La Difesa della Razza - anno II - n. 3 - 5 dicembre 1938

giungere al lo-r<Ìpensiero, pure con la sua repubblica avrebbe ,nesso in comune le donne: ora voi ditemi quale tirannia del costume mora.le sarebbe stata quella di Platone. Autore dei fatti umani non è il pensiero, non la volontà, autori illegittimi, ma l'immaginazione, la capacità di essere umani e d'immaginare· l'Ùriiano, nel modo più sensibile e particolare possibile, più comune e più universale: di un di/ etto d'immaginazione parlò in sostanza Giambattista Vico ai suoi contemporanei, feçe vedere la tirannia del pensiero, quando della rivoluzione n,on c·era il sentore, e che la borghesia era nata nemica del popolo, quando non si chiamava ancora borghesia, ed era già potente. istruita, gente ricca, quando i signori /eudali erano poveri e indebitati, cioè tra il seicento e il settecento. Erano gente che s'indusÙiava con ingegno e istruzione a conseguire ricchezza e nobiltà, e per lo più erano figli di mercanti, arrendatori e appalta/pi,i delle grascie, di appaltatori d'imposte, banchieri, usurai. J: 'genitori avevaoo fatto denaro, i figli avevano studiato, ed anche se non erano ricchi, volevano uffici, potere. Il denaro e specialmente l'istruzione gli dava presunzione, li faceva rivendìcatori, li disponeva al disprezzo e alla riforma della società. Quello stato d'animo trovava inclinazione nel ra:::ionalismo, e nel concetto di Cartesio che il pensiero, sol.a prova ed essenza dell'essere, è tutto: concetto che inPerchè quella gente intraprendente, quella classe di mercanti e professionisti era la classe nuova, la borghesia. Aveva già assommato il dominio della ricchezza mobile e avuto alla mercede i signori di terre, indebitati, bisognosi di denaro; avuto in appalto, comprato i feudi. Dedita al tra/ fico, estranea all'agricoltura, .cittadina, aveva preteso ed esercitava l'illimitata libertà di possedere, d'usare e abusare del proprio, facendo della terra una speculazione di pascoti, d'affitti, una fonte di pronto guadagno: così l'aveva ister.ilit,a,,calpestando tutti i diritti che il popolo aveva sulla parte demaniale del feudo, facendo i contadini servi della gleba, e facendo credere che quella servitù fosse ef/etto .. del sistema feudale, e fosse da rimediarvi con l'istituire la proprietà libera, la quale conveniva a tutti quelli che avevano denaro per comprar terra, non certo ai confiammò non Cartesio, ma giusnatu· ralisti e pubblicisti a ripensare la struttura della società, a f arn.e un piano ragionato; autorizzò pensiero e volontà a scendere in campo, a soddisfare la passione di potenza, a distruggere e rifare cento volte daccapo, che fu la tirannia sanguinaria della rivoluzione francese, quel suo continuo rifare e non sapere quel che facesse, quella tragedi,a dell' aver confuso il pensare col fare. Perchè il pensiero non serve per fare, le opere il pensiero le riflette, non le fa. Tutta la sapienza di Platone era già piov1,1,tanel petto di Omero, dice Vico, e vuol dire che la maggiore opera dell'umanità, per cui nacque la civiltà classica, l'opera di Omero, conteneva già tutta la sapienza a cui dette luogo la rif lessione dei filosofi, ma non avrebbe potuto essere fatta da un pensatore. Come la poesia e l'arte, il fare per eccellenza, sentono il genio del popolo, che è in sostanza la sapienza piovuta nel petto di Omero; così la società, la forza delle nazioni sono tutta radice popolare, e per questo motivo anche le opere politiche, come le poetiche, vogliono genio popolare, per essere effettive, non solo pensiero, perchè le opere proposte dai pensatori sono piuttosto problemi morali, il pensiero essendo per se stesso so/ istico, e f acilmente tirannico. Platone, che con Aristotile è il maggior filosofo, poichè nulla è stato possibile finora ag- ' tt tt tt tt tt tt tt tttt fftt tttt tttt tttt tttt tttt tttt tttt tttt tttt tttt tttt tttt tttt tttt tttt ttt tttt tttt 1 tttt ltf'OOO tttt tttt l .. '000 tt t tt ttt t· 20·000 ,·soo "'500 321)00 1!')00 tt 1 tt1 tttt u2·000 Uf'!IOO tttt ~<>ENr1~ t1 374•500 zz~ .Lr 6C.lhlA. r:~ tttt ff t1 tttt tttt tttt tttt HSOO fft1 tttt H'SOO tt1 12 • 000 ttt1 105'000 111')00 1 1 t t 1 a·ooo , •soo , ·ooo 5·000 Emigrazione transoce·anica nel periodo 1910-14 L'enorme numero degli emigranti presupponeva, nell'anteguerra, tdstissime condizioni sociali. « Una delle cause deir emigrazione - si legge in: Brenna: « L'emigrazione italiana nel periodo antebellico» - è l'analfabetismo. Dato lo scarso sviluppo industriale dell'Italia meridionale, l'operaio analfabeta non trova che lavori duri e scarsamente retribuiti, ed è fatalmente costretto a recarsi ali' estero dove le grandi fabbriche e le grandi officine gli of- &ono lavoro facile e più remunerativo. » « D movimento migratorio - ebbe a dire il senatore Bodio (citato da Faccenna: « Per i nostri emigranti»)· - è' una . marcia ip avanti verso il meglio; e nei suoi scopi finali è la mossa più sicura dei nullatenenti e dei servi della gleba verso i destini più equi; .è un bene per la Madre Patria; è la valvola di sicurezza contro le invidie e gli odi di classe; è uno strumento di eguaglianza ed anche... una scuola. » TIsenatore Bodio aveva ragione. L'emigrazione è stata una scuola, alla quale l'Italia ha finalmente appreso a non disperdere le proprie energie.

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