La Difesa della Razza - anno II - n. 2 - 20 novembre 1938

L.1 ANNOIl • N. Il • SPEDIZ. IN ABB. POSTALE - 20 NOVEMBRE XVII SCIENZA• DOCUMENTAZIO PUNICA•QIJESTIONlRIO

ANNO II - N. 2 SOMMARIO 20 NOVEMBRE XVII T. I.: IL SANGUE RICUPERATO SCIENZA GUIDO LA.NDRA:RAZZA ITALIANA OLTRE CONFINE; LWGI CASTALDI: NONNI, FIGLI E NIPOTI - EREDITA' DELL'INDICE CEFALICO; CARLO MAGNINO: I CARAIMl; UGO RELLINI: CONTINUITA' DELLA RAZZA E DELLA CULTURA PRIMITIVA IN ITALIA; GIUSEPPE LUCIDI: AUTARCHIA ALIMENTARE, DIFESA DELLA PATRIA. POLEMICA SALVATORE DI FRISCO: RAZZA E CLASSI; GIORGIO PICENO: EBREI A PARIGI; ALFREDO MEZIO: GLI EBREI CONTRO IL SIONISMO. DOCUMENTAZIONE T. SALVOffi: L'INTERNAZIONALEEBRAICA E L' ITALIA; A. TRIZZINO: LA CACCIATA DEGLI EBREI DALLA SICILIA; MARIO DE' BAGNI: LEONE GAMBINI E IL PROBLEMA DELLA CITTADINANZA GIUDAICA; ROBERTO BARTOLOZZI: RAZZISMO DI CATONE MAGGIORE; A. L: RAZZISMO BRITANNICO; G. L.: I MAGIARI, RAZZA GUERRIERA; PENSIERI DI LEOPARDI. QUESTIONARIO 1789: DATA NEFASTA PER L'ITALIA; RAZZA E CATTOLICESIMO; GIUSEPPE PENSABENE: ARTE NOSTRA E DEFORMAZIONE EBRAICA. Roma - Uffici: Largo Cavalleggeri, 6 - Telefoni N. 64.191 - 60.4.63 SOCIETA ANONIMA - CAPITALE L. 500.000.000 - RISERVEL. 111.659.733,35 SEDE SOCIJ\.LE:"GENOV1' - DIREZIO E CE TRA.LE: MIL1'NO FILIALI IN 1T ALI.A: Abbiategrall80 - Acireale - Acqui - Alauio - Albenga - Albi.nate - Aleaaandria - Ancona - Aquila - Areno - Asti - Bari - Barletta - Bedonia - Bergamo - Biella - Bologna - Bolzaneto (Genova) - Bolzano - Bosa - Brescia - Brindisi - Busto Arsisio - Cagliari' - Camogli - Cantù - Ccurara - Casale Monferrato - Caserta - CQB&ano Magnago - Castano Primo - Costellamare di Stabia - Catania - Catanzaro - Cesena - Chiavari - Chieti - Civitavecchia - Coggida - Como - Comigliano (Genova) - Cossato - Cremona - Cuggiono - Cuneo - DomodoBBola - Faenza - Fognano Olona • Ferrara - Fidenza - Firenze - Fiume - Foggia - Forll - Frattamaggiore - Gallarate' - Genova - Iglesias - Imperia - Lanusei - La Spezia - Lecce - Lecco - Legnano - Lentini - Livomo - Lodi - Lonate Ponolo - Lucca - Lugo - Lumeuane - Magnago - Meda - Meuina - Mestre (Venezia) - Milano - Modena - Mola di Bari - Molletta - Monopoli - Monza - Mortara. - Napoli - Nervi (Genova) - Nocera Inferiore - Novara - Novi Ligure - Oristano - Ospedaletti - Padova - Palermo - Parma - Pescara - Piacenza - Pietrasanta - Pinerolo - Pisa - Pistoia - Pontedecimo (Genova) - Prato - Rimini - Riposto - Rivarolo (Genova) - Roma - Rovigo - Samarate - Sampierdarena (Genova) • S. Giovanni a Teduccio (Napoli) • Sanremo - San Severo - S. Maria Capua Vetere - Saronno - Sanana - Sauari - Savona - Schio - Secondigliano (Napoli) - Seregno - Sesto S. Giovanni - Sestri Levante - Sestri Ponente (Genova) - Somma Lombardo - Squinzano - Taranto - Temi - Torino • Torre Annunziata - Torre del Greco - Trento - Treviso - Trieste - Udine - Varese - Venezia - Ventimiglia - Vercelli - Verona - Viareggio '.. Vicenza - Vigevano - Voghera - Volterra - Voltri (Genova). ESTERO: Sede a Londra - Ufficio di Rappresentanza a New YorJc.. BJ\.NCHE J\.FFILIJ\. TE E CORRI PO DE TI I TUTTO IL MO DO

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Coti la s½JWtte ~luuuu, UU/Jio i~. 'RoJuwi "Ulo~ t PIIODOnA INTBIAMENTE IN ITAUA monte catini è ~ sicww ul ef/écaaco..bw: INFLUENZA•. RAFFREDDORI NEVRALGIE• REUMATISMI

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ANNO II - NUMERO 2 20 NOVEMBRE 1938-XVII ESCE IL S E IL 20 DI OC I lllESE UN NUMERO SEPARATO LIRE l ABBO AIIIE TO A NUO LIRE 20 ABDO AMP.NTO SEMESTRALE• 12 ESTERO IL DOPPIO Direttore: TELESIO INTER LA DI Comitato di redazione~ prof. dott. GUIDO LA DRA prof. dott. LIDIO CIPRIANI . dott. LEONE FRANZÌ - dott. MARCELLO RICCI - dott. LINO BUSI CO Segretario di redazione: GIORGIO ALMIRANTE SCIENZ!•DOCUUENTJ\ZI POLEMICA. OUESTIONAmo IL SANGUERICUPERATO !cune pagine di questo fascicolo sono dedicate alla razza italiana d'oltre i confini con il deliberato proposito di cominciare a stabilire i veri lineamenti dell'Italia, i quali non coincidono affatto con le frontiere politiche o con le delimitazioni geografiche. L'Italia perdette, in un'epoca· che non esiteremo a chiamare vile, una parte preziosa del suo vivente corpo; l'emigrazione le tolse dieci milioni di uomini validi, il popolo si mutilò nel silenzio e nella rassegnazione. FortU,navolle che la razza mantenesse ovunque il suo proprio volto, e il sangue il suo colore; sicchè perduti furono quei milioni d'uomini per la nazione politica - che affrontò indebolita le grandi prove sopraggiunte - ma per la razza furono salvi e costituirono un vincolo di sangue capace di trionfare del tempo e dello spazio. Nel persistere, contro ogni violenza esterna, di questi superbi caratteri razziali è il trionfo della dottrina mussoliniana che di quelle membra sparse volle fare un tutto vivente, al di SOBradei confini e delle generazioni; e ora, in un superbo movimento eroico, tutto un blocco di energie richiamate alla sorgente comune. La decisione di restituire all'Italia ciò che una visione gretta della politica nazionale le aveva in passato fatto perdere si affida alla verità razziale, alla voce del sangue che mai sarà soffocata dalle peripezie politiche. Sicchè sono da studiare e da comprendere queste insopprimibili forze che la coscienza razziale mantiene vive e operanti sotto la crosta eterogenea· del mondo moderno; e da esaltare come il tessuto connettivo della più grande Italia. E' quello che fare mo nel prossimo fascicolo. Esalteremo la qualità e la forza del sangue italiano ricuperato alla Patria; e del nostro razzismo daremo le linee dinamiche che ne fanno un mito vivente e fecondo, una irresistibile forza creatrice. T. I.

