sonaggio; e « Là tutti hanno uno, due-denti d'oro, per sfarzo - rimbecca un altro, che· la vuol saper lunga. Si fanno cavare a . posta i denti buoni »); ma errerebbe chi asserisce di ·avervi trovato qualche cosa di più che un bozzetto, o una serie di bozzetti. La narra.zione si fa in qualche punto, •.specie• \ierso l'inizio, sostenuta e drammatica; si sente che )a tragedia è alle porte; ma le porte non si spalancano; e si schiude, invece, un uJciolino minuscolo dal quale, al più, svicola fuori l'aneddoto, la osservazione arguta:, l'indovinato particolare. L'America è.presente, in queste pagine, quand_o è lontana; presente col terribile fascino di terra conosciuta soio attraverso i racconti; presente come lo è nei « Malavoglia» di Verga la città, muta sirena che incanta e snatura le semplici anime dei p~scatori. «... maledicendo la sorte - si legge in Capuana - che lo condannava a zappar.e; ad arare la terra che non rendeva perchè mancavà la pioggia e il sole bruciava tutto, o perchC::la campagna • era stanca di dover fruttificare ogni anno. E intanto chi lavora mangia e chi non lavora muore di fame!». E' uno stato d'animo identico a quello che, nei «Malavoglia», spinge 'Ntoni di padron 'Ntoni a lasciare la famiglia e la casa, tutto, dietro un miraggio. Ma Verga è Verga. Questi emigranti di Capuana non hanno, in fondo, nulla di tragico; e di commovente neppure. Sono zotiche creature, e stucchevole è quella loro parlata che, q~ando Ìlon si trascina dietro, come in Verga, l'anima di 'tutto un popolo, sa di convenzionale e di •manierato. Partono, più che per uria potente ansia di nuova vita, per il desiderio meschino di uri abito nuovo o di un-- gioiello, come quelli che sfodera compare Coda.pelata ( ... « abito nuovo, cravatta con grossa spilla d'oro, dita piene di anelli, e scarpe di pelle lustra; sembra un gala1tfao,no. •Ha portato molti quattrini ») ; tornano, non pe"°chè la terra li richiami, sùbita e imperiosa, ma pei-chè le vecchie abitudini Ii attirano.. Figurine di terracotta, non uomini. Una poetessa, Ada Negri. Ascoltfamone il canto: « Tutti di qualche patria esuli figli sono, e in cuore ne portan crocifisso il rimpianto; e di notte, a buio fisso. i foi: fardelli sono i lor giacigli. E tutti va·nno e vanno; e dopo giorno è sera, e· dopo notte è l'alba, e !unge . la casa è sempre più: sol la raggiunge il cuor, che sa la strada del ritorno ». (Ada Negri: Emigranti, in Esilio 1914) Questo è i''emigrante per signore intellettuali; l'emigrante fittizio, quello-che soltanto un sentimentalismo di second'ordine può evocare ad un'effimera esistenza; l'emigrante che nel fardello con cui viaggia non porta gli strumenti del duro lavoro, del lavoro al quale fin da bambino s'è ad28 1888 monsignor Scalabrini seria: Quando penso che i paria ·degli • ti sono gli italiani, che i meeri più vili, àeppure vi può eue tà. ---nel lavoro, sono da esso lo • rcitati; che i più abbandonati • • di i meno rispettati sono i n azionali. che ·migliaia dei no elli vivono quasi sema_ difesa de dre Patria, oggetto di prePQte ppo spesso impunite, aema il . di una paro:• amica, allora, esso, la •ampa del rossore • • •olto, mi aentò umiliato nell alite\ di Sacerdote e di Italian • [citato in: « Venticinque an ~issio~è. fra gli immigrati it desfrato, del lavoro che gli rammei1ta la - :>afria, che è Ja patria stessa; ma porta i sogni, gli ideali, if rimpianto; l'emigrante che parte da una nièta immaginaria e ad una mèta immaginaria si avvia; gli basta camminare e allontanarsi - ma perchè? - dalla casetta dove una donna « agucchiando » lo attende. Questo è- diciamolo chiaro :_ l'emigrante-pretesto, il patetico veicolo attraverso il quale la malinconica fantasia di troppi poeti . e romanzieri si è creduta in diritto di farci pervenire i suoi laboriosissimi ·parti. E' un po' la storia del piccolo spazzacamino. Quanti piccoli spazzacamini