La Difesa ddella Razza - anno II - n. 1 - 5 novembre 1938

Farrell : film tutti e due troppo dolciastri e sentimentali nell'opporre il grande amore alle conseguenze della guerra. I rifacimenti sonori rispettivamente nel 1933 « La suora bianca » diretto da Victor Fleming, con Helen Hayes e Clark Gable, nel 1936, « L'angelo delle tenebre » diretto da Sidney Franklin, con Fredric March e Mede Oberon, e « Settimo cielo » diretto da Henry King, con Simone Simon e James Stewart, ripetono e anzi accentuano la mentalità dei film sui quali sono stati ricalcati. Così si arriva, nel 1927, al grande spettacolo intitolato « L'arca di Noè » diretto da Michael Curtiz, che paragona la guerra a grandi catastrofi, nascosto appello alla fratellanza internazionale; a « Reticolati » diretto da Mauritz Stiller, al divertente « Peggy va alla guerra » diretto da Henry King, a « The Shopworn Angel » diretto da Richard Wallace, recentemente rifatto con lo stesso titolo da H. C. Potter, a « Hotel Imperia! » (L'ultimo addio) diretto da Mauritz Stiller, supervisionato dal- !'ebreo Erich Pommer, con Pola Negri e James Hall; e, nel 1929, a « The Case of Sergeant Grischa », diretto da Herbert Brenon, tratto dal romanzo dell'ebreo Arnold Zweig, di cui conserva tutto il sapore polemico. • La campagna disfattista accennata in qualcuno di questi film, dal 1930 in poi si inasprisce e culmina in un gruppo di film, di cui uno soprattutto ha offeso la nostra fierezza di italiani. Il primo di essi è « All Quiet on the Western Front» (Niente di nuovo all'Ovest), tratto dal romanzo di Erich Maria Remarque, diretto da Lewis Milestone, sceneggiato da Maxwell Anderson, Del Andrews e George Abbott. E' un film chiaramente disfattista, per tema, per principio. Uno stile scarno e scene raccapriccianti lo sostengono. Par darne un'idea, basta ricordare la parte finale in cui Paul, impersonato dall'attore Lew· Ayres, in licenza dalla guerra, entra in scuola, dove il prof essore pronuncia parole sulla guerra e infine esalta il reduce, che di rimando dice : « La guerra è una cosa mostruosa, orribile ». Nè a scuola, nè tra gli amici, nè in famiglia trova un'idea, come egli vuole imporre, della guerra; nulla da fare; torna al fronte in un afoso pomeriggio. Anche nella trincea, dove i compagni sono buttati nell'ozio, è silenzio. Paul esce per fare qualcosa, sta per acchiappare una farfalla. Qualcuno, dal!' altra parte, tanto per fare qualcosa, lo fredda con un sol colpo. « Amore perduto» (The Man of Yesterday), da un soggetto di O. H. P. Garrett, Nell Blackwell, Roland Edwards, diretto da Berthold Viertel, con Claudette Colbert, Clive Brook, Charles Boyer, svolge il tema della lontananza a causa della guerra nociva agli affetti familiari: l'uomo che ritorna, trova, presso la sua donna·, un altro uomo. 42 Questo fatto si trova accennato, con uno spirito meno tragico, fin ne « La grande parata ». La stessa tesi, in forma potente e quasi allucinante è trattata in « Broken Lullaby » (Ninna-nanna spezzata, conosciuto anche col titolo « The Man I Killed » _ « L'uomo che uccisi »), complicata da una storia di sangue e di fratello e sorella. Il film fu diretto dall'ebreo Ernst Lubitsch, sceneggiato dagli ebrei Ernest Vajda e Samuel Raphaelson, con Phillips Holmes, Nancy Carro!, Lione! Barrymore, Zasu Pitts. Ecco infine « A Farewell to Arms » (Addio alle armi) diretto da Frank Borzage, tratto dal romanzo dell' antitaliano Ernest Hemingway, sceneggiato da Benjamin Glazer e O. H. P. Garrett, con Helen • Hayes, Gary Cooper, Adolphe Menjou. E' la storia di un presunto giovane ufficiale italiano disertore. Tutto è curato alla perfezione, l'ambiente della Milano d'allora, l'ospedale, il fronte, per dare un senso il più reale possibile al film. E' la più bassa offesa che si possa fare ali' orgoglio di una nazione, la più sporca impresa organizzata da antitaliani. Un po' prima di questo periodo, alcuni film di aviazione sono improntati a un sincero sentimento di esaltazione e di eroismo. Sono : « Ali » diretto da William A. Wellman, con Richard Aden, del 1928; « Le sette aquile » (Lilac Time) diretto da George Fitzmaurice, con Colleen