La Difesa della Razza - anno II - n. 3 - 5 dicembre 1938

ANNOII • N. 3 • SPEDIZ. IN ABB. POSTALE - 5 Dlt:EMBRE XVII Questo numero 64 PAGINE 100 ILLUSTRAZIONI è dedicato razza ita oltre e TELESIO TERLANDI UEN'fAZION ESTIONARlO L.1

2 ANNO II - N. 3 SOMMARIO 5 DICEMBREXVII GIOVANNI DE' STAMPA: L'EBREO IN MASCHERA. MUSSOLINI AGLI ITALIANI DI TUTTO IL MONDO; MEZZO SECOLO DI EMIGRAZIONE; MASSIMO LELJ: LA BORGHESIA E L'EMIGRAZIONE; GUIDO LANDRA: L'AMBIENTE NON SNATURA LA RAZZA; FRANCESCO CALLARI: COME GLI EBREI SFRUTTAVANO GLI EMIGRANTI; L. D.: UNA POLEMICA FRA CRISPI E NITTI •SUL PROBLEMA DELL'EMIGRAZIONE; G. G. NAPOUTANO: LA TRAGICA EMORRAGGIA; GIORGIO ALMIRANTE: L'EMIGRANTE, QUAL'ERA E QUALE FU DESCRITTO . • LIDIO CIPRIANI: ITALIANI IN AFRICA; DISTRIBUZIONE CEGLI ITALIANI ALL'ESTERO; FRANCESCO SCARDAONI: ITALIANI IN FRANCIA: A. TRIZZINO: ITALIANI IN TUNISIA; D. C. BANCHER: ITALIANI IN SVIZZERA; G. L. BERNUCCI: ITALIANI NEGLI STATI UNITI; MARIO DE' BAGNI: ITALIANI IN ARGENTINA. GIUSEPPE PENSABENE: ARTISTI ITALIANI ALL'ESTERO; GIUSEPPE LUCIDI: PIONIERI DI CIVILTA'. MARCELLO RICCI: ITALIANI VENUTI DI LA' DAI MONTI E DAI MARI PER CONQUISTARE ALLA PATRIA UN IMPERO; FASCI ALL'ESTERO; COLONIE E CAMPEGGI DELLA G.I.L.E.; 'SCUOLE ITALIANE ALL'ESTERO; CASE D'ITALIA. PENSIERI DI LEOPARDI; QUESTIONARIO. GLI UFFICI DELLA 11 DIFESA DELLA RAZZA 11 SI TROVANO IN ROMA - PIAZZA COLONNA (PORTICI DI VEIO) - TELEFONO 63737 - 62880 VENTENNALE DE JL•AJLA 10,.Jl'JrAJLJlA LA VETERANA DELLEPUBBLICAZIONI AERONAUTICHE FONDATA PERVOLONTÀ DI MUSSOLINI NEL 1919 ESCE OGNI QUINDICI GIORNI LA POTENZA DELL'ARMA. DEL CIELO - I DUELLI EPICI CHE SI COMBATTONO NEI CIELI DI SPAGNA E D'ORIENTE - LO SVILUPPO -DELLA TECNICA JL•AJLA 10,•1l1rAJLJlA 60 PAGINE DI TESTO- COPERTINAA COLORI - TAVOLE .IN ROTOCALCO E A COLORI - RUBRICHEDELPIÙALTO INTERESSE- COLLABORATORI IN TUTTO IL MONDO Per ricordare la ricorrenza del prossimo ventennale l'abbonamento a 24 numeri che costano cadauno L:2,50 e che ammonterebbe a L. 40,verrà concesso per coloro che iniz:ie- . ranno l'abbonamento da oggi entro il 31 dicembre 1938, a L. 25 (c. c. postale N. 1-24718) JEDJ(TOJRt)(Al.E AEiìtONAlUTKCA - R40tM(A - VJlAJLJE LIDmtc() JE MO:§C[HJETTO. t6

.. a .. o' è venuto Il momento perl'oli ~tate che il vostro motore si avvia ora più difficilmente? Se I . poteste controllare i cilindri ed i pistoni notereste, fra l'altro, che il velo lut>riflcante è insufficiente. l'olio viscoso circola difficilmente q~ando fa freddo. È dunque tempo di fare il cambio con un olio fluido, a bassa temp~ratura, .c:Qmel'olio in estate. Fate dunque il pieno con per, il ,f,aeile a0-0-ia11te1tfu- del 11'tO-l0-te Le Aiglunie d'olio Shell sono rese facili dalla nuova lattina da 1/2 Kg. 3

4

Collaudato dal Ministero delle Comunicazioni - Ogni·. Radiobalilla, ha il relativo bollino di collaudo - Tre valvole - Onde medie - Ri.:. èezionè diurna della stazione più pross·ima· ·In condizioni favorevoli ricezione serale di alcune principali stazioni europee. COSTA Privo di reazione regolabile sul l'aereo, quindi esente dai disturbi caratteristici degli apparecchi a reazione. L I R E TASSE RADIOFONICHE COMPRESE. ESCLUSO ABBONAMENTO ALLE RADIOAUDIZIONI VENDITA RATEALE CHIEDETELO Al MIGLIORI RIVENDITORI. 5

disegno di BEPI FABIANO L'EBREO IN MASCHERA Gli ebrei formano ttna Nazione e non una setta religiosa. « In che cosa, dice il Midderash, differisce il carattere ebreo da quello delle altre nazioni? In questo : le altre nazioni ces- •sano di essere allorquando i loro paesi vengono conquistati ; gli Ebrei invece hanno perdùto da lungo tempo la loro sede, e sono sparsi in tutte le parti del mondo; ma tuttavia formano una sola nazione, la quale conserverà sempre la sua religione, i 6 (Citazioni tratte da un'opera di Giovanni De Stampa, pubblicata a Treviso nel 1889) suoi costumi, il suo carattere ed il suo odio tremendo contro le altre nazioni ». Il Rabbino e ministro spagnuolo, Don Abarbanel, scrive: « Gli Ebrei sono internazionali; fuori del loro regno non si sentono mai in propria patria: anche se divengono mi.nistri od occupano altri alti uffici dello Stato, - quali non accettano se non per far credere, che nutrono amor di patria, - è certo che distruggeranno una intera nazione piuttosto che far male al loro prossimo ebreo ». I Rabbini stessi dichiarano : « L'ebreo è più capace nell'arte di mascherarsi che tutte le altre nazioni della terra, così che l' ebreo possiede la capacità di cavar ad alcuno i denti e fargli credere che l'ha baciato : questa capacità di mascherarsi è necessaria per l'esistenza della nazione ebraica, poichè se non potesse nascondere perfettamente il suo profondo odio contro le altre nazioni, allora sarebbe sempre perseguitata da esse». Ed infatti l'ebreo possiede grande capacità di mascherarsi; egli si serve d'una•maschera diversa a ·seconda che siede o nel Parlamento, o sulla cattedra, o nell'ufficio d'un giornale; egli

