La Difesa ddella Razza - anno II - n. 1 - 5 novembre 1938

I.A.U,,,,,,. - ,_ Diafatwuno ebraico: una caricatura contro Hindenburg, pubblicata il 1( aprile 1925 dal giomale ebraico di Vienna " Morgen ", che qualifiC'([Ya " auas■ino delle maue " il Maresciallo germanico. che dappertutto gli uomini che protestavano contro la guerra erano legione ». Più tardi, dopo il colpo di Stato dei bolscevichi, lo stesso Rolland dirà : « Quando echeggiò di lontano, nella foresta, la scure di Lenin e di Trotzki, questi eroici boscaiuoli, innumerevoli cuori oppressi fremettero di speranza. E in ogni paese, più d'uno preparò la sua scure». Trotzki, Lenin, Zinoviev, Radek, tutti i capi e le comparse che preparano in Svizzera la spettacolosa messa in scena del grande dramma sovietico, sono in stretta relazione con la colonia dei nuovissimi europei, i gute Europaer che dopo la guerra crederanno di vedere nella Società delle Nazioni realizzato il loro sogno. Birukoff, l'esecutore testamentario di Tolstoi, fa da intermediario tra i due gruppi. « Io non voglio più appartenere a nessuna di queste patrie in guerra », nota Rolland nel suo giornale. « La patria, sotto la forma moderna, ecco il male ! » Alla fine del 1916 egli pubblica un nuovo libro: Aux pe11ple1a.r1a11i11éJ. « 1am foetet », vi si legge dell'Europa. « Essa ha chiamato gli affossatori. L'Asia è alle porte. L'Europa non è più libera. La voce dei popoli è soffocata ». E invita in conseguenza Francia e Germania ad unirsi, per fondare l'Europa di domani, un'Europa senza patrie, in cui lo spirito di nazionalìsmo sarà condannato come il peggiore dei delitti. Durante gli ultimi due anni della guerra e ancora nel dopoguerra, fino a quando gli avvenimenti non ebbero ragione di utopie a così lunga ·scadenza, l'attività di Rolland e del suo gruppo fu instancabile. Il 23 giugno 1919, lo stesso giorno in cui il cannone sparato a salve celebrava in Parigi la fuma del trattato di Versailles, egli lan-· ciò la famosa Dichiarazione d'indipendenza dello Spiri lo, alla quale aderirono, oltre tutti i suoi discepoli e amici, citati nel volume dei Précur1eur1, 1' ebreo Einstein, Alain, Natorp, Benedetto Croce, Ellen Key, la pacifista americana Jane Addams, ecc. 30 Doveva avere inizio da quel giorno il PanmnaniJmo, e a questo scopo sul giornale Clarté, insieme con Barbusse e Duhamel, nel gennaio successivo il Rolland firmava un appello per la convocazione di un congresso dell'Internazionale dell'intelligenza, che poi non ebbe luogo. L'Asia è alle porte, ha detto Rolland. Ma ciò non lo spaventa. Ed eccolo intonare il De prof,mdiJ per l'Europa: « Addio, Europa, regina del pensiero, guida dell'umanità! Tu hai sprecato il tuo cammino. Tu calpesti un cimitero. Là è il tuo posto. Va a coricartici. E che altri conducano il mondo! » Alla testa dell'umanità s1 trova ora la Russia : « Il pensiero russo è l'avanguardia del pensiero del mondo ». Ed egli qualifica di « avvenimento storico » l'impiego obbligatorio dell'esperanto, che secondo una falsa notizia i bolscevichi stanno per introdurre in Russia. Da parte loro i russi non perdono sillaba di quant~ gli intellettuali europei vanno dicendo e stampando. In un articolo pubblìcato il 28 giugno 1921 nel Bollettino c01mmùta, Lunaciarsky fa professione di venerare « questo vero sale della terra, i grandi rappresentanti della cultura nel campo della scienza e dell'arte. » Dopo aver salutato Marx, Engels, Lassalle, Lenin, astri di prima