La Difesa della Razza - anno II - n. 2 - 20 novembre 1938

11ole1niea A ZZA JE CCJLASSJl r E' cerata la concezione che in una unità etnica esistano ceti supeciori e ceti inferio~ eredi.la.ria nte tali, e quindi biologic-ameote di valore diverso, ed è c traria ad una politica di vera unità etnica e di razza. Il fatto che vi siano state famig ie, nelle quali per alcune aenerazioni si siano trasmesse certe -virtù, come le militari e le politiche, non costituisce una lego-e; è anzi risaputo il sempre minore apporto di risultati allivita nazionale dei discendenti delle famiglie ad esempio dell' ristocrazia man mano che queste si allontanano dal ceppo p · itivo. Un curioso fenomeno, poco conoscilito, è quello di alcune provincie della Sicilia., dove sono appunto gli ultimi residui d'una specie di classe particolarissima, i così detti galantomini, i cui progenitori furono un tempo per doti intellettuali i maggiorenti della vita pubblica e commerciale 4i quei luoghi. Nei discendenti esiste tuttora fortissimo, più ~e nella nobiltà, l'orgoglio familiare, che li induce a matrimoni tra discendenti di famiglie pa~ secondo la loro espressio~, di grado. Questi gruppi familiari hanno abitudini e pregiudizi -da costituire una piccola casta. Ma il loro contributo soofale è nullo, anzi n~gativo. Privi d'iniziativa, avversi al lavoro :manuale, scarsi di cultura, peristono in una vita chiusa, sfru ando le magre risorse di patrimoni anticamente cospicui. Vedete come invece è libera, larga e vitale la società che la Chiesa Cattolica formò con un sist a opposto. Il celibato (questa è da ritenersi a sua ragione principale) 1mpedisce che si venga a formare na tradizione professioni~ stica familiare, e determina invect il continuo e popoloso afflusso di energie nuove ,che scatu iscono dalle classi lavoratrici sopratutto da quelle della terna. L'entusiasmo e lo zelo di questi elementi senza tradizioni, direi quasi senza impedimenti, vie e, com'è noto, indirizzato dalla Chiesa, secondo le attitudini, creando l'avvicendamento di energie sempre nuove ed origina ·. E' vero che vi souo anche eleme di valore, provenienti da famiglie dell'alta cultura e di tradizioni ecclesiastiche, ma non bastano a cambiare la fisonomia pqpolare della chiesa. Gò deve convincerci che è erra.tal la tesi della esistenza di ceti superiori agli altri di una stes~ nazione, e capaci di tra• smettere ai discendenti earatteri e rtù, che li rendano meritevoli di particolari diritti. Questa tesi potrebbe solo ricondurci al diritto familiare «l:i sangue del feµdalesimo, La dottrina fascista e la politica del regime sono state ani- mate natarnlm,ente fin dai primo'da una mentalità razzista e contraria in modo categorico al e ismo, e ne abbiamo prova negli scritti e nell'azione di Mus lini suo fondatore. Mussolini ha mille volte esaltato a terra, la famiglia attacta alla terra e gli uomini che n«t sono sortiti: l'amore al avoro manW1.le, da parte dell'intellettuale è stato dal Capo insistentemente predicato, propagandato, praticato. elle orgamz· zazioni del partito, in tutte le manifestazioni., esiste 1Stmuva la preoccupazione del Capo di mescolare gli elementi provenienti dai più differenti ranghi professionali e quella di assicurare ed incoraggiare i giovani elementi delle classi lavoratrici manuali che le vie alle gerarchie scientifiche, militari. - artistiche ecc. sono aperte ai migliori, indipendentemente dalla provenienza familiare. Ed infatti una sana politica razzista non può non essere anticlassista. E' assolutamente errato e pericoloso cercare nel seno di una stessa unità etnica e nazionale differenze di doti ereditabili, per le quali alcune famiglìe risulterebbero biologicamente ed ereditariamente superiori alle altre. Credo invece desiderabili, allo scopo di migliorare il" rendimento spirituale, provvedimenti atti a determinare continui flussi e riflussi tra i vari ranghi dei lavoratori manuali da una parte e intellettuali dall'altra. iente giustifica che il figlio di un intellettuale, anche quando sia sprovvisto delle necessarie doti sia per puro orgoglio famigliare a-d ogni costo avviato alla carriera intelletluale, nella quale potrà dare solo un rendimento mediocre. Se questi ritornasse al lavoro manuale, sarebbe più utile alla nazione, e la sua posizione morale risulterebbe avvantaggiata. Allora le gerarchie intellettuali resterebbero a disposizione di quelli meritevoli, anche se provenienti da famiglie umili, i quali, ricchi di nuove energie, possono dare alto rendimento. In definitiva occorre instaurare un sistema capace di impedire la staticità delle classi professionali (sarebbe meglio anzi dire ranghi e non classi) allo scopo di utilizzare i soggetti nella maniera più utile all'interesse nazionale, secondo le possibilità ed attitudini di ciascuno. Tale sistema inoltre darebbe il fecondo risultato di smorzare gli antagonismi di classe ed in particolare quelli esistenti tra lavoratori manuali e intellettuali. E' faci_le infatti notare quale maggiore comprensione dei bisogni delle classi lavoratrici abbiano gli intellettuali, che ne provengono, e da ciò quale miglioramento dei rapporti reciproci, quale beneficio della coe~ sione etnica e politica della nazione, possano derivare. Concludendo, si deve affermare che in una vera unità etnica e nazionale, come l'italiana, non esiste una differenziazione biologica di ceti superiori ed inferiori, e che la politica razzista deve operare in modo da impedire la formazione di classi statiche, perchè le classi devono intendersi non nel senso del maggior e o minore valore biologico, ma solo da un punto di vista professionale e di gerarchia delle. responsabilità loro assegnate dalla nazione, per il bene comune. Le varie classi nazionali è <ie!>iderabileche siano sempre più ingranate le une alle altre, secondo le attitudini e possibilità fisiche ed intellettuali dei singoli individui, che ne debbono far parte. SALVATORE DI PRISCO 39

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