La Difesa della Razza - anno II - n. 3 - 5 dicembre 1938

E.NITT grazione agisce come valvola di scanco. eppure egli ammette che sia la miseria a spingere i contadini fuori del paese: « Perchè mai si è tanto impensieriti dello sviluppo che negli- ultimi anni l'emigrazione italiana ha preso? Quale ingenuità, o quale •puerile ignoranza spinge i nostri economisti a spropositare con tanta gaia disinvoltura? E perchè vi sono ancora degli scrittori che credono che la crescente emigrazione indichi la miseria del paese? ». E spropositando a sua volta e confondendo emigrazione e_colonizzazione che poco prima aveva distinte, conclude: « I Romani colonizzarono il mondo. non perclìè spinti dalla fame, ma. per desiderio di conquista>. Come se i nostri emigranti fossero andati in America per conquistarla! Eppure aveva sotto gli occhi le risposte, che egli cita soltanto in ·parte, e naturalmente solo per quel tanto che gli interessa, dei prefetti ad una inchiesta promossa in tutte le provincie del regno dal ministro di agricoltura e commercio nell'ottobre dell'82. Il primo quesito della circolare ministeriale era così concepito: « È la miseria che spinge ad uscire da] paese, ovvero si può credere che vi contribuiscano iper molto i consigli degli speculatori interessati nei trasporti, o di agenti di emigrazione pagati dai Governi dei paesi d'immigrazione, o da società intraprenditrici di colonizzazione?». Dal fatto che i soli prefetti di Cuneo, Bergamo, Cremona, Milano, Pavia, Sondrio, Padova, Campobasso e Cosenza (e sono ben nove pTovincie del1e quali due sol~ del mezzogiorno) « attribuirono lo sviluppo dell'emigrazione all'opera degli agenti>, il Nitti deduceva la scarsa importanza di questi come causa di emigrazione e lo sbaglio enorme che si commetteva nel sottoporli a una speciale legislazione, dovendo per essi bastare il codice penale! Dunque nè gli agenti, nè la miseria (salvo per le provincie meridionali) sono per il itti le> cause dèll'emigrazione: Queste sono da ricercarsi piuttosto nell'aumento della popolazione, il cui eccesso deve fata1mente scaricarsi altrove, non importa se a prezzo di vergogne e di umiliazioni. « Io non voglio - egli scrive - come un qualunque giornalista senza arg-0menti, parlarvi di Malthusianismo. Da quando l'audace economista inglese scrisse.il suo originale Saggio sul principio di popo/,a..zi<>ne, si è abusato tanto della sua teoria, ch'io non ardisco metterla innanzi, in difesa delle mie idee. Ma se la popolazione d'Italia dal 1861 al 1886, in soli 26 anni, si è aumentata di 4.682.984, malgrado le guerre e la pretesa grande emigrazione, si può ammettere senza difficoltà che ove anche la emigrazione per paesi non europei salga a 100 mila persone (di cui circa là metà ritorna in patria dopo quattro o cinque anni) lo sviluppo della popolazione non ne verrà quasi per nulla a soffrire > L'inchiesta dell'82 fu rinnovata tre anni dopo e poi nel 1888 e press'a poco le stesse domande furono rivolte a tutti i sindaci dei comuni che contassero almeno 10 emigrati negli ultimi tre anni. I risultati delle due inchieste furono quasi identici. Per 100 comuni e per 100 emigrati, si ebbe : Cause d'emigrazione Comuni Emigrati Desiderio di miglior fortuna 40 30 • Miseria 37 45 Mancanza di lavoro 11 12 Cattivi raccolti 6 6 Crisi agraria 1 1 Altre cause . 6 6 Se si tolgono le cause diverse (leggi militari, persecuzioni di cpolizia, imposte eccessive, ecc.). tutte le altre - senza distinzione di provincie settentrionali o meridionali - si possono ridurre ad una sola: la miseria. Era essa che spingeva il nostro contadino, i-1 bracciante, l'operaio, a cercarsi non iµiporta dove quel pane quotidiano che tn patria era così scarso e che olo a prezzo di inverosimili fatiche egli riusciva a conquistare, e solo quel tanto che gli bastasse per non morire di fame. Dunque aveva ragione Crispi: l'emigrazione era una triste ed ineluttabile necessità, era un male, un castigo, e in attesa che l'Italia riuscisse a farsi il suo posto. nel mondo, era meglio. as ai meglio, provvedere a frenarla e disciplinarla, che abbandonarsi alle chiacchiere sorde e inconcludenti e alle teorie più o meno false del liberismo economico. L·D. 21

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==