• scienza RAZZA ITAllANA OLTRE CONFINE Gli attuali confini politici dell'Italia non coincidono affatto con i nostri confini razziali. t a tutti noto che masse imponenti di uomini che parlano la no tra st ~sa lingua ed hanno avuto con noi lunghi periodi di storia comune hanno oggi una cittadinanza diversa da quella italiana; è necessario però ritornare su questo concetto e porlo opra una base più olida e più corrispondente alJa realtà della Natura, è necessario cioè affermare una volta per sempre che queste masse imponenti di Italiani, che vivono ancora al di là delle frontiere po1itiche, sono a noi unite non solo da vincoli linguistici e storici ma anche e soprattutto da vincoli di sangue. Non ha nessuna importanza il fatto che il passa.porto dell'Italiano che vive al di qua dei confini politici sia diverso da quello che sta al di fuori di essi; quello che realmente importa è che la razza sia la stessa, e quando si dice razza si intende esprimere un concetto biologico ben definito, un complesso cioè di caral· teri fisici e p icologici che si tramandano sempre gli stessi da padre in figlio, mal- Il porto di Malta (da antiche stampe). grado le diverse influenze di ambiente e di vita. La razza è l'unico patrimonio sicuro sul quale l'uomo può contare: tutto rl resto è caduco ed evanescente. La razza può essere rovinata soltanto con rimbastardimento, ma anche in questo caso, per leggi meravigliose della natura, quando l'imbastardimento non abbia fatto sentire troppo il suo malefico influsso, i caratteri che furono quasi nascosti, riappaiono e si mostrano con prepotente violenza. Gli elementari concetti fin qui esposti della non coincidenza dei confini razziali con quelli politici hanno già avuto un riconoscimento ufficiale nei provvediVecchio còno (sHogralia di F. Giammari) menti riguardanti 1 matrimoni, che dicono: « Art. 1. - Il matrimonio del cittadino italiano di razza ariana con persona appartenente ad altra razza è proibito. Il matrimonio celebrato in contrasto con tale divieto è nullo. ArL 2. - Fermo il divieto di cui all'art. 1, il matrimonio del cittadino italaino con persona di nazionalità straniera è subordinato al preventivo consenso del Ministro dell'Interno. I trasgressori sono puniti con l'arresto fino a tre mesi e con l'ammenda fino a lire diecimila. Art. 3. - Fermo sempre il divieto di cui all'art. 1, i dipendenti dalle ammini-

La Corsica {incisione· dell'artista còrso P. Dionisi). strazioni civili e militari dello Stato, delle organizzazioni del Partito Nazionale Fascista o da esso controllate. dalle amministrazioni delle province, dei comuni, degli enti parastatali e delle associazioni sindacali ed enti collaterali, non possono contrarre matrimonio con persone di nazionalità straniera. Salva l'applicazione, ove ne ricorrano gli estremi, delle sanzioni previste dall'art. 2, la trasgressione del predetto divieto importa la perdita dell'impiego e del grado. Art. 4. - Ai fini dell'applit;:azi.one degli articoli 2 e 3, gli italiani non regnicoli non sono considerati stranieri ». L'art. 4 ha in realtà un significato molto più profondo e rivoluzionario di quanto possa apparire ad una superficiale lettura. È noto come da tempo lo Stato· italiano riconosca l'esistenza di italiani non regnicoli e conceda ad essi i diritti dei cittadini italiani, ma il riconoscimento nel punto più sensibile della politica razziale, quale è rappresentato dal problema matrimoniale, supera quanto di analogo è stato stabilito in altri campi. 11nuovo provvedimento in verità sanziona il fatto che la distribuzione geografica della ptlra razza italiana non si limita a quella degli ital~ni tali per cittadinanza. Quando si dice razza si intende affermare un concetto concreto che non risulta da una pura e semplice speculazione spirituale, o da considerazioni storico-linguistiche, ma è invece -basato sulla oggettiva constatazione di fatto di una grandiosa verità della Natura. Questa razza italiana, perciò, che si estende molto oltre i confini politici d'Italia, noi la vediamo rappresentata da masse compatte di migliaia e migliaia di uomini e di donne in tutto identici a quelli che vivono al di qua dei confini. Queste migliaia e migliaia di uomini e di donne, malgrado la diversa cittadinanza e la diversa educazione, hanno i medesimi caratteri fisici e la medesima forma mentale della nostra razza, costiBonifacio: La Chiesa di Loreto di Casinca • La fontana delle "quattro canne" (silogralie di F. Giammari).