neila lettaatura nostra del principio del secolo ! Certo assai più che su i tetti di una gra~de città. E così pure: quanti emigranti! Ma l'emigrazione dov'è o dov'era, oltrechè nella dolorosa realtà? Non, certamente, in questi 'detestabili versi del Bertacchi : « -Riprese pel mondo le vie già scorse dai tuoi legionari, seguendo per !'acque le scie che apristi a' tuoi dì marinari, fidetiti recammo tra i popoli la forza operosa e- tenace, erranti milizie di pace· che portan l'Italia con sè ». (G. Bertacchi: fono degli lt,alia-nid'oltre Alpe e d'oltre Mare). • , E qui, per quanto riguarda i letterati, ci si può anche fèrmare; _giacchè, a parte il molto che si potrebbe aggiungere in una ricerca completa, non vale la pena di soff ei-marsi su opere che con gli emigranti non hanno .in comune che il titolo, come la commedia di Vincenzo Mor~llo (Rastignac), che si intitola -appunto « La flotta degli e~igranti »; e che in -realtà s'impernia sopra una losca speculazione parlamentare. Gli emigranti sono, ancora una volta, dietro le quinte. Riportiamoli, dunque, al proscenio; e, giacchè la mediazione degli illustri scrittori si è dimostrata inadatta alla bisogna, rivolgiamoci ,li mediatori modesti, alle raccolte di aneddoti, alle « piccole guide per emigranti », alle canzoncine popolari. Ecco, per esempio, un aneddoto, narrato da Am,r A. Bernar<ly, in « Italia randagia attraverso.gli Stati Uniti»: « Su un marciapiede di Dctroit un figurinaio lucchese, uno dei pochi superstiti del . tipo tradizionale, vende una serie di figurine, assortite in base al più spregiudicato eclettismo: la Venere di Milo e Santo Antonio da Padova, Garibaldi e Leone· XIII. Passa un fanatico Irlandese, riconosce la effigie dell'Eroe di Mentana e compera in blocco tutti i Garibaldi, con meraviglia e letizia grande, t~~nco a dirlo, dell'o~esto figurinaio, che si dispone al trasporto della merce a domicilio. Ma non per questo li ha .comprati l'Irlandese.· Il quale; dopo • averli accuratamente allineati, per contro, sul marciapiede ,medesimo, a mazzate e a pedate e con parole di vendetta e di insulto, compie sulle innocenti figurine un massacro spettacoloso ... in omaggio al potere temporale rappresentato da Leone XIII. Solo allora al lucchese balena lo scopo_e la portata dell'acquisto. « Ah· sì, figlio di ... così rompi iggaribàldi agli Italiani? Aspetta, Dio ... che ti sbriciolo t1,1ttii tu' Pii noni, figlio d'un cane !» E uno dopo l'altro, davanti alla folla stupefatta che non ci capiva assolutamente nu11a, i bustini di Leone XIII vola.rono a~traverso la strada, dietro all'irlandese costretto a battere una ritirata igno~inos~ ». Ecco, finalmente, la poesia. La bizzarra poesia che non disdegna di farsi ospitare nelle quartine informi di un rozzo cantore. Chi è? Ve lo dice egli stesso : « Chi avrà il desiderio A sapere if nome . Son nato in Sicilia e son di Longi Leone il 1;,io nome Franchino il cognome». Leone Frai:ichino, tu, emigrante, hai divinato, di te e dei tùòi innumerevoli compagni, il più suggestivo e poetico aspetto; cantando: « Fu Colombo il genovese Fu il primo ad emigrare A sc~perta questa terra E tutti da emigrare ». .Tu vedevi, e non l'han veduto ilhtstri scrittori, il grande Colombo proteso sulla tua· medesima via, rappresentante come te di una razza apportatrice di civiltà e di lavoro; tu inseguivi, dal bordo maleodorante del piroscafo che ti trasportava in America, la scia sottile delle caravelle; tu delle loro vele sentivi nell'animo il palpito audace ; tu sapevi, o ·intuivi, che, come in Colombo, così in tutti gli emigranti .l'italia~ nità non si sarebbe mai spenta; tu, cantando, eri tutta l'Italia emigrata; .l'Italia lontana ma non perduta; insidiata ma non vinta. Chi di voi, adesso,· figli d'Italia nel mondo, intonerà· il canto del ritorno? • GIORGIOALMIRANTE
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