La Difesa della Razza - anno II - n. 17 - 5 luglio 1939

~ Il Dr. Nìçola Monti Gucuniui c1 ha scritto da Arcevia (Ancona): Si narra che una giovane fascista venne un giorno sorpr&sa dal padre mentre fu• mova lranquillomente una sigaretta. Redarguita severamente, la ragazza rispose che non era da eonsiderars1 per nulla liprovevole il fallo che lei fumasse, poichè poteva provare con dati inconlestahili, che 1ra i lanlì modi por difendere la rana, non ultimo era il lumo, e nel dir ciò pregò il babbo di dare uno aouardo alla Difeso della Rana. Su d1 un'intera pagina grande - ìn piena evidenza - gli occhi stupili del genitore videro una giovinetta bionda aspirare dolcemente una sigaretta. A lioneo dello figura ero scritto: Ool gusto fine e delizioso. E sotto, o lette1e cubitali. S19aretta Mentolo. Quel padre di lamìglia, vista e considerala l'autorilò da cui promanava la pro• paganda del fumo, da allora non omi$e mai di raccomandare alla propna ligliola dl accendere di tanto in Ionio una sigaret• ta, e preocxupati.s.simo per lo .salute della sua prole, s'indebjtò pur di non lor man• care Mentolo alla sua creatura. Quest'ulli• ma. è inutile dirlo, crebbe forte e .sana .sino all'età di 30 o:nni, epoca in cui amma1ò di petto e mori, nono.stante tutta la nicotina a11pirata sin da ragazza. Questo raccontino di Nicola Monti Guar• nleri è ozzeccoto. e noi vogliamo dire o\ n~tro lettore e collaboratore che ci siamo riliutoll di prosegui~ questa specie dì pubblicità, non por la propaganda del fumo, ma perchè .si è .scelto una donna per rap• prozentore un fumatore. Go.ton• Baule, giovane fascista, ci ha scritto do Padova che il nostro fascicolo dedicato allo Germania e oll'lta1ia contiene bensl riproduzione di bei hpi tedeschi, ma <11 non altrellanto belli italiani, perchè egh dice che non abbiamo aCélto il classico tipo femminile Ùaliano, e di questo specialmente si duole, E. molto bello, italiano e covallere.sc:o il sentimento di questa gentile protesla. Ci ci.uole di non aver avuto le lotogra• l1e delle più belle donne d'Italia. La classico nostro bellezza è spe<;iolmente quella delle campagne, la meno vicina aU-obiellivo del !olografi ed olla pubblicità. Bisogna andarla a scovare. E i cavalieri, quelli che omano lo vera bellezza femminile, come R~1~1!:v~~:r~h:u~~~:di1aro bellissima col punto esclamativo. e !'Q90%Za italiana, con un al!ro punto eadamahvo, ci ho .scritto da un poeso Indecifrabile quanto segue: In nome delle bellissime nostre ragazze italiane, pco1estiamo per il simpatico sci• mtotto che avete messo di fronte alla bella ragazza todcsccl E' un'offeso alla nostra l'O%Za. Cara Adelina, io pure sono bellissimo. Sic- "tillme lu non me lo dici, io me lo dico do me. Quanto però allo scimiotto, mi lai dubitare che tu sia bellissima, e ti vorrei vedere: perchè se quello è uno scimiotto, tu che intendi per bella ragano. bella non diciamo bellissima, come diei tu? U hai que• sii occhi belli? E allora guarda, e ceree di vedere. Prima di luno quella ragazzo ha una natura nobile. Si vede dalla faccia ch'ella non sarebbe alata capace ·di lar -questione. se avessimo pubblicalo la tua !olografia. E· una faccia che a ogni vero Negro dell•Africa occidentale in coatwn• di guerra (da: Raffenel • Viaggio nell'Alrica Oceid.) scultore piacerebbe di scolpire. Non vedi cho Dio c1 ha messo un po· d1 cuore a farla? Guarda la Ironie, l'attacco dei capelli. Anche il borretto, meuo co.sl, va bene. E anche rabito ncn ha niente della signorinetto. Guardo che sopracciglie: come sono .stac• cale e vanno verao la tempia. Gli occhi olle.si da1 sole, ridono. Tì debbo dire che il naso, la gola, il menlo, i denti, il sorriso, quel magnifico collo vanno proprio bene. Guasda il sorriso. Il sorriso di tulta la loc• cia. Non vedi l'anima di questa ragazza. Com'è cordiale. E' una ragazza introp~a. una bellezza guerriera. Ma sai qual'è il maggiore pregio di questa imlllagino? Che non c'è ombra d'affellazione. In lei niente