Coatumi maltesi (da una incisione d1 E. Ronargue~ tuendo co ì con questa un tutto assolutamente inseparabile. Da quanto è lato esposto risulta chiaro come il voler limitare la discus ione d~l problema razziale a quella porzione della razza italiana che gode oggi della cittadinanza italiana sarebbe come un volere mutilare noi stes i. Una razza umana difatti si può para· gonare ad un corpo umano, nel quale ogni organo e ogni membro non può es· sere considerato a sè stante. I confini politici quando non coincidono con quelli razziali rappresentano senza dubbio dei tagli nel corpo armonico della razza; ma se questa razza è forte e vitale, il che vuol dire se questa razza è pura, i tagli co tituiti dai confini politici non possono mai essere così profondi da staccare definitivamente la parte dal tutto. Se però l'organismo centrale non è suffi. cientemente forte e vitale, la parte sulla quale fu praticata l'incisione è destinata a staccarsi definitivamente; e staccarsi vuol dire morire, vuol dire dissolversi per sempre. L'idea che fin qui ha dominato a propo ito degli italiani non regnicoli ha avuto prevalentemente un fondamento storico-linguistico. Ora il fattore linguistico - per quanto importante - non è quello che serve in maniera preponderante a discriminare la razza; può coir,- cidere con questa, ma può anche non coincidere. t necessario affermare con forza questa verità perchè l'area di estensione della razza italiana supera di molto quella del confine linguistico : del resto una lingua può essere imparata e può essere dimenticata, ma la realtà concreta della razza non subisce mutamento che per opera dell'imbastardimento. Così considerato il razzismo italiano acquista il significato di un movimento fatalmente dinamico : come un germe cristallino immerso in una soluzione salina esercita sulle infime molecole di questa IO una attrazione irresistibile per cui a poco a poco il cri tallo aumenta sempre più di dimensione, secondo leggi che ono sempre le stes e, così deve essere considerata quella parte della razza che è compresa in determinati confini politici e che fatalmente diventa il centro di attrazione di tutte le sue varu staccate. Come rn presenza di un germe cristallino, le molecole in oluz1one sono in perpetuo movimento e raggiungono la Joro posizione definitiva solo quando si cristallizzano anch'es e, co ì è per le migliaia di individui che si devono fatalmente congiungere ai loro fratelli di razza. Sarebbe troppo lungo enumerare qui tutti i gruppi di uomini del la nostra razza che non hanno la cittadinanza italiana. Il caso più tipico è senza dubbio quello dei Corsi. Gli studi antropologici hanno messo in evidenza la perfetta identità razziale dei Corsi con gli altri Italiani. I Corsi sono razzialmente completamente differenti dai Francesi, e come sono i Corsi co ì lo ono i Nizzardi. A questo punto si può però aggiungere che in Francia è neces ario fare dal punto di vista antropologico una grande distinzione tra la parte che corrisponde all'antica provincia romana e quella che invece corrisponde all'antica Gallia Celtica. Attualmente i Francesi amano rivendicare soltanto a questa ultima parte ogni fonte di civiltà per la Francia, il che naturalmente non ha nessuna base di verità. Quello che però è certo è che solo la parte che corrisponde all'antica provincia romana può in qualche modo considerarsi a noi vicina razzialmente. Le due parti convivono dal punto di vista razziale in uno stato di continuo equilibrio instabile; per raggiungere in parte questo equilibrio la Francia celtica ha dovuto impedire ogni manifestazione di originalità della provincia romana. In tale condizione questa, quale membro separato dal corpo, è avviata ad un sicuro disfacimento, se le condizioni di vita non cambieranno. Quanto è stato detto per i Corsi, vale per gli italiani della Contea di Nizza e per quelli della Tunisia. I primi sono in tutto identici ..ai Liguri, i secondi invece sono in prevalenza di origine siciliana o arda. Tanto gli uni che gli altri formano una parte inscindibile della razza italiana : considerarli in qualsiasi altro modo sarebbe assolutamente assurdo. t bene qui accennare ancora ai Maltesi per dichiarare energicamente che òeve e sere considerata ridicola l'affermazione di coloro che vogliono basar i u alcuni elementi linguistici dei MalIl Governo francese manda i negri del Senegal cù guanugione in Corsica. t~i per trarne delle deduzioni di carattere antropologico. I Maltesi sono ariani nè più nè meno che gli altri italiani. La preistoria, l'archeologia, l'antropologia, ]a storia e ]a tradizione hanno chiaramente documentato come dal punto di vista razziale Malta sia in tutto identica alla Sicilia. È quindi da considerarsi in malafede qualsiasi tentativo di avvicinare i Maltesi alle popolazioni dell'Africa del Nord. Questi pochi cenni sono sufficienti a richiamare l'attenzione del lettore sul significato dell'art. 4 della legge per la àifesa della razza, difesa della razza quindi che non può limitare la sua azione all'italiano regnicolo ma deve estendersi e svilupparsi ovunque si trovi un nucleo razzialmente italiano. GUIDO LANDRA

, EREDITÀDELL.INDICE EFALIC Tra le le0 gi dei fenomeni ereditari, delle quali ono tate già illu trate u queste colonne quelle di Mendel e di G. Pieraccini. vi ono anche le « leggi del Galton ». Una di queste è la « legge dell'eredità atavica> per la quale l'insieme delle proprietà ereditarie dell'individuo i deve non olo ai genitori, ma. come è intuitivo. ai nonni, ai bisnonni, ecc. Il Galton ha ·tabilito in modo stati ·tico, appro imato, la misura con la quale con l'aumentare del numero delle generazioni passate decresce la loro influenza ui caratteri pos eduli daWindividuo: la eredità dei caratteri dell'individuo è e pre a dalla formula: 1/2 + 1/4 + 1/8 + 1, 16 t""••••• == 1 che però. ripeto, è solo appro imata; comunque essa significa che i figli omigliano molto più ai genitori che ai nonni, ai nonni che ai bisnonni. e co ì via. L'altra c:leg0 e del Galton > è quella e della regres ione>: stati ticamente i trova che le coppie che si distaccano in un sen o per un carattere dalla media generale di quel carattere in una data popolazione, danno figli che pure si distaccano in maggioranza nello stesso sen o, ma in grado meno accentuato. Per e·empio, da due coniugi molto alti di tatura pos·ono derivare figli anche più alti di loro. ma più pe o invece ne derivano figli tuttora più alti della media generale della popolazione cui appartengono, ma che e ne staccano meno di quanto avevano fatto i genitori: cioè regredi ce nei figli la differenza tra il valore dei caratteri dei genitori e il valore medio della popolazione. Co ì vengono a ricondur i le variazioni e treme verso il tipo medio. e questa azione centralizzatrice fu già egregiamente detto in questo periodico da L. Businco es ere esercitata nella no tra specie dalla donna. Ma a noi ora interes a prendere in esame la trasmissione dei caratteri dai nonni ai nipoti attraverso i genitori. Co ì è stata tr~ l'altro oggetto di studi la eredità dell'« indice cefalico >, ossia del rapporto centesimale tra larghezza e lunghezza della testa in viventi (« indice cranico > se invece si studiano dei crani). Fra quelli recenti ricordo una serie di lavori del Frets, secondo il quale l'indice cefalico è ereditario: esistono cioè famiglie a teste lunghe, dolicocefaliche, e famiglie a teste corte e più tondeggianti, brachicefaliche. Per quanto si verifichino vuiazioni ereditarie nella trasmis ione dell'indice cefalico, in generale econdo le osservazioni di questo Autore i genitori con alto indice hanno figli con alto indice e viceversa; e questi rapporti ereditari si po ono anche ricondurre schematicamente alle regof e del Mendel. e pero e così ereditabile la intiera forma comples iva della testa, le singole sue dimensioni invece non lo sono altrettanto. Questi studi sono stati ripetuti anche in meticci; il Godin trovò in figli di genitori di razza differente che per l'indice cefalico si verifica una dominanza materna, in quanto il figlio primogenito aveva ereditato nel 70 % l'indice cefalico della madre, nel 26,7 % aveva un indice misto, e olo nel 3,3 ~ aveva quello del padre. Il problema è stato affrontato con altro metodo stati tico più comples o, cioè col metodo biometrico, dal mio allievo Zonchello, il quale esaminò 827 CaO'liaritani appartenenti a Tre generazioni in una famiglia rurale italiana. di Adolfo Bacci.