ANNO II - NUMERO 3 5 DICEMBRE 1938-XVII ESCE IL 5 E IL 20 DI OGNI MESE UN ~UMERO SEPARATO LIRE l ABBÒNAMENTO ANNUO LIRE 20 ABBONAMF.NTO SEMESTRALE• 12 ESTERO IL DOPPIO Direttore: TELESIO INTER LAN DI Comitato di redazione: prof. dott. GUIDO L~NDRA prof. dott. LIDIO CIPRIANI - dott. LEONE FRANZI - dott. MARCELLO RICCI • dott. LINO BUSINCO Segretario di redazione: GIORGIO ALMIRANTE SCIENZA• DOCUUENT!ZIONE POLEUIC! • OUESTIONARIO finge di sacrificarsi per una idea o per un'altra da far credere di essere caldo patriotta, mentre ch'egli non mira ad altro che al proprio interesse. Il principe di Bismarck pronunciava in un suo discorso nella seduta di Francoforte del 17 giugno 1847 le seguenti parole : « Mi farebbe male vedere un ebreo in un parlamento disporre dei destini della nostra nazione, perchè mi sembrerebbe un commediante; a genti, la cui esistenza consiste nel succhiare il sangue della classe lavorante, non si può mai affidare il destino de11anostra nazione ». L'ebreo Disraeli primo ministro dell'Inghilterra, scrive : « E' una pazzia il credere che siano i ministri o gli altri diplomatici che abbiano influenza sulla politica; le genti che hanno questa credenza non hanno mai fatta osservazione sulle cose che avvengono dietro il sipario. I ricchi banchieri e fra questi anche. quelli, che portano i loro peas e caphtan nazionali, governano il mondo. Essi sono quelli che provocano la guerra fra una nazione e l'altra, che conchiudono la pace, essi sono quelli che cambiano i ministri e che li rendono oggetto o dell'odio o dell'amore del popolo a seconda dei loro interessi finanziari». Infatti gli Ebrei si studiano colle loro maschere di ordinare ogni cosa in modo che sia più vantaggiosa per le loro finanze. 1, A seguito di varie riunioni che, d'ordine del Duce, hanno avuto luogo al Ministero degli Esteri sotto la presidenza di S. E. Galeazzo Ciano e alle quali hanno preso parte S. E. il Segretario del Partito, S. E. il Ministro delle Corporazioni, i Sottosegretari agli Esteri e all'Africa Italiana, nonchè i Presidenti delle varie ConJederaziooi interessate e i Titolari dei più importan_ti Consolati all'estero è stata decisa la costituzione di una Commissione permanente per il rimpatrio degli Italiani dall'estero il cui scopo sarà quello di ordinare e facilitare le numerose correnti di Italiani che hanno manifestato l'intenzione di rientrare in Patria, soprattutto dopo la conq.uista dell'Impero. • La Commissione avrà sede presso il Ministero degli Affari Esteri e inizierà immediatamente i suoi lavori. Il :Rabbino Majer scrive: « L'Ebreo si priva qualche volta di Farecchie migliaja di lire col pretesto di beneficare i cristiani, ma egli non lo fa se non è persuaso che questa macchinazione gli produrrà il c~ntuplo ». Anche il codice rituale degli Ebrei insegna : E' un gran peccato il fare il bene a un cristiano, ma però è permesso di abbindolarlo e regalargli denari per i suoi istituti di beneficenza e fargli credere in questo modo che gli siamo amici; perchè operando in questa maniera possiamo guadagnare più di quello che abqiamo sborsato ». Da tutto questo appare come l'Ebreo fa il ministro, il diplomatico, il deputato, il professore, il giudice, il giornalista e l'usuraio tutto per un solo scopo cioè per la propria saccoccia. Quando Napoleone I concesse l'emancipazione degli Ebrei, un ricco banchiere ebreo, Mosè Levi, di Parigi, diceva : « A noi ebrei non importa l'emancipazione e la nazionalità, ma ci im. porterebbero piuttosto pi:ivilegi nel commercio e nell'industria». Gli Ebrei non dissimulano neppure oggigiorno di formare una nazione distinta dalle altre recitando ogni giorno nelle loro preghiere : « O Dio raduna tutti gli Ebrei dalle diverse parti del mondo e dà loro il regno su tutto l'universo». « Noi non riconosciamo nes. sun re». 7

(DAL MESSAGGIO CHE IL CAPO DEL GOVERNO DIRESSE AGLI EMIGRA TI DOPO LA MARCIA SU ROMA) AGLI ITALIANI DI TUTTO IL MONDO - O Italiani, voi che vivete liingi dall'Italia dovete sentire che l'essere Italiano costituisce per voi un motivo di grande orgoglio, non solamente per il ricordo di Roma antica, ma anche per le possibilità e la sicurezza del futuro. Voi dovete sentire che dietro di voi, in qualunque parte voi siate, è presente· la Patria, più grande e più forte d'?po la crisi che ha dato alla Nazione un Governo forte, degno di_ lei. Io voglio fermamente che la restaurazione delle forze nazionali sia fatta colla stessa forza di volontà con la quale abbiamo potuto vincere la guerra. La vostra cooperazione ci è necessaria.· lo conto, e so che posso contare, su di voi, perchè avete dato infinite prove di amore alla Patria lontana, però sempre presente nel vostro spirito. Viva l'Italia t Viva il Re t BENITOMUSSOLINI

ezzo • La storia dèll' emigrazione italiana si può riassumere nelle leggi~.. che, via via, l'hanno favorita, disciplinata, infrenata e recentemente,, per il bene d'Italia, soppre~sa. Riportiamo qui • 1e più impor.(anti~· Legge sulla disciplina dei rap1>orti fi•a accaparratori di e1nig·1.•anti ed entigranti. Viene istituito l'nflìcio di ''vettore'', cioè aceon1pag11ato1.•e autorizzato di e1nigranti. Si apre hi Case dell'emigrazione "vigilata!!. 1-·1onc creato il Commissariato Ge· nerale per l'emigrazione, coadiuvato dal Consiglio Supe1.•iore dell'emigrazione e dalla Commissione parlamentare di vigilanza sul Condo pe1.· l'emigrazione. Si stabilisce di consiflerare emigrante citi si reca all'estero viaggiando in terza classe. 20 A.1n•ile 1911 Istituzione in :Hilano di nu nf"fieio. dell' entig1.•azione per i confini (li te1•1.•a. 2 .. \.~osto 1913 Si ap1.•e la Case (lell'en1i• grazioue "protetta"· l'·iene consitlct•ato entigrante chi si reca al• l'estero, in qualunque classe, a scopo di lavoro o per raggiungere parenti. Si pl."ovvede alla tutela giuridica. (legli emigranti. Si iniziano le leggi di guerra. Viene sospesa la tacoltit «li c111ig1•azio11e a tutti, gli iscritti di leva e Inilita1•i di qualunque catego1•ia. • l

• • emi razioneObbligo <li dennueia preventiva dei contratti stipulati pe1.· lavora re all'estero. Obbligo del passa1•orto per uscire _tlàl Begn o a scopo di lavoro. N orni e per l' ar1.•u o lamento ,legli ope1.•ai per l'es te 1•0. Sospensione tc1u po1·au e a ,lei rilascio ,li passaporti ai gio,·aui inCeriori ad anni 16. Obbligo del unila-osta del c:Jommissa1•iato per il rilascio di qualsiasi passa1)01.•to. Viene ab.roga t.a la disposizione 1•elath 1a al nulla-osta; ma è mantenuto l'obbligo del passapo1.•to AJ)provazione del testo unico soli' emigrazione e sulla tutela giuridica degli emigranti. (!reazione di un Istituto ,u credito pe1.· il lavoro italiano all'estero, allo S(!0po di :finanziare imprese di colonizzazione e trovare uuo,ri sbocciai alla 1nauo d'opera itaJiaua .. Istituzione, presso il J.finistero degli Afll1ri Esteri, di una Direzione generale degli Italiani all'eliltero. Il Dnce dispone la creazione di una (_:ouuuissione, 1•resieduta dal ffinistro degli Altari Esteri, per il rimpatrio degli Italiani dall'estero.