ò fai.so. E' uno donna schietta. Ha vita dentro se stesso. E tu cerca di vedere ciò che gli occhi del tuo corpo non ve-dono. Tullio Ricci ci scrive da Roma, insistendo sull'argomento del lei, voi e tu, con una troppo lunga epistola. Egli dice Ira l'altro: Ritorna~ al Il.: romano sempliCé e schietto, quel tu che noi oggi .sentiamo di poter dare al Duce nostro quando, diventati folla. in intima comunione di spiriti dialoghiamo con Lui (allora sentiamo di es.sere veramente romani), ma che non potremmo da~ ad un qua1unque commendalore o ad un qualunque sconosciuto senui, nella migliore ipotesi, es.sere laccioli di eccessiva a::o9onza Cosl dice Ricci. Va bene, cwo Ricci, e la colpa è del commendatore; ma quanto allo sconosciuto è nostra. Il costume è ancora fatto di quello cretineria cortigiana, che vuole la presentazione fra 91i uomini. Gli uomini diversamente pretendono di non conoscersi. Questa è arroganza. Narciso Mo.chini ci scrive da rirenze: Permotlelemi che anch'io dica la mia. a proposito della questione falla da Tullio Ricci nel queslionario del N. 12 della Dile.sa della R02za, e da Nicola Monti Guornieri in quello del N. 14 circa il hl il •oi e il lei. Il lei importazione straniera è bene sia stato tolto di mezzo. In quanto poi a1 Romani, essi davano del tu al divo Au:,usto come all'umile contadino, perchè i Romani parlavano la lingua Ialina. E - senza bisogno di ricorrere agli antichi romani - anche 09gi chi vuole par• lare latino dà del tu alla persona a cui riYolge il discorso, chiunque esao aitr. Re, Imperatore, Pontefice, nobilt- o plebeo. Ma noi - pur discendendo dai Romani - parliamo una lingua n0$tra che non è propriamenJe la latino, sebbene de1ivi dalla latina. E' la lingua dì Dante, del Sacchelli, del Boccaccio, del Machiavelli, ecc. E ba.s1.::1 leggere uno .scrillo qualunque di questi e tanti altri tcrillori di quell'epoca per trovare il tu e il •oi usati do essi non a ca.saccio, ma chiaramen·10 .secondo la persona a cui rivolgevano il discorso, Se questi OO$ln grandi sono stati i veri artt-liC1 della OO$lra bello e armoniosa lingua, se per mantenercela la1e leggiamo e studiamo le loro opere che Ci sono sto.te conservate, perchè non dobbiamo accellO!'e la lingua cosi come essi ce l'hanno data~ E perchè tirare in ballo i Romani per l'uso del tu e del ..-oi? E quei nostri sommi uomini non erano me• no Romani di noi; anzi, quote fierezza romana sentissero in so slesai ce lo hanno dimostrato con le loro azioni e nei loro scritti. Gli ilaHoni di oggi devono usare il lu e 11 voi perchè J'usOTOnoquelli che della no11t:a lingua ne sono stati i padri e devono usarh come li usarono quelli. Quindi là questione del tu e del ..-oi co:no è stata prospettala nei due citali questionari, mi pare non abbia rogione di essere. Piuttosto, non vi pare che l'ordme per l'abolizione del lei. sia rimasto lettera morta? Non vi pare che ci siano tropp, italiani che qua.si ai vergognano od usare il •oi, menlro non si vt1rg09nano per niente ad uso1l0 quando parlano una lingua non nostra.? Questa è l'opinione di Moschini e l'autorità ch'egli invoca è grondissirna, però i nostri cla.sa!ci 11criltori presero· l'uso del voi dal costume di corte e dalla· società, non dall'indole della lingua, che li avrebbe condotti al tu, e a quoll'eguaglianw degli uomini, che i romani fecero, per d&C?eto della provvidenza, prima della venula di Cristo, con la comunicoziono d99\i auspici alla plebe, che è uno dei fondamenti della gran• dezza di Roma e della civiltà cristiana. Voi .sapete che Manzoni chiamava Giusti Geppino; ma pure, prima d'arrivare al tu, che imbarazzo quel lei od anche quel voil S«:ntite questa lettera di Giuseppe Giusti, e chiudiamo quo.sia discussione, cercando di obbedire olle esigenze del nuovo costume italiano, ed augurandoci che Ira gl'itoliani non ci sia piò bisogno di pre11entcrzione, per poterai rivolgere la parola; f? gli Italiani

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