Le tre generasioni di una famiglia del nostro popolo, di Odoardo Borrani. 140 famiglie, e comprendenti non solo padri, madri e figli dei due sessi, ma anche nonni e nonne, paterni e materni. In questa popolazione predominano la,.dolicocefalia e la ultrado• licocefalia, con forme ovoidali spesso purissime. Lo Zonchello utilizzò quel calcolo del e coefficiente di cor• relazione >, del quale già parlai in un mio precedente articolo, coefficiente che si indica con la lettera r, e che esprime come al -variare di un canttere varii, più o meno, o affatto, o in senso opposto, un altro carattere. Studiò così la correlazione tra gli indici cefalici dei figli e delle figlie e quelli dei padri e delle madri, e dei nipoti maschi e femmine con i nonni e le nonne tanto materni quanto paterni, ciò che significa 4 diverse combinazioni tr.a genitori e figli e 8 tra nonni e nipoti dei due sessi. L'eredità della forma della testa risultò in queste ricerche più o meno spiccata nelle varie famiglie. Tra genitori e figli la correlazione massima (0,331) .fu trovata per l'indice cefalleo dei Cagliaritani tra madri e figlie; quella minima tra padri e figlie (0,074); il secondo valore della serie decrescente fu quello della correlazione tra padri e figli, e il terzo quello tra madri e figli. In altre parole gli indici cefalici si erano trasmessi con maggiore frequenza di uguaglianza tra individui dello stesso sesso, cioè madri con figlie e padri con figli, e in modo meno variabile nella linea materna che in quella patema. Insomma risultò in queste ricerehe italiane un prevalere della influenza materna, come già aveva trovs.to per questa trasmissione della forma della testa il Godin, per quanto non con quel grado fortissimo che secondo questo Autore avviene nei meticci, per i quali quindi è di grandissima importanza nella eredità di questo carattere la razza cui appartiene la madre. Tra nonni e nipoti i confronti di uguaglianza e di diflerenza della forma generale della testa dettero valori numerici assai diversi nelle 8 combinazioni possibili di discendenza; il fatto più importante da rilevare qui è che l'influenza più forte si verificò ver la linea materna. Ossia nonni e nonne materne avevano più spesso l'indice cefalico uguale a quello dei nipoti dei due sessi, che i nonni e nonne paterne rispetto agli stessi nipoti. ·5e lo Zonchello trovò perfino un valore di r = 0,714 tra nonni materni e nipoti maschi, si deve notare che ciò accadde nella linea materna, perchè gli stessi nipoti avevano con i )oro nonni patemi una correlazione molto minore. In complesso queste ricerche, nelle quali un nostro studioso ba sottoposto per la prima volta al calcolo biometrico 12 la trasmis ione di questo carattere antropologico cosi importante, dimo trano che nella succe ione delle tre generazioni dei nonni, figli e nipoti il carattere « forma generale della testa » si tra mette pe o in modo uguale e as ai pes o in modo simile a quello posseduto da uno dei suoi ascendenti, più sovente la madre e i due nonni materni. La stessa variabilità individuale della forma cranica era del resto minore nelle femmine misurate dallo Zonchello che nei maschi. E risultati analoghi furono trovati da altri miei al• lievi in altri gruppi di Cagliaritani esaminati ad altri copi. Del resto anche per molti caratteri parziali della testa, la va• riabilità loro è minore nelle femmine, e così le anomalie cefaliche vi sono meno frequenti. Quanto ho qui ricordato sulla tra.smis ione dell'indice cefa. lico dai nonni, ai figli, ai nipoti, nelle due linee materna e paterna, è un esempio di quella continuità attraverso le generazioni che si traduce anche in motivi entimentali di grande potenza per i vincoli famigliari. Attraver o il pia ma germinativo passa nei nostri di cendenti qualcosa della nostra . tes a sostanza, onde si riproducono in loro la nostra immagine, le nostre attitudini e capacità, le nostre virtù, le nostre debo• lezze. E questa sensazione di rivivere in loro, e quindi di con• tinuare in qualche modo attraverso loro, è una delle cause principali deJl'afletto e delle cure che nonni e genitori hanno avuto per noi e che noi abbiamo per i no tri figli, e che nella lunghissima fila continueranno ad es ere la ba e della vita sociale. LUIGI CASTALDI Una mctgDilica rappresentazione dei legami somatici e spirituali fra nonna, figlia e nipote nel celebre quadro di Scuola leonardesca agli Uffizi.

STORIA DI UNA ·SETTA. GIUDAICA I ARAI Anche avanti Cristo, nel popolo ebraico erano comprese numerose stirpi diverse, che non sappiamo se rispondessero a disparità di origme etnica o piuttosto a semplice disparità di riti. . Pcrchè questa a<logni modo esisteva sempre, o come principio o come giustificazione. Tali sette, che sopravvissero in gran parte alla dispersione degli· ebrei, sono quelle degli Esauisti, <lei Giudisti, dei Sadduceni, etc. Vi erano fra gli altri coloro che, accettando le Sacre scritture nel la loro purezza primitiva, così cioè come sono accette dalla Chiesa cristiana, rigettavano il Talmud, la co~ì detta legge orale, che sarebbe stata data d,1 Dio a Mosè sul monte Sinai a complemento della Legge scritta. Fra questi appunto sono i Caraimi - caraimo vuol dire colui che legge il vero - e siccome in principio erano certamente in molti a protestare contro la legge orale di interpretazione, senza nemmeno sapere gli uni degli altri, così ancora oggi i Caraimi non sanno fissare una data approssimativa all'origine del loro pensiero. Epoca ~nteriore a Cristo, è quanto essi stessi presumono; ma nulla di più preciso. E' chiaro ad ogni modo che l'idea religiosa precede di molto la prima impostazio. ne di un rito : è soltanto infatti nell'VIII secolo che si costituisce la prima comunità. E' dunque il nome di una religione che è stato più tardi attribuito alla stirpe che la professa. Nella prima metà dell'VIII secolo. e pre. cisamente nel 720 d. C.. fra gli ebrei di Babilonia - alJora principale focolaio di civilizzazione giudaica - apparve Anà.n ben David, uomo istruito e intrepido che attaccò coraggiosamente i falsificatori delle Sacre Scritture. Tutti gli elementi malcontenti, che non avevano osato fin'allora protestare pubblicamente contro gli adepti onnipotenti del Talmud, contro le sue contraddizioni, i suoi disaccordi con la dottrina di Mosè e i libri dei profeti, gli si schierarono naturalmente a lato. Le calunnie dei talmudisti condussero Anàn io prigione, ove questi si incontrò con Abu-Canifa, fondatore della scuola teologica musulmana, i cui adepti formano oggi la massima parte dei musulmani sunniti. feta inviato da Dio agli arabi per la loro redenzione dall'idolatria. Scarcerato, Anàn per sfuggire alle persecuzioni dei talmudisti si reca in Palestina, ove fonda a Gerusalemme il primo tempio caraimo, la chene11a, sottoterra come le catacombe cristiane. Ci sarebbe da chiedersi a questo punto : E se Anàn non fosse stato? O in altre parole : il pensiero caraimo si è concretato perchè ha trovato Anàn, o Anàn l'ha concretato perchè l'ha trO\·ato già per conto suo evoluto? Non è, credo, la prima volta che nella storia si presenta una domanda come questa, e le risposte sono sempre due. La denomjnazione esclusivamente reli. giosa si è dun~<l t.rasformata in nome specifico di po}?'>lo: così oggi la stirpe dei Caraimi ha soltanto questo nome, non avendo conse-cvato quelli della sua nazionalità. La prima propagazione religiosa avviene per mezzo della dispersione dei discepoli dal tempio di Gerusalemme, ali' est, al sud, e al nord, nei paesi limitrofi. All'est, in Persia, da dove poi le comunità caraime emigreranno in Crimea. Al sud in Egitto - al Cairo esiste ancora oggi una grande comunità di oltre 2000 persone - poi lungo il litorale di Barbaria in Marocco, e di là nella penisola iberica. Al nord, a Damasco, da dove nel 1932 il residuo dell'antica comunità si trasportò in Crimea. Più tardi si costituiscono comunità a Izmid - l'antica Nicomedia - a Adrianopoli e a Costantinopoli, dove attualmente vivono forse settanta famiglie caraime. Ad ogni città le comunità caraime hanno dato qualche nome celebre : Isacco Isfagani e Beniamino Nehavendi, teologi, in Persia; Mosè Darai, poeta, e David-el Fazi, scienziato, a Fez; a Izmid il saggio Aron e il filosofo Elia Basciatsci nella Turchia europea. In tutti questi paesi la dottrina caraima ha preso soprattutto fra ebrei. Di ben altra natura e importanza è la ulteriore penetrazione verso nord, ove si convertono popolazioni del tutto straniere, turche e slave, che passano così dal politeismo al monoteismo. Al principio del VII secolo d. C. si era stab_ilito alla foce del Volga il popolo dei Casari, di diretta derivazione tartara, riunito in vero e proprio impero che portò la sua conquista fino alle frontiere orientali di Bisanzio. Gli imperatori bizantini per arrestarne il progresso sollecitarono alleanze e trattati di amicizia, accattivandosene la sitopatia dei capi con combinazioni matrimoniali. E da allora l'amicizia e la benevolenza del potente popolo dei Casari furono spesso ricercate e sollecitate da grandi potenze quali Bisanzio, il Califfato e l'impero Russo, e dai piccoli Stati del Caucaso. Primo casaro a convertirsi caraimo fu il principe Bulàn, governatore della Crimea, seguito da notevole parte del popolo. Al crollo deil'impero dei casari, alla fine dell'XI secolo, la pressione esercitata dai popoli vicini e particolarmente da Comani, Bulgari, Russi, provoca il totale smembramento e la rapida fusione della popolazione autoctona con le popolazioni conquistatrici e limitrofe. Si verifica allora questo fenomeno : che soltanto i Caraimi non si confondono con alcuna delle popolazioni invadenti rimanendo gli unici casari non snazionalizzati; fenomeno che si spiega molto facilmente. L'assimilazione dei Casari alle nuove popolazioni avviene per un incontro di confession i : i casari cristiani si assimilano ai Abu-Canifa persuase Anàn della autenticità prof etica di Maometto, e così oggi i caraimi venerano Maometto come il pro- Sacerdote caraimo, maestro di scuola a Troki. 13