Q§,, vogliamo capfre ciò ch'è ,u,;ce.s,o, che ,uccede, eh;, deve ·ancura sue.cedere, in Italia, dobbiamo principiare da quell'urto della scienza rivoluzwnaria con l'umanità classica, che fu l'incontro di Gù11mbattist,aVico con Cartesio e con i cartesiani di Napoli, alla fine del Seicento. In quell'avvenimento è il seme di tutta la tragedia italiana, perchè allora incominciò il vero dominio .Jrancese dell' Italià, il dominio della rivoluzione e del gen,io francese, qual' è ancora radicato negli strati più borghesi e meno popolan" della società nostra, per sclerosi, passività, e vuoto interiore. A principiare da Napoli, gl'italiani diventarono cartesiani, i cartesianJidiventarono giacobini, al tempo dell'invasione f rancese, i giacobini diventarono patrioti, guidando gl'invasori, imbracciando con essi il fucile e facendo fuoco sul popolo, sulla carne viva della patria, insorta, dal Piemonte alla Sicilia, contro lo straniero. Continuando a chiamarsi patrioti, diventarorw c_arbon.ari,mazziniani, quarantottisti, fecero il disperato tentativo di fare dell' I talJUJi la repubblica francese, fallirono nel 1849. Successer~ altri uomini, guidati da un agricolwre, éd erano quasi tutti agricoltori; presero tutt'altra iniziativa, la presero in nome del re di Sardegna. Su,ccessero il decennio piemontese e il regna d'Italia. L'architetw cadde dalla fabbr.ica: i suoi compagni invece di condurre a term.ine la sua iniziativa, la fecero intristire, e successe un ~mbiamento che nel 1876 ci ricondusse al 1848, cioè quella cosiddetta rivoluzione parlafoo·ooo - eoo·ooo - fm,;rori•,,,,/ola/, 100·000 ___ fmi9razio,.,l,-o,.Joc,ra,,,,,. •..•.. [ ,,,,.,,.,:,;,,;,,,, ro,,/,,,~lo/,r 600"000 soo·ooo . • . 400·000 I - : ; " ,. . . 500-000 - ,, . ·I . . . 200·000 - Joo·ooo la . - ,, . ~s t-- ..,_ .. ii B E L'E men.tare, con la quale, le cosiddette sinistre, cioè i partiti falliti nel 1849, s'impossessarono del governo del regno. Con quei repubblicani della nwnarchia, le cose d'Italia ripresero il ritmo del 1848. Avevamo l'ansia di r,iguadagnare un tempo perduto, rincom.inciammo repubblican.i, quarantottisti, comunardi, continuammo democratici, socialisti, marxisti, sindacalisti, egheliani, soreliani, nazionalisti: seguimmo lo svilup-. po francese· e tedesco del seme cartesiano. Giungemmo aUa guerra, che Francia e Germania scendevano in campo per il dominio dell'Europa, e a un tratto vedemmo in giuoco gli auwri, l'origine di quel nostro tempo; ci dividemmo, prendemmo . . . . .. 'f ·100-000 700·000 t 600·000 soo·ooo 1_ 400·000 300·000 Uf( ;;sr _t_ 100·000 -partiw per la Francia, partiw per la Germania, assuefatti ormai alle tendenze, che infiammano, rimpiazzano l'azione effettiva, e non metwno l'uomo al dun.que; negoziammo l'entrat,a in guerra, non ci vergognammo, non ci accorgemmo di fare un vero negozio, vecchi machiavellici, un negozio di sangue, al fine dell'egemonia francese; ci volle la guerra per comprendere che una nazione combatte per la propria civiltà e che dovevamo finalmente còminciare a vivere e morire per l'Italia; e alla pace toccammo con mano d'esserci svenati per la Francia. Quest,a tragedia seppellì il periodo incominciato col ritmo del 1876 e dette inizio all'attuale. Il periodo del 1876 è "la spiegazione del nostro, nel senso, per esempio, che f avere l'Italia adesso chiamaw a sè gli emigrati è spiegato dall'emigrazione, e l' emigrazione non possiamo spiegarla senza capire il periodo del 1876, in cui avvenne~ ma il 1876 fu il riwnw dei partiti. quarantottisti e per capirlo dobbiamo cercare la radice comune del 1876 e del 1848, in quell' arn,mazione francese di cartesiani e giacobin.i e patrioti italiani . Emigrazione totale, transoceanica, continentale dal 1876 al 1923 Chi erano i cartesiani? Cartesiano era per esempio il capostipite degli avvocati napoletani, Francesco D'Andrea, il quale lasciò detw ai suoi discendenti di farsi avvocati, se volevano ricchezza e nobiltà. Preti, avvocati, studenti, galantuomini erano cartesiani, gente 12 I