More e Gary Cooper, del 1928; « La squadriglia dell'aurora» (Dawn Patrol) del 1930, diretto da How_ardHawks, scenario di John Monk Sauders, con Richard Barthelmess e Douglas Fairbanks jr. Questi film si affiancano alla più schietta produzione americana che fa capo a « La grande parata » e a « Gloria » e ha costituito, con questi, i più grandi successi di film di guerra in tutto il mondo. La grande guerra ha continuato e continua tuttora a interessare i produttori americani, i quali, come s'è visto, non disdegnano di rifare film dell'epoca muta. Ma il commercialismo gretto ha preso il sopravvento e così sono usciti film come « Temporale all'alba» diretto da Ricbard Boleslawski, interpretato da Walter Huston e Kay Francis; « Gli angeli dell'Inferno » diretto da Lewis Milestone, prodotto da Howard Hughes, scenario di Howard Estabrook, con Jean Harlow e James Hall; « Pellegrinaggio » e « Il mondo va avanti » diretti da John Ford ; fino al recente « Le vie della gloria » diretto da Howard Hawks. Tutti film che guardano alla guerra come ad un grande spettacolo, destinati più che altro a far colpo, e pertanto innocui nella loro superficialità. A questa pretesa del « far colpo » si possono avvicinare tutti i film di spionaggio sulla guerra mondiale, inquinati da elementi polizieschi e gialli, moltissimi film, da « Mata-Hari » diretto da George Fitzmaurice nel 1931 al recente « Mademoiselle Docteur » diretto da G. W. Pabst. Di fronte all'enorme e poderosa produzione americana sulla guerra mondiale, produzione che ha formato nel mondo alcuni convincimenti che nessun altro mezzo avrebbe potuto far nascere a favore degli americani, di fronte a questa robusta invasione, il cinema europeo ha ben poco da opporre. Ci sono i film tedeschi di spionaggio, come « Spionaggio eroico » del 1931 diretto da Gustav Ucicky, scenario di Walter Reisch; come « L'invincibile fronte» del 1932 diretto da Richard Eichberg; come « Sotto falsa bandiera» diretto da Johannes Meyer. Ci sono i ricordati film francesi su Verdun, il tedesco ·«West-front 1918 » realizzato nel 1930 da G. W. Pabst; « Montagne in fiamme» del 1933, diretto da Luis Trenker con la collaborazione di Karl Hartl, bocciato dalla censura italiana; c'è « Heimker » tratto dal romanzo di Leonhard Frank « Carlo e Anna », che riprende il motivo del disagio del dopo-guerra, quando la donna ha rimpiazzato con un altro l'uomo lontano, diretto dall'ebreo Joe May nel 1930; ci sono i film francesi « La grande prova », « La grande illusione » diretto da Jean Renoir; « J' accuse » fatto due volte dall'ebreo Abel Gance, nel 1919 e nel 1938, due film disgustosi in cui, per dirne una, sono mostrate a nudo le ferite di veri mutilati; e l'inglese «Trincee» diretto da Maurice Elvey. Come si vede, alla propuzione americana che ha esaltato fino al paradosso l'esercito americano e denigrato quelli degli altri, in Europa s'è risposto con una produzione ancora più deleteria, in cui appaiono qua e là, come inafferrabili, gli erranti ebrei. Gli americani, forti della loro industria, hanno imposto al mondo e alle nazioni che hanno fatto la guerra, una particolare visione di essa, di cui non si può essere soddisfatti. In modo particolare per noi, dal modo come è stata trattata l'Italia. E noi? In duecentocinquanta film sonori prodotti dalla cosiddetta «rinascita» in poi, solo « Cavalleria », diretto da Goffredo Alessandrini, ha rispecchiato in parte la guerra e « Le scarpe al sole » diretto da Marco Elter, tratto dal romanzo di Paolo Monelli, ha evocato, per quanto ingenuamente, la guerra degli alpini. Si può perciò affermare che, dal!' avvento del sonoro, la cinematografia italiana continua il suo tranquillo sonno letargico, come se tutto ciò non la riguardasse, come se non potesse costituire un'arma formidabile per difenderci e attaccare, come sè la nostra guerra di terra, di mare e di cielo non potesse fornire spunti per film, come se non si potesse opporre alla produzione d'oltre frontiera e d'oltre oceano una produzione che rispecchi la nostra mentalità di fronte alla guerra. DOMENICO PAOLELLA

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