« Gli indomiti Sciti e l'Arasse insoffe. rente di ponti >. Tacito descrive lo sfilamento di un esercito che entra vittorioso a Roma : « Quattro aquile di legioni dinanzi all'impzratore, altrettante ai suoi fianchi; poi le insegne <li dodici ali, poi gli ordini dei fanti, poi i cavalieri. Infine, le trentaquattro -coorti degli alleati, distinte secondo i nomi det popoli e la qualità delle armi. Dinanzi alle aquile i prefetti degli accampamenti, i tribuni, e i più anziani tra i centurioni, in veste bianca; gli altri ciascuno presso la sua centuria». *** Finita la potenza degli Arii mediterraneì, nei Greci per la mescolanza coi Levantini, estesa a tutto il popolo e perciò irrimediabile, negli ltalid per la stessa mescolanza, limitata solo ad alcune città ed alla classe di governo, e perciò rimediabile, purchè cambiasse il sistema, era naturale che queste grandi manifestazioni sparissero. I lunghi secoli di oscurità e di ritorno alla terra purificarono in Italia, grandemente la razza. I Levantini delle città, per la maggior parte trafticanti, ritornarono un'altra volta in _Oriente; nelle campagne le dominazioni germaniche portarono dal Settentrione altro sangue ario, che si mescolò ancora con gli autoctoni Mediterranei. Si ristabilì così il rapporto delle razze che già c'era all'iniziò dell'età classica. Divenne dunque possibile il Rinascimento. Quella rappresentazione plastica dello spirito guerriero che nè gli Arii del Settentrione, nè gli Orientali avevano saputo mai esprimere (gli uni per la loro prepotente tendenza all'astrazio~e, gli altri per la loro cupa e morbosa religiosità) fu dalla mescolanza Ario-Mediterranea, solo ritrovata in Italia. Sopratutto Leon Battista lberti, il cui ritratto mostra i caratteri di questa razza, è stato capace di ripn:ndere in pieno, nelle sue architetture, lo stcs&o sentimento che ci ispirano le più. trionfali architetture romane. Il Tempio Malatestiano è in realtà un tempio dell'Eroismo. I solenni archi del prospetto e del fianco; i superbi motivi dei pilastri corinzi, dei putti scudati, dei festoni, all'interno, non hanno nulla da desiderare anche di ciò che si sarebbe concepito a Roma. Questo grande stile ritrovato da lui si diffuse poi in altri luoghi; ebbe, per esempio, una certa ripercussione nella Cappella Trivulzio in Milano; si conservò in parecchie architetture del Cinquecento; e giunse fino a Bernini. In pittura, contemporaneamente all' Alberti, trovava superbo sfogo per èsempio in qualche figura di Andrea del Castagno, oggi nel Monastero di Sant' Apollonia in Firenze. *** Dopo il Rinascimento questo grande stile finì. Non s'è più ritrovato fino ad oggi. In Italia, per la perdita dell'indipendenza, che rese un'altra volta stranfrra la classe dirigente; negli altri paesi, perchè non v'era mai stato, a causa della loro formazione razziale; e qualche raro esempio che vi si potesse trovare non fu che un riflesso. Al che bisogna aggiun28 gere un altro fatto. Dalla fine del Si.:icento -cominciò a costituirsi in Francia la borghesia: che divenne poi classe di governo europea. _In ogni paese, specialmente dopo la Rivoluzione, la classe dir-igente ebbe ispirazione di lì. Ciò soprattutto in Itali,a. Impossibile dunque, pure qui, dove il genio del popolo ne sarebbe stato capa-ce, che risorgesse nelle cerimo· nie pubbliche e nelle arti il senso eroico risvegliato col Rinascimento. *** Le fredde e convenzionali forme che bastavano, nell'Ottocento, alla borghesia francese, furono anche ripetute iii. Italia. Dopo la Grande Guerra, a Parigi, la cerimonia della fiamma, accesa annualmente sotto l'Arco di Trionfo, ha tutti i carat· teri del simbolismo democratico. Degli innumerevoli Monumenti ai Caduti, piccoli e grandi, non è neanche il caso di parlare. Lo stesso, purtroppo, in Italia, fino al 1922. Tutti gli spunti vivi,· le idee generose, che sarebbero sorte spontaneamente dal genio della razza, venivano soffocate dalla classe -che allora dominava: mediocre senza rimedio, ed esterofila. Da quando il Fascismo ci ha liberati dalla soggezione straniera abbiamo ritrovato per primo, lo stile <lelle -cerimonie. Ora una vasta distesa di elmetti, una fila di pugnali alzati, bastano da soli a scacciare ogni ricordo massonico. E quel che è meraviglioso, si scopre ogni volta, sempre più, il loro ,accordo coi monumenti circost,anti. Nulla che susciti così tale sentimento come una di queste adunate sottc il Colosseo. Si ridestano fino dal primo momento, le spontanee