ,·olpc. Non bisogna quindi sorprenderci se il regime parlamentare è il dominio eletto dell'c alpin >, il suo vero elemento naturale, come l'acqua per il pesce... se fa il bene lo fa per una specie di abitudine piuttosto che per convinzione e delicatezza; ignora il tormento interno, egli è poco tormentato dai rimo~i e dagli scrupoli; se non è imbrigliato dalla religione egli passa se non all'ìmmoralità, nell'amoralismo che consiste nel non afferrare e comprendere le frontiere che separano il bene dal male. Spesso è cinico ... L'onore gli sembra una cosa un po' ridicola. La forma baMa dell'orgoglio e alpin > è la presunzione mischiata alla piaUeiza ... Venerando il successo, una volta arrivato, mige di essere ven~rato. Egli stima in tal caso che i rapporti umani si ridu• cano a quelli di padroni e di servi >. Sulla psicologia di queslo tipo scrisse a lungo il Vaeher De Lapouge nel suo

ma libro « L'Aryen > apparso nel 1899. Questo Autore ebbe cura di mettere in particolare rilievo il servilismo proprio del tipo, cosi a pag. 233 affermava: < E' lo schiavo perfeuo, il servo ideale. il soggetto modello, e nelle Repubbliche come la nostra, il cittadino più ben visto perchè tollera ogni abuso>; e a pagina 238: e: E' un fatto grave che già ai nostri giorni questi individui siano degli schiavi nati, alla ricerca. di padroni quando li hanno perduti... E' un fatto molto grave che ovunque essi esistono, vivono souo il dominio degli Ariani e in difello di questi sono sollo quello degli Ebrei >. Più avanti. a pagina 467, il Vacher De Lapouge ha meMo chiaramente in evidenza <:ome i borghesi siano realmente dominati dal Giudaismo: e: Nel Continente il regime plutocratico implicherebbe naturalmente l'avvento prossimo di una possente oligarchia giudaica. Nessun altro elemento pos.siede una tale proporzione di uomini abili a raccogliere dei milioni e a seminare intorno la corruzione. Jn. torno a noi il giudeo non ha rivali nell'arte di utiliu:are il lavoro del brachicefalo (borghese) e di concentrare le sue economie. In un regime in cui la sola disuguaglianza ri<:evuta è quella della fortuna il Giudeo è naturalmente chiama. to a prendere il primo posto, e la forte organizzazione che fa d'Israele uno Stato nello Stato potrà permettergli di eliminare dalla classe 'dominante tutti gli alBORGHE tri elementi nella misura che riterrà necessario>. Hotman, 8oulainville e Brézard hanno chiaramente espresso l'opinione che gli uomini che formavano il terzo Stato, in altri termini i borghesi, avessero un determinato tipo razziale, diverso da quello che aveva fatto grande e glorioea la Francia. Montlosier è addirittura dell'opinione che la Rivoluzione francese sia stata una specie di rivincita di una razza rispetto ad un'altra. Il Gontier scrive che: e senza dubbio questo modo di con• siderare la storia non è aMOlutamente pri\'O di fondamento• e lo stesso Mon• tandon, così cauto nei suoi giudizi, ag• giunge che: e può anche·darsi che ci sia qualche cosa di giusto in questo apprezzamento dei fatti storici •· D'altra parte che ci sia stata realmente nel corso della storia una sostituzione della popolazione francese nel senso soprain. dicato, sembrerebbe dimostrato dagli studi compiuti dallo stesso Vacher De Lapouge. e Il Medio-Evo - scrive questo Autore - è caratterizzato dallo sviluppo graduale dei brachicefaJi, salvo che per l'Inghilterra e le peni$ole iberica e italica ... Di secolo in secolo la proporzione dei brachicefali è aumentata e le loro aree di ripartizione ,diventeranno sempre più grandi e tendenti a riunirsi... Quesla sostituzione rapida di una raua all'altra, senza invasioni, senza combattimenti, per mezzo soltanto di una insuperabile attitudine al servilismo, è certamente un problema di storia sociale dei più importanti e dei più facili a risolversi. l cimiteri del Medioevo e dei tempi moderni sono in numero infinito, le ossa sono in buono stato ... •· Nell'Aneyron, la serie urbana del Medio-Evo conta 25 crani di Roder compresi tra 75 e 84, media degli uomini 78,7 e delle donne 79,9. Una ~rie ruralC di Santa Radegonda ha per indice 78,6. Questa media è con• fermata dalla dolicocefalia dei crani di altri cimiteri aneyronnesi del Medio-evo. Prima del Xli secolo la brachicefalia non era rappresentata che da una minoranza di individui. Nell'Hérault, il Tam, il Tam-et-Garonne, il Gard, le serie del Medio-evo sono sempre al di sollo di 80. L'indice varia invece oggi tra 82 e 86. A Parigi la marcia dell'indice è la se• guente: Saint Marce! IV e VIII secolo, 77,6, Saint-Germain-des-Prés, VIII secolo, 78,4, Cité XII secolo 79,l. L'c elemento « alpinus • raro di principio, arriFri,-oleua • Yaeuitb. della_ ,-lta bor9bue 19

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