La Difesa della Razza - anno II - n. 3 - 5 dicembre 1938

i servizi sanitari di una delle quattro provincie in cui il Congo è diviso. Di essi due erano italiani e cioè il dott. Ferdinando Tavernari per. la Provincia Orientale e il dott. Luigi Strada per quella del Congo-Kasài. Vi era anche un. ispettore gene-· rale del servizio d'igiene della Colonia, pure italiano, il dott. Romolo Repetto. Nel Congo notai inoltre vari laboratori adibiti a ricerche mediche speciali. Del più importante di essi, posto a Leopoldville_ e dedicato alla malattia• del sonno, seppi direttore un altro Italiano, il d_ott. Fornara. Ottimi reparti farmaceutici coadiuvavano l'opera dei medici e, almeno allora, facevano capo a quattro farmacisti provincialL Fra questi l'elemento italiano era rappresentato dai dott. Passaniti, faral Belgio quella ferrovia da cui la Colonia doveva venirgli assicurata. Tanti parteciparono all'impresa ma pochi sopravvissero. Lavorare sotto un _cielo di fuoco, nel cuore di un' Africa ancora assolutamente selvaggia, ove tutto doveva venire dal ·di fuori, dai viveri ai materiali da costruzione, perchè la foresta era inutilizzabile perfino per le traversine dei binari, le quali dovevano. essere di ferro, onde resistere agli attacchi _delle termiti; lavorare in zone ove i medici e i medicinali scarseggiavano e spesso mancavano, mentre la malaria e tutti i morbi tropicali infierivano violentissimi, significò la fine per molta p~vera gente. Un centinaio di Italiani perì in tal modo; . secondo testimoniano i sepolcreti sorti pèr la pietà dei compagni superstiti. 11 solo cimitero di PaEmigrazione continentale nel pe_riodo 1919-23 labàla, a quattordici chilometri da M-atàdi, ne contiene una quarantina i cui nomi sono ricordati in una lapide e il':. un picco-lo monumento inaugurato nel 1925 a spese delia società imprenditrice dei lavori e per iniziativa degli Italiani presenti nel Basso Congo. M A. A. E H I) T I A N E O macista provinciale a Stanleyville. Tutto ciò dimostra, oltre al modo·~con cui si provvede alla buona salute nel Congo, la_ stima nella quale sono tenuti i nostri connazionali medici dal governo belga in Africa .. Dello stesso Congo Belga nessuna regione parla al cuore di noi Italiani, per l'azione svoltavi dai nostri compatriotti, quanto il tratto· compreso fra Mata-di e Leopoldville. Esso, per -oltre un decennio, qu,Ìrant.a anni fa, vide la fatica ed il martirio di molte e molte. nazze, chiamate alla costruzione del- -la prima strada ferrata del. Congo. La mano d'opera negra impiegatavi venne dal Senegal, dalla Costa d'Oro, dalla Costa d'Avorio, dalla Sierra Leone e da Zanzibar; però essa fu quasi tutta inquadrata da Itali.ani, accorsi _sui luoghi in qualità di dirigenti e di accollatari dei lavori indispensabili per dare 10 o o Oggi le ·cose son cambiate. Si lavora ancora su quel tratto di ferrovia e gli Italiani· vi sono tuttora presenti quale elemento ottimo e prevalente per numero, ma i casi· di morte risultano ridotti, perchè lungo la· linea sorsero comode case e ambulatori, sì che il lavoro, per bianchi e indigeni, non espone ai pericoli di un tempo. Le vittime del . passato però riJnangono ed oggi finalmente· i_l sacrificio di quei nostri compatriotti non è"più lettera morta. ume:rose altre opere testimoniano nel Congo l'attività dei nostri connazionali e altre vittime italiane rendono sacra per noi quella terra. II primo caduto di razza bianca nel Congo nel secolo scorso fu un Italiano, il rodigiano Giovanni Miani, immolatosi perseguendo un ideale di Scienza. Al suo sacrificio si è data soltanto ora la dovuta importanza. Vinto dai disagi nell'Uellé, cadde portando alto il nome d'Italia quando esso era ancora una espressione vaga. La sua tomba rimase in completo abbandono nella foresta fino a poco tempo addietro, quando, per mia iniziativa, fu provveduto all'erezione di un cippo in muratura sul. luogo ove egli spirò e, per mano di un servo indigeno, fu sepolto. Benchè a tanta distanza di tempo, la nobilissima gara a •c~i Miani, più che sessantenne, -volle darsi, commuove ed esalta. ...ella ardua impresa soccombette, ma ciò non fu ••senza frutto perchè aperta la· via, altri calcarono la :rna traccia. L'opera di Miani costituisce difatti un anello necessario e ben saldo della splendida catena di esplorazioni successive a cui si deve la rhrelazione dell'Africa Equatoriale. A sua voi ta egli seguì spesso ·le orme di altri generosi, non pochi -dei quali Italiani e quasi tutti ingiustamente dimenticati. Per loro virtù la gara si accese incalzante e febbrile fra i viaggiatori europei, <le3Ìderosi di superarsi a vicenda nelle scoperte africane, susse~ _guitesi, così, rapide e coordinate. Senza l'opera di uomm1 quali Miani, sprezzanti di ogni cautela e disposti al supremo sacrificio, la. nos~ra conoscenza dell'Africa avrebbe tardato çerto di almeno un cinquantennio. Di questo fatto non si può

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