La Chenessa, tempio caraimo. cristiani, musulmani ai musulmani, e così via. Perchè è bene ricordare che qui, come in tutta una vasta zona dell'Europa orientale, avviene che praticamente il concetto religioso si confonde con 'quello nazionale, fatto che non si verifica in occidente. I casari caraimi invece non trovano caraimi presso alcuno dei popoli assimilatori e rimangono quindi isolati in un nucleo che non è soltanto più una comunità in uno Stato, ma l'ultimo residuo nel mondo di. una stirpe sommersa. Nel 1398, entra in scena la Polonia. Il granduca Vitoldo·, di ritorno dalle campagne d'oriente, riporta prigioniere dalla Crimea 500 famiglie caraime, per colonizzare - dicesi - vasti territori abbandonati. Da questo momento la storia di queste famiglie, alle quali più tardi altre se ne aggiungeranno, ha una lunga esistenza di pace e di buon accordo con le autorità, pur rimanendo sempre vivo un legame che le avvince alla terra d'origine. Nel palazzo Ducale di Venezia, un antico disegno geografico della penisola taurica reca questa iscrizione : « Casarea aut Crimea » : e ciò a dimostrazione di quanto fosse unito il concetto della Crimea con quello del popolo casaro. Le 500 famiglie si stabiliscono a Troki, presso Vilno, e più tardi alcune si distaccano dal gruppo per colonizzare nella vicinissima Vilno e in Galizia orientale, a Halicz e a Luck, essendo note, fin dall'origine della loro forzata migrazione nel nord della Polonia, le loro attitudini rurali e le loro specifiche qualità agricole. 14 o L'arrivo di nuovi contingenti dall'oriente fa sl che nel XVII secolo si contino in Polonia 30 comunità caraime, stabilite in speciali quartieri di borghi e città (detti Caraimsrezisna). Interessante è la considerazione della loro vita dal punto di vista militare, poichè i Ca.caimi formavano due reggimenti speciali, nei quali caraimi erano non soltanto i soldati ma anche gli ufficiali. E ciò non fa che precisare il contrasto che li separa dagli ebrei, contrasto che si manifesta nelle più intime espressioni di vita. Il granduca Casimiro Jaghellone accorda ai Caraimi speciali privilegi, riconfermati successivamente dai re di Polonia. Degno di attenzione è il privilegio accordato da Ladislao IV nel 1646 per non confondere 1 Caraimi con gli ebrei ai quali era stato interdetto l'acquisto di terre. Più tardi, quando la penisola di Crimea passa alla Russia, anche i Caraimi là rimasti - è da tener sempre presente che si tratta di caraimi casari - godono privilegi notevoli : Caterina II firma per loro un rescritto l'8 giugno 1795. Non stupirà quindi che l'impero russo abbia rispettato i privilegi di Casimiro Jaghellone durante il periodo della dominazione russa sulle provincie orientali della Polonia. Anzi, nel 1837 i Carainù ottennero di eleggersi un capo della comunità religiosa, un « Hachan », e nel 1863 la conferma di privilegi precedenti. Tuttavia l'autonomia dei Caraimi in Russia era ancora limitata dal fatto che l'elezione del Hachan doveva essere confermata dal governatore del distretto. Inoltre era ammesso l'intervento dell'autorità amministrativa in caso di lagnanze di interessati contro il Hachan o nel caso che il Hachan stesso nelle sue decisioni sconfinasse dai diritti concessigli. In seguito alle diverse vicende subite dalle varie comunità caraime sparse in oriente, e l'ortodossia religiosa che ha imposto il principio di purezza di stirpe, si può calcolare che attualmente i seguaci della religione caraima non siano in tutto · il mondo che in numero estremamente esiguo, sebbene di difficilissima precisazione; ripartiti in tre gruppi distinti : 1) Nel levante, particolarmente a Gerusalemme, presso Bagdad, in Egitto e a Costantinopoli. Questi caraimi, di origine ebraica, sono forse i più numerosi, ma sono anche i meno importanti dal punto di vista storico di sviluppo sociale come dal punto di vista etnico. Vi si aggiunga la difficoltà di dare a questo gruppo confini precisi, sia per quello che riguarda l'estensione geografica della loro diffusione entro i connni dell'antico impero ottomano, sia soprattutto per quanto riguarda il rapporto che queste comunità lontane da un centro spirituale hanno con la religione ebraica o con le sette di questa, con le quali L'archivio storico dei Caraimi. ultime si confor sissima entità se nei pressi di C tenenti sono di Eccettuati qm questo primo g1 largo uso della 2) Sulle riv sfocia nel Mar taurica, e nella Caraimi, dei qua modo, la attuale cosacchi, quindi 3) In Crimea nucleo di Carai portante, sia per ligiosa, sia per zione di un elerr i Casari. mo facilmente. Di scar- , due minime comunità antinopoli i cui appargine greca. ultimi, i Caraimi di 1po fanno naturalmente gua ebraica. del Cubao, fiume che 'ero presso la penisola :ione del Volga. Questi ignoriamo, anche gro so :1sistenzanumerica, sono i spiccata stirpe slava. in Polonia. E' que to il assolutamente più imevoluzione storica e refenomeno di conserva• to etnico ormai estinto : Dei Caraimi al a.!mente ancora rcs1dent1 in Crimea non ssiamo valutare: rentità numerica per La ~ ersecuzione a cui sono stati soggetti durante la rivoluzione e d1. parte del regime sovietico, che ha imposto la chiusura delle chenesse, dando così luogo a numerose dispersioni per graduai<: ir.filtrazione di' elementi caraimi, sia pre. so popoli di altra religione e di altra stirpe. sia in altre regioni. Crediamo però di non commettere trop-. po grave errore calcolandoli approssimativamente di numero inferiore ad ogni modo al complesso dei Caraimi di Polonia CARLO MAGNINO

