I cessori continuarono ad essere considerati quali maestri. 11 Cinquecento fu il secolo in cui più s·estese questo nostro predominio. Tale era la frequenza di uomini d'alto valore, e così ferace il terreno, cioè la vera arte nostra finalmente ritrovata. che il suo prodotto esuberante già oltrepassava le richieste locali. Nessuno ignora la nobile vecchiaia di Leonardo trascorsa in u11 castello di Francia. Così l'atti.-ità del Tiziano presso Carlo V e del Cellini presso Francesco I; ma soprattutto quando, col decadere di varie nostre città e col rassodarsi dei grandi stati stranieri le maggiori fonti di lavoro cominciarono a trovarsi fuori, la richiesta aumentò. I re di Spagna e Francia avevano bisogno di -costruire le loro ~pitali; e le .-ollero nella stessa forma delle città italiane. L'Italia ebbe allora il compito gigantesco di mutare il volto ~ll'Europa e di trasformarla da gotica, com'era ancora, in classica e romana. Fu, dopo l'Imperò e il Papato, l'aspetto più tangibile della nostra superiorità. Ed an-che il più vasto. Già nel Quattrocento ignoti nostri archi-- tetti avevano, con qualche carovana, risalito- l'interm~nabile pista del Nilo, giungendo fin nel cuore dell'Etiopia; dove, entro città abbandonate e ricoperte dai boschi, si trovano stipiti ed architravi, bassorilievi e lunette, di chiese costruite da loro. Nell'India <lel Cinque e del Seicento l'architettura mogul era nei particolari tutta piena di fiorami e fogliami che sembrano di mano italiana. Il Tay Mahal, fiabesco e fantastico, ci si mostra così. Ma c'è di più: anche negli equilibri delle masse, tanto pur_i e armonici, si vede l'influenza del Rinascimento. Lo stesso avveniva in Turchia e nel Levante; lo stesso su tutta la costa barbaresca: ove ancora, a· Tripo_li, le vecchie case arabe conservano nei portali le forme italiane. Durante. il Seicento, nei più importanti paesi d'Europa, c'erano già degli artisti che essendo stati a scuola degli artisti nostri che colà si recavano o essendo ·andati a fare i loro studi a Roma, si credevano già in grado di continuare il Rinascimento. Ciononpertanto i nostri erano sempre chiamati. La ragione era evidente : nulla può sostituire la qualità degli uomini. L'eccellenza delle opere, alla quale si teneva, non si poteva raggiungere altrimenti se non ricorrendo al popolo da cui direttamente derivava quella grande forma d'arte. Quando, a fianco degli Italiani, a Madrid e a Parigi, cominciarono ad avere la prevalenza gli architetti locali, al Rinascimento tenne dietro il Barocco_ ed al Barocco il Rococò e l'Impero. Firenze e Roma non -erano state, in nessun tempo, mai veramente barocche. Quando, nel 1665, Bernini fu chiamato da Luigi XIV per costruire il Louvre, gli presentò un progetto in parte ispirato al Colosseo, con alti basamenti, e poderose colonne, come • nei templi romani. Un'architettura che, se fosse stata costruita, avrebbe fatto del Louvre la più bella reggia d'Europa. Ma gli architetti locali, già stati a scuola del Rinascimento, pretendevano di poter continuare da soli. Vi fu a Corte una reazione contro il Bernini. Ecco come racconta la cosa l'Hourticq (L'art en France):.« Chiamato con grandi spese il Bernini, architetto pontificio, -disegnò un progetto. scolpì un busto di Luigi XIV e prodigò i suoi giudizi sull'arte di Francia. Il Colbert non lasciò cadere neanche una di •quelle parole; ma gli ripugnava che uno straniero dovesse costruire il palazzo del Re di Francia». Cosicchè l'architetto Perrault potè fare accettare la sua facciata: la solida architettura italiana divenuta, nelle sue mani, fragile e leziosa. Le qualità di razza dei Francesi portavano a questo. Busto di Mattia Corvino. nel mu:;eo di Vienna Bassorilievo. di Antonio Leoni
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