giungere al lo-r<Ìpensiero, pure con la sua repubblica avrebbe ,nesso in comune le donne: ora voi ditemi quale tirannia del costume mora.le sarebbe stata quella di Platone. Autore dei fatti umani non è il pensiero, non la volontà, autori illegittimi, ma l'immaginazione, la capacità di essere umani e d'immaginare· l'Ùriiano, nel modo più sensibile e particolare possibile, più comune e più universale: di un di/ etto d'immaginazione parlò in sostanza Giambattista Vico ai suoi contemporanei, feçe vedere la tirannia del pensiero, quando della rivoluzione n,on c·era il sentore, e che la borghesia era nata nemica del popolo, quando non si chiamava ancora borghesia, ed era già potente. istruita, gente ricca, quando i signori /eudali erano poveri e indebitati, cioè tra il seicento e il settecento. Erano gente che s'indusÙiava con ingegno e istruzione a conseguire ricchezza e nobiltà, e per lo più erano figli di mercanti, arrendatori e appalta/pi,i delle grascie, di appaltatori d'imposte, banchieri, usurai. J: 'genitori avevaoo fatto denaro, i figli avevano studiato, ed anche se non erano ricchi, volevano uffici, potere. Il denaro e specialmente l'istruzione gli dava presunzione, li faceva rivendìcatori, li disponeva al disprezzo e alla riforma della società. Quello stato d'animo trovava inclinazione nel ra:::ionalismo, e nel concetto di Cartesio che il pensiero, sol.a prova ed essenza dell'essere, è tutto: concetto che inPerchè quella gente intraprendente, quella classe di mercanti e professionisti era la classe nuova, la borghesia. Aveva già assommato il dominio della ricchezza mobile e avuto alla mercede i signori di terre, indebitati, bisognosi di denaro; avuto in appalto, comprato i feudi. Dedita al tra/ fico, estranea all'agricoltura, .cittadina, aveva preteso ed esercitava l'illimitata libertà di possedere, d'usare e abusare del proprio, facendo della terra una speculazione di pascoti, d'affitti, una fonte di pronto guadagno: così l'aveva ister.ilit,a,,calpestando tutti i diritti che il popolo aveva sulla parte demaniale del feudo, facendo i contadini servi della gleba, e facendo credere che quella servitù fosse ef/etto .. del sistema feudale, e fosse da rimediarvi con l'istituire la proprietà libera, la quale conveniva a tutti quelli che avevano denaro per comprar terra, non certo ai confiammò non Cartesio, ma giusnatu· ralisti e pubblicisti a ripensare la struttura della società, a f arn.e un piano ragionato; autorizzò pensiero e volontà a scendere in campo, a soddisfare la passione di potenza, a distruggere e rifare cento volte daccapo, che fu la tirannia sanguinaria della rivoluzione francese, quel suo continuo rifare e non sapere quel che facesse, quella tragedi,a dell' aver confuso il pensare col fare. Perchè il pensiero non serve per fare, le opere il pensiero le riflette, non le fa. Tutta la sapienza di Platone era già piov1,1,tanel petto di Omero, dice Vico, e vuol dire che la maggiore opera dell'umanità, per cui nacque la civiltà classica, l'opera di Omero, conteneva già tutta la sapienza a cui dette luogo la rif lessione dei filosofi, ma non avrebbe potuto essere fatta da un pensatore. Come la poesia e l'arte, il fare per eccellenza, sentono il genio del popolo, che è in sostanza la sapienza piovuta nel petto di Omero; così la società, la forza delle nazioni sono tutta radice popolare, e per questo motivo anche le opere politiche, come le poetiche, vogliono genio popolare, per essere effettive, non solo pensiero, perchè le opere proposte dai pensatori sono piuttosto problemi morali, il pensiero essendo per se stesso so/ istico, e f acilmente tirannico. Platone, che con Aristotile è il maggior filosofo, poichè nulla è stato possibile finora ag- ' tt tt tt tt tt tt tt tttt fftt tttt tttt tttt tttt tttt tttt tttt tttt tttt tttt tttt tttt tttt tttt tttt ttt tttt tttt 1 tttt ltf'OOO tttt tttt l .. '000 tt t tt ttt t· 20·000 ,·soo "'500 321)00 1!')00 tt 1 tt1 tttt u2·000 Uf'!IOO tttt ~<>ENr1~ t1 374•500 zz~ .Lr 6C.lhlA. r:~ tttt ff t1 tttt tttt tttt tttt HSOO fft1 tttt H'SOO tt1 12 • 000 ttt1 105'000 111')00 1 1 t t 1 a·ooo , •soo , ·ooo 5·000 Emigrazione transoce·anica nel periodo 1910-14 L'enorme numero degli emigranti presupponeva, nell'anteguerra, tdstissime condizioni sociali. « Una delle cause deir emigrazione - si legge in: Brenna: « L'emigrazione italiana nel periodo antebellico» - è l'analfabetismo. Dato lo scarso sviluppo industriale dell'Italia meridionale, l'operaio analfabeta non trova che lavori duri e scarsamente retribuiti, ed è fatalmente costretto a recarsi ali' estero dove le grandi fabbriche e le grandi officine gli of- &ono lavoro facile e più remunerativo. » « D movimento migratorio - ebbe a dire il senatore Bodio (citato da Faccenna: « Per i nostri emigranti»)· - è' una . marcia ip avanti verso il meglio; e nei suoi scopi finali è la mossa più sicura dei nullatenenti e dei servi della gleba verso i destini più equi; .è un bene per la Madre Patria; è la valvola di sicurezza contro le invidie e gli odi di classe; è uno strumento di eguaglianza ed anche... una scuola. » TIsenatore Bodio aveva ragione. L'emigrazione è stata una scuola, alla quale l'Italia ha finalmente appreso a non disperdere le proprie energie.

