La Difesa ddella Razza - anno II - n. 1 - 5 novembre 1938

questionario '],a.oow, f?I dl{.el.l,a, della ~ ~ ~f?I Francesco Davolio Marani, farmacista di Fabbrico (Emilia) ci scrive che la questione ebrea fu posta dal Duce fin dal 1922, con lo scritto, pubblicato dal "Popolo d'Italia", intitolato ~ Ebrei, Bolscevismo e Sionismo Italiano >, ricordato da Giovanni Preziosi, nel N. 5 della nostra Rivista; e ci fa considerare l'opportunità di ripubblicarlo tantoppiù che un cosl significativo scritto non è staio compreso nella raccolta degli scritti e ,;liscorsi del Duce. Aggiunge che a pagina 156 del II volume di tale raccolta si possono però leggere le memorabili parole del e: Discorso di Bologna> sulla forza ariana e mediterranea della stirpe italiana. Allora il Duce disse il fascismo esser nato non soltanto dalla sua mente o dal suo cuore, non soltanto nel palazzo di piazza S. Sepolcro, e ma da un profondo perenne bisogno di questa nostra stirpe ariana e mediterranea che a un dato momento si è sentita minacciata nelle ragioni essenziali dell'esistenza da una tragica follla e da una favola mitica che oggi crolla a pezzi nel luogo stesso ove è nata>. Eugenio Fischer, l'illustre antropologo, direttore dell'Istituto Imperatore Guglielmo di antropologia e scienza dell'ereditarietà umana ed eugenica, a Berlino, nel comunicarci l'abbonamento dell'Istituto Imperatore Guglielmo alla nostra Rivista, ci scrive, tra l'altro: e mi congratulo anche per tutta la bella battaglia che si sia svolgendo per la razza. Sono convinto che essa sia una fortuna per l'intero vostro popolo. Per noi tedeschi è cosa particolarmente lieta che, anche in questo campo, andiamo di pari passe con gli amici italiani>. In Grecia, ci scrive I. Koumaris, professore dell'Istituto Antropologico di Atene, esiste da dodici anni una norma governativa che vieta agli stranieri di stabilirvisi, e quanto agli ebrei, questi non possono entrare, ma hanno in Grecia soltanto un diritto di transito. Tali provvedimenti - dice il chiaro antropologo ateniese - impediscono l'invasione in massa e l'alterazione della razza. Inoltre egli ci parla d'altri fatti che riguardano la difesa della razza greca e le questioni della nostra Rivista. In Grecia è rarissimo se non impossibile il matrimonio di greci con persone di razza 46 non europea, come israeliti, turchi, mongoli, genie ài colore, e ciò soprattutto per ostacolo d'ordine religioso: un israelita, per esempio, non può sposare una greca, se non a condizione d'essere battezzato; perchè soltanto il matrimonio religioso ha in Grecia effetto civile; ed il costume religioso ha salvaguardato la Grecia da profonde mescolanze, durante i secoli di conquiste straniere. Le genti di colore non sono una questione in Grecia e non hanno mai attratto l'attenzione d~l legislatore, perchè sono rarissime. •Vi sono invece vere e proprie leggi di difesa delle discendenze, come quella del 24 luglio 1920, N. 2450, che vieta ai lebbrosi il matrimonio, li obbliga all'isolamento, e impedisce che possano entrare in Grecia stranieri affetti da lebbra; quella del 25 aprile 1937, N. 651, che riguarda il tracoma e la sifilide ereditaria o piuttosto congenita, e la quale esige che il matrimonio possa essere celebrato soltanto da persone immuni da tali malattie e a condizione che in certi distretti l'immunità sia accertata da un medico. Quanto al matrimonio fra stranieri, l'opinione del professor Koumaris è contraria a questa specie di unioni, soprattutto per ragioni ch'egli chiama psichiche, cioè morali e attinenti all'animo e alla sensibilità. Egli è persuaso che prima o poi una politica di razza sarà fatta da tutti gli stati, in modo diverso, a seconda delle condizioni di ciascuno; persuaso che i greci potranno andare più avanti nella difesa della sanità delle razza, istituire l'ufficio di consultazioni e il certificato