armonie della raz. za. Si stabilisce di colpo il livello d'un grande tempo. *** Purtroppo, per quel -che riguarda l'arte, non si può dire fino ad oggi lo stesso. Nelle cerimonfo giunge senza ostacofi fa vofontà del Regime; mentre l'arte, dove questa vo. lontà giunge meno, resta, in grandissima parte, inceppata. E soprattutto dalla sua maggiore piaga : l'Europeismo. Tutti i mo. vimeoti detti d'avanguardia vi appartengono; e se non ci si libera da essi t! non ci si ispira alla razza, poco in questo campo c'è da sperare. Le conseguenze sono di vario genere. Prima di tutto, questo teorizzare, col fram. mentismo che gli si accompagna, rende impossibile un'arte monumentale: sia nella pittura che nell'architettura. Poi, an· cora peggio, incombe su queste arti l'atmosfera -pacifista e deprimente propria della democrazia internazionale. Altro che celebrazioni per la Vittoria! Già s'è visto, qualche anno dopo la Grande Guerra, che risultati hanno avuto concorsi come quello per il Monumento sul S. Michele. Tutti ricordano le discussioni intorno al progetto Baroni: che non si potè accogliere appunto per il suo carattere, non di celebrazione della Vittoria, ma di c_ompianto per i caduti. e di un opportuno vittimismo, che purtroppo era di moda. *** Oggi, se si volesse innalzare un monumento alla 'littoria, si potrebbe solo ricorrere al razionalismo, all'espressioni. smo e alla pittura astratta. Questo, almeno, pretenderebbero i nostri borghesi europeizzati. I quali hanno tratto la loro ispirazione, fino ad oggi, dagli Ebrei. Ora il hello è che gli Ebrei, nonchè potere ispirare una celebrazione della Vittoria, hanno fatto sempre del loro meglio per deprimerla. Il dadaismo, creato dall'ebreo parigino Tristan Tzara, il cubismo e la pittura negra inventati da Picasso, che hanno dato il sangue ed il midollo alla cosiddetta arte d'avanguardia italiana, anzi ne sono stati pedissequamente copiati, si son posti principalmente lo scopo di distruggere le più nobili qualità dell'uomo ariano. « Siamo dei disfattisti », questa era l"insegna del dadaismo e dell'espressionismo ebraici anche avanti la Grande Guerra. Consigliavano quale mezzo debilitante, tutte quelle immagini che richiamassero alla mente l'inversione dei sessi. Nel 1919, elementi provenienti da queste varie tendenze, costituirono in Germania il « Grup· po di Novembre». Questo obbediva strettamente alla direttiva segnata daJJ'ebreo Kurt. Eisner: capo, per alcuni giorni, della repubblica sovietica di ~onaco. Kurt Eisner diceva: « Oggi, compito di tutti gli artisti, è di mettersi al servizio della rivoluzione comunista». Egli fu ascoltato anche troppo. Oltre (.he nella fabbricazione deprimente delle mostruosità e cleìle oscenità, il " Gruppo ~h NoYembre» si specializzò ndla denigra. zione sistematica del valore e dell'eroismo. I reduci ed i mutilati divennero oggetto di figurazioni immonde, nelle quali si distinse soprattutto Otto Dix. Il campo di battaglia divenne, per i vari Bruckner, Hoffman e compagni (nomi tutti strombazzati- come di primo piano, nel cosiddetto espressionismo «germanico», un pretesto per le rappresentazioni più orribili ùello stato in cui un'immaginazione malata potesse pensare ridotta la figura umana. Una cc:lebrazione, insomma, affatto alla rovescia. Il bello è che, si può dire sino ad oggi, anche la nostra cosidùetta ava.nguar. dia giura sulla grandezza di costoro. Ad essi, infatti, ha sempre attinto, di essi si è nutrita. Di essi e dei loro compagni e predecessori, in apparenza franc_si, russi, spagnuoli, ma nella sostanza per huona parte, Ebrei. In tali condizioni, che cosa si può in que. sto momento pretendere? Non certo di potere, con simili ispirazioni, rappresentare il genio del popolo italiano. Questo è dt ben altra natura; e ben diversi ne sono stati, c:ome tutti sanno, gli esempi. Finchè esso non sarà riconosciuto e lasciato libero, come potrebbe di manifestarsi, ma rimarrà sempre l'equivoco di un'« avan· guardia>, non italiana ma europeista, non potrà ancora davvero parlarsi d'un'artc, che uguagli neppure lontanamente, nel suo spirito, lo spirito che si sprigiona dalla più semplice cerimonia fascista; dove popolo e capi sono direttamente a contatto; e dove le armi, esprimono nel loro ·austero lin. guaggio, la forza e il sc:1ti111entodel popolo. Tanto meno poi, si potrà parlare d'un·arte che. come una volta, possa esprimere la Vittoria. GIUSEPPEPENSABENE
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