perdita numerica che 11talia fa con l' emi ima e sarebbe forse meglio che gli Italiani anda all'estero· anche in numero maggiore e vi restassero d nitivamente. ~ • Con tali principi,' e con tali uomini, l'Italia d'antegue si dissanguava_ • «L'~tinto cieco dell'emigrazione scriveva il Mosso stesso libro - si trasforma a poco per volta in .una funz dello Stato che aiuta istruisce guida le correnti degli o ella ricerca del lavoro onesto. » 'emigrazione, ossia il dissanguam~nto, funz: "berale: iustissimo. Funzion taclini. E non solo il demanio feudale fu dai borghesi tolto al popolo, ma le terre comunali, le terre delle università. la forrna=ionedella classe borghese ,wn. fu che il consumarsi di un'usurpazione, della quale e dei raggiri, soprusi, aperte sopra/ fazioni, massima fu l'evidenza nell'Italia meridionale. La rivolu- ::.ionenon fu altro che il polverirw messo al,l'usurpazione, perchè con. la cosiddetta eversione dei feudi stabilita la 'Ubera proprietà e legalizzata l'espolia::.ionedel popolo, questo perdette senza alcun compenso i suoi secolari diritti, cosa che non l'istituto della proprietà, rna una legge agraria avrebbe dovuto irnpedire. I sterilita la terra, schiacciato il popolo, non restava da fare altro che la repubblica. E Vico? Non bisogna credere eh'egli fosse il .capo d'un nwvùnento, questo è un concetto straniero, e i movimenti sono infatti borghesi. Dante è il vero autore della nazione italiana, ma noi non siamo stati mai un movimento dantesco. Del rwstro genio è anche la solitudine, e Vico fu solitario più d'un secolo, anzi oblìaw. Egli era la natura _della scuola italiana, perchè non c'era soltanto la scuola borghese, soltanto un rnovimento di dottrine, ma viveva l'antica scuola italiana, ed era vichiana, a principiare da quella di G.. M. Galanti, di Cuoco, discepoli di Vi~o. Chi li corwsce, fuor degli specia1isti? l'Italia è dunque una faccenda da specialisti? E vichiana, oltre che galileiana, dobbianw chiamare la scuola dei bonificatori toscani dello studio di Pisa. Dobbiamo finalmente ..sapere che alla radice dell' opera di Cavour, non dell'opera agraria soltanto, ma della·politica estera, alla radice del regno d'Italia, c'è l'opera iniziata il 1738 dall'arcidiacono senese Sallustio Bandini, condotta da Pompeo Neri, la quale in un secolo ridette vita e popolo alle terre toscane, ridotte un deserto palttdoso dallo sfruttamento mercantile. Bernardo Tanucci, condiscepolo di Pompeo Neri al,lo studio di Pisa, portò a Napoli l'indirizzo toscano, quando Carlo Ili ini::.iòcon la guerra al borghese la politica popolare della sua monarchia, la quale stava restaurando i diritti del popolo, clando la terra ai contadini, e aveva abilitato la povera gente ai pubblici uffici, abolito le decime, rinnovato gli antichissimi parlamenti comunali, obbligato i giudici a motivare le sentenze, isti-tuito il sistema ipotecario, quando del famoso codice di Napoleone non c'era l'idea~ e quando appunto i borghesi fecero con le baionette francesi la repubblica partenopea. Repubblicani nel 1799 eraw i proprietari - rwtava uno di loro, Guglielmo Pepe. Caduta la repii.bbfica, Francesco Lonwnaco scrisse al cittadino Carnot che a Napoli l'esisten:;a del ricco era di nuovo esposta alle insidie della calunnia. L'esistenza del ricco, ecco la reden::.ionedei patrioti! Succeduto il regno di Giuseppe Napoleone, i ricchi di Napoli cessarono d'essere calunniati: 14 abolirono i feudi, tolsero per sempre la terra ~i villani, la tirannia del loro denaro divenne incontestata. Alla Restaura- :;ione, Cantica monarchia trovò risolta nel senso dei borghesi la questione della terra, e non ebbe più ragfon d'essere, sopravl'isse: d'allora in poi, come racconta Giownni. Verga, mastro don Gesualdo poteva togliere a suon di quattrini le terre comunali al barone lacco, i villani potevano sollevarsi, e lacco. don Gesualdo, tutti i galantuomini del paese farsi carbonari, cospÌ· mre alla repubblica francese: altro che sollevazione -di villani. La sciwla toscana dette contenuto alla politi.ca popolare delle monarchie europee fino alla rivolzt::.ione.-Pompeo Neri fu l'ispiratore, l'aust'.liario, il progettista di Maria Teresa, Luigi XV, Federico li. La Tos,cana era ancora il centro della civiltà. La di/ feren:;a che corre Jra la sua scuola e la scuola borghese è che quella creù e mise in essere unct efiettiva partecipazione del popolo a.i beni della nazione, la borghese invece una oligarchia della ricchezza mobile, in sostan::.auna reazione al concetto toscano, sen:;a poterlo tÙttavia sradioare, nemmerw con la , ivolu,zione, per,chè, nel 1845, l'Inghilterra mandò una commissione di deput,ati a studia.re il sistema agrario e commerciale toscano, e nel 1846, fece la sua celebre riforma, secondo il sisterna che Pompeo Neri aveva stabilito in Toscana fin clal 1775, e perchè, nel 1851, Cavour iniziò in Piemonte l'opera toscana, e pareva che la civiltà dovesse riprendere il cammino, dopo la rivoluzione e più esattamente reazione borghese. Come i bonificatori toscani, Cavour fu condouo all'agricoltura dal suo talento rnaternatico, e dall'agricoltura fu guidato a fare il regno d'Italia, non l'unità, che l'/ talia possedeva per lo meno dal tempo di Dante, e non è l'unità filosofica e nemmeno un fatto soltanto politico; come i bonif i-catori toscani, egli· passò dalle 11w.temu.ticheal,la corwscenza degli uomini, e come i toscani r.icrearono la ,società;, dov'erano sterpi e malaria egli kidettc: vita ai campi pienwntesi, e con trattati commerciali, che ·fecondarono la lavorazione delle materie vegetali e animali, creò l'industria, il commercio e una respfra::.ione mondiale• al piccolo regno pienwntese. Il 1851, vedendo che Cavour incamminava il Piemonte per quella strada, i Georgofili di Firenze lo rwminarono socio onorario di quell'accademia, e Cavour rispose a Cosimo Ridolfi che intendeva appunto a,ndare per la strada della Toscana. E' questo il punto più dimenticato, meno studiato, e dicwmo pure affatto studiato, tot.almente ignorato dell'opera del miinistro piemontese; eppure ne è l'anima, perchè la piccola poten:;a piemontese rwn avrebbe acquistato tanta importanza, non sarebbe stata invitata a partecipare ali.a guerra cl'oriente, rwn avrebbe primeggiato al congresso di Parigi, rwn sarebbe riuscita a concludere con Napoleone Ili il trattato di Plombières, con la sola for:;<1dell'abilità, se non avesse creato un effettivo rapporto con le poten:;e occidentali, quale a.pp11,ntocreò con i trattati commerciati, inspirati al sistema agrario toscano; con i quali il Piemonte diventò un fattore attivo dell'Europa, rwn solo fece l'industria., conseguì benessere, ma fece vedere per quale strada . si sarebbe messa l'Italia, quando la Francia di Napoleone III aveva lasciato il sistema repubblicarw, e l'Inghilterra aveva preceduto il Piemonte, nella strada della Toscana: per- qua.le strada si sarebbe m.essa l'Europa. Che i tratt.ati commerciali dovessero servire le a.spira:;ion.i d'Italia,, Cavour lo annunciò ·il 28 giugrw 1851, dicendo a. proposito della convenzione addi::.ionaledel trattato di ruwigazione e· commercio, conchiuso il 5 novembre 1850 con la Francia: ~ Non può arrivare una tale complica:;ione di eventi in cui pren· cianoparte tutti i popoli d'Europa? In cui l'()ccidente e l'Oriente si trovino divisi in due campi? E se questo accadesse, sarebbe egli desiderabile che noi fossimo in meri che !mone rela- ::.ioni con la Francia? Se questo av1.1enimento,che non è probabile, ma che non è impossibile, accadesse, desidererebbero gli

