La Difesa della razza - anno II - n. 7 - 5 febbraio 1939

decadenza 9reca. Dopo la GrKia, dopo Roma, di nuovo non e·• che la nazione di Dante. quello del Rinascimento. S. noi d siamo dimenticati di noi 1IHal e siamo entrati noi pur. nel calderone del perui1•ro. con 1°11lu1ion•di diventate nientemeno moderni; noi cl slamo Invee. in•~ chlati, accarlocdatl in noi 11essl. Una sola rifleulone pu6 competere a noi italiani, la hlosolia delrimm09incnione. percllà per late ci vuole lmm091n<nione; ma per immaginare non basta la liloeolia, ci vuole anzi il contro.rio, la natura: ci •uole fon:a naturale, quello deQl'italioni del tre, quattro, • cinquecento; quella d1 Leopardi. Non basta nemmeno la filosofia deU'immagimcnione, perchè quel che cerchiamo non è nflettere, • invee. fate; ma &e proprio v091iomo lilosolore, lasclamo 11are I problemi S09ge1hvi, noi Halianl; mo parlio• mo dello immaginazione, della lingua, del genio, u vogiiamo ntrovate le nostre kl· coltà, conoscere e trottare quel che è lon:a propriamente llaliona. Da mesi pubblichiamo pensieri di Leopardi, trottiamo di Vico: sono que111 i maa1lml hlosoli dell'imm09inazione. I soli cho d ~no al presente 10CCOrrere. Abbiamo parlato d1 Omero, di Dante, • di quello che vo,nl dire il problema politico del mondo clouico. il vol901e. Eppure non c·è 11010 uno, che abbia lìnora toccato questo punto. Non c'è 11010 uno che abbia' dello perchè proprio al RinCllcimenlO diventino sinonimi le parole daniro, couollco, Ualiono: perchà proprio col Rinaadmento facciamo le ouo e la struttura italiana. E' che noi siamo stati educali alla dia• Jeuica Siamo abl1ua1i ol concetto di storia e d1 contmuitò storica. Ci slamo abituati a considerare l'umanltò nel suo proceuo, nella serie delle sue tesi, antitesi, sintesi, nel suo ea.Nr• e diventare. nella sua parte 109· 9e11iva. Eppure ci siamo accorti che questa à l'un1lateralitò della noslro educ:nione, il difetto. OuHIO 1·errore, il controno d'un·educ:azione classica. [ alloro? C.rchlamo d'incominciare ad avvicinarci alla questione. Abb1omo ricevuto da Mogod1tc10 una lei• tera di Emilio Guicciardi. anzi doUor Emilio eec., una lettera di protesto alndea che la scuola classica poua euer de111na1a al popolo. Il Guicciard1 lira dnuo • dice che non parde tempo a confutare le molte coae ingarbu9llale dell"art1colo da noi pubblicato. ri9uardo alla ICUOio classica; ma che eg,li e noi, I suol ligli e I nos1ri, siamo bor9hes1 siechà bl109na Cl'edere che do Mo9odi1cio egn poua anche vedere se qual• cuno di noi abbia la tHla pelata. e chi 10, leg,9er91l n•I cu01e. Il borghese ragiona, • la ra9ione à ug,ual• per luni. P.rchè non doi,remmo enere tutti ug,uali? Che c'entro la nolura? Perch• dobbiamo soapenore dì enere di•ers.i? Noi •iamo nemici della natura, la vogliamo abolire, non ne vogHomo Mmmeno il sospeuo. t quanto a popolo e non popolo, quflle - dice il Guicciardi - sono dì.