CONTINUITÀDELLARAZZA Il guerriero di Capestrano. ][ l problema della razza, nel campo politico, fu posto dal t;)uce con tale chiarezza da non ammettere altra soluzione possjbile e necessaria : poichè è evjdente l'esistenza di razze diverse, ed è storicamente provato che talune tra esse sono refrattarie o dannose al progredire della civiltà, consegue la necessità assoluta e urgente della difesa. Le singole scienze, che con i loro metodi indagano i problemi razziali, molteplici e talora interferenti, tecnici e pratici, si trovano dinanzi un vasto e complesso lavoro. Intanto nessuna scienza, da sola, può definire la razza umana, come il naturalista non definisce la specie organica, poichè la vita, di cui specie e razza sono esponenti, non si racchiude entro una breve formula. La razza è nelle scienze biologiche, naturalistiche, preistoriche, ma anche - e non meno - nel pensiero religioso, artistico, filosofico, nelle scienze dette morali, la storia, la sociologia, le discipline giuriE DELLA CULTURA PRIMlTl·V A lN ITALIA diche, la tradizione. Soprattutto è nel sentimento e nella consapevolezza, che risorgono insopprimibili e implacabili nei giorni della minaccia. La più antica minaccia contro lo straniero è scritta, per noi, io una deUe tavole eugubine. La razza si elabora nei millenni e va considerata con criteri genetici. Sotto questo punto di vista sono, è vero, non lievi lacune. Nacquero, come avviene in ogni giovane scienza, affermazioni premature e troppo fragili schemi filetici. Ma le conquiste ormai sicure, affidano di ulteriori conquiste. La razza umana, per oi:a più antica, antenata, pare, dei Neanderthal - l'ultima e la più straordinaria scoperta, non ·ancora divulgata al grande pubblico, poichè continuano le ricerche, sotto il controllo di una Commissione scientifica internazionale - è quella del Sinantt'opo, apparso in una vastissima caverna presso Pechino, di cui si sono già recupera ti oltre 20 crani. Risale a 100-200 mila anni fa? Spaventoso e orribile, è indubbiamente un vero uomo: accende i suoi focolari; trasceglie i materiali per il lavoro; pratica forse un rito funebre o magico (Breuil; Padre Schmith). Anche la paletnologia, benchè non si occupi direttamente di razze, ma di culture, cioè dell'origine dell'incivilimento, appunto perciò diveniva, con la paleoantropologia, campo aperto alle competizioni razziste, per opera di dotti stranieri, che alla loro razza vollero assegnare predominante merito. Si giunse aU'assurdo negli ultimi tempi: eminenti antropologi stranieri credettero di aver dimostrato scientificamente inesistente la razza italiana. non altro che popolo di meticci ; si asserì che Garibaldi e Cavour non erano italiani perchè brachimorfi (teste rotonde); discussa l'italianità di Dante_. Deliri. Per quanto riguarda la cultura, si sosteneva che la Penisola appenninica dal quaternario paleolitico, ai tempi protostorici, come nei tempi storici, o medievali, aveva visto un seguito ininterrotto di invasioni, sia che calassero daUe Alpi o giungessero dal mare. Tutto ci era sempre portato. Per i tempi protostorici, le « calate » dalle Alpi più sostenute erano quelle dei Terramaricoli, dei Villanoviani, dei Latini, degli Etruschi. Villanoviani ed Etruschi si supposero anche venuti d'oltre mare. Nè il dibattito è cessato. L'etnologia preistorjca può dimostrare la continuità sostanziale della cultura primitiva dall'età eneolitica a quella protostorica del ferro, via via elaborata· per virtù propria, dalla razza di cui l'antropologia somatica attesta la continuità sulla Penisola appenninica. La scienza francese, benemerita nel campo della paleontologia umana, aveva ritenuto che tutta l'umanità fosse passata per le stesse fasi, osservate nell'Europa occidentale, il che per primi contrastarono, tra noi, Issei e Pigorini. Studiosi italiani e stranieri hanno finito col riconoscere l'esistenza suJla Penisola di una cultura primitiva, che sostenemmo indipendente dall'Occidente, caratterizzata anche per la presenza di uno speciale idoJetto femminile steatopigio, di cui è esempio la « veneretta » di Savignano sul Panaro. Cultura che fu detta grimaJdiana dalle celepri caverne liguri di Grimaldi, diffusa ed abbondante, come oggi si sa, per tutta la Penisola e in Sicilia; ritrovata poi in Austria, in Polonia, in Transilvania etc., fin nel centro dell'Asia. Non è senza significato rilevare, . nella ignoranza nostra della provenienza delle forme più antiche (Neanderthal a Ponte Vaso dell'età del bronzo (Cetona). Vaso eneolitico garganico.