oratori che hanno parlato con tanto calore che noi ci trovassirno.in po1:o Qeneuoli rapporti con la Francia, e che do,:essùno jare assegno, riella eventualità di zw attacco della Francia, sulle uaionelle che stanno oltre Ticino?». • E che per ef/etto di quei: trallati nascesse l'industria piemontese e facesse le ossa, si ·vide in pochi anni, tanto, che al terrnine del 1855, che pure ju un anno avverso e calamitoso, Cavou,r diceva: « Tra pochi giorni voi esaminerete le statistiche dell' esporta:.ione iiei principali prodotti del nostro Stato, e vi accorgerete clie quest'a1i110si è esportato poco meno di un milione di chilogrammi di seta lavorata, mentre pochi an.11isono se ne esportavano 400 o 500 mila al più; voi vedete a.dunque una industriaJche ha raddoppiato in quat.tro anni i suoi mezzi di produ;,ione. Non so se in I ngl,.ilterra vi sia un'altra industria che abbia fatto progressi più rapidi! icura.rnente non voglio paragonare lo stato delle nostre industrie colle industrie inglesi, • ma se io avessi bastante scienza, matematica per poter calcolare il coefficiente della velocità del progresso in Piemonte e in Inghilterra, io credo che il deputato Jl1 cnabrea, rifacendo i miei calcoli, non troverebbe il coefficiente inglese maggiore del nostro ». Con la politica commerciale della Toscana Ca.vour dunque creò l'industria piemontese e fece il regno d'Italia. E costituito il ~egno, che cosa pensò .che ora bisognasse fare per l'Italia? Leggete i suoi ultimi discorsi, sono il suo testamento, egli morì dopo qualche giorno. Vi si parla della futura industria italiana, della crea:.ione dell'industria ,meridionale, dei ,.torcitoi da impiantare in Calabria, l'industria chimica &i fare in Sicilia. L'italiano era un popolo di contadini assetati di terra. Bisognava innanzi tutto dare terra da lavorare ai contadini, come avevano fatto la Toscana e il Piemonte. Bisognava che i contadini avessero la certezza di lavorare ar~he per i figli, e che il lavoro prendesse quel lungo respiro, ·che vuole l'agricoltura, e potesse riparare alla sterilità prodotta dal corto respiro dello sfruttamento borgfiese. Ql_l,estoera il primo punto per dare nutrimento e vita popolare all'Italia. Occorrevano alberi, rifare i boschi distrutti dall'ingordigia borghese. Variare le culture, fare i. prati, regolare i pascoli, ristabilire la pastori:.ia distrutta, rifare le gregg•i delt'antica pecora italiana, rwn di merinos, ma quella che dava la miglior la.na del nwn.do antico; rifare il bestiame. « Ben veggo che Cerere è sempre la dea dell'ltabut e della Sicilia e che tra rwi rwn fu che ospite! Ben l'Italia è .sempre la. terra del pane e del vino! Ma gl'italiani non profanano le sante opere della dea, com,nettendole a numi servili; e la terra è qui lieta e superba per esser smossa be:n spesso da un vomer~ trionfale». Questo faceva dire a Platone Vincen:.o Cuoco, nel viaggio in Italia. Preti, avvocati, mercanti. devastarono la più beUa terra del mondo antico. Bisognava rifarla, dandola. agli agricoltori, al popo/.o dei contadini, che erano la nazione. Così la potenza della razza sarebbe cresciuta e il lavoro· avrebbe dato lana, pelli, seta, lirw, agrumi, legni, ecc., ed anche minerali, rwn perchè fossero venduti, ma perchè fossero lavorati; avrebbe dato la materia alle industrie, come l'aveva data in Pie:monte,. ~ ·nel mezzogiorrw sarebbero sorte altre industrie, com'erano sorte e avevano prosperato in Piemonte, nè più, nè meno. Questo era il proposito di Cavour. L'Italia è agricola e noi non potevamo esistere sen=a poten- :.iare l'agricoltura, e non potevarrw cominciare industria se non dall'a.gricoltura, cioè dalla lavorazione delle materie dell' agri.- coltura, e non potevamo fare un sistema industriale, se non basato sulle ,materie delle coltiva=ioni e degli allevamenti. I nvece proprio su questo punto fecero cilecca i compagni di Cavour, e c'erano magni/ ici agricoltori, come, per esempio, Ricasoli. Questa era l'opera loro, l'opera. della scuola italiana, e non la fecero. Si lasciarono invece prendere dallo' spauracchio del pareggio di bilancio, agitato <J.a.iborghesi, e giunsero alla. cru- .·, emigrmìo"ne è benefica, ~icevano gli economisti uzzatti >. Che dicevano, invece, le statistiche rigorose? Eccone una: ~ I risultati di una inchiesta fatta nel 1910 dal Commissariato per stabilire l'influenza dell'emigrazione furono 'pessimistici per quello che riguarda perniciose abitudini contratte dagli emigranti durante ta loro permanenza all'estero. Quasi tutti i Sindaci d'Italia affermarono che l'emigrazione ha influenza sinistra per l'abitudine dell'alcoolismo e del gioco, . ed aumenta singolarmente i reati che si ricollegano all"affie-,-• volimento dei rapporti familiari, aumentando gli adulteri. le .nascite illegittime, i procurati aborti, gli infanticidi. Secondo· • ICICorte di Appello dì Torino l'emigrazione è assai nociva r_la moralità delle· donne. » • deità di mettere il contatore alle macine dei mulini e sul povero diavolo che andava a macinare il suo sa.eco di g;ano. Entrarorw da coglioni nella questione che l'Italia non avesse materie prime e in quell'altra che la questione di vità e di morte della nazione fosse la dottr,:na del cosiddetto liberismo o quell' altra del protezionismo. Quando senti dire pareggio, materie prime, economia, ricordati quel che dice Leopardi, che la ragione è pie.cola e nemica della natura. E ricordati che l'auta.rchia è oggi il prodotto non solo dell'agricoltura· ma anche di quelle miniere di cui era assiomatica l'inesistenza. E considera che la ragione d'essere è oggt un vero contrappasso della ragione per cui la scuola borghese riuscì a togliere al·l'italiana il governo d'Italia. Se una cosa certamente significhiamo, significhiamo la nwrte della s,cuola borghese e que.ll'inizio della scuola italiana, che non prese corpo alla costituzione del regoo. Perchè se la scuola itàliana cedette proprio sul punto popolare, quale altra consisten=a poteva avere? Non le restò che perdere il potere. Con la cosiddetta rivoluzione parlamenta.re del 1876, l'Italia cadde -in •mano (lella borghesia. Due anni dopo l'agricoltura ricevette il primo colpo. , Vigeva il sistema commerciale del 1863 che, credo, era in sostan::.aquello dei trattati piemontesi, e dal 1862 al '77 l'esportazione dei prodotti ·specialmente agrari, vino, olio d'oliva, Cl\- napa grè::.=ae pettinata, agrumi, ecc., grano, e specialmente riso, aa sta.ta progressiva. Dal 1869 al '77, progressiva quella dello zolfo, e anche del ferro, rame, ecc. Dal 1870 al '77, qu.ella del bestiame minuto, laoori di marmo, corallo, pasta di f rzunento, tessuti e lavori di seta. Dal '71 al '75 le pelli conciate. Con la tari/ /a del 1878, fu dato il primo colpo a quell'ini=io vitale, e il secondo, con la. tariffa del 1883. Con la tan:Jfa doganale del 1886, a.ndata in vigore credo l'87, fu dato il colpo finale, col quale fu spen/.a ogni possibilità di vita agraria e popolare, ogni possibilità d'industria italiana. Ci ordinammo come se dalla. natura fossimo stati fatti per lavorare ferro e carbone, ma in sostanza per di·ventare un campo di sfruttamento di cinquanta persone e qualche banca. I grossi proprietari di terre negoziarono la loro adesione col dazio sul grano. Per tutti gli altri, bagnare di sudore la terra diventò una fatica ingrata. Ridotta l'agricoltura a una specie arcaica di economia d'uso, non si poteva più paga~e nemmeno la fondiaria. In pochi anni, la gran massa del popolo, spede il rneridiO'nale,messo alla disperazione emigrò. Questo fu il corollario dell'eversione dei feudi. A·vuto il potere dalla rivoluzione francese, la borghesia tolse legalmente la terra usurpata al popolo; avuto il potere dalla rivoluzi.one parlamentare, la borghesia italiana cacciò il popolo dalle sue antiche sedi. Questa fu l'emigrazione. MASSIMO LELJ 15

