• .. q II esti 011ari o E CATTOLI IMO ia-~d~~ Concetto Corone. studenle di filosolia, In Catania, cl manda un auo dlscorso, che ter• mina come I discoral parlamentari, cio6 con la parentesi degli applausi salutanti la chiusa. Veramente il nostro oratore chiama eterei gli applausi, che salutarono la fine del suo dìscorao, e dice ch'egli lo pronunciè al di Jò dal tempo e dallo spazio: e dev'essere proprio CO$l: perch•. volendo riformare lo scuola classica, egli dice che bisogna rollorzome I pr09r<11nmi specialmente di storia. Ma se un carattc~o ha preso la nostra scuola clo.saica, se un carattere adesso si sente la necea.sitò dì cambiare, e vi si sta provvedendo, 6 quello :storico, e diciamo pure la brutta parola, quello sloricislicp. E se vogliamo indicarne la vena luterana ed ebrea, in una parola borghese, diciamo pure quello dialellic:o. Forse che storia o dialettica non sono diventati sinonimi anche in Italia? E allora di quale scuola parla lo studente Catone? Oppure si tratta d'una riforma omeopatica, di curare la scuola clas.sica col suo slesso male? Quel che è certo è che non solo egli vuol riformare la seuola, ma cambiare certi catlivi professori, anzi < sferzarli lerribilmer.le o porli in uno stato di aa:ioluta incapacità, da far loro cambiare mestiere >. Ep... pure chi sa che cosa direbbe lo studenle Corone delle leggi della sua palria, se stabilinero che l'ordinamento scolastico e la nomina dei proleNOrl foS#ero latti dagli slu• denti. Ma egli non ci ha scritto sollanto per comunlcxuci Il suo discorso riformatore, bensl per farci uiia lavata di testa, avendo noi Ingarbugliato il concetlo cattolico, col dire che Roma sia nala cattolica, Invece di dire somplicemonto universale, e por farci linalmento capire che Roma, anche senza il cri• stianesimo. avrebbe imperalo lo steuo, o :he Il Rinascimento non fu splendore cattolico, ma pagano. E' forza dunque riconoscere che se la vecchia non moriva, campava, e che se Roma è rinata cristiana, e col cristianesimo è stata cotlolico, tutto ciò non conta un fico d'India, ma bl900na Invece considerare quel che Roma sarebbe alata, &e loa:ao alata In un altro modo. E se la Divina Commedia, se la cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso, dipinta da Masaceio, so la Scuola d'Atene di Ralfaello. la Pietò di Michelangelo, tutte le opero della Rinascenza, sono falle con quel sentimento cristiano, che ai chiama cattolico, e che è proprio della terza clviltò classica, e della sola na:z:ione cl<milca Yivente, noi ce ne dobbiamo infischiare, e chìam,are JX]9ana la RinaSC6n%a, anche porchè questo aiuta a capire la dilf.prenza che c'è tra la prima e la seconda Roma, e a lare d'ogni coe,a quel calderone e quella conlusione, di cul abbia46 mo tanto bisogno, Cosi la nostra JX]tria pu6 una buona volta Unire di essere quella che è, e diventare quella che desideriamo. Senza bisogno· di lare un Yia9gio, una mauina ci possiamo avC9liare prot .. lanti e cartesiani, diventare giacobini, chiamarci patrioti, esser studenti di medicina, se non di filosofia, e faro i goliardi. cannoneQoiando dall'ospedale degl'lncurabili lo ateaso nostro popolo, squarciandogli la schiena, perchè ai batte da leone coi francesi, che vogliono entrare a Napoli. Possiamo parlare il lalino accademico, come [?0$mo, o il Iran• cose o l'esperanto. La JX]tria non è ptù quel• la terra, quel popolo, quel sentimento, quel· la lin9ua, quell'immaginazione. Come Era- •mo da Rotterdam, possiamo dire che la nostra patria è il mondo della cultura, e dire come Erasmo: odi profanum vulous. Possiamo diventare proprietari della terra del popolo, e cercare disperatamente di lare In Italia Ja repubblica lrancese, perchè siamo diventati umani11i e platonici, e non essendoci riusciti, pouia.mo imp:Jdronirci del regno d'Italia, cacciare il popolo dai confini, disperderlo por il mondo, occupati a prender JXJrtito por la Francia o la Germania. e quando l'una e l'altra scendono in campo, per il dominio d'Europa:, lare un olocausto alla grandezza della patria hancese , un olocausto di seicentomila ita1iani. Questa crudelissima medicina