La Difesa della Razza - anno II - n. 3 - 5 dicembre 1938

@on senso di legittimo orgoglio l'Italia riapre le braccia ,11 suoi figli dispersi nei ·vari Continenti richiamandoli al focolare da essi in altri tempi abbandonat9. La saggia politica di esaltazione del patrimonio razziale perseguita dal Governo Fascista si pres~nta così sotto uno dei suoi aspetti più austeri e, direi, più commoventi. Motivi di presti 1 gio n!lzionale e di fierezza di razza hanno indotto in tale decisione; ed. essa ben giustifica ora una rievocazione dell'immenso e glorioso operato dei nostri connazionali all'Estero. In ogni tempo e in ogni Paese esso portò un'impronta singolare: quella di Roma. Da Roma ad oggi, difatti, le· qualità di razza, e vale a dire di spirito, si conservarono in noi invariate. Anche l'impresa -leggendaria di Etiopia ha carattere romano, come romana è l'indo'le del movimento fascista. Fatto non meno meraviglioso, •il medesimo spirito si trasfuse negli aggregati etnici assoggettati da Roma, -determinandovi fino ai nostri giorni sviluppi inconfondibili. Basti per tutti l'esempio della Romania. Meno- di due secoli restò Roma nella Dacia, importandovi, oltre alla propria razza, la lingua e la civiltà latina. Tramontato, nel 260 con Aureliano, iL dominio, la notte più oscura avvolse i Romeni perchè nelle piane, già· rese fertili da loro, imperversò la furia delle orde sarmatiche. Più di .un 1millenn·io dopo, verso il XIV secolo, i Romeni osarono avventurarsi fuori dei rifugi montani per tornare, umili coltivatori e allevatori di bestiame, • nella piana valacca e moldava dei loro antenati daco-romani. I rapporti con l'Occidente li ripresero appena nell'Ottocento col manifestarsi in essi dei pruni sintomi di una coscienza _nazionale : impiantata· su quella fierezza latina che più tardi cementò in un corpo solo le membra sparse della Romania. L'unificazione romena, conseguenza del permanere relativamente fugace di Roma n.e_llaDacia, ·apparisce così alla stregua di ùn sublime problema di eredità biologica, perchè fu il sangue lasciato in posto dai_gloriosi legionari ad agire da fermento- ed amalgama fra genti alquanto diverse_ da loro. Dinarici, Slavi, Nordici ed altri si fusero in Romania nel resistente crogiuofo offerto dai nostri antenati, nulla più riaffiorandone se non col marchio della latinità. Con una simile trascendenza di razza e di spirito non può stupire quanto si ebbe e si ha sul suolo nostrano, e se l'opera degli Italiani nel mondo resultò sempre quella nota anche a chi pretende di ignorarla. Dimentichiamo pure i Colombo e grandi scopritori dai mille nomi; dimentichiamo gli artisti, i letterati e gli scienziati sommi; volgiamoci appena a coloro che -noi stessi talora vilipendemmo come uomm1 di poco conto, abbrutiti, degenerati o illusi : gli emigranti. Pionieri contro le più avverse forze della natura in· terrà e in mare, artieri di tutte le arti, volenterosi nei lavori più duri. incisero in ogni continente }a prova indelebile delle nostre virtù. Nessun Italiano -in ter-ra straniera ha così potuto -dare spettacolo se non di nobiltà d'animo, di coraggio, di tenacia, di doti familiari e guerriere, accanto ad oculatezza ed equilibrio, pur in ambienti strani e fra genti diversissime. L'Africa è una delle parti del mondo in cui questa verità è meglio dimostrata. A riguardo dei nostri compatriotti recativisi è da notare l'ottima qualità, superante di gran lunga quella media degli immigrati italiani, per esempio, nel Nord-America. L'Africa difatti .attrasse soltanto gente di buona preparazione e spaventò, a quanto sembra, gli elementi scadenti; nè c'è da temere che questa situazione possa òrmai cambiare. lJna delle zone del continente dove l'azione italiana si è maggiÒonente affermata è il Congo Belga. Per averne un'idea non occorre esaminare le grandi imprese industriali; bastano fatti, certo meno .vistosi ma 41 realtà. molto significativi, coone l'organizzazione dì servizi ~ndispensal>ili per il buon andamento di una regione. Cito, fra i tanti, i servizi sanitari. Ne p.arlo in base a quanto vidi nel Congo -pochi -anni addiet;o. La salute della popolazione europea e di quella indigena vi era assicurata, come non era possibile meglio, ad opera di nostri dottori. Ad essi è dovuta, per buona parte, l'ideazione e l'attuazione di una serie di provvidenze ;Che sotto molti punti di vista mettono il• Congo all'avanguardia, per quanto concerne la cura dell'igiene coloniale, perfino rispetto all'Inghilterra e alla Francia. Senza contare i numerosi medici tenuti dalle società industriali per uso del proprio personale. trovai nel Congo 150 medici - di Stato, ai quali faceva -capo un vero esercito di infermieri ed agenti sanitari specializz.ati in malattie tropicali. Di quei 150 medici, 62 erano Belgi e 63 Italiani. I rimanenti 25 appartenevanò ad altre nazionalità europee. Vi era un medico capo, impersonante la più alta _autorità della Colonia in fatto di servizi sanitari, il dott. Giovanni Trolli, un italiano da più anni ricoprente codesta carica. •Alle sue dipendenze dirette stavano quattro medici provi11ciali, ciascuno dei quali dirigeva 29

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