l'AMB~ENTE NON SNATURA La razza il').sidiata dall'emigrazione: « Non è -un fatto ben n.otorio oggi che in alcuno dei .nostri paesi •del mezzo- • giorno dove fino a qualche · a·nno ,fa non si conosceva la tisi, è apparso il male insidioso dacchè si è determinata una corrente costante di emigi::azione di ritorno dall'America? In Alfedena, piccolo paese dell'Abruzzo aquilano dove era leggendaria la salute, data dalla purezza del luogo alpestre e boscoso, col fenomeno migratorio è comparsa la tubercolosi. » [da T. Rosati: « Assistenza sanitaria degli emigranti e dei marinai». A. Vallardi, Milano, 1908.] • Si legge in: -Faccenna: « Per i nostri emigranti», quanto segue: « Gli economisti e i maestri delle scienze sociologiche insegnano che • l'emigrazione rappresenta: un rimedio efficace ai tanti mali che affliggono la società; una forza produttiva che apre la via a sicuri miglioramenti economico-sociali; un mezzo potente che governa LA T,RANQUILLAFUSIONE DELLA RAZZA. DELLA Ln'{GUA, DEI COSTUMI E DEI SENTIMENTI DEI POPOLI. » Vale a dire il totale e definitivo imbastardimento. )[ l ritorno in Patria di grandi masse di Italiani è destinato a restare nella storia dell'umanità come uno degli esempi più luminosi dell'importanza fondamentale ed eterna del fattore razza nella vita dei popoli. Gli Italiani che si riuniranno ai loro fratelli di sa_nguehanno vissuto per lungo tempo in terra straniera, sotto i climi' più disparati e nelle più diverse condizioni di vita. Molti di essi sono nati fuori d'Italia, moltiss_imi appartengono già alla seconda o alla terza generazione; non tutti conoscono la nostra lingua. Eppure ritorneranno anche coloro che non parlano l'italiano, perchè l'hanno dimenticato o perchè non l'hc1;nnomai saputo, anche coloro che in Italia non conoscono nessuno, perchè è da alcune generazioni che l'hanno lasciata. L'ambiente, la vita, i costumi diversi non hanno potuto annullare nel profondo della personalità di questi Italiani l'essenza della razza. A questo proposito appare in tutta la sua forza l'affermazione di un grande antropologo che così ha risposto a chi gli domandava cosa fosse la razza: « La razza è ere<;litarietà ». Questa affermazione poggia ormai su dati così numerosi, su esperienze così esatte, eh~ non può più essere discussa. Ma, lasciando da parte gli esempi a carattere strettamente tecnico, è dall'esame delle opere delle singole razze che ci appare in tutta la sua forza il valore dell'identificazione della razza con l'ereditarietà. Questo vale tanto per gli individui esaminati isolatamente quanto per i gruppi umani visti collettivamente. Un italiano, per esempio, anche se nato in America, resta razzialmente sempre un italiano. aturalmente la sua lingua madre non sarà l'italiano ma l'inglese, o lo spagnuolo, la sua cultura non sarà più quella italiana, le parole con 1e quali penserà non saranno italiane, ma il suo volto, Emigranti prima dello sbarco (fotografia d'anteguerra). 16 i suoi movimenti, i suoi gesti, il suo temperamento, il suo pensiero e il suo modo di sentire resteranno sempre quelli di un italiano, e questo anche se egli non conoscesse la. sua origine italiana. Se invece di esaminare un individuo singolo, esaminiamo un gruppo umano intero, il risultato della nostra osservazione sarà il medesimo. Nelle medesime condizioni di ambiente razze diverse reagiscono e vivono in maniera diversissima, come al contrario una data -razza in ambienti molto diversi si mantiene sempre uguale a se stessa. Valga per tutti l'esempio della scoperta del bronzo : molte tribù del Nord America da tempi remotissimi hanno vissuto in territori ricchissimi di minerali di rame, eppure non si sono mai elevate al disopra della civiltà del paleolitico poichè non hanno mai pensato che da quella strana pietra, che era il minerale di rame, sarebbe stato possibile con la fusione ottenere un metallo. In Europa al contrario i nostri antichi parenti hanno non solo utilizzato il rame ma, fondendolo con adatta proporzione di stagno, hanno ottenuto il bronzo ed hanno creato una vera e prop·ria civiltà detta appunto del bronzo. Tutto questo mostra in maniera evidentissima come la teoria dell'ambiente abbia un valore molto relativo quando la riferiamo in tutto all'uomo e come le qualità razziali nell'uomo possano reagire fortemente all'azione dell'ambiente e in modo molto diverso nelle differenti razze. Gli storici spesso ci raccontano che l'Inghilterra è divenuta una grande p·otenza soltanto perchè insulare, o che la posizione geografica di Roma è stata la causa dell'Impero Romano. Eppure nel mondo ci sono isole molto più ben situate dell'Inghilterra e località molto più adatte per la fondazione di una città che non Roma. Roma avrebbe potuto sorgere benissimo più a settentrione o più a mezzogiorno, più ad oriente o più ad occidente, ma il suo destino imperiale sarebbe stato lo stesso; perchè sono gli uomini che fanno la storia, sono gli uomini che vincono lo ambiente e non viceversa. E questo vale anche per i casi estremi. A questo proposito E. Fischer ha scritto:

« Qualcuno potrebbe obiettare : una razza, che è destinata a creare un'alta cultura e che ha in sè le qualità ereditarie per farlo, portata ai Polo Nord, sarà costretta a vivere come gli Esquimesi e non potrà mai raggiungere un livello di civiltà superiore ad essi. Ma questa obiezione non ha valore perchè una razza creatrice di una grande civiltà non si adatterà mai a vivere in un ambiente con risorse modeste ma emigrerà, finchè potrà trovare il suo ambiente o un ambiente che potrà trasformare secondo la sua volontà ». Comunemente si parla di giovinezza, di maturità, di vecchiaia di un popolo. Questi termini usati per lo più dagli storici, hanno il loro valore quando si riferiscono ad un popolo ma non già quando si riferiscono ad una razza. Le qualità della razza non segnano questa fatale parabola: esse difatti si mantengono sempre le stesse. E questo vale per le qualità fisiche e in maniera ancora più spiccata per le· qualità psichiche. Le qualità razziali hanno realmente il carattere dell'immortalità, e si mantengono tali finchè vivono puri gli uomini di una determinata razza. L'ascesa o ]a decadenza nella vita dei popoli dipendono, non tanto dalle condizioni di clima o di suolo, come una sorpassata concezione materialistica potrebbe farci credere, ma essenzialmente dalle qualità razziali dei popoli. Questo naturalmente non vuol dire negare all'ambiente o alle condizioni di vita ogni influenza sulla razza. Difatti quando si dice ereditarietà dei caratteri razziali bisogna intendersi bene sul significato delle parole. Così è per· esempio per la statura : quando si dice ereditarietà della statura alta non si vuole affatto indicare che il figlio deve ereditare la statura del padre esatta al millimetro, ma semplicemente che egli eredita una tendenza ad avere la statura alta,. tendenza questa -che pot-rà manifestarsi o meno a seconda delle condizioni di vita e di ambiente. Ma le modificazioni in più o in meno portate dalle condizioni ambientali non saranno ereditarie. Così vale per le facoltà intellettuali : un individuo naturalmente intelligente non nasce naturalmente dotto ma diventa tale con l'educazione, quello che realmente è in lui di essenziale è la tendenza ereditaria ad apprendere facilmente. Queste constatazioni hanno tanto maggiore valore quanto più elevata è una razza nella gerarchia dell'umanità. Quanto più una razza è evoluta, tanto più è selezionata, e, tanto più è differenziata, tanto minori sono le sue possibilità di variazione. Se noi esaminiamo uno dei tanti caratteri fisici razziali, quale è quello della capacità del cranio, vediamo come esso nella razza italiana si è mantenuto tale attraverso i millenni. Nella seguente tabella è appunto indicata la capacità meIl lavatorio a bordo, per le emigranti (fotografia d'anteguerra). dia del cranio in Italiani delle diverse regioni e di epoche diversissime ; è indicato anche l'autore che ha raccolto le singole medie: ,nedia media uomini dcNtne autore Trentini Moderni 1518 1401 Canestrini Romani » 1513 1312 Nicolucd Romani Antichi 1505 1308 Sergi Pompeiani » 1500 1323 Nicolucci Siculi Preistorici 1460 1342 Giu.ffrìda-Ruggieri Piemontesi Mod. 1450 1373 Sergi Sardi » 1403 1298 .Ardu Onnis Napoletani » 1401 1294 De Blasio 5iciliani » 1398 1256 Mondio LombarclÌ » 1393 1270 L'esame di questa tabella è molto significativo: mostra come la capacità cranica dei Romani antichi, e quella degli antichi Pompeiani, e quella dei Siculi neolitici osciUa nei valori medi clie si osservano negli Italiani dei nostri tempi. Come si p_uò facilmente comprendere nessuna diversa-condizione di vita e di ambiente potrà ai nostri giorni modificare un carattere così profondamente· radicato e non saranno certo le due o tre generazioni fuori d'Italia dei nostri emigranti che potranno influire. Già nel 1861 il Von Baer richiamava l'attenzione sulla fissità dei caratteri morfologici nelle razze umane attuali, scrivendo : « Che cosa sappiamo noi dell'influenza dell'ambiente? Null'altro ·fuorchè il forte calore solare abbruna la pelle. Se però vòlessimo estendere quest'influenza sino al -colore nero della pelle dei negri, s'incontrerebbero grandi difficoltà giacchè in America ci sono pochi popoli nativi che sono realmente di colore molto scuro>. Virthow con grande acutezza ha scritto a questo proposito: « Mentre i negri abit2no una grande zona che si estende dalle isole Samoa e Filippine fino alla costa occidentale dell'Africa e che, percorsa nella carta, presenta un campo con~nuo, ci manca per questa qualsiasi parallelo in America e tuttavia anche l'America si estende sotto l'equatore, dove_ il sole è molto cocente, possiede località molto umide e altre molto aride. Quale è dunque la causa per cui tra le popolazioni originarie d'America non ci sono dei negri? Io non credo che qualcuno_ possa dire quali sieno 1e cause che una volta producono un effetto, un'altra volta no; io almeno non le conosco. Benchè sia facile il dire : certe condizioni esterne devono impedire o determinare lo sviluppo del pigmento. Anzi esistono dei dati di fatto in apparenza stranissimi, come quello dell'esistenza, 17