-i11oni retoriche e e puzzano d1 de· magog1a e democrazia un miglio lon1ano >. In Ioni, noi Il popolo ce lo siamo meuo sol• 10 I piedi. Siamo noi che tog-liemmo al popolo il demanio feudale, le terre comunali. le unlver11tò, parlando di democraz.ia; che lo facemmo servo della 9leba. Siamo noi che con reversione feudale dello rivoluzione francese facemmo di quell'usurpazione un acquisto legale. Siamo noi che eSMndo 44 Il popolo rimoalO finalmente 1ha1ato, volemmo lare dell'llalia la nipubbllco fronceN. e fallimmo In quella impresa, nel 1848. Siamo noi eh• quando il regino fu fatto, facemmo uno rivoluzione, perchè di popolo non 11 tom01H a parlare; la rlvolutlone par• lamenlare del 1876. E perchà 11fac:elH Unita col popolo, lo cacciammo dell'Jlalia. con un colpo di tarilla; lariflo doganale del 1886ed eml9razione. Noi che In mille lami9lie e• qualche banca d prendemmo l'Italia, lo facemmo quello che voJe,,amo, una proi,indo del commerd.o lnte!lottuale e matenal• • del predominio lronce,;e e tedesco. Che pro1pe• ro:nmo. oon le rime ... d99h emi9ronti: la• oeaico :a siderurgia e il 10e1all1mo, avemmo carta che ai,eva Il •olore dell'oro. in modo i;..,t~-6 che, se fouero i,enule a mancar@ I• ri:::e .... :saremmo lalllti. Che locem• mo il traltolo di Londra • coal demmo seicentomila morti alla guerra. non per Trento e Trieste. semp!id oorollan del nostro terrilono, ma per la vera posta del gioco, la gloria e il predominio lranc:e:se dell'Europa, a cui pro non an,,amo fallo altro che la• vorore. E la maua del morii fu del nostri n99rt emigrati, che doJXI averci mandato il denaro, vennero a dare il sangue. E aio• mo noi che dal 1789. non abbiamo fatto al· tro che padQNc di democrazia. Di democra• zia? Siamo stati cartesiani, giacobini, carbonari • pa1rio1i lino al 1848; repubblicani democralid. radiceli, soaalisli, 1indacah1ti, egheliani, sorellani lìno~ lulto, tranne che qualche cosa proprlament• lloliana. Volete dunque parlare di popolo a noi? !ppur• dobbi(lmo parlarne ... vogliamo avere un senso, se quello che è OCC'Oduto. 1l9nllìca qualc:he COJQ, se dò che vogliamo esiere a, fondalo. Tutta la questione italiana à venuta dal lan9uore del popolo. L'al· lontanarsl delrlta11a da 1e steua, nei secoli succ.nivl ol Rinascimento, a, languore di popolo, tutto lormazlone e lona di clauo, perchè ai 10 che la classe non a, una fono dell'i.mmagilnazione nazionale, ma un &et• tore della rifleulone, della ragione e utili• tò, della cultura e decoro. Perciò tutto quol• lo cho e•• da !ore. • tutto nel senso del popolo, solo nel aenso del popolo. L'Italia deve n9en•r-are il popolo. e li popolo l'Italia. Proprio la lncollila mentalitò di classe è quella che c'impedisc:. di andare verso il popolo. Non possiamo certo far COIJXIaJ Guicdardi del co.rteslaneslmo del nostri avi, do! quaranlottismo del nostri nonni. o del piccolo periodo del 1876;ma su lui pesa un'educazione, un'eredità, come pesa su noi. Dobbiamo cercare di liberarcene. Equesto J)Of.liamo lare In due modi, facendoci prima di tutto un'Idea delle dimensioni di uno nazione. come l'ltolia, dello dimensioni del suol Interessi, JXIragonondo questi inlereu.1 con grinlereul, le p011ionl, le aspira• zioni di daasc. E poi uscendo da noi stessi e prendendo confidenza con la natura popolare. Questo esige l'abbandono di molti p~iudizi, di radicate con•lnzioni. Esige molte delusioni dei superficioll e degli ottl· misti. Ed esige umiliò, che è il modo di esaere naturoll, e d'essere Italiani. Se Vir• . 9illo • Donle chiamarono umile l'Italia, vuol dire che umiJe ha da vedere specialmente oon gl'halianl. Umile Yuol dire dello lena. Questo Hnso nalu,ole dell·uomo comune è quello che ri9uatda una civiltti, rome la noalro, la cianico. Ouando l'a.-remo cc,;.- quislato, faremo la scoperta che solo i: f""...-

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