l(;ua politica agraria, intesa come esahazione di una vigo• TV~a razza rurale. ha sempre ;;uidato ,·erso la ll\8SSim.apo• l<"nzale nazioni; queste decaddero allorquando le ropolatis- \ime capitali, attirando éntro la cerchia sempre più vasla delle mura. gli agricoltori, resero i campi deserti: !!pento il culto di Cerere, isterilita la µotenza demografica, anche gli Imperi .~i dissolsero. fu detto: clddio ha creato la campagm,. gli uomini han110 etli/icoto le città •· L'urbanesimo \'énne definito. come il mo• 10 continuo di migrazione delle campagne alimentatore della forza economica e della tensione psichica della città. Si può dire senza tema di errore, che le campagne somministrano co11tinuamenle ossa, muscoli, nen•i. cervello alle grandi me• lro1)oli che rapidamente tullo consumano, rapidamente distruggono gli elementi che vi accorrono. come il fuoco della lampada brucia le ali della ìn• cauta farfalla. E' il facile miraggio di benessere che volge le masse rurali ai grandi eenlri tanti illusi destinati a perire lungo i margini asfaltati delle citt.ì. simii i a pecore che vantrn al macello attratte da un grano di sale. Tutti coloro che abbandonano i campi giunti nelle città, fiduciosi di rar fortuna, hen presto si trovano di fronte alle enormi difficoltà della vita cilladina, dove il difficile è la ricerca di una occupazione per la crisi commerciale ed indu· • :-I ria le che tortura il mondo in• 1iero. Giuslamente il Ges1ri in una · ~ua inleressantissima relazione al IX Congresso Nazionale dell'Associazione Nazionale Fasci- ,,_,a per l'lgiené, notava che si forma così nelle città tentaco• lari una massa irrequieta ed ~a.s1)ernla neHa quale fanno breccia le teorie antireligiose ed antisociali; massa di individui $Offerenti materialmente e• moralmente entro la quale 1ro\•a110racilmenle ricetto i delinquenti. i mestalori, i ribelli 1rJEJR1l Rl ~ JE. JRl-1'Z Z 1' della società, nei quali il vizio, le malattie, la mistria produ· cono aVvilimento, e poi scom• par.ia di tutti i valori morali, che seppure primi1h•i, iono la più bèlla caratteristica della \'i• la rurale. Sorge quindi e domina in es• si la concezione borghe!!e della vita che esalta il presente ed annulla l'avvenire, che è nega• zione assoluta ,della moralità, che annulla ogni sensibilità morale, portando a quella degenerazione, a quel positivismo spurio ed assurdo, che nega ed elude l'atmosfera sacra ed idea• le della esistenza e della famiglia. Dt-eade l'istituto della famiglia nel suo valore etico, il che porta inesorabilmente alla limitazione delle na~ite. Uno dei rrimi coefficien1i della decadenza greca e roma• na fu senza dubbio l'affievolirsi dell'ìstitulo della famiglia. Polibio nel secolo a. C., scriveva da acuto osservatore, che in tutta la Grecia vi era un arresto della proereazione; lenla• mente le città si stavano spopo• lando. I suoi contemporanei amavano lroppo le feste e per godere maggiormente non \'O· levano la responsabilità della famiglia. Se si sposavano si limitavano ad avere un figlio, al massimo due, in modo da per• mettere loro di vivere nel benessere e negli agi, mentre nelle città la popolazione si tra• sformava in una massa di per• ,,erliti e di cortigiane. La decadenza romana ofTrì uno spettacolo analogo. Il fo. colare domestico, una volta tutelato dai Lari, fu a µoco a po• co distrutto, specie in Roma e nelle grandi città dell'Impero. U numero dei divorzi crebbe in modo vertiginoso: la società romana, sempre più depravata si abbandonava all'orgia, cor• rosa dalla crapula, che inva• <levaa poco a poco tutta la sO• cietà. Giustamente quindi il Duce ammoniva ai rurali convenuti il 3 novembre 1928 che i po· poli che abbandonano la terra sono condannati alla decaden-
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