più a nord ancora dei bianchissimi Scandinavi e dei biondi Finni, di popolazioni dalla pelle piuttosto scura quali sono i Lapponi. All'opposto vediamo in regioni abbas.tanza te~perate, per esel!lpio in Australia, la quale solo in~ parte appartiene alla zona torrida, e soprattutto nella sua parte meridionale, una _razza addirittura nera qual'è difficile trovarla sotto l'equatàre. Certamente nessuno di noi negherà che l'ambiente, le condizioni del luogo, il modo di vivere, ecc. esercitano influenza sullo sviluppo. Ma di fronte a questi fatti evidentissimi, che mostrano in tutta la sua estensione la nostra debolezza, dobbiamo moderarci nelle nostre teorie ». Molto interessante è a questo riguardo il noto esempio dei coloni originari del Wiirtemberg, trapiantati nel Caucaso; che si presentano ancora ai nostri giorni, in tutto i<lentici_ailoro fratelli rimas~i in Germania. E quando si parla di persistenza dei caratteri razziali in ambienti diversi non bisogna credere che questo abbia valore semplicemente per quei caratteri genùali che distinguono i negri dai bianchi,· dai mongoli. La persistenza dei caratteri razziali morfologici e psicologici ha valore anche nel caso di qualità distintive di razze molto affini, e ~on bisogna neanche credere che una razza possa più facilmente adattarsi ad un ambiente simile a quello .originario che non ad un ambiente molto div~rso. In questi casi anzi sembra quasi che i caratteri razziali si manifestino con più prepotente violenza. Chi è stato in Tran- • silvania·, o nel Banato, sa bene come ~a casa del Rumeno, e quella dell'Ungherese, e quella del Sassone sono enormemente differenti. Spesso nello stesso villaggio vi- ·vono a contatto-le tre razze e ognuna vive realmente in un ambie~te molto diverso : la casa del Rumeno sarà come· quella che si osserva nella l\foldayia, quella del Sassone come quella della lontana patria tedesca, e quella magiara come quella dei pastori dcli' Alfoldi. Ogni razza, ogni nazionalità, ogni fa- •miglia si è creata un ambiente in tutto identico a quello su cui vissero i suoi 1>rogcnitori. Queste osservazioni nei riguardi della nostra razza acquistano un valore in tanto maggiore in quanto poche razze come la nostra hanno saputo imporre Ja propria personalità con tanta evi<!enza ai diffe;enti ambienti, non adattandosi all'a~biente ma adattando l'ambiente a se stessa. Il valor~ dei concetti fin qui esposti appare in tutta la sua evidenza se si pensa che colui il quale riferisce all'ambiente ogni possibilità di modinèar~ i caratteri_ razziali riconosce in fondo che ogni causa • di grandezza o di decadenza della sua razza è al di fuori di questa. Un simile modo di {}Cnsare non solo è antiscienti18 Emigrazione continentale nel periodo 1910-14 H A R ' ,. D T fico ma anche nettamente opposto alla _nostra morale. Gli emigranti italiani - che non tornano in ·Patria - hanno spesso colonizzato territori immensi. Non . tutti questi territori erano spopolati. In molti di essi,· da tempi antichissimi vivevano uomini di razza diversa dalla nostra. Molti di questi territori contenevano ricchezze immense, eppure le popolazioni che li abitavano vivevano povere ed arretrate, e tali sarebbero sempre rimaste, poichè non a tutte le razze è stata data dalla Natura ir. ugual modo, la divina scintilla che è fonte di ogni progresso umano. Questi italiani, che ora ritornano, rappresentano dal punto di vista razziale una vera e propria aristocrazia. Coloro difatti che hanno resistito alla prova del fuoco data da ambienti e convivenze cosi profondamente diversi dal nostro, sono i migliori. Coloro che sentono così potentemente il vincolo della razza, da essere spinti a varcare gli oceani, costituiscono un esempio tremendo all'Europa attonita e malata. Si sa difatti che la malattia più grav'.! che domina nella grande crisi di valori -s.pirituali dell'Europa giudai~zata, orien- . talizzata e imborghesita, è quella della Il o ' o ' A N l o mancanza di un comune sentimento razziale nelle singÒle nazioni ! Se si pensa che nei momenti più gravi della vita di un popolo e di una nazione i supremi sforzi sono affidati agli istinti più profondi, e in special modo a quello che inconsapevolmente cem_enta tutti gli individui in ui:i blocco solo, il fenomeno del ritorno degli emigranti deve apparirci come un segno manifesto della nostra rinnovata potenza. L'eliminazione dell'influenza giudaica dalla nostra vita nazionale coincide con l'inizio dell'unione definitiva di tutti gli Italiani. Se il morido civile in tante zone presenta delle falle pericolose,. più imperiosa è per gli Italiani la necessità di raccogliersi e riunirsi; e se per fatale imbastardimento e degenerazione altri paesi d'Europa non sentono più la niissione, che è sempre stata delle razze ariane, di difendere e potenziare la civiltà mondiale, agli Italiani tocca assumersi coraggiosamente ogni responsabilità in questo compito sublime. E la civiltà, che è opera di uomini, può essere difesa e potenziata soltanto difendendo ed esaltando,. ovunque si trovino, gli uomini che la civiltà hanno creato e diffuso nel mondo. GUIDO LANDRA

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==