allievo dell'Università di Roma, Giorgio Buchner. Sono di questa gente le caverne sacre, di monumentale aspetto, nelle quali forse si prestò un culto alle acque salutari. La più straordinaria è quella della Pertosa, nella prov. di Salerno dalla cui bocca esce un fiume. Qui il culto di S. Michele Arcangelo santiiicava l'antro e continuava il culto dell'età grecanica e preistorica. Apparteng6no anche alla stessa gente i dolmen pugliesi, sepolture collettive, e i monumenti megalitici delle Puglie. E' gente legata per la razza e per la cultura all'età precedente; impara presto a fon. dere il bronzo. Le eleganti stoviglie caratteristiche, nero-lucide, incise a larghe fasce e punteggiate di bianco, con manici ornamentali, mostrano il suo gusto artistico. Le famose terramare della Valle Padana, sulle quali si battagliò a lungo poichè si era creduto che fossero la chiave di volta della preistoria italiana, ne sono una f acies provinciale. Furono erette da indigeni, non da stranieri, nella seconda fase del bronzo, quandÒ l'invasione glaciale aveva chiuso i valichi alpini. Ciò è stato posto in chiara luce dagli studi dei geologi, naturalisti, pa. !etnologi svizzeri. A sud delle Alpi, la minor trasparenza atmosferica si risolveva in nevischi e piogge e costringeva ad alzare l'argine delle terramare e a sollevare le case su pali. All'inizio dell'età del bronzo, prima che le terramare sorgessero, contatti con genti ario-germaniche penetrate nella Valle Padana da Oriente, adducevano a noi il rito funebre dell'ustione, non già il complesso della cultura, che è indubbiamente legato a quell;i. appenninica come le revisioni hanno dimostrato. Al chiudersi dell'età del bronzo, intorno al X sec. a. C. una catastrofe climatica cac- •ava nella Svizzera gli abitanti delle palafitte lacustri, disperdeva, da noi, i terramaricoli. E' il tempo in cui al Pianello di Genga (Ancona) l'ultimo lembo di una vastissima frana avanza sullo strato eneo ; il terremoto crollava gli abitati trogloditici di Cetona; in qualche caverna garganica lo strato del ferro si adagia su uno strato franoso. Prima che l'alba del ferro sorgesse, trascorreva e la preparava un'età di transizione. Ma qui abbiamo una lacuna neJla nostra conoscenza. Conosciamo bene l'~oluzione della cultura dai terramaricoli ai villanoviali ai quali ultimi si dette eccessivo valore, considerando essi soli come italici. Ma ci mancano, perchè non cercati, gli anelli della catena parallela dalla cultura enea appenninica a quella rivelataci dalle necropoli di Alfedena, vastissima que. sta, e di Crespellano, del VII-VI sec. a. C. Sotto il dominio della teoria classica, questo problema rimase nell'ombra. Opportunissimo pertanto il voto espresso dall'Istituto di Studi Romani, su proposta di Giglioli, perchè si eseguano ricerche metodiche 10 codeSte importantissime regioni. Alfedena e Capestrano ci offrono una bella e pura civiltà. Da Capestrano, esce l'ammirevole statua di un Duce, illustrata dal Moretti_. Ha un grande elmo a tesa, come taluni piceni, piumato; la caratteristica corazza sannita; singolari sandali, provvisti di punte, forse per reggersi sulle. piane ghiacciate. Di statura non alta, con le forme robuste, ma agili, esso sembra un nostro bersagliere. Nella regione dalla Sabina al territorio osco-sannita, ove la tradizione storica pone il centro degli italici, con l'isola Sacra del lago di Cutilia, 11mbilic11sllaliae, dovette elaborarsi I'ethnos italico. Regione quanto altra mai propizia vasta e fertile, abbastanza internata per permettere il formarsi ed il progredire di una bella civiltà, salda nella sua compagine, ma non cos1 chiusa da impedire il lievito di nuovi apporti. * * • Quando non si conosceva Ja nostra fondamentale cultura enq, si sopl"avvalutarono i terramaricoli padani e si vide in loro un popolo straniero, unificatore primo della Penisola non solo, ma gli stessi fondatori di Roma, benchè mai sia apparsa fuori della Valle Padana una terramara, nè i ,loro discendenti, i Villanoviali, discendessero oltre una linea Rimini-Circeo. E tuttavia si asseri che una terramara era stata fondata sul Palatino, precedendo la Roma quadrata (nel nome palatal parve il ricordo della palafitta). E si è ripetuto, anche di recente, che codesti stranieri avevano dato ai romani le norme e i riti per la fondazione delle città e degli accampamenti militari, la disciplina nel lavoro, l'austero carattere. Non sembri irriverente accennare cosl di scorcio a tali eventi. Non sarà inopportuno richiamare in un articolo divulgativo che dèi tre clementi che indubbiamente cooperarono alla fondazione dell'Urbe, i Villanoviali discesi dagli indigeni terramaricoli ; non i Sabino-Latini, discesi dalle genti enee appenniniche; tutt'al più nuclei allogeni erano potuti penetrare negli Etruschi, ma erano ormai assimilati. Il solco dell 'eponimo, che apriva un'era nuova, trovava uno stato di cose preesitenti, preparato nell'oscu. rità dei secoli. Le capanne villanoviane erette sul Palatino e sul Quirinale, come forse su altri colli, erano state precedute da genti dell'età della pietra di cui si raccolsero umili vestigia, disperse entro la cerchia stessa dell'Urbe. Qualche località del territorio falisco, ad esempio Piazza Castello, presso Corchiano, sembra offrirci suggestivi confronti. Per la struttura, quel colle, isolato tra due vallecole, ci richiama il Palatino : la spianata superiore, limitata in parte da un aggere di grandi parallelepipedi, come a Roma quello tardo dell'epoca dei Re, aveva tracce villanoviane : nelle caveroette sottostanti, sui fianchi dirupati, lo strato villanoviano ricopriva quello dell'età del bronzo e questo si adagiava sullo strato grimaldiano. Tali vestigia grimaldiane si sono trovate copiosissime in parecchie cavemette falische e giungono fino al mare: si sono ora ritrovate in due caverne sul Circeo (A. Blanc). Sporadiche attorno a Roma, penetrarono neJJa Grotta delle Gioie presso il Ponte Salario, forse in altre cavemette. Evanescenti, ma non trascurabili indizi di epoca troppo remota. Più tardi, nell'età protostorica del ferro, l'accostarsi degli elementi detti determinava il sorgere della città destinata a fondere e improntare di sè le genti italiche. Incomincia, con Roma, avvertì il Duce, la razza italiana. Questa figura ripete le condizioni ambientali del Palatino. Sopra le c:aTemette con la cultura ~alcliana (come, forae, nel Lupercale, certo nella Grotta delle Gioie al Ponte Salario, ecc.) stanno Teatigia cli un 'rillaggio 'rillano-riano, come aul Palatino (a destra. a pena ai cliatingue un muro, come quello di Serrio Tullio). 17
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