Il Ornamenti e pugnali cli bronzo cli Filettrano (Marche). Nomentano, Roma; Uomo dell'Olmo, presso Arezzo), l'ipotesi avanzata che i GrimaL diani rappresentino una prima gente venuta dall'Oriente penetrata in Italia, al finire del quaternario, attraverso la piana emersa del1' alto Adriatico, mentre passava in Sicilia un altro ramo che, deviato verso la Palestina, aveva raggiunto la Tunisia. Ma i dotti francesi, che avevano abbattuto il ponte afro-siculo, non ammettevano che si fosse varcato il braccio di mare tra la Tunisia e la Sicilia, fissi nell'idea che l'Italia non avesse servito di transito al popolamento dell'Europa. I dotti tedeschi videro nell'età eneolitica l"avanzata vittoriosa dei loro Bandkeramiker che, penetrati con la cultura di Michelsberg nel 4-3 mila a. C., in Svizzera, quindi in Italia, si diffondevano per buona parte d'Europa. Secondo dotti svedesi e spagnoli, sarebbero stati fronteggiati daU'espandersi della cultura iberica, che, uscita dalla Spagna centro-meridionale, lasciava per le vie 16 ( o s· di Europa, indubbie tracce, l'alabarda e il tipico bicchiere campaniforme, giunto questo anche io Sicilia, in Sardegna, nella Valle Padana. * * * Accogliendo le idee dei glottologi, si potrà vedere, nell'alba del rame, la prima espansione degli Ari. Si osserva in questa epoca la prima comparsa dei brachimorfi in Europa, segnalati per l'Italia a Montecelio, presso Tivoli ed in qualche altra località centrale (Sergi), nella caverna di Isnello in Sicilia. Ma è ovvio ritenere che gli Ari, che si insediarono nell'Europa Centrale (Ario-germanici) e quelli stabiliti nell'Europa meridionale (Ario-mediterranei) andavano incontro ad una evoluzione diversa, se non altro culturale. Ciò non solo per la diversità dei luoghi quanto per le diverse genti pre-arie più a luogo persistite in talune località. Cosl la Croazia fu vista come una provincia dei Neanderthaliani di cui taluni caratteri sopravvivono nell'attualità (Zupanic). Gli ario-mediterranei, d'altronde, venivano a contatto con genti di più mobile fantasia, dotate di precoce sentimento artistico; favorite da migliori sedi, da scambi marittimi. Nella penisola appenninica antichissimo e magnifico fossile è l'Uomo della Maiella scoperto a Lama dei Peligni, sotto un viifaggio neolitico in strati sicuri ( fu donato all'Istituto Antropologico dell'Università di Roma). Il teschio ha nobili forme; mani e piedi assai piccoli; straordinaria robustezza degli attacchi muscolari; femori e tibie che accennano una razza da tempo insediata sui monti. E' certo un campione, per ora il più antico della razza che dovette avere, riconosce anche il Ducati, parte notevole nell'elaborare la nostra civiltà (Congresso Bruzio-lucano 1932). Per vero questa gente <:cntinuava nell'età del bronzo e del ferro, nell'Italia Centrale Appenninica. La nostra cultura dell'età della pietra levigata ha un suo proprio carattere, per .la presenza della bella ceramica dipinta in stile geometrico semplice ma bello, prima attestazione del nostro gusto artistico. E' gente che vive in un certo benessere; possiede, sul Gargano e in Sicilia, le prime mi~iere per estrarre la selce piromaca. Interessa ricordare alcuni suoi singolari usi funebri che attestano i suoi effetti. Un cacéiatorc di Ripoli (Teramo) è deposto da 5 mila anni col suo cane fedele. Nel grande villaggio di Serra d'Alto (Matera)- circondato da ampie triocere, spesso il morto è deposto in una nicchia della sua stessa casa, uso che i testi ricordano per l'età storica, che dava poi luogo alla revisione dei Lari domestici. I simboli religiosi dell'Oriente Mediterraneo giungeranno più tardi. Il rito funebre ligure di seppellire il morto accosciato entro piccole casse di pietra, aggiungendo a corredo conchiglie marine e un pugno di ceneri e carboni, ricordo del focolare domestico, giunge in Val d' Aosta e in Svizzera. Sono pastori e agricoltori. Importano dal massiccio calabro e dalle Alpi, pietre pregevoli per le loro armi, dal. l'emporio di Filacopi (Melos) l'ossidiana, che giunge sui laghi lombardi. Perviene loro dalla Spagna l'argento, col bicchiere campaniforme. Epoca di tranquillità e benessere, di cui forse restava pallido, mitico ricordo, quando, più tardi, la necessità di difendere i cresciuti beni, faceva sorgere i conflitti. Anche nell'età del bronzo la cultura nostra ha carattere proprio e si distingue in quattro provincie delle quali due, la sicula e la nuragica, con diverso colore, come hanno dimostrato le scoperte dell'Orsi e del Taranelli. Fondamentale è la civiltà eoea appenninica rivelataci, omogenea e compatta, da 60 stazioni, diffuse per gran parte della Penisola, cui due ora si aggiungono, scoperte a Ischia da un giovane

allievo dell'Università di Roma, Giorgio Buchner. Sono di questa gente le caverne sacre, di monumentale aspetto, nelle quali forse si prestò un culto alle acque salutari. La più straordinaria è quella della Pertosa, nella prov. di Salerno dalla cui bocca esce un fiume. Qui il culto di S. Michele Arcangelo santiiicava l'antro e continuava il culto dell'età grecanica e preistorica. Apparteng6no anche alla stessa gente i dolmen pugliesi, sepolture collettive, e i monumenti megalitici delle Puglie. E' gente legata per la razza e per la cultura all'età precedente; impara presto a fon. dere il bronzo. Le eleganti stoviglie caratteristiche, nero-lucide, incise a larghe fasce e punteggiate di bianco, con manici ornamentali, mostrano il suo gusto artistico. Le famose terramare della Valle Padana, sulle quali si battagliò a lungo poichè si era creduto che fossero la chiave di volta della preistoria italiana, ne sono una f acies provinciale. Furono erette da indigeni, non da stranieri, nella seconda fase del bronzo, quandÒ l'invasione glaciale aveva chiuso i valichi alpini. Ciò è stato posto in chiara luce dagli studi dei geologi, naturalisti, pa. !etnologi svizzeri. A sud delle Alpi, la minor trasparenza atmosferica si risolveva in nevischi e piogge e costringeva ad alzare l'argine delle terramare e a sollevare le case su pali. All'inizio dell'età del bronzo, prima che le terramare sorgessero, contatti con genti ario-germaniche penetrate nella Valle Padana da Oriente, adducevano a noi il rito funebre dell'ustione, non già il complesso della cultura, che è indubbiamente legato a quell;i. appenninica come le revisioni hanno dimostrato. Al chiudersi dell'età del bronzo, intorno al X sec. a. C. una catastrofe climatica cac- •ava nella Svizzera gli abitanti delle palafitte lacustri, disperdeva, da noi, i terramaricoli. E' il tempo in cui al Pianello di Genga (Ancona) l'ultimo lembo di una vastissima frana avanza sullo strato eneo ; il terremoto crollava gli abitati trogloditici di Cetona; in qualche caverna garganica lo strato del ferro si adagia su uno strato franoso. Prima che l'alba del ferro sorgesse, trascorreva e la preparava un'età di transizione. Ma qui abbiamo una lacuna neJla nostra conoscenza. Conosciamo bene l'~oluzione della cultura dai terramaricoli ai villanoviali ai quali ultimi si dette eccessivo valore, considerando essi soli come italici. Ma ci mancano, perchè non cercati, gli anelli della catena parallela dalla cultura enea appenninica a quella rivelataci dalle necropoli di Alfedena, vastissima que. sta, e di Crespellano, del VII-VI sec. a. C. Sotto il dominio della teoria classica, questo problema rimase nell'ombra. Opportunissimo pertanto il voto espresso dall'Istituto di Studi Romani, su proposta di Giglioli, perchè si eseguano ricerche metodiche 10 codeSte importantissime regioni. Alfedena e Capestrano ci offrono una bella e pura civiltà. Da Capestrano, esce l'ammirevole statua di un Duce, illustrata dal Moretti_. Ha un grande elmo a tesa, come taluni piceni, piumato; la caratteristica corazza sannita; singolari sandali, provvisti di punte, forse per reggersi sulle. piane ghiacciate. Di statura non alta, con le forme robuste, ma agili, esso sembra un nostro bersagliere. Nella regione dalla Sabina al territorio osco-sannita, ove la tradizione storica pone il centro degli italici, con l'isola Sacra del lago di Cutilia, 11mbilic11sllaliae, dovette elaborarsi I'ethnos italico. Regione quanto altra mai propizia vasta e fertile, abbastanza internata per permettere il formarsi ed il progredire di una bella civiltà, salda nella sua compagine, ma non cos1 chiusa da impedire il lievito di nuovi apporti. * * • Quando non si conosceva Ja nostra fondamentale cultura enq, si sopl"avvalutarono i terramaricoli padani e si vide in loro un popolo straniero, unificatore primo della Penisola non solo, ma gli stessi fondatori di Roma, benchè mai sia apparsa fuori della Valle Padana una terramara, nè i ,loro discendenti, i Villanoviali, discendessero oltre una linea Rimini-Circeo. E tuttavia si asseri che una terramara era stata fondata sul Palatino, precedendo la Roma quadrata (nel nome palatal parve il ricordo della palafitta). E si è ripetuto, anche di recente, che codesti stranieri avevano dato ai romani le norme e i riti per la fondazione delle città e degli accampamenti militari, la disciplina nel lavoro, l'austero carattere. Non sembri irriverente accennare cosl di scorcio a tali eventi. Non sarà inopportuno richiamare in un articolo divulgativo che dèi tre clementi che indubbiamente cooperarono alla fondazione dell'Urbe, i Villanoviali discesi dagli indigeni terramaricoli ; non i Sabino-Latini, discesi dalle genti enee appenniniche; tutt'al più nuclei allogeni erano potuti penetrare negli Etruschi, ma erano ormai assimilati. Il solco dell 'eponimo, che apriva un'era nuova, trovava uno stato di cose preesitenti, preparato nell'oscu. rità dei secoli. Le capanne villanoviane erette sul Palatino e sul Quirinale, come forse su altri colli, erano state precedute da genti dell'età della pietra di cui si raccolsero umili vestigia, disperse entro la cerchia stessa dell'Urbe. Qualche località del territorio falisco, ad esempio Piazza Castello, presso Corchiano, sembra offrirci suggestivi confronti. Per la struttura, quel colle, isolato tra due vallecole, ci richiama il Palatino : la spianata superiore, limitata in parte da un aggere di grandi parallelepipedi, come a Roma quello tardo dell'epoca dei Re, aveva tracce villanoviane : nelle caveroette sottostanti, sui fianchi dirupati, lo strato villanoviano ricopriva quello dell'età del bronzo e questo si adagiava sullo strato grimaldiano. Tali vestigia grimaldiane si sono trovate copiosissime in parecchie cavemette falische e giungono fino al mare: si sono ora ritrovate in due caverne sul Circeo (A. Blanc). Sporadiche attorno a Roma, penetrarono neJJa Grotta delle Gioie presso il Ponte Salario, forse in altre cavemette. Evanescenti, ma non trascurabili indizi di epoca troppo remota. Più tardi, nell'età protostorica del ferro, l'accostarsi degli elementi detti determinava il sorgere della città destinata a fondere e improntare di sè le genti italiche. Incomincia, con Roma, avvertì il Duce, la razza italiana. Questa figura ripete le condizioni ambientali del Palatino. Sopra le c:aTemette con la cultura ~alcliana (come, forae, nel Lupercale, certo nella Grotta delle Gioie al Ponte Salario, ecc.) stanno Teatigia cli un 'rillaggio 'rillano-riano, come aul Palatino (a destra. a pena ai cliatingue un muro, come quello di Serrio Tullio). 17