prematrimoniale, dapprima facoltativo, quindi codificato; le leggi limitative, l'isolamento, la sterilizzazione, ecc. Un lettorn ci manda un vecchio giornale di Piombino. Si tratta del Martello, periodico se'.timanale sindacalista, n. 128 del 12 giugno 1909, anno quinto. Si tratta anzi di mezzo giornale, la prima e la seconda pagina, dedicate a uno sciopero agli alti forni, e vi si apprende che allora la direzione degli alti forni e della fonderia di Piombino era in mano di Max Bondi e di altri ebrei, che trattavano gli operai italiani con dispotica durezza di sfruttatori, tanto che un operaio, messo un giorno alla disperazione, fece per gettare nel forno un ingegnere ebreo. L'articolo di fondo s'intitola l'ebreo, è interamente dedicalo alla razza ebrea e a Max Bondi. Dice tra l'altro: e: Pare che una segreta promessa, un giuramento tacito, rinnovantesi attraverso i secoli vissuti fra i cancelli del ghetto e le persecuzioni, leghi l'antico adoratore del Vitello d'Oro ad una eredità fatale di odii repressi da quella viltà originaria della schiavitù >. Dice inoltre: «Oggi l'ebreo potente, fra lo stridere degli acciai e delle sirene, vede una generazione che non è la sua, alla quale mai volle appartenere, e gode d'averla fatta schiava>. E conclude: < M. Bondi, voi appartenete a quella razza>. E' dunque più che un presagio e una intuizione. Soltanto che a quel lontano nostro compagno di lavoro fu allora vano l'aver capito e scritto che la carne viva della nazione era asservita al potere dell'oro e della speculazione. Egli vide chiaramente quel che noi ora vediamo, e la sua parola rimase lettera morta. Noi che col suo stesso sentimento sentiamo oggi di servire l'Italia, noi meno sfortunati di quello sconosciuto redattore del Martello di Piombino e dei suoi collaboratori, gli mandiamo un saluto, e ricordiamo le sue parcle a quanti ancora vorrebbero mettere il contatore alle nostre. ~~ Un lettore di Milano ci manda il seguente taglio di non sappiamo quale giornale: La polizia ha in questi giorni arrestato un gruppetto di giudei che operavano contro lo Stato. Fra questi messeri vi è anche il professor Colorni. Il « Corriere della Sera> ha raccolto interessantissimi particolari sulla losca attività pubblica e privata di questo signore e fra l'altro dice: e Strettissime erano le sue relazioni con un fratello della moglie, Otto Alberto Hirschmann. Il cognato si era anch'egli introdotto nel mondo universitario e recentissimamente si era laureato con una tesi dal titolo e Come e qualmente una madre che abbia figli oltre il numero di quattro, dia figli che sono portati a morire o a essere malati ». E' qui che vogliamo fermare l'attenzione dei nostri lettori. Che il giudeo Otto Alberto Hirschmann abbia, più o meno bene, svolta ia sopradetta tesi, non ci meraviglia. Quello che è ·curicso invece è sapere il nome del professore che ha accettato tale tesi e quali furono le argomentazioni innanzi alle quali il dotto professore si diede per vinto e sene il bisogno di donare alla società un nuovo laureato. Non vorremmo che grattando un poco trovassimo un altro giudeo. * * * Aggiungiamo che grattando si potrà anche trovare un italiano invece d'un ebreo, ma un italiano di educazione, di cultura, di scienza ebraica, e questo è il maggior pericolo che insidia la nostra scuola. Lo possiamo chiamare l'eredità ebraica. E' stato possibile impedire che gli ebrei continuassero a educare la nazione italiana. E' molto più difficile sgombrare la scuola dalJ· eredità ebraica; eppure, senza compiere quest'altra operazione, non possiamo impedire che gli ebrei continuino per interposta persona a educare i no.stri giovani. Il compi lo più difficile che la politica della razza ci ha messo davanti è ora questa sceverazione della materia e dell'indirizzo . scolastico.

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