grandezza, egli aggiunge : « Possiamo constatare con soddisfazione che non mancano profeti per salutare il nostro sol levante ». Quindi enu. mera i russi : Timiriazev, Massimo Gorki, Block, ecc. « il più grande fisico dei nostri tempi, Einstein », Natorp, Forel. Infine egli si dichiara pieno di speranza constatando « quale posizione abbiano adottato dei luminari dell'internazionale del/'iintelligenza come Bernard Shaw, Romain Rolland, Hen. ri Barbusse, Anatole France ». Di fatto o idealmente, intorno all'autore del Jean ChriJtophe, prospera una fitta schiera di giovani poeti, di intellettuali di sinistra, di repubblicani, di anarchici, di co. munisti.' Essi si dànno la voce attraverso le ri,·iste d'avanguardia e i giornaletti estremisti dei quali invadono l'Europa. Henri Guilbeaux, che fu in quegli anni una figura di primo piano tra gli agitatori rifugiati in Svizzera, disctpolo di Verhaeren in poesia, di Marx e di Lenin in politica, diviene il segretario di Rolland, e quando nel gennaio del 1916 fonda Demain, egli si rifà all'idea rollandiana di gettare fin da quel momento le basi per « la ripresa dei rapporti tra i popoli ». Ma in che modo? La formula del maestro non brilla di eccessiva consistenza politica e Guilbeaux, nel luglio del '17, si affretta a precisarla : « Il solo mezzo di cui dispongono i popoli per fare la pace, è la rivoluzione. Tutto il resto è letteratura ». E' la parola d'ordine di Lenin, enunciata fin dal 1914. Demain diventa così l'organo più importante dei bolscevichi. I capi della futura repubblica socialista, da Lenin a Radek a Zinoviev e Lunaciarsky, vi collaborano assiduamente. Il giornale continuerà a pubblicarsi in Svizzera, fino all'ottobre del 1918, quando Lenin annuncia come imminente l'annessione della Germania alle repubbliche soviettiste. Poi Guilbeawc si trasferisce in Russia dove, divenuto oscuro impiegato sovietico, finirà per cantare in versi mediocri e nello stile futuristeggiante del tempo, Mosca e il Cremlino, Lenin, il Popolo, il Volga « fiume immenso, ampio, epico », e infine il suo proprio corpo « au voltage accéléré » e in cui egli sente vibrare «un fremito universale e magnetico». Guilbeaux è morto pochi mesi fa in Francia, dopo ;rver rinnegato Lenin e il bolscevismo, e rivelato le origini tutt'altro che ideali che spinsero Rolland ad abbracciare il credo comunista. Ma non tutti gli scrittori e i poeti che consapevolmente o no fanno capo a Lenin e alla rivoluzione bolscevica si esprimono nello stile meccanico e pretenzioso di Guilbeaux. Troveremo tra di loro le fume più illustri della letteratura francese ed europea. L'accusa di disfattismo lanciata contro di essi accieca e fanatizza le loro facoltà. « Soyons des défaitistes ! Seien wir Flaumacher ! Siamo disfattisti! », è il grido del1' ebreo Stefan Zweig, lanciato rabbiosamente in tutte le lingue. « Che questa parola ci sia un'arma! » E uno tra i più ferventi discepoli di Rolland, il poeta PierreJean Jouve, si domanda : « Che significa patria? » «Si è mai fatto con la morte qualcosa di utile e di buono? » E alla vista dei soldati che partono per il fronte : « Dove va questa carne in marcia? » A notre piace 011 a po1é Dei 10/dat frai1 Pour amorcer La mort d'en /ace. Sono versi di Charles Vildrac, forse tra i meno brutti che siano stati scritti contro il capitalismo. Per questo poeta lo Stato è « Le grand emmerdeur ». Ma egli fece la

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