L' AUTABOHIA ALIIENTABE DIFESA DELLA "Gli albnenti non Influi eono soltanto MDI eorpl per Cortlfiearll o inclehollrll ma aoehe Moll'anima per· produrre ,rii MteMNI effetti" P,LATO~E l problemi dell'alimentazione ono di un'enorme importanza . nazionale, in quanto interessano direttamente la salute, l'efficienza, ed il miglioramento della razza italiana. La scienza dell'alimentazione, non è, come da alcuno si è voluto ammettere, una scienza a sè, astratta, racchiusa in un freddo laborato1 - nella vana ricerca di dati, ma scienza viva, umana, che tra~ suoi ammaestramenti principalmen.te ed unicamente dall'uon SCHEHA I ltli,;Uoramento dell'alimenta:idone italiuna nell' ulth1 trentennio (l"eriodo pre e post-bellico) DI PONIBIUTÀ E CONSUMO DEI PRODOTfl ALIMENTARI Disponibilità giornaliera per persona, calorie • . . . . Incremento annuale de!le calorie di origine animale . • - • Disponibilità della farina di frumento per persona . Disponibilità della farina di segale per persona • . . • . • Disponibilità della farina di granturco per pt:rsona . Disponibilità della farina di riso per persona • Consumo di verdura per abitante kg. Consumo di frutta fresche totale Q.li Consumo di uva fresca totale Q.li Consumo di laue per persona Consumo di b11rro per persona . ANNI 1910-1914 I 1929-19Sl 2.895 3,291 120.000 160,000 100• 114,91 100• 104,,65 100• 93,72 100• 92,20 32.15 39,21 4milioni 12 milioni 2 milioni 5 milioni 100• 112,52 100 • 194,92 N.B. 100 • = indice di consumo cioè prendendo roo come base. dalla vita e dai suoi continui ed inevitabili mutamenti. Nulla come l'alimentazione, varia in rapporto al tempo, ed in rapporto allo spazio; si può dire che l'alimentazione sia la caratteristica più che di un'epoca, di un popolo, di una razza. Intimi e solidali sono infatti i rapporti che gli organismi assumono con l'ambiente che li circonda, di guisa che ciascuna razza possiede un tipico complesso anatomico, f½iologico, psicologico. Tipico è anche il fattore biologico, in quanto che il suolo, con i suoi prodotti che offre all'uomo, incide profondamente ugli organi mi e sulle loro caratteristiche . « Der m.ensch ist was er isst ».•Se i'uomo. per usare la brutale e pressione di Fuerbach, è composto di quelle stesse sostanze che egli assimila, è evidente che il uol_oed i suoi prodotti lo· pla. mano, sia fisicamente che spiritualmente. E' un fatto ormai acquisito dalla scienza che, ad esempio, la mancanza di vitamina B, possa causare disturbi nervosi, che culminano con stati depressivi, ansiosi, ed in intimo rapporto vi è stata messa la cefalea e la diminuzione della capacità della attenzione. Se noi esaminiamo, inoltre, gli alimenti che i diversi popoli hanno saputo trarre dall'ambiente animale e vegetale, troviamo un mirabile adatt.amento biologico, ai vari prodotti che i climi diversi e le diverse terre possono fornire all'uomo. Tipiche a riguardo le civiltà europee alla coltura de) frumento, ed al riso quelle asiatiche ed orientali. Indubbiamente l'istinto ha condotto l'uomo ad ingerire una determinata quantità e qualità di alimenti, sufficiente e bastevole ai bisogni del suo organismo. Ma non sempre l'appetito e l'istinto possono dare l'esatta misura del cibo che dobbiamo introdurre. Caratteristica di ogni popolo è di mangiare più del necessario. I problemi alimentari debbono uscire dall'empirismo, le ricerche scientifiche, sostituendosi alla moda ed al capriccio alimentare, investigare se gli orientamenti odierni della scienza della alimentazione sieno giustificabili con la attuale alimentaztone dei popoli, notando principalmente se il regime alimentare ideale sia in tempo di pace garantito come durante restrizioni belliche o di altra natura. E' stato detto che non viviamo per ~angiare, ma mangiamo per vivere. Questo non deve però impedire che il corpo umano soddisfi le necessità fisiologiche alimentari, senza nocumento sia fisico çhe spirituale. < Gli alimenti non influi-scono soltanto sui corpi per forti/ icarli od indebolirli - diceva il divino Platone - ma anche su l'an,ima per produrre gli stessi e//etti>. Fin dal secolo XVIII, Jacopo Bartolomeo Beccari notava che altro non siamo che quello stesso di cui ci alimentiamo. Tali parole, ci confermano il postulato, che l'uomo, questo sconosciuto, è un'entità sia materiale che spirituale e che materia e spirito sono un complesso indisi,olubile, ma in stretta relazione. Fino ad oggi, si è data molta importanza alla alimentazione carnea per creare generazioni di uomini forti e dominatori. Notando che poche decine di migliaia di Inglesi carnivori e ben nutriti riescono a domi-

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