omeop:Jtiea, questa 1ra9edia, la più nece-uario a Jarci rientrare in noi alesai, nella patria Italiana, questa tragedia, dalla quale in fine rinasciamo, trascina ancora tutti i detriti della nostra recente decadenza. L'imperioso studente di filosolia che d ha mandato uno scritto di dodici pagine, dice tra l'altro ch'egli ama la nostra terro, per• chè da essa < sappiamo lraITe quelle forze che ci spingono in a1to, nel mondo dello spirito, trovando 0091 quella unificazione di materia e spirito>; ma che direbbe se oli ricordassimo che questa ricerco dello 1pirilo, questo nocciolo della liloeolia ancora ulli• dole in Italia, questa occupcnione eraamla• na, non ha nulla da vedere col senso della nostra civiltò? E' l'occupo:z:ione della d&CO· denza, di ogni d&COdenza, a principiare dal· la greca. E' il modo con cui finisce la dviltò dasalca, con cui diventammo decadenti, cessando di essere italiani: con cui finisce l'immagine e il lare, inc:ominciano la rilles• sl.one e la patria della cultura. L"Europa è la patria della cultura, della riftesaione della Rinascenza, non noi. E che direbbe se 911 ricordassimo che que•. •la ricerco dello spirito, questa uniliCOUone di materia e spirito, questa non troacen• den:ia, ma. com• la chiamano, Immanenza del divino nell'umano. ala problema propriamente ed ecc.llentemente ebreo? Se lo laccia apiegru• dal prof. AleQQndro Bonucci dell'universilò di Palermo, il qua1e acri•• (Martin Buber, Sette Discorsi sull'Elraiamo, tradotti da Danle Lattea e Mosè Beltlnson, con prelazione del prof. Alessandro Bonucci doll'Unlversit6 di Palermo, Firenze, b,roel, 5ò83-1923); < li Cha,.sidismo poté, n,e,.J la fede e nella pratica, eHere ani.ltutto una proclamazione cosi ardita quale mai non s'ebbe nell'Ebraismo, nel senso divino di vita umana, di 0110 umano; dell'idoneitò d'ogni vita anche la ph) umile, d'ogni atto, ad as• surgere a valore divino, immediatamente, aoltanto per la natura psicofisica sua. Valore divino che culmina appunto nella concezione audacissima per cui !'allo umano è chiamato a reaJi:z::z:arenel mondo la reden- . zione di Dio. L'uomo può essere pervaso dalla vita di Dio, ed allora farai nel mondo attivo per Dio, come Dio che agisse per sè >. 'llKW-liWdite.<ltoEd ora sentile che d scrivo Antonio Dol• cemaacolo anche a nome di molti suoi camerati giovani laacisli del Liceo Umberlo I di Palermo; e Nei limiti della mia cultura scolastica ritengo, senza avere perciò la sciooca e ridicola protensione di confutare G. B. Vico, che il mondo classico romano-imperiale sia alato l'antitesi assoluta del Cristianesimo Callolico. Credo anzi che il Cristianesimo, agendo quale tremenda !orza centrifuga, sia alato la causa prima che determinò il diag~amento e il crollo dell'Impero e della civillà: romana, spianando la vin alla barbarie irrompente. Ritengo inollre sia falso oflermare il nostro Rinascimento, splendore cattolico. Il Rinascimento, almeno cosi dicono I miei libri di testo ed i miei professori, lu, nella sua sostanza più generale, re<nione al .tro.acendenle e all'aNOlulo medioevo, le, cioè al Cristianesimo, fu un ritorno appassionato all'antico mondo classico-pagano, lino a viverne addiriltura lo spirito, fu una superba affermazione dei valori eroici doll'Umanitò e della vita umana; onde fu con• dannato dalla Chiffal Riguardo al Fasciamo, di cui il rauismo non è che un oapetlo, allermo che noi giovani lo consideriamo non soltanlo una lor• ma di 9ovemo o un sistema economico, mo pluttoato una concei.ione della vita e del mondo, una Jilosotia, e soprattutto Religione. E come tale antiletico al Cristianesimo Cattolico, Contro il dualismo cristiano di Dio e mondo, di spirilo e corpo, noi allermiamo la coincidenza inscindibile del mondo apiritua• le e del mondo liaico, e l'immanenza di Dio nell'Uomo e nella Natura; alla conce1:fono passiva, sterile della vita umana opponiamo la concezione eroico di una. vita eatr,e,- mamente combaHiva, e contro il latali1mo irresistibile sosteniamo che artefici del nostro destino siamo noi, e aoltanlo noi.
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