n anonimo operatore cinematografico riu!>d per puro caso a riprendere la scena dell'eccidio di Serajevo: fu quello quasi il presagio della vastissima produzione cinematografica che la guerra mondiale avrebbe suggerito. Il pezzo, conteso dalle varie case di attualità, andò in giro per diverso tempo nelle sale e fu persino riprodotto in un film tedesco con Leni Riefeostahl, a maggiore esattezza della ricostruzione di quel tragico giorno. Il periodo, che da. Serajevo va alle mobilitazioni generali e alle dichiarazioni di guerra che si seguirono nel giro di pochi giorni, fu in seguito ricostruito in un film intitolato « 1914 ». Ma con quale spirito si può immaginare : autore ne fu l'ebreo Richard Oswald, autore anche de « L'affare Dreyfus ». Dalla visione di quel film si concludeva che un'enorme ingiustizia era stata consumata ai danni del mondo, che i popoli venivano trascinati alla guerra non da necessità storiche, ma dall'oHgarchia di pochi, che la volontà della nazione risultava separata dalle decisioni di alcuni trafficanti. Non la guerra considerata come supremo collaudo dell'individuo e deUa nazione, dello spirito, della razza, ma la guerra alla quale si va per forza di cose, con l'anima nera e il segreto pessimismo che tutti, vincitori e vinti, si abbraccino in un unico 40 crollo finale. In questa concezione si ritrova in pieno non solo un aspetto del pensiero giudaico riguardo alla guerra e al destino dell'uomo, ma un collegamento con le dottrine massoniche e comuniste. Durante il periodo della guerra, a parte i brevi film di propaganda a favore degli arruolamenti, dell'assistenza invernale ai soldati, della Croce Rossa e dei prestiti nazionali, interessanti sono i film che, col pretesto di una trama qualunque, o addirittura prendendo la questione di petto, si atteggiano a fautori deU'anti-bellismo. Non è svanito ancora del tutto il ricordo di film realizzati in Italia, come « Gli orrori della guerra » di Baldas are Negroni, « Il tank della morte» di Telemaco Ruggeri e il comico di chiarissime intenzioni : « Preferisco l'inferno», appartenenti a quella tendenza. A cui si opposero alcuni film che, retorici fino al midollo, fecero più male che bene, come « Il sogno di Don Chisciotte » diretto da Amleto Palermi, in cui l'Italia era rappresentata da una donna con una torre in capo e la Germania da un buffo uomo dall'elmo chiodato; « Saluto italico » e « La patria chiama » di Ugo Bitetti, meno simbolici nelle intenzioni, ma echeggianti di deamicisismo. Più tardi, nel 1927, Domenico Gaido realizzava, espressione di una stessa retorica, « I martiri d'Italia ». E tutto questo è, a parte alcuni modesti riflessi della guerra in .film regionali e vaghi ricordi legati aJla Francesca Bertini camuffata da bersagliere in un filmetto di propaganda, quanto in Italia è stato fatto sull'argomento della guerra fino all'avvento del sonoro. Nello stesso periodo, « La grande parata » gridava che gli americJni avevano non solo fatta, ma risolta e , i.a .. la guerra e « Gloria » innalzava lo spregiudicato valore del fante americano. Il cinema italiano, insensibile alle maestose cifre del nostro sacrificio e della nostra vittoria, continuava a dormire il suo sonno nella produzione di roba che si chiamava .film soltanto perchè fissata su un nastro di celluloide. Un grande documentario sulla guerra fu prodotto, per conto della Fox-Film, da Truman Talley, composto da Laurence Stallings, lo scenarista de « La grande parata » ; ma anche io questo documentario non si può affermare che la guerra italiana sia stata posta in giusto ri alto. In Francia, parzialmente con documentazioni del Ministero della Guerra, furono composti « Verdun Visions d'Histoire » e « Verdun Souvenirs d'Histoire » da leon Poirier. In Italia, il Ministero della Guerra conserva il materiale ripreso al fronte e nelle retrovie dalla sua Sezione Cinematografica, che ebbe i suoi morti e i suoi decorati al valore. Un ebreo, Oswald, con « 1914 », ba aperto la rassegna strettamente legata alla guerra, un ebreo la chiude cronologicamente: Chaplin, che realizza, nel 1918, « Charlot soldato » che, pur nella sua brevità, conquistò subito i pubblici di tutto il mondo. E' un eguito di scenette patetiche, come quella celebre della lettera, è la toria dell'omino generoso schiacciato dalla brutalità universale : è il pessimismo profondo, disperato degli israeliti che, con la trafila dell'arte cbapliniana, vuole attaccare il mondo con la sua nefasta influenza. Tra i film realizzati nell'immediato dopoguerra, primo è « I quattro cavalieri del1'Apocalisse», tratto da un romanzo di Vicente Blasco lbaiiez, diretto da Rex Ingram, scenario di June Matbis, con Rodolfo Valentino, che per la prima volta assumeva il ruolo di protagonista, e Alice Terry. Forse nessuno di quelli che l'hanno visto ha ancora dimenticato le scene tremende di questo film, in cui la guerra si scatena come una furia diabolica, e quelle toccanti fino al brivido, l'ufficiale tedesco che
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